Annie Lennox spara a zero sulla musica e sul Papa: «Sconvolta dalle sue parole»
La cantante scozzese Annie Lennox
MILANO - (24 marzo) - Non è facile tenere a bada il fascino celtico di Annie Lennox, occhi azzurri, sorriso da guerriera.
Voce strepitosa, un talento innegabile, oggi più che i panni della popstar Annie di Scozia veste quelli della pasionaria infervorata, che sceglie i riflettori per parlare delle sue battaglie, piuttosto che di musica. Anche se l’occasione dell’incontro è l’uscita di una raccolta dei suoi successi (The Annie Lennox collection) che mette insieme capolavori della vocalità come Why e un paio di inediti che sono una rarità nella sua lunga carriera (la signora Lennox ha 54 anni) discograficamente piuttosto avara. Il perché è presto detto ed è lei stessa a spiegarlo: «Ci sono tante cose che mi interessa fare più che i dischi». E, tanto per cominciare, spiega che non ha più rapporti con le major e che vuole sentirsi libera da accordi contrattuali.
Forse per questo ha firmato un appello di colleghi come Robbie Williams e Billy Bragg a favore della libera circolazione della musica su internet. «Non sono un’esperta di copyright, ma mi sembra paradossale che le corporation guadagnino centinaia di volte più degli artisti. Oggi la discografia è in crisi, ma siamo sempre noi a fornire i contenuti a You tube o Google. Come a suo tempo con Mtv: noi gli abbiamo dato i video e loro hanno fatto una fortuna. Ecco perché penso che ogni artista dovrebbe dire “fuck it” all’industria musicale».
In poche parole sembra di capire che voglia rompere i ponti col mondo che le ha dato il successo.
«Lo so, la mia carriera mi ha dato tanto. Vengo da una piccola cittadina del nord della Scozia. Se non avessi fatto questo mestiere forse sarei diventata una casalinga, ma oggi mi va stretto. Anche sentirmi in questo albergo flamboyant mi imbarazza. Non è il mio stile di vita».
Quale è il suo stile di vita?
«Faccio una vita molto tranquilla e non ho più voglia di essere una performer. Voglio occuparmi dei diritti delle donne, della piaga dell’Aids, dell’ambiente.
C’è già Bob Geldof.
«Lo so e non voglio fare le cose che fa lui. Intendo usare quello che ho conquistato in questi anni. La celebrità è disgustosa, ma ti dà forza. Per esempio via internet, coi blog. Lo trovo un modo eccitante. Ci scrivo moltissimo».
Ma, col suo talento, non le sembra uno spreco girare le spalle alla musica?
«Non la lascerò. Ne ascolto tantissima. Per esempio il folk scozzese. Ecco, mi piacerebbe registrare quei canti».
Il suo ex partner negli Eurythmics, Dave Stewart, dice molte cose simili alle sue. Non è che vi ritroviamo un giorno di nuovo insieme?
«Negli ultimi tempi degli Eurythmics lo stare insieme ci faceva sentire male».
Le reunion, però, vanno fortissimo e sono pagate a peso d’oro. Ora tocca agli anni ’80 degli Spandau ballett.
«La gente guarda sempre ai bei giorni che furono. Periodicamente tornano gli anni ’50, poi i ’60, poi i ’70 e si ricomincia daccapo. Ma chi se ne frega. Viviamo nel nostro tempo. E parliamo di cose più interessanti».
Per esempio?
«Del Papa. Io ho molto rispetto per la Chiesa cattolica, ma così si rovina il lavoro di chi cerca di frenare il contagio dell’Aids in Africa. Le cose che ha detto il Papa sull’uso del preservativo sono “crazy”. Cosa pensa, che diminuiscano i rapporti sessuali?».
Lei parla sempre così, senza giri di parole?
«Forse esagero, ma queste cose mi sconvolgono».
Madame Lennox, se non le dispiace torniamo alla musica e al tema dei ritorni in scena. Ha letto di Michael Jackson?
«Rispetto enormemente il suo grande talento, ma non vorrei essere nei panni di quelli che hanno messo i soldi nei suoi concerti. Faranno un bagno. Non voglio essere cattiva, ma quanti concerti riuscirà a fare?».
Nella musica vanno molto i talent show alla X Factor, che ne pensa?
«Sono crudeli e umilianti. Siamo tornati al pollice verso degli antichi romani».
Tornare a Sanremo che impressione le ha fatto?
«Era la terza volta. Li ringrazio perché mi hanno fatto parlare per mezz’ora della mia battaglia contro l’Aids, ma è stato esilarante il caos organizzato dietro le quinte».
Lei è una donna di fascino, ha mai pensato al cinema?
«Me l’hanno chiesto, ma non ho grandi ambizioni. Robert Altman mi voleva per un film tratto da Harold Pinter, The room. Andai a Montreal, ma mi il set mi spaventò. Gli attori recitavano a braccio. E io non avevo mai recitato in vita mia. Mi chiamò anche Hugh Hudson per Revolution con Al Pacino e Nastassja Kinsky, ma quel film fece fallire la Gold Crest. Chissà che un giorno non venga la mia ora, magari per un film dark. Mi piacerebbe se non fosse che le attrici hanno poca autonomia.
di Marco Molendini.
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