Abbassare le tasse? Si può

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bentoribeiro
00martedì 20 novembre 2007 09:05
Ai più informati non sarà difficile ricordare a quanto ammonta il gettito garantito alle casse della CEI dall’8 per mille dell’imposta sul reddito dei contribuenti… bravi! Circa un miliardo di euro all’anno.

Ma non tutti si saranno dati pena di andare a cercare informazioni su quanto annualmente ci costa il profumo dell’incenso…

“Al miliardo di euro dell’8 per mille dei contribuenti, va aggiunta ogni anno una cifra dello stesso ordine di grandezza sborsata dal solo Stato (senza contare regioni, province e comuni) nei modi più disparati: nel 2004, ad esempio, sono stati elargiti:

* 478 milioni di euro per gli stipendi degli insegnanti di religione
* 258 milioni per i finanziamenti alle scuole cattoliche
* 44 milioni per le cinque università cattoliche
* 25 milioni per la fornitura di servizi idrici alla Città del Vaticano
* 20 milioni per l’Università Campus Biomedico dell’Opus Dei
* 19 milioni per l’assunzione in ruolo degli insegnanti di religione
* 18 milioni per i buoni scuola degli studenti delle scuole cattoliche
* 9 milioni per il fondo di sicurezza sociale dei dipendenti vaticani e dei loro familiari
* 9 milioni per la ristrutturazione di edifici religiosi
* 8 milioni per gli stipendi dei cappellani militari
* 7 milioni per il fondo di previdenza del clero
* 5 milioni per l’Ospedale di Padre Pio a San Giovanni Rotondo
* 2,5 milioni per il finanziamento degli oratori
* 2 milioni per la costruzione di edifici culto, e così via.

Aggiungendo una buona fetta dl miliardo e mezzo di finanziamenti pubblici alla sanità, molta della quale è gestita da istituzioni cattoliche, si arriva facilmente a una cifra complessiva annua di almeno tre miliardi di euro. Ma non è finita perché a queste riuscite uscite vanno naturalmente aggiunte le mancate entrate per lo Stato dovute a esenzioni fiscali di ogni genere alla Chiesa, valutate attorno ad oltre 6 miliardi di euro.”

Il testo virgolettato è tratto da Piergiorgio Odifreddi, Perché non possiamo essere cristiani (e meno che mai cattolici), Longanesi, 2007, pag. 165-167

Fra uscite e mancate entrate fanno 9 miliardi di euro, ovvero circa 18.000 miliardi delle vecchie lire, pari al 45% della manovra finanziaria del 2006, che ci costò 20 miliardi di euro. Senza la Chiesa e i suoi privilegi economici, lo Stato potrebbe dimezzare le tasse di tutti i suoi cittadini.

… e tutti i salmi finiscono in gloria!
bentoribeiro
00martedì 20 novembre 2007 09:06
I dati usati da Odifreddi per la “teoria delle oblazioni” sono reperibili in:

* Secondo Rapporto sulla Laicità, in Critica Liberale, vol. XIII, nn. 123-124, gennaio febbraio 2006, pp. 31-33
* Enti ecclesiastici: le cifre dell’evasione fiscale, Ares (Agenzia di Ricerca Economica e Sociale), Rapporto del 7 settembre 2006
King Hunter7
00martedì 20 novembre 2007 13:02
Ma qualcuno si stupisce??? Almeno speravo che le cifre non fossero così allarmanti!!
E pensate che alle prossime elezioni 3 dei 4 partiti che prenderanno più voti sono di stampo (almeno in parte) religioso: il nuovo partito di Silvio (pieno di ex merde Democristiane), il PD, e l'UDC! Sicuramente toglieranno questi privilegi!

Continuate ad andare in chiesa e a dare gli oboli, ne hanno bisogno per pagare le missioni in africa, dove per dare 1 tozzo di pane al mese ti fanno imparare a memoria tutte le preghiere Cristiane...
=Nikko=
00martedì 20 novembre 2007 14:28
Mah, io non ci vedo nulla di scandaloso...
Voglio dire, ci sono ospedali, oratori... Alla fine la chiesa in italia svolge ANCHE un ruolo sociale...

Spesso, tappa dei buchi lasciati dallo stato...

Chi di noi non ha mai passato un po' di tempo all'oratorio?
Certo certi privilegi riservati alla chiesa non hanno più ragion d'essere... Però non mi pare che tagliare i fondi alla chiesa sia la panacea di tutti i mali...
I fondi persi al sud italia spesso sono soldi molto più sprecati...

La chiesa prende molto dallo stato italiano, ma mi sembra che dia anche molto (anche sotto forma di "intangible" come aiuto anche morale alle fasce deboli).

Non vorrei che si togliessero gli aiuti alla chiesa per aumentare gli sprechi dello stato...

In termini di efficienza, di politiche sociali, di tolleranza e di rispetto delle persone, credo che la chiesa sia molto meglio dello stato italiano, quindi (in sostanza): ben vengano gli aiuti alla chiesa.
bentoribeiro
00martedì 20 novembre 2007 15:06
il cd aiuto morale alle fasce deboli così come il volontariato della chiesa c'è in tutti i paesi del mondo di religione Cristiana... Stiamo parlando del 45% di una manovra finanziaria!!! Trovami un'altra nazione così x favore
=Nikko=
00martedì 20 novembre 2007 16:02
Io non ho detto che la situazione "as is" è perfetta.
Sicuramente la chiesa gode di privilegi non giustificabili...

Dire che la chiesa "costa" il 45% di una manovra economica è molto scenografico, come dire che Sky ti costa come un caffè al giorno...
Di fatto se non si desse più un euro alla chiesa non è che abbassi le tasse del 45%... (sarebbe troppo bello).

Fermo restando che se togli tutti gli interventi che la chiesa fa nel sociale, lo stato dovrebbe metterci una pezza, probabilmente spendendo ancora di più.

Ora, se vogliamo fare una questione di laicità dello stato mi sta bene se dite che non è giusto che un'entità religiosa abbia questi favoritismi.
Se però parliamo in termini socio-economici non credo che la chiesa sia per lo stato un costo... Anzi, forse forse (ma sto facendo della macroeconmia da bar) è una risorsa... Nel senso che sono dell'idea che se ciò che di buono fa la chiesa lo facesse lo stato, ci costerebbe di più...
A sto punto mi va anche bene che ciò che la chiesa riesce a "risparmiare" lo usi per i suoi fini di proselitismo(senza, ovviamente, arricchirsi alle spalle dei contribuenti).

Brutalmente, è come se lo stato esternalizzasse parte delle proprie funzioni...
Credo proprio che se fino ad oggi non si è tolto nulla alla chiesa sia anche perchè non c'è una grande convenienza a farlo(oltre che per le forte pressioni dei partiti filo-cristiani, che comunque sono espressione della volontà di una buona parte del popolo)
Questo è il mio punto di vista...
Ah,dimenticavo: non sono un ciellino, e neppure un buon cristiano... [SM=x100077]
bentoribeiro
00martedì 20 novembre 2007 16:51
Re:
=Nikko=, 20/11/2007 16.02:

Io non ho detto [SM=x100077]



naturalmente rispetto il tuo pdv tuttavia quando scrivi "nn credo che la chiesa sia per lo stato un costo" vai contro i dati ufficiali e xmettimi di aggiungere che se fino ad oggi nn si è tolto nulla alla chiesa nn credo sia x un fattore di convenienza... ma qs è solo il mio pdv


=Nikko=
00mercoledì 21 novembre 2007 08:38
Forse hai frainteso, io intendevo dire che forse la chiesa non è SOLO un costo... Nel senso che allo stato costa ma da anche qualcosa in cambio. Certo i dati ufficiali la fano breve e dicono "la chiesa costa X", però il ritorno non è neanche facile quantificarlo... Certo alla fine probabilmente il saldo per lo stato sarà negativo, perchè ci sono diversi privilegi ingiustificati.

Come ho detto prima non è una qestione di convenienza, però teniamo presente che siamo in democrazia e che i partiti filo-cristiani non sono imposti dall'alto, ma sono sostenuti da buona parte della popolazione.
bentoribeiro
00mercoledì 21 novembre 2007 11:40
infatti è di privilegi che voglio intendere e nell'elenco ce ne sono molti, troppi
ELDERO30
00mercoledì 21 novembre 2007 16:36
leggendo questo post mi sono venute in mente le interviste riportate nei telegiornali nelle quali vengano riportate solo una parte delle effettive interviste effettuate e che quindi una parte della verità viene nascosta o comunque modificata.

in wikipedia di Odifreddi viene scritto:
Odifreddi è un razionalista. Egli pensa che se la matematica e più in generale le scienze diventassero più importanti nella nostra società si potrebbero sconfiggere la magia, la pseudoscienza e la religione da lui considerate come credenze false e dannose, residui del passato.

che cosa ci si può aspettare da una persona che pensa così che dica qualcosa di positivo sulla chiesa? non credo però l'omino avrebbe potuto scrivere due righe anche su quello che la chiesa fa magari riportando anche quando queste cose valgono in soldoni.

ma continuo nella lettura dell'enciclopedia.....

La critica più pesante è stata fatta al paragone di Odifreddi tra i cristiani e i cretini: l'autore infatti nel suo ultimo libro sottolinea che la parola "cretino" aveva in origine il significato di "cristiano". Tale etimologia è presente in numerosi testi, tra cui la Treccani[3]. Secondo l'opinione di alcuni orientalisti invece [citazione necessaria], Odifreddi sarebbe in errore, in quanto la parola "cretino" deriverebbe dal termine "cretese"[4] ed il matematico si rifarebbe ad una definizione di Diderot datata 1754 da essi ritenuta impropria.


Odifreddi è accusato di non essere, durante i dibattiti, oggettivo nel suo pensiero, ma solamente impertinente


forse proprio tutto quello che dice o scrive non è corretti o almeno oggettivo.


e con questo concludo.... se uno ha già il dente avvelenato non può che cavalcare quanto scrive Odifreddi e credere a tutto quello che dice.

Togliamo il 45% "regalato" alla Chiesa togliamo le tasse dovute per le mancate entrata tributarie di commercianti, liberi professionisti etc etc etc .....quasi quasi prendiamo dei soldi invece che darne [SM=x100106] (magari)
bentoribeiro
00mercoledì 21 novembre 2007 17:10
nn sono cose che dice Odifreddi ma dati oggettivi, Odifreddi stesso si definisce impertinente (rif. "Il matematico impertinente" - Longanesi 2005)

Nn si tratta di dente avvelenato ma solo di far conoscere "certe spese" e nn mi sembra molto corretto riportare wikipedia solo in parte (cioè solo le critiche) Odifreddi
=IL DUCA=
00mercoledì 21 novembre 2007 19:41
premetto che nn credo a nulla di quanto dice odifreddi semplicemente perchè, con le polemiche e sc ontri che radicali e socialisti hanno fatto e contunuano ad avere con la chiesa figurarsi come ci sarebbero andati a nozze .. !!!!
inoltre vorrei sapere l'importo dell'irpef riscosso in italia ..... se qualcuno è in grado di fornirmelo, io nn l'ho trovato .....

per risparmiare sulle tasse ci sono sistemi migliori che prendersela con la chiesa ...... magari farle pagare alle banche o alle spa ????

UTOPIA !!!!

bentoribeiro
00giovedì 22 novembre 2007 10:08
Re:
=IL DUCA=, 21/11/2007 19.41:

premetto che nn credo a nulla di quanto dice odifreddi semplicemente perchè, con le polemiche e sc ontri che radicali e socialisti hanno fatto e contunuano ad avere con la chiesa figurarsi come ci sarebbero andati a nozze .. !!!!
inoltre vorrei sapere l'importo dell'irpef riscosso in italia ..... se qualcuno è in grado di fornirmelo, io nn l'ho trovato .....

per risparmiare sulle tasse ci sono sistemi migliori che prendersela con la chiesa ...... magari farle pagare alle banche o alle spa ????

UTOPIA !!!!




ripeto anche a te: sono dati riportati nn è un'idea di Odifreddi. Modi x risparmiare tasse ce ne sono e uno x es. l'ho riportato qui


bentoribeiro
00giovedì 22 novembre 2007 10:12
Come viene speso l'8 per mille
Nato come meccanismo per garantire il sostentamento del clero, tale voce è diventata, percentualmente, sempre meno rilevante (il 36,1% del totale). Parrebbe infatti che la Chiesa cattolica prediliga destinare i fondi ricevuti dallo Stato alle cosiddette “esigenze di culto” (42,9%): finanziamenti alla catechesi, ai tribunali ecclesiastici, e alla costruzione di nuove chiese, manutenzione dei propri immobili e gestione del proprio patrimonio. Ovvio che non vedremo mai alcuno spot su queste tematiche: ai tanto strombazzati aiuti al terzo mondo, cui è dedicata quasi tutta la pubblicità cattolica, va - guarda caso - solo l’8,6% del gettito. Maggiori informazioni sono disponibili sul sito www.8xmille.it nel quale, cliccando di seguito sulle sezioni “rendiconto” e “scelte per la chiesa cattolica”, si accede a una pagina che riporta le percentuali di scelta di fantomatici contribuenti senza specificare se siano la totalità o si tratti solo di coloro effettivamente firmano per destinare l’Otto per Mille.
bentoribeiro
00giovedì 22 novembre 2007 10:19
indicius.it
LA DISTRIBUZIONE DEL GETTITO

Il Ministero delle Finanze, già restio a fornire statistiche in merito (comunica i dati alle sole confessioni religiose, che ne danno notizia con estrema riluttanza), è peraltro estremamente lento nel diffondere i dati. Le ultime comunicazioni ufficiali e definitive si riferiscono incredibilmente alle dichiarazioni dei redditi del 2001 (redditi 2000).

Questa la distribuzione:

87,25%
Chiesa Cattolica

10,28%
Stato

1,27%
Valdesi

0,42%
Comunità Ebraiche

0,31%
Luterani

0,27%
Avventisti del settimo giorno

0,20%
Assemblee di Dio in Italia

Va notato che, in tale occasione, su oltre trenta milioni di contribuenti solamente il 39,62% ha espresso un’opzione, solo il 34,56% della popolazione, quindi, ha espresso una scelta a favore della Chiesa cattolica. Per dare un’idea dell’enormità della cifra corrisposta grazie a questo meccanismo, la Conferenza Episcopale ha disposto nel 2004 di contributi per 936,5 milioni di Euro.
bentoribeiro
00giovedì 22 novembre 2007 10:22
e ancora...
da uaar.it

Quanto «costa» allo Stato il finanziamento della Chiesa cattolica
di Marcello Vigli

Fin dalla sua costituzione lo Stato italiano ha contribuito al sostentamento del clero cattolico «in cura d’anime» con un finanziamento pubblico, che si configurava come risarcimento per la perdita dei molti beni ecclesiastici da esso confiscati con le leggi cosiddette eversive. Lo Stato si faceva carico, in pratica, della volontà dei «fedeli», che con i loro lasciti avevano costituito il patrimonio delle chiese, sostituendo le rendite, che ne sarebbero derivate, con il suo contributo diretto al mantenimento dei parroci. Chiamato congrua perché integrava le offerte dei fedeli per renderle adeguate alle necessità delle parrocchie, tale contributo era progressivamente rivalutato senza più un rapporto reale con le rendite perdute.

La situazione non cambiò molto con i Patti Lateranensi del 1929 che, mentre con la Convenzione finanziaria risolsero definitivamente il contenzioso economico tra l’Italia e la Santa Sede, con il Concordato mantenevano il pagamento della congrua ai parroci in cura d’anime, non quindi a tutti sacerdoti. Convenzionalmente considerata ancora come restituzione dei beni ecclesiastici continuò ad essere rivalutata negli anni.

Il sistema è, invece, radicalmente mutato con l’Accordo del 1984 di revisione del Concordato, voluto da Bettino Craxi, e con la legge 222/85 di applicazione dell’intesa finanziaria in esso contenuta che configura un sistema di finanziamento pubblico affidato alla gestione della Conferenza episcopale italiana, Cei.

Non si tratta, infatti, di autofinanziamento, come si tentò di far credere in un primo momento, ma di autentico finanziamento diretto da parte dello Stato che copre non solo le spese del sostentamento dei parroci, come ai tempi della congrua, ma l’intera attività della Chiesa cattolica.

Per di più su tale modello si sono definite le norme di finanziamento delle altre confessioni religiose che hanno stipulato Intese con lo Stato italiano. Esse, eccetto l’Unione delle Comunità ebraiche, dichiarano, però, di non usare le somme ricevute dallo Stato per il mantenimento delle loro strutture, ma solo per attività assistenziali e culturali in Italia all’estero.
Otto per mille e deduzione fiscale

La suddetta legge 222/85 configura due forme di finanziamento.

La prima prevede la sottrazione dell’otto per mille del bilancio dello Stato alla giurisdizione del Parlamento per affidarne la destinazione alle scelte dei contribuenti, che quindi nulla pagano in più delle imposte dovute, la seconda prevede che i contribuenti possano dedurre dal loro imponibile fiscale un esborso diretto a favore di una confessione religiosa. Anche questo grava, ugualmente, sul bilancio dello stato sotto forma di «lucro cessante».

In conformità a questa normativa ogni anno una percentuale pari all’otto per mille del gettito complessivo dell’Irpef (non delle imposte di ciascuno), va alla Chiesa cattolica sulla base delle scelte dei contribuenti. Tale percentuale, in costante aumento per la diminuzione dell’evasione e per l’aumento dell’inflazione, è accresciuta dalla successiva ripartizione dell’ammontare annuo dell’otto per mille su cui non si sono esercitate scelte e che è ridistribuito, in base a quella percentuale, tra gli enti (Chiesa cattolica, Governo, e altre confessioni) che la legge prevede come destinatari dell’otto per mille. Nel corso degli ultimi anni solo il 45% degli aventi diritto hanno in media effettuato la scelta. Di questi circa il 75% ha destinato l’otto per mille alla Chiesa cattolica, a cui viene attribuito, grazie alla norma suddetta, la stessa percentuale della quota di quanti non hanno scelto.

Nei primi quattro anni (1989-1993), dopo l’entrata in vigore della nuova normativa, non essendo possibile calcolare l’entità delle scelte sono stati erogati ogni anno 406 miliardi di acconto, pari all’ammontare annuo della somma delle congrue alla firma dell’accordo, poi si sono avviati i versamenti regolari delle quote di pertinenza attraverso un complesso sistema di acconti e conguagli.

Per l’anno 1999 il finanziamento è stato pari a 1461 miliardi, 1.043 in acconto e 418 di conguaglio. Per il 2000 sono previsti 1.550 miliardi, 1.100 d’acconto e 450 di conguagli.

Dal 1989 sono stati erogati in tutto 9.408 miliardi, invece dei 4.060 se fosse restato in vigore il vecchio sistema, nel 2000 saranno 10.958 con la media annua di 1.000 miliardi.

Una seconda forma di finanziamento è costituita dal diritto, riconosciuto ai contribuenti, alla deduzione fiscale per le somme, fino a due milioni, erogate a favore della Chiesa cattolica o delle altre confessioni. Ne derivano contributi che nel corso degli anni, per la prima, si sono aggirati tra i quaranta e i quarantasei miliardi. Dal confronto tra il gettito delle due forme di finanziamento si può dedurre che quando si tratta di un esborso diretto i contribuenti sono meno generosi, non hanno mai superato il numero di 180.000 sui venti e più milioni di contribuenti.

Nella dichiarazione dei redditi del 1999 sono stati sottoscritti 42 miliardi. È difficile calcolare il lucro cessante per lo Stato, ma si può ipotizzare che si aggiri intorno ai 15 miliardi l’anno.
Finanziamento indiretto

Al finanziamento diretto alla Cei, si aggiungono altre forme di finanziamento che, seppure indirette, costituiscono pur sempre un onere per le pubbliche finanze in primo luogo gli stipendi dei ministri di culto (insegnanti di religione cattolica nelle scuole e cappellani nelle caserme, nelle carceri e negli ospedali) impegnati per motivi pastorali in strutture pubbliche.

Gli insegnanti di religione cattolica nelle scuole pubbliche costano circa mille miliardi l’anno. Nell’anno in corso sono a carico del bilancio della Pubblica Istruzione precisamente 976 miliardi per circa 20.000 insegnanti: 1415 nelle materne, a coprire 33.969 ore, 7.996 nelle elementari, a coprire 175.912 ore, e 10.486 insegnanti nelle medie inferiori e superiori.

Essi, oltre a rappresentare un’ingombrante presenza confessionale nella scuola pubblica, costituiscono anche una riserva di operatori pastorali a disposizione delle diocesi. La pressoché piena discrezionalità delle curie diocesane nelle nomine e nelle conferme in servizio, mentre offre facili occasioni di favoritismi e di clientelismo, costituisce un forte strumento di pressione.

Gli stipendi dei cappellani militari, che recentemente sono stati estesi alla Polizia di Stato pur demilitarizzata, non raggiungono una cifra così elevata. Difficile è il calcolo del loro ammontare perché nei bilanci dei ministeri della Difesa e dell’Interno sono inseriti tra le voci concernenti le strutture finalizzate al benessere dei militari. Lo stesso si può dire per i cappellani delle carceri e degli ospedali.

È anche difficile, se non impossibile, valutare le somme che lo Stato non incassa per gli usi illegittimi delle forme di esenzione fiscale garantite alle attività e alle strutture destinate al culto. Queste, equiparate con la legge 121/85 alle attività culturali e assistenziali, godono di un particolare regime fiscale, esenzione dall’IVA e dall’imposta sui terreni. Va aggiunto il regime speciale di esenzione dall’Invim degli atti di compra-vendita di immobili di proprietà ecclesiastica. È innegabile che in questo regime sono facili le occasioni, che diventano tentazioni, di usare le finalità di culto come copertura di attività lucrative, pur se a maggior gloria di Dio. È facile che questo accada trattandosi di 16.500 istituti religiosi, 27.000 parrocchie e 16.000 enti di varia natura. Meno facile che siano indagati o perseguiti se si pensa alle difficoltà di far luce sulle attività finanziarie del cardinale Giordano, pur inquisito per fatti accertati di rilevanza penale, e se si ricorda l’omertà che ha coperto le vicende che hanno accompagnato la truffa dello Ior.

Possiamo aggiungere all’elenco la parte dei finanziamenti alle scuole private confessionali. Sono da respingere i tentativi di chiamarle «libere», perché in verità esse sono ideologicamente «orientate», o di assimilarle a quelle degli enti locali, non governative ma pur sempre pubbliche, perché la loro gestione è totalmente privata. Tali finanziamenti sono stati erogati fin qui in deroga alle leggi, mentre d’ora in avanti saranno legittimati, seppure in forma ambigua, dalla legge sulla parità scolastica approvata recentemente dal Parlamento. Si tratta della parte assolutamente maggioritaria dei 550 miliardi in essa stanziati per le scuole private dell’infanzia e per le scuole elementari. Per la media restano ancora fuori legge 10 miliardi pronti a moltiplicarsi legittimamente non appena le scuole confessionali cominceranno a chiedere e ad ottenere di diventare paritarie, cioè abilitate a svolgere «un servizio pubblico», con buona pace dell’articolo 33 della Costituzione.

Meno rilevanti, pur se significativi, i contributi statali alle Università confessionali cattoliche nel quadro di quelli attribuiti alle private.

A questo stesso capitolo vanno iscritti i contributi che le leggi regionali hanno fin qui concesso, e che si apprestano a concedere, agli alunni delle scuole private sotto forma di sostegno del diritto allo studio, in verità in applicazione del principio di sussidiarietà. Preferiscono erogare risorse a scuole confessionali, specie alle scuole per l’infanzia, piuttosto che incrementare l’istituzione di scuole pubbliche. Il Friuli, l’Emilia Romagna e la Lombardia sono all’avanguardia, ma, in diversa forma, anche le altre sono avviate ad imitarle.

Analogamente possono essere considerati costi le sovvenzioni erogate alle organizzazioni confessionali all’interno dei contributi che lo Stato sociale, Governo ed Enti locali - tanto vituperato se eroga pensioni o sostegno alla disoccupazione - distribuisce per promuovere cultura e qualità della vita. Dall’uso degli obiettori di coscienza alle convenzioni, un incontrollato flusso di risorse si trasforma in finanziamento pubblico di attività private con buona pace dei principi liberisti e del carattere «volontario» di molte delle organizzazioni assistenziali. A quelle confessionali cattoliche tocca una grossa fetta della torta. Esse sono la punta di diamante del rivendicazionismo che anima l’intero settore associativo.

Non per questo sono meno benemerite perché finanziate. Il loro impegno interviene in settori che lo Stato non può raggiungere o costituisce una supplenza in quelli in cui gli interventi pubblici, spesso malgestiti, sono poco efficienti. Si può dire, quindi, che tale esborso di pubbliche risorse non è del tutto a fondo perduto. Non si può neppure negare che i cappellani svolgano un utile servizio nelle carceri e negli ospedali, un po’ meno nelle caserme. Perfino 132 miliardi dello stesso otto per mille attribuito alla Chiesa cattolica quest’anno sono destinati ad opere assistenziali in Italia.

Anche dell’eccezionale finanziamento erogato dallo Stato in occasione del giubileo pari a 3.500 miliardi una parte è stata utilizzata per opere pubbliche d’interesse generale, pur se la maggior parte è stata destinata al rifacimento/ammodernamento di strutture ecclesiastiche. Ad essi si devono aggiungere i costi a carico dei bilanci statale o locali, relativi al servizio d’ordine, ai trasporti, al servizio pubblico radiotelevisivo, per consentire lo svolgimento e la spettacolarizzazione delle manifestazioni liturgiche e delle apparizioni papali. Solo alla fine dell’anno santo si potrà dire se hanno costituito un investimento redditizio o un gratuito contributo a sostegno del primato papale nella Chiesa cattolica.
Costi «politici»

Questo articolato e complesso sistema di finanziamento non è paragonabile con nessuno dei sistemi in vigore nei paesi europei siano i paesi scandinavi, i länder luterani tedeschi o l’Inghilterra, dove la chiesa è di Stato, siano i paesi cattolici come la Spagna, il Portogallo e il Belgio dove pure sono previste forme di finanziamento diretto alla Chiesa cattolica. In nessuno di questi ultimi, eccetto il Lussemburgo, si raggiungono forme così capillari di integrazione, con gravi conseguenze sul piano istituzionale, e livelli così elevati di deresponsabilizzazione dei fedeli nei confronti del mantenimento della loro Chiesa.

Si può, infatti, rilevare che, ai costi economici del finanziamento dell’apparato ecclesiastico cattolico, sono da aggiungere i riflessi negativi che esso ha sul piano istituzionale e politico.

In primo luogo c’è da rilevare che lo stesso meccanismo dell’otto per mille inquina il sistema istituzionale esautorando il Parlamento dalla gestione di una parte solo percentualmente determinata delle risorse ricavate dalle imposte, che invece devono essere destinate in conformità a precise norme legislative, affidandone la destinazione a singoli cittadini, per di più solo se contribuenti e dichiaranti. È leso con ciò un principio fondamentale dello stato democratico.

Per di più l’attribuzione alla Presidenza del Consiglio dei ministri della gestione della quota spettante allo Stato crea ogni anno un fondo di circa 150 miliardi di cui essa può disporre a discrezione. Il Capo del governo deve, infatti, solo indicare i criteri d’impiego in tempo utile perché il Parlamento possa esprimere il suo parere, obbligatorio non vincolante. Per di più non è svolta nessuna azione pubblicitaria per sollecitare i contribuenti, opportunamente informati, ad orientare le loro scelte verso lo Stato. Molti preferiscono astenersi nella scelta anche perché ignorano le norme, ribadite e precisate nel recente DPR 76/98, che vincolano il governo a destinare queste risorse, gestite fuori del bilancio ordinario, a precisi settori di impiego: la fame nel mondo, le calamità interne, l’assistenza ai rifugiati, la conservazione dei beni culturali.

In verità molti altri sono scoraggiati per l’uso distorto e discrezionale che ne hanno fatto i Presidenti del Consiglio. In generale sono stati dispersi in mille rivoli molti dei quali sono tornati a confluire verso strutture ecclesiastiche o organizzazioni confessionali. Talvolta le loro finalità sono state stravolte: Andreotti nel 1991 ha attinto al fondo per fronteggiare l’emergenza dell’immigrazione albanese di massa, e D’Alema otto anni dopo per finanziare la missione arcobaleno e la guerra «umanitaria» in Jugoslavia

Non meno negative sono le conseguenze che il finanziamento diretto dello Stato comporta nei rapporti interni alla Chiesa cattolica intesa come Comunità dei fedeli.

La Cei fissa annualmente l’ammontare lo stipendio mensile per tutti i sacerdoti, circa quarantamila, e lo eroga per intero a quelli che non hanno altre fonti di sostentamento. A quelli, che per la loro attività in strutture ecclesiali, o extraecclesiali percepiscono emolumenti, viene concessa una integrazione per raggiungere la quota fissata. Nessuna integrazione è dovuta a quelli che la raggiungono con il loro lavoro. Nel 1999 solo 103 sono stati a pieno carico, 36.509 hanno ricevuto un’integrazione, 3.200 sono stati autosufficienti.

In tal modo per tutti i sacerdoti cattolici, anche per i parroci, si conferma il ruolo di funzionari alle dipendenze della Cei dalla quale ricevono regolare stipendio: il suo Istituto Centrale Sostentamento del Clero paga i loro sostituti d’imposta. Con l’abolizione della congrua è venuta meno la pur limitata autonomia formale goduta dai parroci che, ricevendola direttamente dallo Stato, potevano esserne privati solo se formalmente destituiti dall’autorità ecclesiastica attraverso una procedura molto garantista.

Si può quindi affermare che la gestione dell’apparato ecclesiastico italiano si avvia ad diventare pienamente aziendalistica.

Questa concentrazione nelle mani della Cei dei poteri di gestione del finanziamento non aumenta solo il controllo sul clero, ma fa della sua Presidenza, del suo Presidente in particolare, un soggetto economico forte all’interno della comunità ecclesiale capace di condizionare anche le attività e gli orientamenti di gruppi e singoli per la discrezionalità di cui gode nell’elargizione di contributi. Si deve, infatti, tenere conto che solo 1/3 del finanziamento ricevuto come percentuale, in aggiunta alle scarse risorse ricavate dall’elargizione diretta, è impegnato per il sostentamento del clero. Restano circa mille miliardi da destinare a sostenere la pastorale nelle diocesi, ma anche le attività sociali, culturali e di comunicazione, locali e nazionali, a tutto vantaggio di una gestione autoritaria della comunità ecclesiale. La gerarchia cattolica, affrancata dalla necessità di essere sostenuta economicamente dai fedeli, si costituisce come un soggetto autoreferenziale e antidemocratico sulla scena politica italiana capace di egemonia nella società, anche per l’acquiescenza nei suoi confronti delle pubbliche autorità e di gran parte della classe dirigente.
=IL DUCA=
00venerdì 23 novembre 2007 12:38
nn ho letto tutta la spataffiata e nn dubito che sia corretta, ma ti faccio notare solo una cosa, da ragionere, che balza subito all'occhio e mi fa dubitare .....
allora, odifreddi ci dice che 1 mld di euro arrivano alla chiesa dall'otto per mille e io nn ci credo.
1 mld come 8 per mille vuol dire prendere un imponibile di 125 mld, che sarebbe quasi il totale dell'irpef raccolto in un anno.
quindi, vorrebbe dire che circa il 95 % degli italiani che pagano l'irpef hanno destinato il proprio 8 % alla chiesa ...... ma ci credi ??!!
quindi, se l'inizio di una discussione parte da una simile falsificazione, difficile che mi fidi del resto .....
il Barista
00venerdì 23 novembre 2007 14:19
scusate se mi intrometto in una VS discussione (dalla quale peralro volevo stare fuori)

volevo solo dire 1 cosa a angelo: secondo me è credibile che 9 italiani su 10 possano destinare l'8/000 alla chiesa.
bentoribeiro
00venerdì 23 novembre 2007 16:04
è un peccato che tu nn l'abbia letto xchè rispondeva a quanto da te chiesto.

Cmq le cifre OGGETTIVE (e Odifreddi lo ripeto nn c'entra) sono:

LA DISTRIBUZIONE DEL GETTITO rif 2001

87,25%
Chiesa Cattolica

e aggiungo che:
In conformità a questa normativa (legge 222/85) ogni anno una percentuale pari all’otto per mille del gettito complessivo dell’Irpef (non delle imposte di ciascuno), va alla Chiesa cattolica sulla base delle scelte dei contribuenti. Tale percentuale è accresciuta dalla successiva ripartizione dell’ammontare annuo dell’otto per mille su cui non si sono esercitate scelte e che è ridistribuito, in base a quella percentuale, tra gli enti (Chiesa cattolica, Governo, e altre confessioni) che la legge prevede come destinatari dell’otto per mille. Nel corso degli ultimi anni solo il 45% degli aventi diritto hanno in media effettuato la scelta. Di questi circa il 75% ha destinato l’otto per mille alla Chiesa cattolica, a cui viene attribuito, grazie alla norma suddetta, la stessa percentuale della quota di quanti non hanno scelto.

=IL DUCA=
00lunedì 26 novembre 2007 11:54
Re:
bentoribeiro, 23/11/2007 16.04:

è un peccato che tu nn l'abbia letto xchè rispondeva a quanto da te chiesto.

Cmq le cifre OGGETTIVE (e Odifreddi lo ripeto nn c'entra) sono:

LA DISTRIBUZIONE DEL GETTITO rif 2001

87,25%
Chiesa Cattolica

e aggiungo che:
In conformità a questa normativa (legge 222/85) ogni anno una percentuale pari all’otto per mille del gettito complessivo dell’Irpef (non delle imposte di ciascuno), va alla Chiesa cattolica sulla base delle scelte dei contribuenti. Tale percentuale è accresciuta dalla successiva ripartizione dell’ammontare annuo dell’otto per mille su cui non si sono esercitate scelte e che è ridistribuito, in base a quella percentuale, tra gli enti (Chiesa cattolica, Governo, e altre confessioni) che la legge prevede come destinatari dell’otto per mille. Nel corso degli ultimi anni solo il 45% degli aventi diritto hanno in media effettuato la scelta. Di questi circa il 75% ha destinato l’otto per mille alla Chiesa cattolica, a cui viene attribuito, grazie alla norma suddetta, la stessa percentuale della quota di quanti non hanno scelto.




Ammetto la mia ignoranza, questo nn lo sapevo, pensavo che in caso di mancata adesione l'8 x 1000 rimanesse nelle casse dello stato.
Comunque mi pare che per pagare meno tasse questo nn sia l'esempio più azzeccato, come quando leggo di commercianti o artigiani che fottono il fisco e sembra che siano loro, i piccoli, a rovinare l'itaGlia.
Basterebbe far pagare il giusto ad un grande (una banca, una s.p.a. ecc. ) per coprire le magagnette di migliaia di piccoletti.
Poi comunque il discorso si sposta inevitabilmente su quanto sarebbe giusto, su quanto ci torna, insomma, la solita storia, e allora basta ..........



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