Re:
Sono molte le componenti; provo ad enumerarne alcune:
1) la storia, le tradizioni e la diffusione nel tessuto sociale di uno sport nel paese: il rugby si gioca nei paesi anglosassoni dalla fine dell'800 ed in Francia appena poco più tardi;
2)in Italia é vero che il Rugby si é iniziato a giocare intorno ai primi del '900, grazie ad alcuni giovani nobili legati al mondo anglosassone (in primis la fam. Caccia Dominioni, se non ricordo male, n.d.r.), però si trattava di un movimento veramente limitato sia numericamente che geograficamente e non si é visto niente di serio fin dopo la II guerra mondiale;
3) con questo andazzo non si é sviluppata una vera e propria scuola fino agli anni '70, laddove alcuni esponenti di spicco del rugby giocato (mi riferisco al grandissimo Marco Bollesan, che per la mia esperienza ha rappresentato un gran Maestro), non hanno cominciato a portare la loro esperienza dalla parte di chi doveva insegnare ed impostare una scuola italiana;
4) veri e propri stranieri od oriundi che, nonostante i detrattori, aiutano certamente un movimento ad evolvere ed accumulare esperienze diverse e sempre utili, non hanno mai popolato in maniera massiccia il campionato italiano se non dalla seconda metà degli anni '70 (il primo che ricordo e con cui ho avuto il piacere di giocare fu Marcello Fiasconaro, italo-sudafricano e famoso 800metrista, oltre che ala all'Amatori), con l'arrivo ad esempio di giovani neozelandesi che riuscivano, grazie alle stagioni invertite, a trascorrere da noi un buon periodo in preparazione al loro campionato;
5) la mancanza di una caratteristica storica che han portato le compagini maggiori a fornirne spettacolo: mi riferisco alla caratteristica francese di impostare il loro gioco sulla velocità (anche delle linee, di tutte), la fantasia dei trequarti (i raddoppi e l'inserimento in fase offensiva delle 3 linee nel gioco dei 3/4 é infatti loro) e la particolare fantasia nell'uso "dell'Arrière" (il loro estremo) e dei calcetti a scavalcare, sono le grandi peculiarità di un gioco "spumeggiante" e sfuggevole (non per niente sono stati gli inventori del Rugby a 13, ancora più spettacolare), per tanti anni bestia nera di molte squadre anglosassoni; di contro gallesi ed irlandesi hanno fatto loro la caratteristica di un gioco impostato sul pack, molto pesante e fisico, ma altrettanto efficace se si ha a disposizione uomini "di stazza"; per finire poi all'Inghilterra con un gioco veramente misto, ma dotato di grandi fisici e grandi punter.
Che dire di più, sicuramente i veri esperti ne avranno ancora, ma questo può bastare per dire che l'Italia sta ben lavorando per arrivare a più che ottimi livelli, ma tutto potrà realizzarsi sempre e solo se ad affiancare ottimi uomini (non solo giocatori ...) ci saranno personaggi del calibro della fam. Benetton che aiutano la scuadra della loro città ... anzi sono dei veri "magnate dello sport".
Dopo tante parole: "Coi picci e con la buona volontà (e per buona volontà si intende anche voglia di imparare, fantasia e rettitudine) si può arrivare ovunque!!!
Chi ha orecchie per intendere intenda, gli altri ...
CIAO VECI ... ORA E SEMPRE
Scritto da: vecchiovecchiovecchio EX 13/09/2004 19.28
Quindi diciamo che fanno 4 allenamenti a settimana sul campo? Di quante ore? Perchè non capisco bene perchè altre nazionali passino la palla in modo molto più veloce e preciso rispetto all'Italia. Eppure sono tutti professionisti, dovrebbero allenarsi più o meno allo stesso modo. E molte squadre hanno allenatori stranieri, dovrebbero dedicare la stessa cura e tempo alla tecnica. Qualcosa non torna, è una situazione analoga a quella nostra ben nota (non c'è neanche bisogno di nominarla, come la fiaf). E sappiamo bene perchè noi siamo carenti nei fondamentali: 4 o 6 ore di allenamento a settimana, quando si fanno, sono poche. Forse anche nel rugby, nonostante il dichiarato professionismo, poi in pratica non tutti si allenano quanto dovrebbero (ovviamente sempre più di noi, ci mancherebbe).