Acqua : inciuci sul bene pubblico

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RIFONDAZIONE CHIETI
00martedì 11 luglio 2006 10:56
Collocate questo messaggio dove può essere letto, riguarda anche l'Amministrazione di Casoli.

“NESSUN INCIUCIO SULL’ACQUA”

E’ inaccettabile che il Cda dell’Ato si difenda negando fatti notori: l’Ato ha citato in giudizio la Sasi perché ritiene di essere creditore di alcuni milioni di euro mentre la Sasi ha citato in giudizio l’Ato perché, a sua volta, pretende di essere creditore di altri milioni di euro. Solo alcune settimane fa il Tribunale di Lanciano si è pronunciato condannando la Sasi a pagare un milione e settecentomila euro in favore dell’Isi. Le polemiche tra Ato e Sasi hanno trovato larga eco sui quotidiani locali. Che cosa ha fatto cambiare idea al Presidente Di Giuseppantonio tanto da fargli negare qualsiasi problema e qualsiasi tensione tra Ato, Sasi e Isi?
Se qualcuno pensa di poter occultare il fallimento nella gestione delle risorse idriche in provincia di Chieti attraverso un bell’inciucio trasversale, sappia che non troverà mai l’avallo del Partito della Rifondazione Comunista.
Le responsabilità del fallimento non sono solo gestionali ma anche politiche e sono da attribuirsi ai Sindaci che hanno votato i Cda di Ato, Sasi e Isi. Ai Sindaci ci rivolgiamo affinchè prendano atto del fallimento in atto e dei danni che rischiano di procurare alle comunità da loro amministrate. Chi deve intervenire se la Sasi è inadempiente e non ha ancora approvato i bilanci 2004 e 2005? Se il bilancio 2003 potrebbe rivelarsi illegittimo, alla luce della sentenza del Tribunale di Lanciano, non essendovi ricompresi gli ammortamenti riconosciuti in favore dell’Isi? Chi deve vigilare sul rispetto, da parte della Sasi, della normativa regionale che impone assunzioni fatte tramite concorso pubblico? Chi interviene se, come nel caso della Sasi, vi è un Cda da tempo scaduto? Chi deve decidere se l’esistenza dell’Isi ha ancora un senso dopo la sostanziale abrogazione dell’art. 35 che ne prevedeva la costituzione?
Rifondazione Comunista ritiene che sia indispensabile ripartire da un’ampia discussione collettiva azzerando preventivamente tutti i Cda, compreso quello dell’Ato non immune da responsabilità sia per i mancati controlli che per l’elaborazione di un Piano d’Ambito inattendibile e molto discusso, quello che ha provocato gli aumenti delle tariffe ben conosciuti dai cittadini e dagli utenti.
Infine, a proposito dell’affidamento in house, il Presidente Di Giuseppantonio sa bene che quella approvata dall’Assemblea dell’Ato è solo una delibera di indirizzo, peraltro condizionata, per volere dello stesso Di Giuseppantonio, ad una serie di adempimenti da parte della Sasi. Delibera che necessitava di un atto di affidamento vero e proprio perché, in mancanza, la privatizzazione era la prospettiva obbligata. Per l’Ato chietino il termine ultimo era fissato al 30.6.06 mentre per la legislazione nazionale era fissato al 31.12.2006. Tale ultimo termine è stato spostato al 31.12.2007 solo pochi giorni fa grazie all’emendamento presentato, tra gli altri, dall’On. Maurizio Acerbo e recepito nell’ultimo Decreto Legge governativo.
Inoltre il Governo ha appena approvato una Legge Delega che impone la proprietà e la gestione pubblica del servizio idrico integrato.
Ciò grazie alle lotte del movimento e di Rifondazione Comunista e non certo grazie agli amministratori di centrodestra e di centrosinistra di Ato, Sasi e Isi!

Chieti, 10 Luglio 2006

Isidoro Malandra
Resp. Reg. Ambiente PRC Abruzzo
rifondazione.it
00lunedì 17 luglio 2006 12:19
IN ITALIA L’ACQUA E’ PUBBLICA
Il Governo dell’Unione ha mantenuto l’impegno assunto in campagna elettorale.
L’acqua sarà pubblica nella proprietà e nella gestione.
Questo risultato è stato ottenuto con la lotta e l’impegno di tutti quei soggetti, associazioni, comitati, organizzazioni sindacali che in questi anni hanno alimentato vertenze e conflitti contro la privatizzazione del servizio idrico.
Per il momento è stato affermato il principio ora tocca di nuovo a noi, donne e uomini, impegnati per la tutela e la preservazione del bene comune acqua rendere questo principio concreto ed esigibile.
Aver tolto l’acqua dalla cultura del mercato e degli interessi privati è il segno che si può iniziare a costruire l’economia dei beni comuni, ma è anche una dichiarazione di pace e di cooperazione.

Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea
rifondazione.it
00martedì 19 settembre 2006 15:38
ATO ISI SASI
L’esito dell’ultima assemblea dei Sindaci dell’Ato n. 6 chietino dimostra ulteriormente come fosse fondata la richiesta di Rifondazione Comunista di azzerare i CdA di Ato, Sasi e Isi.
In assenza di una proposta seria e praticabile da parte del CdA dell’Ato, l’Assemblea si è sbizzarrita nelle proposte tanto disparate quanto inapplicabili. Dalla proposta di scioglimento dell’Isi, rigettata perché costerebbe ai cittadini duemilioni di Euro, a quella di accorpare l’Isi alla Sasi, soluzione che le norme attuali non consentirebbero in quanto il gestore non può essere anche proprietario delle reti. Si dimostra ancora una volta quanto sia stata scellerata la scelta, fatta dai partiti di centrodestra e centrosinistra che trasversalmente governano oggi Ato, Sasi e Isi, di dare applicazione al famigerato art. 35 della Finanziaria 2000 berlusconiana: quella scelta ha di fatto danneggiato i cittadini, con l’aumento vertiginoso delle tariffe, non ha portato alcun miglioramento nella gestione del servizio idrico che anzi è peggiorato in questi ultimi anni, ed ha creato i problemi gestionali che oggi sono sotto gli occhi di tutti.
Restano in piedi, inoltre, le questioni legate alla mancata approvazione dei bilanci della Sasi. Per superare questo vero e proprio scandalo qualcuno sta pensando di approvare i bilanci in pareggio riconoscendo gli ammortamenti in favore dell’Isi ma nascondendo le perdite sotto il tappeto: una operazione del genere finirebbe facilmente nel mirino della Magistratura civile e contabile poiché Rifondazione Comunista non potrebbe tollerare giochi di prestigio sulla pelle dei cittadini e in danno di un servizio pubblico essenziale come quello dell’acqua.

Non resta che azzerare i CdA di Ato, Sasi e Isi, anche attraverso i competi di vigilanza della Regione Abruzzo, per ripensare, in forme democratiche e partecipate, la gestione dell’acqua in provincia di Chieti!

Chieti, 18 Settembre 2006


Per la Segreteria Provinciale
Del Partito della Rifondazione Comunista
Il Segretario Provinciale
Donatello D’Arcangelo

ATO
00lunedì 25 settembre 2006 10:11
Il Presidente dell’ATO n. 6 Chietino, Enrico Di Giuseppantonio, interviene nel dibattito sulla questione della gestione della risorsa idrica in Abruzzo.

“La questione della riduzione del numero di enti di Ambito Territoriale Ottimale (ATO) in Abruzzo è un falso problema. Fumo negli occhi per celare dietro una manovra - tutto sommato di natura prettamente politica e propagandistica, al limite del populismo - i reali problemi del comparto idrico. La discussione verte su dati falsati da un rimbalzo che produce solamente confusione. Mi permetto dunque di intervenire cercando di fare chiarezza.

Partiamo dalla confusione di ruoli tra gli ATO e i gestori. La legge prevede infatti la separazione netta tra il soggetto che gestisce il servizio e il soggetto regolatore (appunto l’ATO). La funzione degli ATO - che sono consorzi di Comuni - è la rappresentanza delle esigenze degli enti soci, anche dei Comuni molto piccoli. Gli ATO sono cioè l’antenna dei cittadini che vigila sulle società di gestione e si autotassano in parte per sostenere le spese minime di organizzazione.

Passiamo ai compensi dei politici che siedono nei Consigli di Amministrazione degli ATO: i Sindaci che vengono eletti nei Consigli di Amministrazione devono scegliere per legge se prendere lo stipendio al Comune o all’ATO. Il risultato è un doppio incarico, con doppie responsabilità e un unico compenso.
Il mio stipendio è di 2.800 euro e non mi spettano contributi previdenziali,trattamenti di fine rapporto, tredicesima mensilità ed altro. Con questo meccanismo, i costi della politica non sono affatto moltiplicati, bensì al contrario ridotti. Inoltre, crediamo davvero che lo stipendio di un amministratore di un ATO abruzzese (che – tra l’altro – non è quello apparso sui giornali) possa risolvere il problema delle condutture colabrodo o degli impianti fognari insufficienti? Prendiamo ad esempio i costi dell’ATO n. 6 Chietino e possiamo verificare – carte alla mano- che si tratta di cifre irrisorie: ci siamo ridotti notevolmente gli stipendi come amministratori e ci avvaliamo della collaborazione di personale prestato dai Comuni a pochissimi soldi, al limite del volontariato. Perché se esiste il “partito dell’acqua”, una sorta di cupola – come qualcuno cerca di far intendere e invito a fare nomi e fatti davanti a un giudice - allora esiste anche il “partito dell’etica”, al quale con umiltà sono iscritto; il partito di chi non prende tangenti o cose del genere e fa sacrifici veri al servizio e per il bene della collettività, finanche riducendo la propria indennità.

Arriviamo al potere e alle funzioni degli ATO: a fronte di un unico stipendio, i componenti dei Consigli di Amministrazione degli ATO gestiscono incarichi che non danno alcun potere reale, in quanto gli ATO – essendo organi di indirizzo politico e controllo – non fanno assunzioni e non gestiscono appalti.

Accorpare gli ATO in un mega ente di circa 1.300.000 abitanti significherebbe snaturare il ruolo di rappresentanza territoriale (e dunque una perdita di autorità da parte dei Comuni che devono vigilare). Anche altre Regioni, come la Toscana e l’Emilia Romagna che fanno scuola, hanno mantenuto più ATO, perché è impossibile immaginare un ATO che risponde a un milione e trecentomila cittadini. Chi starebbe più a sentire il sindaco di un Comune di 200 abitanti? Come è naturale che accada, se si dovesse optare per un ATO unico per l’Abruzzo saranno le grandi città a farla da padrone, con un serio pericolo di soffocare la voce dei Comuni piccolissimi, che sono la stragrande maggioranza, e di deviare gli investimenti solo sui grandi. Abbiamo davanti agli occhi l’ esempio del Consiglio comunale di Pescara, che ha già deliberato all’unanimità di chiedere la Presidenza dell’ATO n. 4 per un rappresentante dell’Amministrazione pescarese. Per fare un paragone, consideriamo ciò che sta accadendo per le aree di risulta: due autorevoli Capigruppo consiliari della maggioranza in Regione Abruzzo hanno dichiarato che il problema della valorizzazione delle aree di risulta dell’ex tracciato ferroviario adriatico non è di rilevanza regionale. Chi rappresenterà le istanze del territorio chietino, se si concentrerà tutto all’Aquila? Già siamo orfani di investimenti e del tutto dimenticati dalle Istituzioni. Come faremo a farci sentire?

Lancio una provocazione o meglio manifesto una preoccupazione: dall’uovo di Pasqua dell’ATO unico cosa dobbiamo aspettarci? Leggendo bene il nuovo codice ambientale e il cosiddetto decreto Bersani verrebbe da pensare ad una manovra per aprire la gestione dell’acqua ai privati, cercando di annullare, in questo modo, le decisioni delle Assemblee degli ATO abruzzesi di affidare la gestione a società con capitale pubblico, ovvero di proprietà dei Comuni.

La verità è che ai cittadini abruzzesi servono servizi più efficienti. L’acqua non è un terreno di scambio ma una risorsa indispensabile, che occorre gestire con criteri di managerialità e rispettando i principi di efficienza, efficacia ed economicità. Se vogliamo ridurre i costi, allora sgombriamo il terreno dalla partitocrazia e scegliamo manager d’azienda capaci di guidare le società di gestione. Applichiamo cioè il sistema già attivo per altri servizi pubblici. Creare un ATO unico elefantiaco servirebbe solo ad uccidere i piccoli e medi Comuni e a fermare la macchina organizzativa, come è successo in alcune Regioni (la Puglia, la Sardegna e la Basilicata) che hanno fatto un ATO unico e si ritrovano nella totale anarchia. Non riesco ad immaginare un’Assemblea di 305 Sindaci per eleggere gli organi istituzionali, approvare il Piano d’Ambito, scegliere dove realizzare una fogna o un depuratore… chi rappresenterà in un calderone le volontà dei Comuni come Dogliola, Bolognano o Casalbordino?

I costi della politica, quelli veri, sono altrove. Sarei tentato di produrre qualche dato per chiarire, rispetto alle cose dette in questi giorni sui giornali, chi fa cosa e con quali compensi. Ma forse occorrerebbe un libro intero per elencare prebende, gettoni di presenza, spese per collaboratori e quant’altro di un sistema marcio che oscura i pochi onesti. Mi riservo di dedicare, appena possibile, il mio tempo libero alla stesura di questo testo.

Se vogliamo parlare di numero di enti, possiamo pensare di sopprimere le tante società di scopo, che non hanno più ragion d’essere perché create in vista di una privatizzazione che non ci sarà. Nell’Ambito Chietino abbiamo appena scelto di avviare la fusione tra la ISI, società del patrimonio, e la SASI, società di gestione del servizio. Tuttavia la scelta dei confini di competenza è legata alla situazione dell’approvvigionamento idrico, più che alla circoscrizione amministrativa e dunque occorrerebbe una seria verifica tecnica. La legge n.36/1994 istitutiva del servizio idrico integrato ha previsto infatti la riorganizzazione del servizio sulla base di Ambiti Territoriali Ottimali (A.T.O.) secondo criteri di unità del bacino idrografico e di conseguimento di adeguate dimensioni gestionali (secondo parametri fisici, demografici e tecnici).

Termino questo intervento precisando che sono consapevole di sembrare di parte, essendo in questo momento il Presidente di un ATO. Ma vi assicuro che non è così. Credo - proprio per l’incarico affidatomi - di poter entrare a ragion veduta nel dibattito che in questi giorni infervora gli animi attraverso la stampa, con una proposta concreta sulle possibili soluzioni gestionali che ci permettano di riorganizzare i servizi concretamente, evitando facili quanto inutili polemiche sui costi della politica. In questi due anni abbiamo esercitato un controllo rigoroso e tenace sulla società di gestione e realizzato con pochi soldi e tanto volontariato 37 milioni di euro in investimenti: una progettualità che si accompagna alla applicazione di una tariffa tra le più basse d’Italia. L’ATO n.6 è diventato peraltro un vero tutore dei cittadini, risolvendo i problemi segnalati con centinaia di lettere, telefonate ed e-mail, anche organizzando degli incontri ad hoc per dirimere delle controversie. Qualcuno ha valutato che tutto questo non sarebbe affatto possibile con un ATO unico?
A tal proposito crediamo nella capacità dell’Assessore regionale Mimmo Srour, che ha competenza ed intelligenza. Anch’egli è stato Presidente di un Ente di Ambito e dunque saprà interpretare i diversi aspetti del problema con l’oculatezza che gli è consueta”.

Enrico Di Giuseppantonio

Lanciano, 23 settembre 2006
bah
00martedì 26 settembre 2006 16:22
J.M.
This is the end...the only end
RIFONDAZIONE CHIETI
00lunedì 9 ottobre 2006 18:23
Finale di Partita
ROMA SABATO 14 OTTOBRE 2006
ALLE ORE 14:30

IL WWF E L'ABRUZZO SOCIAL FORUM INVITANO A PARTECIPARE A DUE IMPORTANTI EVENTI:

L'AQUILA MERCOLEDI' 11 OTTOBRE 2006
ALLE ORE 15:30
Palazzo dell'Emiciclo
CONSIGLIO REGIONALE STRAORDINARIO SULL'ACQUA
Sit-in per una gestione pubblica, trasparente, sostenibile e democratica di questo bene comune.
Per informazioni: 3683188739
Leggi qui sotto il comunicato stampa di oggi del WWF e del Forum Acqua

ROMA SABATO 14 OTTOBRE 2006
ALLE ORE 14:30
Fori Imperiali
MANIFESTAZIONE CONTRO LA LEGGE OBIETTIVO (TERZO TRAFORO, VENDITA DELL'ACQUA ALLA PUGLIA, TAV ECC.ECC.)
Anche se abbiamo vinto contro queste opere rimane in piedi la legge che ne permette la realizzazione. Aboliamola per stare sicuri nei prossimi anni.
Pullman da Pescara, Giulianova, Teramo e L'Aquila al costo di 10 Euro a persona. Prenotazioni entro mercoledì 11 ai numeri 3403701978, 3280593073. In base alle prenotazioni si deciderà se confermare il pullman, altrimenti ci si organizzerà in auto.
Leggi qui sotto il documento del comitato organizzatore

COMUNICATO STAMPA DEL 5 OTTOBRE 2006

Riorganizzazione della gestione dell'acqua in Abruzzo.

WWF e Forum Acqua: 4 Ambiti (ATO) disegnati sui principali bacini idrografici della Regione. No all’authority, sì ad un’unica società di gestione regionale pubblica e partecipata dai cittadini.

Il WWF e il Forum Acqua dell’Abruzzo Social Forum intervengono con una proposta nel dibattito sulla riorganizzazione della gestione dell’acqua in Abruzzo.

Secondo le due organizzazioni quasi tutti gli interventi che si sono susseguiti in queste settimane sul numero di Ambiti Territoriali Ottimali di Gestione (ATO), numero di società di gestione coinvolte, eventuale authority hanno mancato di basare le proprie proposte su dati oggettivi e, soprattutto, non hanno fatto un’analisi delle criticità del sistema. L’unico punto su cui tutti sono d’accordo è la cura dimagrante da accordare al cosiddetto “partito dell’acqua”: purtroppo la credibilità di queste proposte è minata alla base dal fatto che esse derivano in larga parte da chi ha creato questo partito. All’interno di tutti i consigli di amministrazione delle società e degli ATO ritroviamo rappresentanti degli stessi soggetti che si dolgono dello stato disastroso della gestione dell’acqua in Abruzzo. Cambiare tutto affinché nulla cambi?

WWF e Forum Acqua vogliono ribaltare questo approccio, avanzando una proposta basata su un’analisi ambientale e territoriale e su un’attenta valutazione delle principali criticità nel governo dell’acqua nella Regione.

Numero di Ambiti Territoriali Ottimali (ATO). Gli ATO servono per la programmazione e il controllo della gestione. Sono uno strumento fondamentale per individuare e vagliare i bisogni del territorio, sia dei cittadini che dell’ambiente. Qualcuno ha proposto un ATO unico regionale. Si può immaginare il sindaco di Controguerra discutere con quello di Schiavi d’Abruzzo per la gestione dell’acqua nei rispettivi territori? Non è facile prevedere che nella confusione generale che ne deriverebbe sarebbero i soliti poteri forti ad indirizzare la scelta degli obiettivi e delle priorità? Poiché l’unità geografica fondamentale rispetto all’acqua è il bacino idrografico, servono 4 ATO disegnati sui principali bacini idrografici della Regione: Aterno-Pescara, Vomano, Sangro e Liri. A rigor di “logica ambientale” quest’ultimo potrebbe in futuro far parte di un ATO interregionale, così come i comuni del Trigno potrebbero in futuro costituire un altro ATO con i comuni della sponda molisana. Stante però la situazione attuale è meglio riorganizzare il sistema regionale per rinviare questi aspetti ad un dibattito futuro. Finalmente i sindaci e i cittadini troverebbero una sede dove confrontarsi su problemi comuni, visto che una goccia che cade a L’Aquila alla fine arriva alla foce del fiume a Pescara e qualsiasi cosa accade a monte si riflette a valle. Sarebbe così l’occasione per affrontare il nodo fondamentale nella gestione dell’acqua, quella del “Bilancio idrico di bacino” dove contemperare tutte le esigenze a fronte della valutazione dell’acqua disponibile.

Numero di Società di Gestione: le due organizzazioni ritengono possibile l’affidamento ad un’unica società di gestione regionale che sia a proprietà pubblica, che non abbia, possibilmente, uno statuto privatistico (SPA) anticipando le scelte che sta facendo il governo in sede nazionale. Si abbatterebbero i costi per i consigli di amministrazione, aumenterebbe la capacità finanziaria e la strumentazione, sarebbe più facile assicurare il controllo e la trasparenza. La principale controindicazione sarebbe l’eccessiva concentrazione di potere rispetto agli ATO. L’unico modo per assicurare un contro-bilanciamento dei poteri è garantire la partecipazione dei cittadini alla gestione, inserendo sia nei consigli di amministrazione dei 4 ATO proposti sia nel consiglio di amministrazione della società unica tre o più rappresentanti di consumatori, ambientalisti e lavoratori, senza diritto di voto e stipendio ma con diritto di parola.

Un altro modo per allargare la “base decisionale” del sistema è legare le decisioni dei sindaci nelle assemblee dell’ATO ai consigli comunali, dove le principale questioni relative alla gestione dell’acqua dovrebbero essere in questo modo dibattute. In 305 comuni della Regione finalmente migliaia di amministratori sarebbero responsabilizzati sulla gestione di questo bene comune.

Authority regionale: WWF e Forum Acqua bocciano senza appello questa ipotesi perché non servirebbe a risolvere il problema del controllo degli organi di gestione. Abbiamo già un assessorato regionale deputato al controllo, alla programmazione e ai rapporti con lo Stato. Alla fine un’authority tecnica controllata dai partiti di maggioranza a cui alla fine spetterebbe gran parte delle nomine dei membri avrebbe senz’altro molto meno potere di incidere rispetto ad un controllo realizzato dai cittadini direttamente a livello della società di gestione e degli ATO.

Comitato di Vigilanza: esiste già uno strumento per assicurare il coinvolgimento del Consiglio regionale nella gestione dell’acqua: è il Comitato di Vigilanza sul servizio idrico. Istituito dal Consiglio Regionale, attualmente non funziona. Nella riorganizzazione in atto basterebbe affidargli pareri vincolanti per alcune decisioni per permettere a questo strumento di funzionare. Le minoranze politiche in consiglio regionale troverebbero, così, uno strumento adatto per controllare l’operato degli altri organi di gestione dell’acqua.

Intanto WWF e Abruzzo Social Forum rilanciano la mobilitazione in vista di due appuntamenti in cui è importante che delegazioni di cittadini abruzzesi siano presenti: il Consiglio Regionale Straordinario sull’acqua previsto per l’11 ottobre a L’Aquila alle ore 10:00 e la manifestazione contro la Legge Obiettivo prevista per sabato 14 ottobre pomeriggio a Roma. Chi ha battuto il terzo traforo e la vendita dell’acqua alla Puglia può portare la propria esperienza in questa manifestazione in cui si chiederà l’abolizione della Legge Obiettivo voluta da Lunardi. Solo così si metterebbe la parola fine a questi deliranti progetti anche dal punto di vista legislativo.

Contro la legge obiettivo, il 14 ottobre a Roma
No Ponte, No Mose, No Tav,
Coordinamento comuni Val di Susa,
Conferenza Permanente dei Sindaci della tratta ad AV Verona-Padova
con le prime adesioni di:
Wwf, Legambiente, Italia Nostra, Campagna Sbilanciamoci, Rete del Nuovo Municipio
Fiom, Carta cantieri sociali, il Manifesto,

ORGANIZZANO
Manifestazione Nazionale
14 OTTOBRE ore 14,30 A ROMA
Contro la legge obiettivo e le grandi opere dannose, per un nuovo piano dei trasporti e della mobilita' e per le infrastrutture che servono al paese e al territorio
Dal 2001 al 2005, con il governo Berlusconi, abbiamo vissuto una stagione in cui le politiche governative hanno tentato di imporre scelte infrastrutturali e impiantistiche nel campo dei trasporti, dell'energia e dei rifiuti, contro gli interessi strategici del Paese, senza un reale coinvolgimento delle comunità locali e dei loro diretti rappresentanti, eludendo la valutazione ambientale strategica preventiva di piani e programmi, facendo carta straccia della valutazione di impatto ambientale.
In questo periodo, con le norme derivanti dalla Legge Obiettivo e le scelte contenute nel Primo Programma delle infrastrutture strategiche, è stata esasperata la logica del "realizzare senza pensare" opere contro il senso comune e la razionalità, oltre che spesso contro l'ambiente, la cultura e il paesaggio italiano e contro, gli stessi vincoli economico-finanziari del bilancio dello Stato.
Le grandi opere che veramente servono all'Italia dovrebbero essere finalizzate a trasferire le merci dalla strada, alla ferrovia e alle navi; a creare una rete logistica intermodale; a realizzare politiche coordinate per la mobilità urbana; a razionalizzare i sistemi idrici; a prevenire e contrastare il dissesto idrogeologico; a risanare e riqualificare i beni culturali, artistici e archeologici; a tutelare, valorizzare e promuovere il territorio, il paesaggio e la biodiversità.
Finora, invece, sono state sottovalutate le condizioni del territorio, sia in termini di fragilità dell'assetto idrogeologico che rispetto alla perdita di funzionalità e di qualità del paesaggio legata agli eccessi di urbanizzazione e infrastruturazione registratisi in questi anni.
Al tempo stesso, le comunità territoriali e gli stessi comuni sono stati quasi del tutto esclusi dal confronto e dalle decisioni sulle infrastrutture da realizzare. Oggi occorre tornare al più presto a un normale funzionamento dei meccanismi democratici e della partecipazione: chi vive nei territori interessati da grandi progetti infrastrutturali non rivendica un potere di veto ma pretende di non essere considerato "oggetto" di scelte decise altrove.
Non sono stati neanche fatti i conti con la reale disponibilità di risorse economiche-finanziarie, impostando un programma di interventi "a pioggia", per la realizzazione di 531 progetti dal costo complessivo di 264 miliardi di euro, che costituisce un'ipoteca che graverà sui conti pubblici per i prossimi 20 anni.
Nel programma del Governo è stato dichiarato il fallimento della Legge Obiettivo, ma non sono stati ancora compiuti atti chiari e univoci per superare le norme e le procedure che da questa derivano e abbandonare il programma delle infrastrutture strategiche, cominciando dai progetti sul ponte sullo Stretto di Messina e delle tratte dell'Alta Velocità.
Per questo noi scendiamo in piazza il 14 ottobre a Roma per chiedere:
- il superamento della Legge Obiettivo e dei provvedimenti da questa derivati e il congelamento (a partire dalla Legge Finanziaria 2007) del Primo Programma delle infrastrutture strategiche, che hanno consentito di fare carta straccia delle valutazioni ambientali su piani, programmi e progetti e hanno umiliato la partecipazione degli enti e delle popolazioni locali;
- l'adeguamento del Piano generale dei Trasporti varato nell'aprile 2001 alle esigenze di mobilità del Paese e la redazione di nuovi Piani e Programmi, nazionali e regionali, per l'energia, i rifiuti, il territorio, il paesaggio, realizzati secondo l'approccio irrinunciabile della tutela e valorizzazione ambientale, della partecipazione dei cittadini e della reale utilità economica e sociale degli interventi proposti,
- una nuova stagione di sicurezza, trasparenza e legalità nel mercato dei lavori pubblici, che superi le norme criminogene sui general contractor, le rendite di posizione dei concessionari e l'abuso incontrollato dei sub-appalti.
TUTTI A ROMA IL 14 OTTOBRE
___________________________________
Sulla base di questa piattaforma chiediamo l'adesione
e la partecipazione di associazioni, comitati, coordinamenti, enti locali,
forze politiche e sociali, singoli cittadini e cittadine!
Le adesioni vanno inviate alla seguente email: romalazio@carta.org


PRC Chieti
00martedì 17 ottobre 2006 11:31
Importantissimo
CONFERENZA STAMPA
RIFONDAZIONE COMUNISTA – FED. CHIETI - LANCIANO 17 OTTOBRE 2006

“I bilanci Sasi fanno acqua da tutte le parti: cosa faranno i Sindaci?”

Il prossimo 19 Ottobre il CdA Sasi porterà in votazione all’Assemblea dei Sindaci del comprensorio chietino i bilanci 2004 e 2005. Entrambi, secondo il CdA Sasi, chiuderebbero in attivo ma, a nostro avviso, le forzature normative e contabili (al limite del lecito), contenute in tali bilanci, fanno intravedere una situazione tutt’altro che rosea. Ove dovessero ritenersi fondate le osservazioni che seguono, i bilanci Sasi dovrebbero essere chiusi con notevoli passivi. Tra le tante “incongruenze” emerse ne elenchiamo alcune:
1.Ad una lettura non superficiale dei bilanci Sasi non risulta traccia degli accantonamenti, obbligatoriamente previsti da norme nazionali e delibere Cipe, sull’incremento della tariffa per depurazione e per gli introiti tariffari riscossi anche per servizi non effettuati, come nel caso delle fogne e della depurazione. Gli accantonamenti andrebbero girati all’Ato per gli investimenti ma non sappiamo né se tali accantonamenti esistono né il loro eventuale ammontare;
2.Mancano nei bilanci Sasi gli ammortamenti, relativi al 2003, sui beni di proprietà della Isi. Sentenze recenti del Tribunale di Lanciano hanno convinto gli amministratori Sasi a riconoscere le quote per gli anni 2004 e 2005; invece gli ammortamenti dovuti per il 2003, che dovrebbero ammontare ad oltre un milione e mezzo di euro, sono stati eliminati. Secondo il CdA Sasi ciò è possibile perché nessuno ha impugnato il bilancio 2003, che non li conteneva, e poi perché ciò che è stato omesso nel 2003 non può essere inserito negli esercizi successivi. Tali teorie potrebbero portare facilmente la Sasi a soccombere in un eventuale giudizio e a dover poi rispondere di una tale omissione;
3.I bilanci Sasi 2003, 2004 e 2005 non sono stati certificati da alcuna società di revisione abilitata e iscritta alla Consob, come previsto esplicitamente da normative nazionali e regionali. Come mai il Collegio Sindacale non ha avuto niente da osservare?
4.La Sasi ha decurtato unilateralmente i costi sostenuti dai Comuni per la gestione del Servizio Idrico Integrato. A fronte di richieste fatte dai Comuni, talvolta supportate da fattura, di rimborso delle spese anticipate, la Sasi ha decurtato le spese che ritiene non documentate o non pertinenti. Al Comune di Vasto, per il 2004, è stata riconosciuta una somma di seicentomila euro ma non è dato sapere quale sia la somma richiesta dallo stesso Comune (uno, due, tremilioni di euro?). La Sasi dà per scontato che i Comuni abbiano accettato le decurtazioni; ma cosa succederebbe ai bilanci Sasi nel caso i Comuni volessero essere pagati per intero? E come potrebbero i Comuni rinunciare a somme anche ingenti, magari già iscritte in bilancio?
5.La Sasi, pur essendo in corso un contenzioso con l’Acea, in cui tale multinazionale pretende dalla Sasi circa sette milioni di euro, non prevede nei bilanci tale posta tra i rischi potenziali. Nel caso l’Acea dovesse aver ragione il bilancio Sasi 2004 uscirebbe in perdita di altri sette milioni di euro!
6.Altre questioni, di non minore importanza e che approfondiremo in seguito, riguardano le sopravvenienze attive 2004 e 2005, la capitalizzazione dei costi immateriali e vari storni, per centinaia di migliaia di euro, effettuati in maniera alquanto discutibile.
Morale della favola: i bilanci della Sasi sono del tutto inattendibili e una loro approvazione esporrebbe soci ed amministratori a pesanti responsabilità.
Perciò invitiamo i Sindaci del chietino a rifiutare l’approvazione dei bilanci così come presentati dal CdA.
Rifondazione Comunista non solo voterà contro ma, il giorno dopo l’eventuale approvazione, presenterà esposti in tutte le sedi competenti, giudiziarie e contabili.
PRC
00martedì 17 ottobre 2006 11:35
inoltre
Quanto alle ipotesi di rinnovo del CdA Sasi, Rifondazione ribadisce la necessità di scegliere manager di provata esperienza e di evitare accordi trasversali che indicherebbero la volontà, da parte dei partiti politici, di affossare definitivamente la gestione del Servizio Idrico Integrato nella provincia di Chieti.
VerdiAbruzzo
00martedì 17 ottobre 2006 19:41
CONSIGLIO REGIONALE MONOTEMATICO SULL’ACQUA
DALL’INTERVENTO DEL CAPOGRUPPO DEI VERDI WALTER CAPORALE: “PER UNA CORRETTA GESTIONE DI QUESTA IMPORTANTE RISORSA OCCORRONO PROFESSIONALITA’-EVITARE LA GESTIONE POLITICA DELL’ECONOMIA-RIPORTARE LA TARIFFA COLLEGATA ALL’UTENZA DOMESTICA E NON ALL’UTENZA ASTRATTA-RIPORTARE IN PRIMO PIANO I PRINCIPI DI ECONOMICITA’ E FUNZIONALITA’-ATTIVARE LE FUNZIONI DI RAPPRESENTANZA NEGLI ENTI LOCALI-SANARE LE PERDITE (non è possibile che si perda il 58% dell’acqua immessa nella rete).

La legge “Galli” (L. 36/1994) è nata con l’intento di ovviare –secondo razionalissimi criteri di efficienza, efficacia ed economicità – alla frammentazione delle gestioni comunali, consentendo economie non solo in termini di costi operativi e spese generali, ma anche per il raggiungimento di quelle dimensioni ottimali che – secondo gli intenti della legge – possono permettere di disporre di specializzazioni e competenze che il singolo gestore (Ente Locale), in economia, non può avere. Intenti purtroppo rimasti abbondantemente sulla carta. Il forte ritardo che si è prodotto è stato conseguenza non solo dell’obiettiva complessità del processo da porre in atto, ma soprattutto di altri fattori concomitanti:

1. L’inerzia del Governo a provvedere alle incombenze di competenza e l’inefficienza delle strutture centrali preposte. Lo stesso assetto delle istituzioni centrali competenti all’indirizzo e alla vigilanza si è mostrato a sua volta inadeguato: frammentato in un ibrido Comitato di Vigilanza (né authority né amministrazione), in una sede collegiale costituita dalla Conferenza Stato-Regioni e in due Ministeri (privi di strutture tecniche e di chiare prospettive di organizzazione nei rapporti con il Comitato, con le Regioni e con gli ambiti territoriali ottimali). Una frammentazione in cui tutti sono competenti ma nessuno in particolare: ma perché, mi chiedo, esiste l’Authority , con poteri forti, per il gas, per l’energia, per le telecomunicazioni, e non esiste un Authority altrettanto forte per i servizi idrici? Perché, come ho detto più sopra, per i servizi idrici dobbiamo portarci avanti questo ibrido di Comitato né authority né amministrazione?

2. Le inerzie provenienti da parte delle Regioni, che trovano difficoltà ad “industrializzare” i fattori di produzione (intendendo per fattori di produzione le professionalità, le capacità di gestione, le “menti”) e a fare evolvere l’assetto del comparto idrico, e la scarsa conoscenza dell’iter procedurale previsto dalla normativa da parte delle amministrazioni territoriali coinvolte. Inerzie dipese soprattutto da una gestione più politica che aziendale di tali servizi. Inoltre, la Commissione di Vigilanza sui servizi idrici, appena riattivata dalla Regione Abruzzo, non ha alcuna utilità, essendo organismo NON necessario – una sorta di duplicato del Comitato di livello nazionale – ed i suoi pareri non sono vincolanti. Ancora un esempio di frammentazione delle competenze.

3. Le resistenze opposte da parte di molti (amministratori e non) che non vedono con chiarezza il proprio futuro dopo l’attuazione della legge e non trovano motivazioni nel dover spostare il proprio riferimento di dialogo istituzionale dall’Ente Locale ad un soggetto più ampio come le Autorità dell’ambito territoriale ottimale, rimanendo concettualmente legate ad una gestione in economia controllata dal Comune con proprio personale. Ma gli Enti Locali sono stati sempre direttamente responsabili delle scelte compiute essendo protagonisti attivi all’interno degli ATO, per legge.
Per di più, neppure si può dire che la gestione del sistema tariffario da parte degli ATO abbia dato segni di maggiore adeguatezza, perdurando ancora il riferimento all’UTENZA IN ASTRATTO e NON, invece, ALL’UTENZA DOMESTICA nella sua pluralità e capacità contributiva, come indicato dal legislatore.

Il Partito dei VERDI, in queste settimane, ha volutamente evitato di partecipare alla TOMBOLA degli ATO sponsorizzata dal centrodestra: un ATO, 4 ATO, 6 ATO, 10 ATO …

In materia c’è un solo dato certo, PREOCCUPANTE: il 58% dell’acqua immessa nella rete continua a perdersi per strada, ma le tariffe continuano a salire, in barba ai principi della efficienza-efficacia ed economicità sanciti dal legislatore, a dimostrazione che gli aumenti continuano a scapito della produttività e della qualità del servizio, uniche giustificazioni ad eventuali aumenti delle bollette.

E’ facile dire “meglio un ATO”: ma quanto costa cancellare gli altri 5 ATO? Quanto tempo occorre per una riforma del genere? E poi: un solo gestore ci garantisce dal mantenere il servizio idrico in mano “al pubblico”, atteso che questa sembra essere la volontà un po’ di tutti? Come controbilanciare la eccessiva concentrazione di potere rispetto agli ATO? O forse, 4 ATO, con relativi 4 gestori, identificati con i 4 bacini idrografici – Aterno-Pescara, Vomano, Sangro e Liri - non potrebbe rappresentare una migliore garanzia che il servizio idrico rimanga in mano pubblica ed allo stesso tempo riduca notevolmente i costi ed i tempi della riforma che si vuole attuare evitando anche di mortificare i piccoli comuni di cui la regione Abruzzo è piena?

All’Assessore Srour spetta un gravoso quanto delicatissimo compito: avviare una riforma in una materia delicatissima, su un bene – l’acqua – fondamentale per l’uomo, in un momento in cui tutto sembra precipitare.

I VERDI invitano l’assessore a tener conto:

- di ricercare l’intervento delle professionalità in materia;

- attivare le funzioni di rappresentanza negli Enti Locali;

- sanare le perdite (non è possibile una perdita del 58% di acqua, già risolvere questo problema equivale a ridurre i costi)

- prendere in considerazione le scelte di cambiamento solo dopo aver valuto gli EFFETTIVI benefici a fronte dei costi certi;

- evitare la gestione politica dell’economia;

- riportare la tariffa collegata all’utenza domestica e non all’utenza astratta (come dice la legge 36/94)

- riportare in primo piano i principi di economicità e funzionalità;

- lavorare a livello nazionale affinché le responsabilità non siano più così polverizzate come sono oggi, magari con una proposta di Authority.nazionale come già esistono per altri settori (Energia e gas, Telecomunicazioni)

I VERDI porteranno all’attenzione dell’assessore Srour le proprie esperienze ed idee sull’argomento quale contributo al difficile lavoro che lo aspetta.

L’Aquila, 17 ottobre 2006

GRUPPO VERDI REGIONE ABRUZZO: gruppoverdi@regione.abruzzo.it
PRC Chieti
00giovedì 19 ottobre 2006 13:50
in prima fila
per qualche ora, ormai, è decisivo, manteniamo questo forum in prima fila... è importantissimo che anche Xasoli assuma un atteggiamento responsabile e "risvegliato"...
PRC Chieti
00sabato 28 ottobre 2006 10:31
Rifondazione, porterà i bilanci Sasi all’attenzione della Magistratura penale e contabile
COMUNICATO STAMPA

Nella vicenda Sasi vince l’istinto di autoconservazione del ceto politico ma la resa dei conti è solo rinviata. Il CdA Sasi ha scritto nelle Relazioni, peraltro identiche, che accompagnano i bilanci 2004 e 2005: “Per garantire l’invarianza della tariffa è infatti necessario proseguire l’opera di contenimento dei costi. In tale prospettiva, va pure auspicata la concessione alla Sasi, da parte dell’Isi, della facoltà, in luogo dell’obbligo attualmente previsto, di operare gli ammortamenti. Deve infatti evitarsi che il relativo onere determini perdite di esercizio a carico della Sasi, da coprirsi mediante l’aumento della tariffa ovvero il reintegro del capitale da parte dei Comuni soci”. Ciò significa, molto semplicemente, che il prossimo anno non sarà possibile ripetere artifici e forzature contabili messi in atto quest’anno per nascondere ciò che invece è palese: 1) la Sasi lavora stabilmente con forti perdite di gestione; 2) gli amministratori uscenti non avrebbero potuto riproporsi nel caso i bilanci fossero stati presentati, come doveva essere, in perdita; 3)la classe politica e gli amministratori chietini, approvando i bilanci, hanno coperto la situazione di crisi della Sasi e di questo presto risponderanno dinanzi ai cittadini.
Perché, sia che si aumenti la tariffa, sia che tocchi ai Comuni mettere nuovi soldi nel capitale della Sasi, saranno i cittadini a PAGARE.
Rifondazione Comunista aveva chiesto un salto di qualità della politica. Aveva chiesto ai Sindaci di non chiudere gli occhi di fronte all’inattendibilità dei bilanci Sasi e di eleggere un CdA composto da persone esperte del settore acqua. Invece si è imposta l’approvazione dei bilanci e l’elezione di un CdA in sostanziale continuità con quello uscente, avallando di fatto la gestione fallimentare della Sasi fatta da Cirulli e company.
Rifondazione, come promesso, porterà i bilanci Sasi all’attenzione della Magistratura penale e contabile. Un gesto serio e onesto, nell’interesse dei cittadini, per una gestione efficiente del bene acqua.
Al nuovo Presidente Sasi, Gaetano Pedullà, Rifondazione chiede che, con onestà e trasparenza, prenda presto atto della situazione della Sasi e agisca di conseguenza, nella consapevolezza che Rifondazione continuerà la sua campagna per l’acqua bene comune senza fare sconti a nessuno.

Chieti, 23 Ottobre 2006

Per la Segreteria Provinciale PRC Chieti
Il Segretario Provinciale
Donatello D’Arcangelo
PRC Chieti
00mercoledì 1 novembre 2006 18:25
Di Stefano, l'acqua e la Faranda
Il Consigliere Regionale di Alleanza Nazionale, Fabrizio Di Stefano, ha definito episodio “poco edificante” l’assegnazione all’ex br Adriana Faranda del Premio per la narrativa, nell’ambito del Premio Internazionale “Cesare De Lollis” che si svolge da alcuni anni a Casalincontrada. E’ evidente che si tratta di un intervento di circostanza perché di argomenti seri, contro l’attribuzione del premio alla Faranda, Di Stefano non ne porta. Nel libro della Faranda è scritto: “Un popolo guerriero non è saggio. E’ nella pace che fiorisce l’arte e i raccolti”. Una affermazione importante che conferma non solo il ripensamento sull’esperienza della lotta armata ma una riflessione più profonda sul concetto di violenza come “levatrice della storia”, il principio di fondo su cui era basata l’ideologia delle BR e ancora aleggia in alcuni settori della sinistra radicale. Dunque, al di là del valore letterario del libro della Faranda, che evidentemente la giuria del “De Lollis” ha voluto premiare, anche dal punto di vista politico la diffusione del testo della Faranda è senz’altro opera meritoria.
Ma veniamo al Di Stefano. Se il Consiglio Regionale dovesse decidere di istituire la Commissione di inchiesta sulla gestione delle risorse idriche, richiesta a gran voce proprio dalla destra e da Di Stefano, quest’ultimo dovrebbe essere tra i primi ad essere sentito quale “persona informata dei fatti”. Deve essere per forza ben informato il Di Stefano che, il 19 ottobre scorso, si trovava nei corridoi del Palazzo degli Studi di Lanciano dove si svolgeva l’Assemblea dei Sindaci della Sasi, in cui si approvavano i bilanci e si rinnovava il Consiglio di Amministrazione. Di Stefano non si occupava certo dell’attendibilità dei bilanci della Sasi, gestita negli ultimi tempi dal suo compagno di partito Massimo Cirulli; tanto è vero che i Sindaci del suo centrodestra hanno approvato i bilanci senza dire una parola sulla gestione disastrosa della Sasi. Di Stefano era lì per dirigere le operazioni relative al rinnovo del Cda Sasi, tanto per chiarire quale ruolo gioca la cosiddetta politica nella gestione delle Spa pubbliche. Un ruolo di pura e semplice occupazione delle poltrone con soggetti che nulla hanno da spartire con la gestione dell’acqua. Ma c’è di più: l’Assemblea dei Sindaci, senza distinzione tra centrodestra e centrosinistra (ad eccezione del Sindaco di Rifondazione Comunista e di pochissimi altri), ha votato una proposta unica sulla composizione del CdA, concordata dal centrodestra e dal centrosinistra con l’ausilio di Di Stefano e, tra gli altri, del Presidente della Provincia di Chieti Tommaso Coletti. Di Stefano è sempre lo stesso che strepita contro l’Amministrazione Coletti salvo poi fare accordi trasversali per il “bene della patria”.
Di questi oppositori “da operetta”, veri protagonisti di episodi ben poco edificanti, non sappiamo che farcene!
Chieti, 23 Ottobre 2006
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