Al di là del Bene e del Male

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Cyber Dark
00venerdì 8 luglio 2005 18:30
Quando gli occhi di Kentan si schiusero nella penombra della stanza, ci vollero alcuni istanti prima che focalizzasse dove si trovava.
Quando fu in grado di mettere a fuoco l’ambiente, riconobbe la nuda roccia delle pareti, la porta di ferro, finemente intarsiata nel centro, e il grosso armadio addossato alla parete di destra. E capì di essere a casa.

Provava quella sensazione sgradevole ogni volta che si svegliava da un profondo sonno, e benché durasse solo per pochi istanti, aveva la grave capacità di scuoterlo e disorientarlo nell’intimo.
Si sollevò piano sui gomiti, mentre passava il pugno destro sul rispettivo occhio, massaggiandolo vigorosamente, nel tentativo di scacciare lontano da sé il pesante torpore del riposo.
Gettò di lato il lenzuolo bianco, che si ammassò su di un lato dell’ampio baldacchino matrimoniale. La sua figura nuda si alzò in piedi, e al contatto con il liscio pavimento di ossidiana venne percorso da un lieve, ma lento, fremito formicolante.

Era completamente solo nella stanza. L’aria era permeata da una sorta di colorazione rossastra, di cui non era ben semplice intendere la provenienza, in quanto pareva volteggiare ovunque.
Osservò qualche istante la propria figura riflessa nel pavimento. Mentre le sue palpebre, sbattendo, si abituavano alla luce eterea, lasciò che lo sguardo vagasse sulle proprie, muscolose forme. La cicatrice che recava sul polpaccio non si era ancora del tutto rimarginata, a sempiterno ricordo che la specie di rampicanti nota come Lamae Folia recavano tale nominativo non per una vezzosa scelta dei dotti, ma per una triste fama.
Si avviò lentamente verso il grosso armadio, a lato del quale vi era una piccola bacinella di porcellana su un piedistallo di ferro grosso battuto. Vi si sciacquò il viso e la bocca, un gesto che compiva ogni volta che si svegliava, e lasciò gocciolare quasi tutta l’acqua dal proprio viso nella bacinella, rimanendo piegato sulla propria schiena.
Quando si rialzò, alcune gocce, veloci, scivolarono lungo il suo mento, il suo collo, il suo petto aitante; lo rinfrancarono un poco dal pesante caldo avvertito durante il sonno.
Con gesti estremamente lenti, aprì poi le ante del grosso mobile: in esso vi era contenuta una corazza scura, completa, e di lavorazione sopraffina, e alcuni spartani vestiti; afferratone uno, un poco sgualcito all’altezza della spalla, lo indossò senza fretta, partendo dalla parte inferiore, più forse per una questione di routine, che non per coprirsi in fretta la zona inguinale.
Pensò, mentre indossava un sottile corpetto di tessuto imbottito, a quanto fosse riuscito a dormire, quel giorno. Quel luogo aveva la misteriosa proprietà, a volte, di far perdere ogni cognizione di spazio e tempo, anche a chi, come lui, viveva lì da quasi un decennio.

Non era ancora adulto, quando trovò l’entrata di quella caverna. Poteva dire, in effetti, di essere cresciuto in quel luogo, con gli eccentrici abitanti che lo “popolavano” ..se di popolazione si può parlare, dal momento che ammontano a pochissime decine.

Si chinò sul proprio ginocchio destro, producendo un lieve, ma sordido, suono metallico. Nella nuova posizione, fu in grado di assicurare alla gamba le protezioni della corazza e degli schinieri. Quando ebbe ultimato, ripeté l’operazione sull’altra gamba.
Ci volle poco per allacciare le ultime cinghie di metallo; pochi istanti dopo, con una spilla, appuntò una piccola spilla metallica al grande mantello, sopra la corazza scura, nera come il pavimento su cui poggiava i piedi.
Allungò la mano all’interno del mobile per l’ultima volta, traendone una pesante spada a due mani dall’elsa finemente intarsiata. Vi era incastonata una piccola pietra rossa, presumibilmente un rubino; posizionata esattamente nel punto di convergenza degli assi, riluceva debolmente ad ogni spostamento della lama. L’impugnatura era particolarmente ampia, e faceva scivolare l’attenzione verso un pomolo piuttosto voluminoso, probabilmente per bilanciare un’arma dalla lunghezza piuttosto estesa.

Facendola roteare molto piano, per evitare di colpire inavvertitamente qualche suppellettile della stanza, la assicurò al fodero che portava sotto al mantello, lasciando che solo parte dell’elsa fosse visibile.

Quando fu finalmente pronto, volse un ultimo sguardo lungo le pareti della camera. Sospirò piano, mentre tirava a sé il pesante portone, scoprendole nuovamente spoglie, e uscì fuori.

[Modificato da Cyber Dark 07/11/2005 16.13]

Cyber Dark
00sabato 9 luglio 2005 02:03
Il corridoio al di fuori della stanza di Kentan era permeato dello stesso bagliore rossastro che impregnava tutta l’aria e le pareti stesse. Nemmeno il pavimento era cambiato: la pesante lastra di ossidiana si estendeva ancora a lungo nelle profondità del complesso, in entrambe le direzioni.
Kentan cominciò a camminare sicuro in una di esse, percorrendo svariate decine di metri, e incorrendo, di tanto in tanto, in altre piccole porte metalliche infossate nella parete rocciosa. Sembrava che nessuno fosse in circolazione, benché, a volte, fosse possibile sentire suoni concitati o piccole grida provenire da chissà quale angolo del districato labirinto di ossidiana. Kentan sorrise piano a quelle urla.

Man mano che i suoi passi lo conducevano all’interno della terra, cominciò ad avvertire un peculiare calore, che pareva provenire dalle pareti stesse, e che probabilmente era causato dalla stessa fonte che aveva prodotto anche quella mistica illuminazione purpurea.
Il tragitto dalla sua stanza al luogo verso cui era diretto era piuttosto breve, e lo conosceva a fondo: l’aveva percorso svariate volte.
Dopo qualche minuto di silenziosa camminata, fatta eccezione per il tentennare del metallo sopra al suo corpo, arrivò ad una piccola scalinata. I gradini sembravano costituiti da una qualità diversa di roccia, che li faceva rilucere in maniera più chiara, e quasi più sinistra. Su di essi, tuttavia, era steso un pesante tappeto color porpora, che li copriva quasi completamente.
Kentan cominciò a salire lentamente le scale. Già varie volte il suo piede aveva calpestato il morbido tessuto del tappeto, ma nonostante questo un caratteristico brivido gli corse lungo la schiena. Gli accadeva sempre, quando si apprestava a varcare l’ampio ingresso della sala del trono.

Quando la scalinata finì, una raffica d’aria bollente lo investì in pieno. La caverna si estendeva, verso l’alto, per svariate decine di metri, così che era impossibile osservarne il soffitto. L’aria era ancora permeata di quel nauseante rossore, ma l’immensità della volta era talmente estesa che l’antro sembrava essere sprofondato in una profonda oscurità. Il pavimento si estendeva per parecchi metri in ogni direzione, ed era costituito dallo stesso materiale con cui erano stati scolpiti i gradini di cui si era servito pochi istanti prima. Davanti a sé, il tappeto proseguiva nell’ombra.

I suoi passi sicuri lo condussero lungo quella via, seguendo le zigrinature ricamate sul ricco tessuto. Dopo pochi passi, poté vedere, nell’ombra della stanza, tanti piccoli fuochi fatui immobili al suo fianco. Gli ci vollero solo pochi secondi, per notare che si trattava della luce di semplici candele.
La stanza ne era letteralmente pervasa, ora. Si trovavano sulle pareti, sul bordo del tappeto, sparse per la stanza su raffinati candelabri, e si perdevano in lontananza, dando l’impressione che quell’ambiente fosse privo di un qualsiasi contesto spaziale.
Arrivò infine di fronte ad un’ennesima rampa di scale. Di gran lunga più piccola, su di essa vi erano stesi parecchi tappeti, che in più punti si sovrapponevano, creando un effetto decisamente sfarzoso e superbo. Al di sopra di essi, si innalzava una scultura dalle forme agghiaccianti, come costituito da fiamme splendenti, probabilmente per via del prezioso oro di cui era foggiato, ed artigli, lingue, arti truculenti e sguardi truci. Il peculiare simulacro, il trono, era sovrastato da una figura ancora più agghiacciante: sulla parete dietro di esso si ergeva una statua che pareva essere, piuttosto, una sorta di mostruosa creatura incatenata alla parete. Sorretto da catene e chiodi profondamente piantati in essa, la figura rappresentava un demone cornuto, provvisto di due paia d’arti. Nel paio superiore di essi, reggeva due fiamme vive, vere, che illuminavano in maniera più sfavillante l’ambiente intorno ad esse, ma per un brevissimo diametro, prima che le ombre inghiottiscano i raggi da esse emanati. Il paio inferiore reggeva, invece, un grosso amuleto, di cui Kentan non conosceva il simbolo raffigurato, ed una grossa spada, equiparabile per grandezza a quella di un balor, ma certamente più mostruosa. L’agghiacciante figura era quasi interamente coperta di sangue, fatta eccezione per i due occhi, azzurri come il ghiaccio, che parevano trapassare l’intera stanza con il loro brillare.

Kentan si fermò ai piedi della rampa di scale. Si inginocchiò profondamente, non mancando di notare, nel gesto, due mucchi di teschi ammassati ai suoi fianchi. Chiudendo gli occhi, e facendo una lieve smorfia, completò il gesto, che protrasse almeno per una decina di secondi.
Quando si rialzò, ed osservò di nuovo in direzione del trono, notò un cambiamento essenziale.

Una figura era comparsa dove prima non vi era nessuno, e pareva trovarsi lì da parecchi lustri.
Non vi era bianco, nei suoi occhi: erano rossi come il fuoco più scuro, interrotti solo dalla sfumatura più chiara dell’iride. Portava capelli estremamente lunghi, che presumibilmente raggiungevano le ginocchia, addossati su di un lato della bieca statua, ed erano di un azzurro molto tenue, assimilabile ad un bianco del tutto caratteristico, come privo di ogni traccia di candore.

Il guerriero osservò a lungo la misteriosa figura, socchiudendo gli occhi nel farlo. Poi chinò di nuovo il capo, piano, in un gesto d’ossequio più contenuto, più profondo. E parlò senza più incrociare quello sguardo sovrumano.

"Mio Signore, Sommo Re, Red Dragon..eccomi."
Cyber Dark
00sabato 9 luglio 2005 14:30
Quando Kentan toccò finalmente il cielo con il proprio viso, scoprì che era ancora notte. La mesta penombra del sottosuolo era in grado di far smarrire ogni cognizione temporale, con il risultato che, spesso, le parti della giornata venivano invertite.
Non vi era alcuna differenza tra notte e giorno, nella casa del Drago Rosso.

La vista del guerriero si abituò con estrema tranquillità alla tenue luce delle stelle.
Si guardò intorno, mentre una debole folata di vento fresco si intrufolava nei pertugi della sua armatura.
Il paesaggio nei dintorni della montagna era estremamente variegato, e mutava secondo la direzione in cui si osservava. A sud, dal punto in cui era riemerso dalla terra, sfruttando una delle innumerevoli reti sotterranee per allontanarsi dal centro della tana, poteva osservare l’agghiacciante panorama delle lande morte, caratterizzato da linee spezzate ed essenziali. Il cratere lasciato dall’antica lotta tra i due Draghi si estendeva per parecchi chilometri, al di sotto del punto in cui si trovava. Nonostante il buio della notte ancora profonda, era possibile distinguere la grande cavità scavata dal potente Red Dragon, quando cercò riparo, nell’ombra, dalla vergogna subita in cielo.
Voltò il capo nella direzione opposta. La catena di montagne plasmatasi con il sollevarsi della terra, nel momento dell’impatto con i due colossi, si estendeva ancora per pochi chilometri, attraversata da un sentiero minuscolo e poco battuto, ma che le discendeva sino ai piedi di esse, permettendo così di proseguire il viaggio a piedi. Al di là di esso, si estendeva la grande foresta di Direnia, e, ancora più in lontananza, a tratti, si potevano scorgere piccole luci, probabilmente provenienti dalle fiaccole della grande città. Da lì, o poco più avanti, Kentan si sarebbe potuto imbarcare per il continente centrale.

Scostò davanti a sé la piccola borsa da viaggio, e diede un’ultima controllata. Aveva portato con sé lo stretto indispensabile, e razioni di cibo che gli permettessero di sopravvivere sino al raggiungimento della capitale.
Chiuse di nuovo la borsa, lasciandola cadere di nuovo alla cintura. Si lasciò attraversare da una nuova folata di vento, più insistente, ma assolutamente frizzante.

Si avviò piano lungo il sentiero, mentre la luna era ancora ben visibile e luminosa.
Cyber Dark
00domenica 10 luglio 2005 03:04
Il quarto giorno di galoppo volgeva ormai quasi al termine.

Kentan non aveva trovato nessun problema di sorta nell’imbarcarsi. Una nave, proveniente dal piccolo porto di Direnia (che, per la verità, distava alcuni chilometri dal resto del paese) l’aveva accolto come semplice viaggiatore, promettendogli di scaricarlo nei dintorni della città di Ocre, del continente centrale, dove i mercanti erano diretti, per una cifra irrisoria di danaro. Kentan sorrise vagamente, sentendo il bizzarro nome dell’insediamento. Si trattava di una realtà del tutto nuova per lui, abituato all’ambiente cavernoso della propria abitazione e a sporadiche uscite limitate al regno di Direnia, così che ogni cosa gli sembrava dipinta a tratti con tinte pittoresche e suggestive. Aveva sentito molto parlare di quei luoghi, ma mai prima d’ora aveva avuto occasione di visitarli in prima persona.

Per tutto il viaggio non fece altro che rimanere seduto in un punto della poppa, da cui poteva osservare la lunga traccia spumosa lasciata dalla propria imbarcazione, sicuro che, lì, non avrebbe dato noia a nessuno dei marinai al lavoro. Nonostante questo, spesso, i membri dell’equipaggio si fermavano ad osservarlo, con una certa nota di inquietudine nei propri modi: qualcosa nello sguardo di quel giovane era in grado di scuoterli profondamente. Si trattava forse del pesante spadone, da cui pareva non volersi mai separare, o forse del colore cinereo della corazza; sta di fatto che, per tutto il viaggio, nessuno osò infastidire il misterioso viandante, avvolto nel proprio tabarro porpora.

Il tragitto in nave proseguì per circa una settimana. Non fu per nulla facile, per Kentan, reinserirsi nel normale ciclo biologico del sole; solo negli ultimi due giorni di navigazione riuscì a chiudere occhio con il favore delle tenebre.
Quando giunsero ad Ocre, era un’alba appena accennata, ma che mostrava essere carica di sole e vento. Kentan fu svegliato dallo sciabordare della nave contro il molo, unito alle grida concitate dei marinai che si adoperavano a concludere un buon ormeggio a terra.
Uscendo sopracoperta, si concesse un istante per osservare il mondo intorno a lui.
Un nuovo profumo, trasportato dalle tranquille correnti oceaniche, gli fece intendere di essere approdato in una realtà del tutto diversa da quella che conosceva. Poche nuvole coprivano l’intenso azzurro del cielo, trasportate lontane a vista d’occhio da correnti, evidentemente più forti, ad altezza elevata. Il piccolo porto era un brulicame di ometti indaffarati, che si adoperavano per scaricare grosse casse di cui, probabilmente, ignoravano persino il contenuto. Su di un largo crinale, ad un chilometro di distanza, sorgeva una grossa fortificazione di mura, all’interno della quale era possibile scorgere un palazzo dalle dimensioni piuttosto maestose.
Ocre, pensò.
La sua permanenza in quel luogo fu breve ed essenziale. Recatosi in città, si limitò ad acquistare, per novantasei pezzi d’oro, o kion, come venivano definiti dalla popolazione locale, un cavallo in grado di reggere il proprio peso e quello della sua pesante armatura, e delle provviste che gli permettessero di sopravvivere fino al raggiungimento della propria meta.

Così, da quattro giorni galoppava, in sella al suo nuovo compagno di ventura. Il paesaggio era, nuovamente, diametralmente cambiato: davanti a sé, nella direzione che indicava la mappa acquistata ad Ocre, si stendeva una prateria immensa, che, ad occhio e croce, proseguiva indisturbata ancora per parecchie centinaia di miglia, prima di scontrarsi con la catena montuosa ad ovest, dal suo punto di vista, e con la costa orientale, molto più avanti. Di tanto in tanto, spuntavano dal terreno grossi ammassamenti di alberi, che spesso confluivano in distese di foresta che costeggiavano il sentiero da lui intrapreso, accompagnandolo per giorni interi.
Secondo le indicazioni ricevute, sarebbe bastato seguire inizialmente quel sentiero, e costeggiare la catena di rocce poi, per raggiungere la propria destinazione nel minor tempo possibile.

All’inizio della quinta ora del pomeriggio, quando ormai il sole cominciava una lunga discesa che lo avrebbe portato ad essere nuovamente inghiottito dalle montagne, intravide la propria meta.
Alti pinnacoli si stagliavano al cielo, confondendosi con le torreggianti cime del massiccio, sulla cui sommità svolazzavano colorati blasoni dal profondo significato. Ben presto, Kentan poté scorgere l’imponente castello nella sua integrità; pareva così alto che sembrava letteralmente toccare il cielo con le proprie membra.
Intorno ad esso vi era sviluppata una cittadina, e benché la lontananza non gli permettesse di dirlo con certezza, il guerriero suppose che si trattava di un centro piuttosto sviluppato e popoloso.
Kentan sorrise dentro di sé, capendo immediatamente che, finalmente, aveva raggiunto la meta del suo lungo peregrinare.

"..il Regno di BlueDragon."
Cyber Dark
00domenica 10 luglio 2005 22:51
Non era certo intenzione di Kentan di varcare l’imponente corpo di guardia con il naso rivolto verso l’alto e con le labbra spalancate, perché si trattava di un comportamento da sciocchi. Ridusse la velocità del proprio destriero fino a condurlo al passo, mentre si avvicinava ai pesanti cancelli del Regno.

Vi erano stanziati di ronda sei guardmen: due si trovavano all’interno delle mura, due appena al di fuori, e gli ultimi due in piccoli vani ricavati nella roccia, esattamente al centro del passaggio.
Il guerriero non smontò neppure da cavallo, e non degnò di uno sguardo le guardie, finché non furono loro a fermarlo, incrociando le lunghe picche dinnanzi al suo cammino. Il cavallo sbuffò sonoramente, indietreggiando di qualche passo.
Non si trattava di una procedura usuale: solitamente le guardie si limitavano ad augurare la buona giornata ai viandanti che si recavano nella cittadina, ma stavolta, evidentemente, qualcosa in quel nero viaggiatore doveva averli profondamente insospettiti.

"Altolà.." cominciò uno di essi, osservandolo con viso duro.

Kentan abbassò lentamente lo sguardo, in maniera quasi flemmatica, distogliendolo dal panorama offertogli dalla città, e puntandolo profondamente sul proprio interlocutore. Il viso del guardman si contrasse per un istante, mentre uno strano brivido gli percorreva gli arti. Preferì non proseguire la frase.

"Qual è il vostro nome, viandante?"
Il guerriero voltò allora i propri occhi verso il compagno del primo uomo, che aveva ora preso la parola, osservandolo a lungo, prima di concedergli una risposta.

"..il mio nome non è certo più importante dei membri di questa comunità..sono solo un viandante giunto alla meta del proprio viaggio."

La sua voce era calma, quasi innaturale. Sembrava serbare una sorta di purezza elementare, ben opposta al tono insolitamente rude e conciso delle guardie.

"E qual è allora il tuo luogo di provenienza!"

L’affermazione suonò più come un’asserzione perentoria, piuttosto che come una domanda desiderosa di congiungersi ad una replica. Alcuni popolani, intenti alle proprie mansioni, interruppero il loro incedere veloce e sbrigativo, addossandosi in un piccolo gruppo ad osservare la bizzarra situazione, forse richiamati dal tono acceso dei guardmen. Kentan rivolse loro un singolo sguardo, socchiudendo gli occhi, gesto che costrinse alcuni tra i villici a distogliere da lui lo sguardo. Ma non gli aspiranti vassalli presenti tra di essi.

"..il luogo che chiamo casa non ha un nome. Ma non per questo possiedo con esso un legame inferiore a quello che voialtri possedete con questa terra fertile. Non sono le cattive intenzioni a muovere i miei passi, né a fornire colore bruno al materiale della mia corazza. Cerco solo riposo, dopo il mio viaggio."

Le due guardie si scambiarono uno sguardo dubbioso, ma si costrinsero a ritrarre le proprie armi qualche istante più tardi. Dal canto suo, la folla si scostò sui lati della strada, per evitare di incrociare la strada del nero cavaliere.
Kentan chinò il capo in segno di assenso e saluto, pur non trattenendo un lieve sorriso, in tutto simile ad un ghigno appena accennato.
Mentre il suo cavallo lo portava verso le prime case, tra le due colonne di popolani, i due aspiranti vassalli presenti all’ingresso, e che avevano assistito alla scena, si allontanarono con passo veloce, seguendo una strada laterale, ben consci di quale sarebbe stata la loro prossima meta.
Cyber Dark
00lunedì 11 luglio 2005 20:29
“Ve lo posso giurare, Sire..in quello straniero alberga il Male!”

Il giovane aspirante vassallo fece un passo più avanti, mentre pronunciava quella affermazione in maniera energica.
Ostri si lasciò scivolare un poco sul trono, osservando con occhi socchiusi il suddito, mentre sorreggeva il proprio capo poggiandolo sul pugno chiuso sinistro. Dal canto suo, il ragazzo si ritrasse e andò a raggiungere il compagno, che non aveva proferito parola, ma che stava osservando il sovrano con il tipico sguardo truce di chi sa di essere in pericolo e sente il bisogno di intervenire.
Il regnante sedeva sul trono di destra, benché gli altri due fossero rimasti liberi. Palank, in particolare, si trovava al di fuori del Regno, impegnato in una missione nei dintorni della fredda città di Crelia.
Si alzò in piedi, prima di portare le mani al proprio capo, e strinse con un lieve colpo la bandana bianca che indossava, simbolo inconfondibile del suo potere.

“..da dove avete detto che proviene?” chiese infine, con voce calma.
“Non lo sappiamo, non l’ha voluto dire. Dobbiamo portarlo al tuo cospetto, Sire..?”

Ostri li guardò entrambi per parecchi istanti, prima di concedere loro una risposta.


..se qui il Sommo chiamato in causa desidera intervenire, che faccia pure: la storie prenderà una piega più interessante. Altrimenti proseguirò io con il mio modello. Saluti!

Gianlu79
00lunedì 11 luglio 2005 20:33
OT
Cybboooooooooooooo, la smetti di interromperti sempre sul più bello???? Uffffffff [SM=x92710] [SM=x92710] [SM=x92710]
Cyber Dark
00giovedì 14 luglio 2005 01:36

In mancanza della risposta del Sommo, interrompo temporaneamente la storia causa vacanze. Ci vediamo poi..non mi floodate il topic con tutti i saluti: sopravviverò. >_<

Cyber Dark
00giovedì 28 luglio 2005 00:31
Kentan ebberagione ancora una volta: la vista dei viali del Regno di BlueDragon mentre li percorreva era maestosa esattamente come se l'era aspettata nel momento in cui aveva intravisto gli alti pinnacoli stagliarsi al cielo, racchiusi nell'immensità del Gran Massiccio che li sovrastava.
Notò subito che l'urbanistica della città seguiva una disposizione ben precisa: le mura erano disposte in modo da ricordare una sorta di circonferenza, di cui il castello, chiaramente, era collocato lungo uno dei diametri; si trovava infatti più addossato ai piedi della montagna, in modo che tra di essi vi potesse passare un'unica strada e la cinta di mura, più sottile in quel punto. Nel centro dell'ipotetica figura geometrica, dove si incrociavano le due vie principali, a mo' di cardo e decumano, perfettamente perpendicolari tra loro, sorgeva una piccola piazza di forma allungata, al cui centro sorgeva una statua difficile da non notare: una sorta di guerriero, chinato un poco su di sé, nello strenuo tentativo di sollevare e brandire una spada decisamente grossa.
Gli edifici a più piani erano esclusivamente addossati a queste due vie; da esse sorgevano infinite diramazioni che portavano ai quartieri più periferici della città.

Kentan passeggiò a lungo, palesando un profondo disinteresse per le occhiate sferzanti e intimidite dei popolani e delle guardie che di tanto in tanto incrociava. L'architettura lo affascinava; adorava fermarsi per parecchi istanti a contemplare questa o quella colonna, od osservare attento i particolari delle costruzioni che incontrava svoltando in straducole secondarie.

La zona est della città conteneva il maggior numero di case che potevano essere definite "modeste". La maggior parte dei popolani, lì, erano contadini, raccolti per lo più in quel distretto per via della vicinanza ai campi di lavoro e alle minuscole botteghe artigiane che sovente si facevano spazio tra le basse casette di mattoni e pietre. Non vi erano particolari segni di riconoscimento, su di esse: Kentan se ne accorse subito. Le abitazioni erano estremamente simili tra loro, costruite con lo stesso materiale, e con schemi architettonici mediamente semplici, ma piuttosto stabili.
Proseguendo lungo un viale parallelo al primo, dirigendosi verso nord, il guerriero notò un fine cambiamento nella disposizione delle case. Alcune erano munite di un piccolo appezzamento di terra sul retro, ed arricchite da una serie di piccoli particolari che, pur trattandosi di case umili, le facevano risaltare in maniera quasi più raffinata.
Notò infine che su una di esse vi era appeso una sorta di drappo, tra la piccola finestrella anteriore e la porta d’ingresso, raffigurante un drago azzurro sapientemente dipinto su di uno sfondo più scuro. Kentan era sicuro di aver visto quel simbolo su bandiere lungo i viali principali della città, penzolanti, di tanto in tanto, dagli alti lampioni a fiaccola in ferro battuto. Si avvicinò piano al blasone, osservandolo meglio. Era piuttosto nuovo, o forse trattato con estrema diligenza dal proprietario; non presentava nemmeno segni di piegatura. Il disegno che raffigurava aveva per Kentan un qualcosa di intrigante: stette ad osservare a lungo i particolari delle scaglie, le pozze dorate degli occhi, il roteare immoto della coda. Doveva essere uno stemma decisamente importante, ed il guerriero capì subito (e già poteva immaginarlo) che si trattava dell’emblema del Regno.

"Posso aiutarvi, ser..?"

Una voce distolse bruscamente Kentan dai suoi pensieri. Nessuno aveva osato rivolgergli la parola, né incrociare il suo sguardo, da quando i guardmen dell’ingresso avevano permesso il suo ingresso nel Regno. Girò lo sguardo verso la fonte della voce, per realizzare che proveniva da un uomo, probabilmente il padrone di casa, appoggiato allo stipite della porta, e vestito con una veste scura, prevalentemente nera e blu, che pareva donargli una sorta di aria decorosa.
Cyber Dark accennò un debole, mezzo sorriso, nell’incrociare lo sguardo di Kentan.

Dal canto suo, il guerriero si limitò a scuotere lievemente il capo.

"Perdonate..il vostro araldo mi aveva incuriosito."
"Non sono molti ad essere in grado di spingersi sino a questo quartiere," riprese il paladino, "senza notare che essi si trovano all’ingresso e lungo il viale del Gran Massiccio."

Kentan socchiuse lievemente gli occhi, riportando il proprio sguardo in quello dell’uomo, dopo averlo scostato nuovamente sull’interessante disegno. Cyber Dark pareva non temere né il suo sguardo, né tantomeno il suo abbigliamento, cosa che ebbe il potere di tranquillizzarlo, per certi versi. Sorrise piano a questi pensieri.

"Li avevo notati, in realtà..anche se desidererei porvi un interrogativo, ora.."

Cyber Dark annuì piano, scostandosi dallo stipite della porta, ed avvicinandosi di un passo al combattente.

"Siete l’unico a portare questo simbolo sulle mura della vostra abitazione..a parte coloro che abitano lungo il viale da voi menzionato. Perché?"
"L’unico..? No, credo di no.." sorrise piano l’altro, "O forse il solo a farlo in questo piccolo distretto. Contraddistingue l’abitazione di un Vassallo del Drago Blu."

Non c’era bisogno di chiedere spiegazioni: il forestiero sapeva esattamente a cosa si stesse riferendo. Come in una sorta di gerarchia social-militare, i Sovrani del Regno avevano eletto alcuni guerrieri, santi, maghi, dai poteri, a quanto dicevano, fenomenali, in grado di diffondere il giusto Verbo di BlueDragon in tutto il mondo. Spesso venivano utilizzati anche in battaglia come reparto speciale, od in missioni particolari, compiute ovviamente in onore ed in nome del Re Drago. Esistevano poi dei loro sottoposti, anche se il più delle volte si rivelava un aspetto prettamente formale, chiamati Aspiranti Vassalli. Kentan ricordò che erano contraddistinti dallo stesso blasone, solo di dimensioni molto più ridotte. Spesso era anche possibile riconoscerli per particolari dei loro vestiti o delle loro armature..ognuno, almeno in un punto di essi, aveva ritratto l’effigie del Sacro Sovrano.
Quando Kentan tornò a focalizzare la propria attenzione su Cyber Dark, capì che quest’ultimo doveva averlo osservato a lungo, mentre i pensieri correvano alla sua mente.

"..io sono Cyber Dark, d’ogni modo. Lieto di conoscervi."
"..Kentan. Kentan, onore mio. Siete un Vassallo di BlueDragon, dunque.."

Il paladino annuì di nuovo, ma in maniera più pronunciata.

"E’ così. Avete bisogno di aiuto, Kentan..? Credo sia la prima volta che passeggiate per queste strade."
"No, vi ringrazio..ditemi di voi, piuttosto..in cosa risiede la vostra abilità?"

Cyber Dark lo osservò per alcuni istanti, celando la perplessità che per un attimo si era impadronita dei suoi pensieri. Non gli capitava ormai da tempo di dover fornire spiegazioni del genere ad una persona, ma nonostante ciò la domanda postagli ebbe la facoltà di renderlo più interessato riguardo alla persona che gli si parava innanzi. Qualcosa gli suggeriva che, forse, quell’incontro avrebbe abbattuto alcuni tra i pregiudizi più confutati e assodati della società che lo circondava, e a cui lui tentava di non soggiacere. Passarono ancora alcuni secondi, prima che Kentan ottenesse la sua risposta.

[Modificato da Cyber Dark 28/07/2005 0.31]

Gianlu79
00giovedì 28 luglio 2005 21:01
* Gianlù seduto a sbavare aspettando impaziente il prossimo post del maestro [SM=x92710]
Cyber Dark
00venerdì 29 luglio 2005 01:43
"Tiro di spada, come posso supporre che facciate voi," rispose infine, indicando, con un lieve movimento del mento, il grosso spadone visibile alla schiena dell’uomo, "e sono al servizio del Regno, della sua popolazione."

Kentan capì subito che, nonostante le sue parole ambigue, non si trattava di un mercenario. La catena che recava al collo raffigurava un simbolo sacro, per quanto il guerriero ricordasse, e sinora non aveva incrociato nessuno, per le vie del Regno, che si attenesse a quell’usanza. Si trattava certamente di un Paladino, come essi venivano definiti. Non mancò di notare, tuttavia, come Cyber Dark non avesse utilizzato quella parola, per descrivere il suo ruolo all’interno di quella macchina complicata che era il Regno.
Aveva evinto diverse informazioni su chi affermava di essere un Guerriero Benedetto, della loro abilità in battaglia, dell’intelligenza strategica, del carisma presso il popolo e, in particolare, dei mistici poteri in grado di allontanare le creature non morte e di lenire il dolore delle ferite. Kentan lo osservò vagamente affascinato, pur senza scomporsi, benché l’uomo non si fosse sbilanciato in alcun genere di descrizione pomposa, né avesse fatto o detto alcunché per convalidare la figurazione che egli ne dava.

"Mi parete un po’..soprappensiero, ser. Immagino sia per via del fatto che non riuscite a raccapezzarvi per queste strade intricate. Posso indicarvi la via, se lo desiderate.."

Il guerriero tornò a guardare la casa per un brevissimo istante, memorizzando mentalmente la posizione, e ripromettendosi, forse, di ritornare. Quella figura lo attirava, come gran parte degli aspetti del Regno in cui si trovava, e si decise di approfondire, in futuro, quel rapporto appena accennato. Ma aveva bisogno della sua solitudine, ora, della silenziosa protezione della sua mente, e delle riflessioni adamantine in grado di schermarlo dalle occhiate indiscrete dei villici. Annuì piano, accettando il suggerimento del paladino.
Cyber Dark sorrise debolmente, in risposta ad un gesto altrettanto debole. Dopodiché, chiuso il portone di casa, cominciò a percorrere la via verso ovest. Il tragitto fu rapido e taciturno, in breve una via li condusse di nuovo sulla strada principale, da cui era possibile intravedere tanto il corpo di guardia dell’ingresso, quanto la piazza con la mastodontica statua, e, al di là di essa, il cancello sollevato che dava adito al piccolo giardino che circondava il castello. Il paladino si voltò verso il compagno e lo scrutò in volto. Sembrava essersi di nuovo immerso in quell’aria meditabonda che tanto lo caratterizzava.

"Da qui la strada è semplice, se rimarrete su questa via. Al di là della piazza, le strade si fanno più semplici, facilitandovi."

Kentan schiuse le labbra per formulare una risposta, ma i suoi occhi si spostarono rapidi su un qualcosa oltre le spalle di Cyber Dark, che evidentemente aveva colto la sua attenzione. Quando quest’ultimo si voltò, notò qualcosa che difficilmente, ed anche piuttosto stranamente, aveva ignorato sinora. Una folla gremita, capeggiata da un plotone di guardmen, stava marciando nella loro direzione. Il rumore metallico delle armature diventava gradualmente più assordante, mentre essi si avvicinavano.
Prima che entrambi potessero dire una parola, la folla concitata e le guardie li circondarono, sguainando le proprie armi e puntando lance e spade in direzione dei due uomini.

Non esisteva via di fuga da quella stretta morsa.

Cyber Dark alzò piano le mani, completamente disarmato, pur senza elevarle al di sopra del proprio capo. Kentan lo osservò con la coda dell’occhio, abbandonando sul nascere l’idea di attaccare quella schiera mentre erano ancora in movimento, e senza lasciar loro il tempo di pronunciare alcun genere di requisitoria.
Tuttavia, il motivo del fermo apparve presto ben chiaro ad entrambi: Kentan era stato scoperto.

Socchiudendo gli occhi, anche il guerriero alzò le mani.


Mediante i poteri di cui è dotato, in qualità di Paladino e di Sommo, Ostri conosce la vera identità di Kentan ed il luogo da cui è partito ed in cui ha casa. L'ordine di cattura è partito dalle labbra del Sommo stesso, e si è rapidamente sparso sulla bocca di coloro che si trovavano più vicini ad esso, ed in seguito su quella dei popolani. Ora gran parte del Regno sa che un seguace di Red Dragon cammina indisturbato per le strade della città. La folla è estremamente eterogenea, e tra di essi è possibile scorgere anche qualche Vassallo o qualche Aspirante dal nome piuttosto noto. Se ritenete (e mi appello a voi giocatori) che il vostro personaggio possa essere tra queste persone, siete liberi di scriverlo qui sotto, come siete liberi di farlo parlare, chiaramente inGDR, e di rivolgersi tanto a Cyber Dark, quanto a Kentan stesso. La storia proseguirà comunque.

[Modificato da Cyber Dark 29/07/2005 1.45]

Otrebmu Ittoram
00venerdì 29 luglio 2005 05:15
Otrebmu si era unito ai guardman appena saputa la notizia, ora stringendo lo scudo e la spada era innanzi allo straniero e.... a Cyber Dark ?
Una miridiade di pensieri gli attraversavano la mente, perche' un Vassallo era in simile compagnia ? Che avesse scoperto l'untruso e lo stesse portando al cospetto dei Sommi ? Perche' non lo aveva legato ? Forse non lo riteneva una minaccia ?
O come Vassallo poteva facilmente sconfiggerlo se avesse tentato qualcosa ?
Ittoram avanzo' fino alla prima fila affiancando un possente guardman ancor piu' grosso di lui.
I minuti scorrevano lentamente come se il tempo fosse rallentato, Otrebmu aspettava che un Vassallo facesse qualcosa, unendosi nella ricerca sapeva solo che l'ordine era di catturare l'intruso, ma non cosa farne.


[Modificato da Otrebmu Ittoram 30/07/2005 4.39]

[Modificato da Otrebmu Ittoram 11/08/2005 2.42]

Gianlu79
00venerdì 29 luglio 2005 11:04
"FERMI TUTTI" Urlò una voce familiare ai Guardman, mentre un Vassallo dall'aria autoritaria si faceva largo tra la folla che si stava rispettosamente aprendo al suo passaggio.
Ben presto l'uomo fù davanti ai due accerchiati, e Kentan notò che oltre ad avere lo stesso simbolo dei Paladini come Cyber Dark, aveva anche un altro stemma che pure aveva imparato ad interpretare: Lo Stemma dei Guardiani del Regno, il Corpo Scelto per la difesa del Sacro Suolo del Reame da chiunque osasse minacciarlo.
Gianlù (tale era il nome del Guardiano), si avvicinò rispettosamente a Cyber Dark e chinandosi gli parlò: "Maestro, vogliate scusare l'affronto, le armi non sono certo per voi, ma per il vostro compagno. Egli infatti è un seguace di Red Dragon, e come ben sapete chiunque provenga da quella schiera rappresenta una grave minaccia, non solo per noi ma per l'umanità intera, perciò abbiamo avuto ordine di catturarlo ed interrogarlo per carpirne i segreti ed il motivo della sua venuta tra noi!"
Era chiaro a tutti, che nonostante da lungo tempo Sir Cyber Dark non fosse più Gran Maestro dei Paladini, molti di essi avessero ancora un gran rispetto per colui che consideravano uno dei più grandi Vassalli del Regno.......

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OT: Eh, la tentazione è stata troooooooooooppppppppppppppoooooooooo forte, e poi mi diverto ad incasinare la cronologia di Otrebmu gh gh gh gh gh gh gh gh [SM=x92703]
Cyber Dark
00domenica 7 agosto 2005 20:42
Cyber Dark ascoltò in silenzio le parole di Gianlu, e quando quest’ultimo ebbe finito di parlare, si limitò ad abbassare le mani in maniera molto lenta. Kentan non si mosse di un millimetro.
Il paladino fece scorrere lo sguardo sui visi di tutti coloro che lo avevano circondato, riconoscendone di familiari e di mai visti prima. I suoi occhi si soffermarono su quelli di un ragazzo giovane, che reggeva una spada lunga con entrambe le mani, e ricambiava il suo sguardo con una durezza malcelata.
L’espressione di Cyber Dark si fece più tagliente.

"Da dove nasce l’audacia di levare le armi contro un Vassallo, per giunta totalmente disarmato? Non hanno più, gli Aspiranti tali, del rispetto verso di essi?"

Il giovane distolse lo sguardo, mentre le sue guance avvampavano. Lentamente, ripose l’arma nel fodero, pur non dando impressione di volersi scostare. I guardmen non fecero una piega, così come Gianlu, che rimase fermo dov’era, a pochi passi dai due.
Cyber Dark sospirò piano, voltandosi verso di lui.

"E’ un ordine del Sommo..?"
"Così è," rispose con calma.

Il paladino lo osservò ancora per qualche istante, prima di voltarsi in direzione del castello. Kentan abbassò le mani e le riportò ai fianchi, con calma, ed osservò il proprio compagno mentre faceva un piccolo, appena accennato inchino, che fece scivolare parte del suo mantello verso il lato destro. Poi, anche lui lo vide.

La folla aprì un grosso varco in quella direzione, mentre il Sommo Ostri si avvicinava piano, le mani giunte dietro la schiena, che osservava tranquillamente la scena.
Kentan non pensava sarebbe mai riuscito a vederlo. In effetti, non era il motivo per cui aveva intrapreso quel viaggio; tuttavia rimase ad osservarlo a lungo, cercando di cogliere ogni minuzioso particolare di quell’insolita figura.
Portava anch’egli una corazza, che pareva molto più massiccia della sua, benché si limitasse a fornirgli la protezione di un corpetto e di due spallacci. Il metallo di cui era costituita era lucente, e pareva catturare in ogni suo punto la luce, per poi liberarla in tutta la sua intensità. L’armatura non copriva gli arti, che vestivano un ricco tessuto cobalto dalle cuciture dorate. Il viso era disteso e nel contempo deciso, dai tratti essenziali, suggeriti anche dalla lunga barba nera, incolta, eppure ordinata. Una bandana gli nascondeva interamente i capelli.

Quando Cyber Dark si sollevò dal lieve inchino, imitato da tutta la popolazione, Ostri si trovava già dinnanzi a lui. Il paladino era interposto tra il sommo e l’indignante forestiero.

"Le armi non sono per un Vassallo, signori."

Pronunciò con calma queste parole mentre era ancora in movimento, in modo che, nel momento in cui si fermò, tutti i guardmen sollevarono le lance e ritrassero a sé le spade.

"..e tuttavia non è dignitoso che una persona della tua foggia passeggi tranquillamente a fianco di questo blasfemo. Non conosci forse la sua identità..? La sua natura..?"

Lo sguardo del Sommo si fece ancora più penetrante, mentre osservava Cyber Dark, che lo sostenne per alcuni istanti, prima di chinarlo lievemente. Kentan notò, tuttavia, dalla sua posizione, come ciò che si era nuovamente ossequiato era solo il capo, ma non lo sguardo, che osservava caparbiamente dinnanzi a sé. Nuovamente Cyber Dark si rialzò in posizione eretta e tornò a contemplare Ostri, mentre prendeva a sua volta la parola.

"..Conosco la sua natura, Sommo. Possiedo in comunione con voi gran parte dei miei poteri, ed essi mi hanno permesso di comprendere la sua essenza, seppur parecchio tempo dopo che Voi avete colto la sua presenza. Ma stavo solo cercando di far sì che i Valori del Regno venissero rispettati."

Un mormorio poco convinto, e per lo più stupito, si levò dalla parte più remota della folla. Cosa potevano significare le parole del paladino? Nessuno osò sollevare obiezioni, ma in cuor loro molti popolani ed Aspiranti furono fermamente convinti che Cyber Dark avesse appena pronunciato una bestemmia di fronte alla più alta personalità del Regno, e che per questo sarebbe stato duramente punito.
Ostri, invece, si limitò a fissarlo, come aveva fatto sinora, ed inclinò lievemente il capo.

"Qual è il significato delle tue parole, Cyber Dark?" chiese infine.
"Uno dei nostri Valori predica la Pace, la volontà di affrontare anche le situazioni più delicate e pericolose con una mano aperta, piuttosto che stretta all’elsa di una spada. Non sento rabbia in quest’uomo, né ritengo sia venuto per causare fastidi agli abitanti, che nonostante questo dimostrano comunque astio nei suoi confronti solo per la tinta scura della sua corazza. Ho voluto dimostrare correttezza ad una persona che me ne aveva mostrata a sua volta. Credo che il rispetto per me e per tutti quanti alberghi nel suo cuore."

Il brusio della folla si acquietò. In un istante, tornò il silenzio, interrotto a tratti dal debolissimo rumore del vento in discesa dal Massiccio.

"Sommo," riprese Cyber Dark, dopo aver lasciato tempo ad Ostri di assimilare appieno le sue parole, "Concedetegli di restare, sotto la mia osservazione. Baderò io che la sua spada non si innalzi contro alcun abitante di questa città. Mi assicurerò che lo scopo del suo viaggio non urti i Valori di BlueDragon e nessuno di noi."

Il paladino tacque, osservando in volto il proprio sovrano.
Ostri lasciò che scorressero parecchi istanti, prima di scostare gli angoli della sua bocca in un sorriso appena accennato.


Se il Sommo Ostri lo gradisce, può fornire lui la risposta alla richiesta di Cyber Dark..saprò organizzarmi.

Gianlu79
00lunedì 8 agosto 2005 12:06
OT
Ehm Cybbo, tenuto conto che Ostri e Palank hanno impegni 24 ore su 24, credo che almeno i racconti non li leggano........potresti provare a mandargli una mail e segnalargli la sua "partecipazione" qua.........
-Sarevok-
00giovedì 11 agosto 2005 20:38
OT-- bello 'sto racconto!
continua, ti prego Cyb!
Cyber Dark
00lunedì 5 settembre 2005 03:13
La stanza nella penombra era avvolta in un silenzio quasi sovrannaturale, interrotto solo dal ritmico scoppiettare delle braci nel piccolo caminetto sulla parete della stanza. Il candelabro sul soffitto sosteneva dodici candele pressoché consumate, benché ancora in grado di ardere, ma era completamente spento. A completare l’illuminazione della camera, vi era solo una lunga ed alta candela, posta al centro del tavolo.
Kentan proiettava un’onda particolarmente allungata sulla parete, poggiato coi gomiti sul bordo del tavolo, mentre si protendeva lievemente verso il compagno, in attento ascolto delle sue parole.
Cyber Dark, tuttavia, si lasciò andare lentamente sullo schienale della propria sedia, zittendosi. Era l’imbrunire del quinto giorno di permanenza del suo malvoluto ospite.
In effetti, la gente si guardava bene dal transitare anche solo di fronte a quella casa così modesta, e così apprezzata fino a pochissimi giorni prima.
..prima che a Kentan fosse concesso di rimanere sotto la tutela di Cyber Dark.

"E’ dunque questa la storia delle mura in cui abiti?"

Il paladino annuì piano, guardandolo. Aveva trascorso le ultime due ore a raccontare degli avvenimenti che avevano cambiato il corso della storia negli ultimi duecento anni.
Cyber Dark li conosceva profondamente, più per cultura personale che per reale interesse, e fu in grado di intrattenere il proprio compagno in maniera interessante e sveglia.
Entrambi lasciarono che passassero svariati secondi in silenzio, ascoltando i suoni ovattati provenienti dalle strade intorno all’abitazione; poi, Kentan posò il proprio sguardo sul compagno in maniera insistente. Dal suo canto, Cyber Dark se ne accorse quasi subito, benché diede dimostrazione di non farvi caso per parecchi istanti. Quando lo sguardo del guerriero cominciò a metterlo a disagio, voltò il capo e ricambiò il suo sguardo.

"Per quanto tempo serberai in te i tuoi dubbi..?"

Kentan sistemò in maniera più comoda i gomiti sul tavolo ed incrociò le mani, poggiandovi il naso, mentre parlava, in modo da nascondere la bocca. Il paladino parve vagamente turbato da quella domanda, e corrugò appena la fronte.

"Di quali dubbi parli..?" replicò, pur senza distogliere da lui il suo sguardo.
"So bene che nutri un interesse per ciò che non conosci estremamente simile al mio. Hai riempito questa stanza di parole, ma non osi metterle in disparte per ascoltare."

Cyber Dark scostò lo sguardo velocemente, con un breve movimento del capo, probabilmente urtato da quel pensiero così diretto.

"Ho avuto interesse," continuò il guerriero, "a conoscere la tua storia, la storia di questo Regno, di cui tutti affermano essere un Araldo di Luce. Ho capito sin dal primo momento che in te abita il desiderio di porre le stesse domande sul mio conto. Hai bisogno di saperlo."

Il paladino voltò di nuovo il capo, per scoprire che Kentan non si era mosso di un centimetro, e manteneva la stessa posa marmorea di alcuni istanti prima. Pareva non aver neppure mosso le labbra, mentre aveva concluso quella frase.

"..Hai ragione," affermò qualche momento più tardi. "Sei un servitore di colui che qui è chiamato semplicemente Nemico. Desidero sapere cosa ti lega a lui, perché ti consideri tale, perché compi tutto questo. E cosa ti differenzia da tutti gli altri suoi Seguaci. Sei diverso da qualsiasi altro, tra questi, che ho conosciuto. Non vi è stato, in te, alcun desiderio di combattere, come non ne ho provato nemmeno io nei tuoi confronti."
"..Vuoi capire da dove nasca questo tuo desiderio di socializzare con chi dovresti combattere. Ho indovinato..?"

L’uomo non rispose, almeno inizialmente. Sembrò pensare a lungo alle parole ponderate che avrebbe dovuto utilizzare.

"Voglio capire chi sei, perché agisci così. Voglio capire perché Kentan usa il proprio cervello ed il proprio cuore, prima di usare la propria lama."

Il guerriero sorrise apertamente, scostando le proprie mani dalla bocca, in modo che il compagno potesse vedere bene il gesto.

"Davvero sei convinto che tutti coloro che servono colui che chiamate Red Dragon non abbiano un briciolo di cervello?" Pareva divertito dalla piega che il discorso stava assumendo.

Cyber Dark, dal canto suo, non trovò modo di rispondere. La maggior parte dei nemici che si era trovato ad affrontare, sinora, era costituita da una malvagità insensata, fine a se stessa, una sorta di potenza autodistruttiva che non richiedeva altro se non un freno in grado di recidere le loro vite senza scopo. Eppure Kentan era diverso: rappresentava per lui la freddezza del calcolatore, la virtù morale del nemico, la violenza non incondizionata.
E l’aspetto complementare di ciò che conosceva fin troppo bene, e che a lungo aveva ricercato.

"Possiedi una legge morale che a lungo ho desiderato di riscontrare nei miei cosiddetti nemici..benché io non ti consideri tale."
"E cosa ti spaventa di più di queste due cose? Il fatto che tu l’abbia trovata, od il fatto che tu non abbia desiderio di incrociare le spade con me?"
"E’ una domanda troppo diretta perché io possa fornire una risposta esauriente."
"Non ho bisogno di parole per comprendere lo sbigottimento che provi..perché io provo un sentimento decisamente simile. I nostri viaggi si concludono con il confronto."

Il paladino lasciò che il proprio corpo venisse percorso da un fremito, a quell’ultima parola, e ad un tratto si sentì completamente esausto, come se il viaggio di cui Kentan aveva parlato fosse consistito in un reale spostamento fisico. Tuttavia, aveva capito benissimo cosa il guerriero intendesse dire.
Si riferiva ad una ricerca incessante, faticosa, che come Cyber Dark aveva intrapreso lungo tutto l’arco della sua vita, alla ricerca dell’equilibrio, della sfumatura, dell’insolito.
Esisteva un qualcosa in grado di trascendere l’ordinaria differenza tra bene e male, ponendosi in una delle mille tinte attenuate che potevano formarsi dall’unione tra i due princìpi?
Abbassò il capo, osservandosi. Aveva ancora un significato, per lui, il concetto di “differenza”?
Sbatté le palpebre, piano, prima di rialzare lo sguardo. Socchiuse gli occhi, osservando Kentan attraverso il bagliore acceso della candela.

E non poté fare a meno di chiedersi, se i loro animi erano davvero così affini, perché dunque si trovassero sulle sponde opposte di uno strapiombo che sentiva di non aver mai voluto.
Gianlu79
00lunedì 5 settembre 2005 20:25
OT
* Segue la storia in trance catatonica come i calci di rigore della finale dei mondiali 1994 senza muovere un muscolo (si capisce quanto mi appassiona stà storia?) [SM=x92702]

P.S. Cybbo, scusa, davvero non voglio rompere, sai che ho troppo rispetto per te, però cerca di stare attento alla forma verbale usata....a me non me ne può fregar un tubo, ma se una persona se nè accorge, dopo son Kaiser amari..............
Cyber Dark
00mercoledì 14 settembre 2005 23:46
Cyber Dark socchiuse un poco gli occhi, osservando in maniera quasi diretta i raggi del sole che cadevano sulla finestra della sua abitazione.
Si voltò lentamente al rumore di una cinghia di cuoio tirata con forza. Kentan, chinato a terra, aveva raccolto tutti gli oggetti che aveva portato con sé per il viaggio in una comoda borsa da tracolla.
Era la tarda mattinata del settimo giorno dal suo arrivo.
Il paladino gli rivolse un lieve sorriso ad occhi socchiusi, forse ancora infastidito dall’effetto che la luce del sole aveva avuto sui suoi occhi scoperti.
Alcuni minuti più tardi, uscirono entrambi di casa. Imboccarono la via più veloce per inserirsi nella principale strada del Regno, che, in breve, li avrebbe portati allo stesso cancello attraverso il quale il ragazzo aveva fatto il suo ingresso in quelle mura. Non scambiarono alcuna parola tra di loro, forse perché, al loro passaggio, la folla interrompeva il proprio parlare concitato per posare attentamente gli occhi sui due uomini. Raggiunsero le scuderie dei forestieri, situate a breve distanza dal cancello cittadino, e là Cyber Dark pagò lo stalliere che si era occupato del destriero del proprio compagno, il quale si limitò a distogliere lo sguardo dalla scena, come fingendo di non avervi assistito.
Quando ricevette tra le mani le briglie, Kentan rivolse un lieve cenno di ringraziamento al paladino, voltandosi poi verso la strada e proseguendo con passo calmo verso l’uscita dal Regno.

I guardmen all’ingresso del varco salutarono il vassallo con svogliatezza, benché mantenessero la posa sull’attenti in maniera egregia. In pochi istanti, senza che nessuno dei due voltasse il capo per osservare la strada che abbandonavano, entrambi si ritrovarono fuori dalle mura, ad alcuni metri da esse, dove si fermarono.
Cyber Dark fu il primo a volgere lo sguardo verso il proprio compagno. Sorrise lievemente, mentre scostò le spalle in un lieve movimento che ricordava una scrollata lievemente accennata.

“Non mi hai ancora posto quella domanda.” disse con calma il guerriero, come in risposta a quello sguardo.
Il paladino schiuse lievemente le labbra, prima di rispondere. “Cosa ti fa pensare che io abbia ancora dubbi da risolvere?”
“Forse è stato per via del tuo impacciato modo di esprimerti in occasione della nostra ultima discussione.”

Non ricevette risposta. Cyber Dark fissò il proprio sguardo negli occhi del compagno, ma non accennò a controbattere.

“Ascolta,” riprese infine Kentan, “Questo cavallo mi condurrà sino ai porti presso la montuosa rocca di Ocre. Da lì mi imbarcherò verso una destinazione troppo lontana perché tu possa sperare di raggiungermi.”

L’uomo gli lasciò il tempo di assimilare appieno tutte quelle parole. Lo sguardo di Cyber Dark si fece più nervoso.

“..sei sicuro di voler gettare via questa occasione?”

Alla fine, quella strana barriera che aveva deciso di erigere cadde silenziosamente. Gli occhi del paladino tornarono a focalizzare il suo interlocutore.

“Conosci già i pensieri che mi passano per la testa,” rispose infine, “ma esplicherò ugualmente per te tale domanda. Cosa ci ha diviso per tutto questo tempo?”
“Ognuno possiede la libertà di forgiare il proprio destino, lo sai bene. In questo, né dei né sovrani hanno potere.”
“Non è una risposta valida.”
“Forse, semplicemente, non è la risposta che cercavi.”
“E’ inattinente con ciò che ti ho chiesto.”
“E la tua domanda non è espressa nel modo che desideri. Hai paura di pormela?”
“Vorrei capire il motivo per cui hai inserito all’interno della tua risposta quegli elementi a cui io stesso non avevo ancora accennato.”
“ ‘Ancora’ ? C’è dell’altro, dunque..?”
“Non ho detto questo.”
”Non c’è bisogno di giocare a chi nasconde meglio i propri pensieri. Leggo nei tuoi occhi che la mia risposta, per quanto mirata, non ti ha soddisfatto. Ponimi apertamente questo tuo dubbio, dunque. Ti sarà d’aiuto.”

Cyber Dark sospirò piano dal naso, lasciando che trascorressero ancora alcuni istanti. Quello scambio così diretto lo aveva vagamente turbato.

“..D’accordo,” replicò infine con calma. “Ciò che non riesco a comprendere è come..vi sia questa differenza sostanziale tra di noi. Conosco la destinazione del tuo viaggio, perché anche io vi ho poggiato piede, anni fa. Eppure..non capisco come una persona come te vi possa tornare e considerarlo una casa.”

Kentan non rispose nulla, limitandosi a guardarlo. Aveva capito che c’era dell’altro, e desiderava chiarezza assoluta.

“..voglio capire perché poni i tuoi servigi presso il Nemico principale del Sovrano che io servo. Perché, se i nostri animi sono così simili, siamo alle dipendenze di dure Regni opposti? ..perché Kentan ha offerto la propria vita al servizio di RedDragon, e Cyber Dark di BlueDragon..?”

Fu a quel punto che il guerriero sorrise lievemente, in un’espressione che ricordava decisamente il proprio compagno. Lasciò la presa sulle briglie, camminando lentamente intorno all’animale e raggiungendo il paladino, in modo da essergli del tutto di fronte, senza impedimenti. Poi, alzò piane entrambe le braccia, portando le mani al viso di quest’ultimo, e stringendolo debolmente all’altezza delle guance. L’uomo chiuse per qualche istante gli occhi, in risposta al tiepido tocco dei guanti di cuoio.

“Amore, Cyber Dark. O affetto, devozione, attaccamento. Rispetto. Si tratta di rispetto verso chi ci ha fornito il metro di paragone su cui fondare la nostra moralità. Non si tratta di valutare quale dei due sia buono o malvagio: questa dedizione è definita univocamente al di là del Bene e del Male. Trascende questa distinzione. Non può e non deve esistere, negli esseri umani, Nero o Bianco: entrambi i colori si mescolano per dare vita ad una serie infinita di tonalità di grigio, ognuna con le sue caratteristiche, con i suoi affetti, con dei motivi che la spingono a proseguire nelle avversità. Che ci piaccia o no, mentre un individuo della nostra specie cerca se stesso nel conseguimento di una di questa infinità di vie, si scopre a ricercare non il Bene od il Male assoluti, ma il proprio bene, un bene relativo e costruito a misura di se stessi. Una sorta di perfezionamento personale. E’ qui che esso porta. E non esiste una via, esclusiva ed elitaria, per raggiungere questo apice, questo amplesso. Tu hai trovato la tua, all’ombra dell’ala inquisitoria del tuo sovrano. Esattamente come me. E per quanto possano essere diversi gli stemmi sotto cui combattiamo, entrambi, noi, i nostri Re, i nostri fratelli, gli innumerevoli membri della nostra razza lottiamo per far sì che si compia il mondo delle nostre perfezioni, per complementare le nostre debolezze, le nostre mancanze. Ma si tratta e si tratterà sempre di infinite vie che conducono ad uno stesso risultato: la realizzazione di una pace interiore ed esteriore verso cui tutti anelano e tendono le proprie braccia. E questo, amico mio, è un valore che rimarrà sempre puramente soggettivo.”

Non aspettò una risposta, ma si limitò a ritrarre piano le proprie mani, e a riportarle ai fianchi. Il paladino rimase per qualche istante ad occhi chiusi. Quando riaprì le proprie palpebre, Kentan era già montato a cavallo.

“La vita è ciò che più intimamente possediamo. Mettila al servizio di un ideale, ma non dimenticare che ti appartiene. Sii pronto a ritrarla, e a tenerla per te, qualora l’occasione richiedesse di pensare a te stesso.”

Cyber Dark scostò nervosamente lo sguardo a terra, a queste parole, ma il guerriero non attese il suo sguardo per partire. Con un lieve colpo di tacchi, ordinò al cavallo di avviarsi.
Quando il vassallo rialzò lo sguardo, Kentan aveva già percorso almeno una decina di metri. Quasi avesse avvertito lo sguardo del compagno, dubbioso ed emblematico, fissargli la schiena, alzò una mano, pur senza voltarsi.

“Ti ringrazio per l’ospitalità. Troverò il modo di sdebitarmi.”

Nel momento in cui Cyber Dark trovò le parole con cui rispondere a quel saluto, il guerriero si trovava già troppo lontano. Con un sorriso, il paladino consegnò quelle parole al vento del mattino.

“..lo hai già fatto.”
Cyber Dark
00mercoledì 14 settembre 2005 23:46
Il cielo notturno era limpido e pulito, fatta eccezione per alcune nuvole lungiformi che, mano a mano, andavano sempre più coprendone piccoli lembi.
La luna era scomparsa alcune ore prima, inghiottita dallo spesso strato di nubi, permettendo così, senza la propria luminosità, di offrire uno spettacolo sbalorditivo a chi, in quell’istante, stava fissando il firmamento.
La piccola foresta presente nel quartiere dei druidi era fornita di una piccola radura, posizionata esattamente su una dolce collina, lontana dalle fiaccole cittadine e dalla luminosità presente per le strade.
Aveva scelto quel luogo per portarvi quella persona, un posto dove era sicuro non sarebbero stati disturbati nemmeno dal rumore dei popolani per le strade, che giungeva in modo estremamente ovattato. Da quella posizione, lievemente sopraelevata, potevano assistere al meraviglioso spettacolo offerto dalla volta celeste senza perdere di vista la possente costruzione del castello.
Si erano sdraiati supini entrambi, senza bisogno di stendere, sotto le loro schiene, alcun genere di coperta: l’erba era asciutta e il terreno compatto, privo di foglie.
La figura femminile si sollevò piano, portandosi in posizione seduta, e sorreggendosi con il braccio sinistro. Con la mano destra tirò lievemente la propria tunica in un gesto di assestamento, che lasciò appena intravedere la sinuosità delle proprie forme, decisamente ben proporzionate.
Lasciò che il proprio sguardo scorresse sul viso di Cyber Dark, soffermandosi poi sui suoi occhi.
Il paladino osservò ancora per parecchi istanti le stelle, prima di scostare il volto verso di lei.

“..cosa vi ha turbato maggiormente della sua risposta?” Lady Zero scandì lentamente le parole della propria domanda, come per evitare di scrollarlo in maniera troppo irruente dai suoi pensieri.

Anche Cyber Dark si sollevò lievemente, sostenendo il peso del proprio corpo con entrambi i gomiti. Rimase ad osservare la ragazza per qualche istante, prima di volgere lo sguardo verso il castello.

“Io..credo la semplicità e la complessità insite in quella risposta. Kentan ha optato per una soluzione ed una vita che trascendono la normale distinzione tra il bene ed il male. E per quanto possa sembrare bizzarro, forse ha davvero scelto la via dell’amore disinteressato e della devozione in accordo alle proprie idee. Possiede un modo di vedere e di fare estremamente deciso; non annullerà mai il proprio potere di scelta se RedDragon gli chiederà qualcosa che riterrà immorale. Credo sia..la personificazione di ciò che ritengo ‘grigio’, una delle tante scale di colori tra il bianco ed il nero.”
“E’ per questo che lo sentite così vicino al vostro animo..?”

Non c’era disprezzo o superbia nelle parole della donna. Solo un sincero interesse per l’emblematico modo di pensare del paladino.

“Sinceramente non credo esista nessuno in grado di sottrarsi a questa scala di colori. Nessuno è completamente ‘bianco’, come pure nessuno è completamente ‘nero’. Forse, semplicemente, nei suoi occhi ho visto lo stesso processo che mi ha portato a questa conclusione. Immagino sarebbe d’accordo, se fosse ancora qui.”

Lady Zero annuì piano, voltando il capo nella stessa direzione di Cyber Dark. Le luci delle fiaccole e dei lampioni creavano un interessante gioco di luci alla base del castello, la cui imponente forma si oscurava in prossimità delle torri più alte, evidentemente illuminate da fonti che non riuscivano a vedere, da quella posizione.

“Avete idea del perché vi abbia regalato la sua armatura?” riprese la ragazza, dopo qualche istante.
“Si..almeno, posso immaginarlo. Non l’ha detto apertamente, ma..immagino sappia che ho capito il suo stato d’animo nel momento in cui la gente gli pone addosso i propri sguardi inquisitori, e che probabilmente lo condivido. Forse per lui portare quella corazza ha significato lanciare una sfida. E probabilmente ha gradito che anch’io proseguissi questo strano gioco. Ha un senso, per voi, tutto questo?”

La donna annuì nuovamente, senza voltare il capo. “Si, lo ha.” rispose infine.

Cyber Dark sollevò lievemente il capo. Le nuvole si erano dilatate, inghiottendo nel proprio grigiore gran parte del cielo. Una folata di vento scosse tutti gli albero intorno a loro, provocando un piacevole fruscio. Alcune foglie si staccarono dai rami, raggiungendo le due figure.
Il paladino si levò seduto, e poi in piedi. Portò entrambe le mani al collo, slacciando la piccola spilla che sorreggeva il pesante mantello rosso.
Con un gesto lento, appoggiò l’indumento sulle spalle della ragazza. Poi si ritrasse di un passo.

“Tra non molto credo comincerà a piovere. Non rimanere qui troppo a lungo, amica mia.”
“E lasceresti che io ritornassi da sola, con questo tempo?”

Lady Zero rivolse un lieve sorriso all’uomo, prima di porgergli la propria mano. Subito, Cyber Dark la prese delicatamente e l’aiutò ad alzarsi.


Quando le prime gocce di pioggia cominciarono a cadere, non vi era più nessuno per le strade del Regno.

..fine.

[Modificato da Cyber Dark 14/09/2005 23.47]

Gianlu79
00mercoledì 14 settembre 2005 23:59
Bello.............però, uff ci avrei scommesso che Kentan fosse il fratello dimenticato di Cyber........ci starebbe stata bene [SM=x92702]
Gryps Imperialis I
00giovedì 15 settembre 2005 00:25
Ho seguito con attenzione e interesse questo racconto...
... e non posso fare a meno di complimentarmi con il suo autore, tanto da dover postare, per una volta, in queste lande desolate. Davvero un capolavoro, paladino. "Come, attraverso la nebbia, il Sole."
Otrebmu Ittoram
00giovedì 15 settembre 2005 04:38
OT-- Non vi faccio i complimenti perche' altrimenti sarei ripetitivo [SM=x92702] --OT
Cyber Dark
00venerdì 16 settembre 2005 03:00
Grazie a tutti e tre dei complimenti, hanno fatto piacere.
:)
Muldon dei Ghiacci
00martedì 20 settembre 2005 03:36
Sì, ho mantenuto il giudizio Cyber
Mi piace come hai affrontato qua l'argomento e trovo una forzatura l'idea del fratello perduto.
Mi piace pensare che ci siano attitudini superiori al legame di sangue che sappiano creare ponti più solidi del sangue stesso.
Lady Rowena
00mercoledì 28 settembre 2005 14:16
OT- Vorrei fare tanti, tantissimi Auguri di un Buon Compleano a Cyber!
[SM=x92702]
Cyber Dark
00mercoledì 28 settembre 2005 18:52
OT - Uhm, speravo fossero commenti al mio scritto ma..grazie mille.. ^^'
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