Ambiente, allarme Ue sull'effetto serra

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Lux-86
00sabato 6 gennaio 2007 18:18
ROMA - Il riscaldamento globale potrebbe costare all' Europa migliaia di vite e miliardi di euro entro i prossimi 70 anni. E' impietoso lo studio sulla situazione climatica e ambientale elaborato dalla Commissione europea e pubblicato oggi dal Financial Times. Tanto impietoso da lasciare pochi margini al dubbio, tra cifre e prospetti che delineano un quadro da film del terrore. Se non saranno presi provvedimenti sulle emissioni dannose, ammonisce infatti Bruxelles, l'effetto serra e il relativo surriscaldamento del pianeta andranno avanti a passi veloci. E le prime avvisaglie del clima bizzarro, d'altra parte, sono sotto gli occhi di tutti.

Le possibili conseguenze per l'Europa, secondo il rapporto, investono ogni settore e andrebbero a colpire in particolare le aree meridionali del continente, con l'Italia in prima fila. Mentre il Nord Europa avrebbe un clima più mite e la possibilità di un' agricoltura più generosa, altrove si avrebbero siccità, gran caldo, inondazioni e colture depresse.

Sulla base dello studio ambientale, elaborato anche con sistemi satellitari, il rapporto Ue evidenzia due possibili scenari di riferimento. Il primo prevede un innalzamento della temperatura di 2,2 gradi; il secondo, più tragico, prevede un innalzamento di 3 gradi. In entrambi i casi, entro un decennio, circa 11.000 persone in più potrebbero morire ogni anno a causa del caldo, mentre l'innalzamento del livello del mare causerebbe danni per un valore di miliardi di euro. Successivamente, nel caso del primo scenario (+2,2 gradi), quasi 29.000 persone in più potrebbero morire ogni anno nel Sud Europa dal 2071.

Il quadro più grave riguarda proprio l' Italia che, insieme alla Spagna, potrebbe essere destinata a soffrire maggiormente questa situazione catastrofica a causa, si legge nel rapporto, di "siccità, riduzione della fertilità del suolo, incendi e altri fattori dovuti al cambiamento di clima". Ma lo studio non risparmia flora e fauna: "piante e animali tipici di certe aree geografiche moriranno o si sposteranno verso altre zone".

Il riscaldamento porterà ovviamente anche all' innalzamento del livello del mare che, secondo lo studio della Commissione europea, potrebbe crescere fino a un metro con costi ingenti per far fronte al fenomeno. Già nel 2020, in caso di innalzamento della temperatura di 2,2 gradi, la spesa per far fronte al disastro delle coste potrebbe essere di 4,4 miliardi di euro; nel caso del secondo scenario (+3 gradi) la spesa aumenterebbe a 5,9 miliardi e potrebbe crescere a 42,5 miliardi nel 2080.

Ma il riscaldamento globale non risparmierà, secondo lo studio, neppure altri settori come la pesca. Dal rapporto emerge infatti una tendenza alla migrazione degli stock di pesce verso le aree più a Nord. E c'è poi il problema delle inondazioni, sempre più intense un pò in tutta Europa. In proposito l' allarme riguarda soprattutto i grandi bacini fluviali, come il Danubio che già negli ultimi anni ha fatto sentire i suoi effetti interessando con gravi danni circa 240.000 persone.

E il turismo? Nota dolente ancora una volta per l'Italia e per gli altri Paesi del Mediterraneo. Il rapporto Ue non fa mistero sulle conseguenze drammatiche del cambiamento climatico. Sono circa 100 milioni le persone che ogni anno trascorrono le vacanze nel Sud Europa, per un giro d'affari di circa 130 miliardi di euro. Se non si porrà fine all' effetto serra, ammonisce lo studio, entro i prossimi 70 anni quel turismo mediterraneo non ci sarà più, per il Sud sarà soltanto desertificazione e la nuova riviera europea si sposterà inevitabilmente molto più a Nord.

(6 gennaio 2007)

ma dai, è palesemente ingiusto. riusciamo a fare uno stato, dopo 150 anni di casini abbiamo un po' di tranquillità e la natura tenta di estirparci [SM=x751531] . La Spagna se lo merita ma noi no [SM=x751545]
Hareios
00domenica 7 gennaio 2007 01:58
Queste notizie catastrofiche sono all'ordine del giorno. Del resto l'uomo ha iniziato ad inquinare il pianeta in modo serio relativamente da poco, ma, ovviamente, non si sono prese le giuste misure nel tempo per controbilanciare il crescente inquinamento. E, sinceramente, non credo che tali misure verranno adottate fin quando la situazione sarà sostenibile.
Se ci fosse la volontà reale di cambiare le cose, ci si potrebbe già muovere, in quanto possediamo già i mezzi per farlo.
-Giona-
00mercoledì 10 gennaio 2007 12:51
www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2007/01_Gennaio/10/energ...

Votato il documento della Commissione per la riduzione dei gas serra
Energia, il piano Ue: «Serve una rivoluzione»
L'obbiettivo: ridurre in 15 anni le emissioni di gas del 20% rispetto ai livelli del 1990. Due strade: «non ridurre la quota dal nucleare» e aumentare le fonti rinnovabili fino al 20% del fabbisogno

BRUXELLES - L'obbiettivo è ridurre del 20% le emissioni di gas serra entro il 2020. Ambizioso ma necessario, secondo l'Unione Europea, per ridurre l'impatto dell'inquinamento sul clima (con conseguenze disastrose) e sulla salute dell'uomo (con conseguenze letali). Per questo la Commissione Ue ha votato un documento che indica le linee alla quali dovranno atteneresi gli Stati membri. Il punto era ed è: quali strimenti utilizzare? Arrivare alla diminuzione dell'uso di petrolio e, in parte anche di gas naturale, è un fine ormai condiviso, se non altro perchè vorrebbe dire anche ridurre la dipendenza economica dell'Europa dalla Rusiia e dal medio Oerinte. Ma d'altra parte i mezzi oggi a disposizione sono relativamente scarsi: incrementare le tecnologie che riguardano le fonti rinnovabili (eolico, solare, biomasse, carburanti da vegetali ecc...) e dall'altra il nucleare. La raccomandazione della Ue su questo punto non è di incrementare il nucleare, ma sicuramente quella di «nono ridurre» la quota attuale di energia prodotta dalle centrali atomiche. E ciò nonostante ritenga valide tutte le obiezioni del fronte contraio al nucleare: costi elvati per la realizzazione degli impianti, ma soprattutto problemi di sicurezza e costi (elevatissimi) di stoccaggio delle scorie destinate a rimanere attive e quindi a rischio per centinaia di anni. Quanto alle energie «pulite», alla data prevista del 2020 dovranno coprire almeno il 20% del fabbisogno dell'Unione Europea.
10 gennaio 2007
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