Gerd-R. Puin paral con sdegno della tradizionale propensione, da parte degli studiosi musulmani e occidentali, di accettare la comprensione convenzionale del Corano. "Il Corano proclama per se stesso che è ‘mubeen’ o "chiaro" egli dice. "Ma se si guarda ad esso si noterà che ogni quinto di frase o giù di lì semplicemente non ha senso. Molti musulmani – e orientalisti – risponderanno, ovviamente, altrimenti, ma il fatto è un quinto del testo Coranico è semplicemente incomprensibile. Questo è ciò che creato l’angoscia circa la sua traduzione. Se il Corano non è comprensibile – se esso non può nemmeno essere compreso in Arabo – diventa impossibile tradurlo. La gente ha paura di questo (altro che intangibilità della parola Divina – si è mai visto un Dio che non si fa comprendere? N.d.t.) E siccome il Corano sostiene ripetutamente di essere chiaro ma ovviamente non lo è - come gli stessi oratori arabi dicono – allora vi è una contraddizione. Qualcos’altro deve in realtà succedere."
Il tentativo di capire quel "qualcos’altro" è realmente iniziato solo in questo secolo (l’autore scrive nel 1999 n.d.t.). " Fino alquanto recentemente" Patricia Krone, la storica dell’Islam iniziale dice "ognuno prese per buono che ogni cosa i Musulmani sostengono di ricordare circa le origini e il significato del Corano e corretto. Se si fa cadere una tale assunzione, bisogna ricominciare da capo" Questo no significa coraggio, ovviamente,; Il Corano è arrivato fino a Noi fermamente fasciato nella sua tradizione storica , la quale è estremamente resistente alla critica e all’analisi. Così Crone la mette nel suo Schiavi sui Cavalli,
I redattori biblici ci offrono sezioni della tradizione israelita a diversi livelli di cristallizzazione, e le loro testimonianze possono, di conseguenza, essere utilmente comparate e soppesate l’una con l’altra. Ma la tradizione mussulmana fu il prodotto, non di una lenta cristallizzazione, ma una esplosione; i primi compilatori non erano redattori, ma collettori di resti il cui lavoro era privo di unita globale in modo impressionante; e nessuna particolare illuminazione derivava dalla loro comparazione.
Non sorprendentemente, data la esplosiva espansione dell’Islam iniziale e il lasso di tempo tra la nascita della Religione e i primi sistematici documenti della sua storia, il mondo di Maometto e quelli degli storici che successivamente scrissero su di Lui erano drammaticamente differenti. Durante il primo secolo dell’Islam una compagnia provinciale di nomadi delle tribù del deserto divennero i guardiani di un vasto impero internazionale dal monoteismo istituzionale che brulicava di una attività letteraria e scientifica senza precedenti. Molti storici contemporanei contendono che non ci si può aspettare Storie dell’Islam circa le sue origini – particolarmente dtata la tradizione orale dei secoli iniziali – essere sopravvissute intatte ad una tale tremenda trasformazione sociale. Nessuno può ritenere che uno storico mussulmano scrivendo in Iraq nel nono o decimo secolo A.D. abbia scartato il proprio patrimonio culturale e sociale (e convinzioni teologiche) al fine di descrivere accuratamente un contesto arabo del settimo secolo profondamente sconosciuto. R. Stephen Humphreys scrivendo la Storia Islamica: Una cornice per un’inchiesta (1988) ha coincisamente sintetizzato la questione con cui gli storici si confrontano nello studiare l’Islam.
Se in nostro obiettivo è di comprendere il modo in cui i musulmani del tardo II°/VIII° e III°/IX° secolo (calendario islamico/calendario cristiano) capirono le origini della loro società, allora si è proprio ben messi. Ma se lo scopo è di trovare "ciò che realmente accadde" in termini di risposta attendibilmente documentata alla moderna questione circa le iniziali decadi della Società islamica, allora siamo nei guai.
La persona che più di ogni altra ha scrollato gli studi Koranici nelle due passate decadi è John Wansbrough, ex professore alla Scuola di studi orientali e africani della Università di Londra. Puin sta "ri-leggendolo ora" nel momento in cui si prepara ad analizzare i frammenti yemeniti. Patricia Crone ammette che con Michael Cook "non disse molto circa il Corano ne l’Hagarsimo che non fosse fondato su Wansbrough. "Altri studiosi ammirano meno, riferendosi al lavoro di Wansbrough in quanto "drasticamente ostinato (nell’errore); "ferocemente opaco; e una "colossale illusione". Ma piaccia o no, chiunque, oggi, sia impegnato nello studio critico del Corano deve misurarsi con i due maggiori lavori di Wansbrough – Studi Koranci: Fonti e metodi della interpretazione scritturale (1977) e L’ambiente settario: Contenuto e composizione della storia della salvezza islamica (1978).
Wansbrough ha applicato al testo Coranico un intero arsenale di quello che ha chiamato "Tecniche e strumenti" della critica biblica – critica della forma, critica della fonte, e molto di più - Ha concluso che il Corano si è sviluppatone solo gradualmente nei secoli settimo e ottavo, nel corso di un lungo periodo di trasmissione orale quando le sette di Giudei e di Cristiani si confrontavano l’un l’altra volubilmente a Nord de La Mecca e di Medina in quelle che ora sono parte della Siria, Giordania, Israele ed Iraq. La ragione per la quale nessuna fonte materiale Islamica del primo secolo o giù di lì è sopravvissuta, conclude Wansbrough, è perché non e mai esistita.
Per Wansbrough la tradizione Islamica è un esempio di ciò che è noto agli studiosi biblici come una "Storia della salvezza": Una storia stimolata evangelicamente e teologicamente circa le origini di una Religione inventata al tramonto di una giornata e proiettata indietro nel tempo. In altre parole , come Wansbrough pone ne il Studi Koranci , la canonizzazione del Corano – e la tradizione Islamica che sorse per spiegarla – coinvolse
l’attribuzione di diversi, parzialmente sovrapponenti, raccolte di logia [(esibenti un marchio distintamente Mosaico), (ovvero da Mosè n.d.t.)] ad immagine di un profeta biblico (modificato dal materiale dell’evangelium di Maometto in un uomo arabo di DIO) con un tradizionale messaggio di salvezza (modificato dall’influenza del Rabbinsismo Giudaico nella non mediata ed immutabile parola di DIO).
Le teorie arcane di Wansbrough sono state contagiose in certi circoli di studiosi, ma comprensibilmente molti musulmani le hanno trovate profondamente offensive. S. Parvez Manzoor, per esempio, ha descritto gl istudi Koranici di Vansbrough e di altri come "uno scoperto discorso di potere" e "un scoppio di vandalismo psicopatico". Ma nemmeno Manzoor dibatte di un ritiro dall’impresa di critica degli studi Koranici; al contrario egli preme i musulmani a sconfiggere i revisionisti occidentali sul "campo di battaglia epistemologico" ammettendo che "prima o poi (noi musulmani) dovremo approcciare il Corano con assunzioni metodologiche e parametri radicalmente in disaccordo rispetto a quelli consacrati fin qui dalla nostra tradizione.
- REVISIONISMO NEL MONDO ISLAMICO
In verità, per più di un secolo ci sono state figure pubbliche nel mondo Islamico che hanno tentato uno studio revisionistico del Corano e della storia Islamica – il professore esiliato egiziano Nasr Abu Zaid no è unico. Forse il predecessore più famoso di Abu Zaid è stato Taha Hussein, prominente ministro del governo egiziano, professore universitario e scrittore. Hussein, un modernista determinato, nei primi anni 20, si dedicò alo studio della poetica Araba pre Islamica e finì per concludere che molto di quel corpo di lavoro fu costruito ben dopo lo stabilirsi dell’Islam e al fine di conferire sostegno alla mitologia Koranica. Un esempio più recente è dato dal giornalista e diplomatico iraniano Alì Dashiti che nel suo Ventitré Anni: Uno studio della Carriera Profetica di Maometto (1985) ripetutamente rimproverò ai suoi compagni musulmani l’attitudine di non contestare i tradizionali resoconti della vita del Profeta Maometto, molti dei quali egli definì "Costruttori di miti e Commercianti di miracoli"
Abu Zaid cita anche Muhammad ‘Abduh come un precursore enormemente influente. Abduh, il padre del modernismo egiziano nel diciannovesimo secolo A.D., intravide il potenziale per una nuova teologia islamica nelle teorie del nono secolo A.D. di Mu’tazils. Le idee del Mu’tzalis guadagnarono popolarità in alcuni circoli musulmani agli inizi di questo secolo (il secolo XX appena terminato n.d.t.) (conducendo l’importante scrittore e intelletuale egiziano Ahmad Amin a rimarcare nel 1936 che "L’insuccesso di Mu’tzalism è stato la più grande sciagura che abbia colpito i musulmani; essi hanno commesso un crimine contro se stessi). Il tardo Fazlur Rahman, studioso pakistano, ha portato la torcia Mu’tazilita ben dentro la nostra era; Egli spese gli ultimi anni della sua vita, dal 1960 al 1988, vivendo ed insegnando negli USA, dove egli ha istruito molti studenti dell’Islam – sia musulmani che non – nella tradizione Mu’tazilita.
Una tale opera non è sorta, comunque, senza un costo: Taha Hussein, come Abu Zaid, fu dichiarato apostata in Egitto; Alì Dashiti morì misteriosamente subito dopo la rivoluzione iraniana; e Fazlur Rahman fu obbligato a Lasciare il Pakistan nel 1960. I musulmani interessati a contestare la dottrina ortodossa devono procedere attentamente "Vorrei far uscire il Corano da questa prigione" Abu Zaid disse della ostilità islamica prevalente alla reinterpretazione del Corano a beneficio della era moderna, "cosicché una volta ancora diventi produttivo per l’essenza stessa della cultura e delle arti che sono oggi strangolate nella nostra società" Malgrado i suoi molti nemici in Egitto, Abu Zaid può molto bene progredire verso i suoi obiettivi; vi sono indicazioni che i suoi lavoro sono largamente, sebbene quietamente, letti con interesse nel mondo arabo. Abu Zaid dice, per esempio, che il suo I Concetti del testo (1990) – il libro largamente responsabile del suo esilio dall’Egitto – ha subito almeno otto stampe clandestine al cairo e a Beirut.
Un altro studioso con una vasto seguito di lettura che è impegnato a riesaminare il Corano è Muhammad Arkoun, il professore algerino all’Università di Parigi. Arkoun ha dibattuto in Letture del Corano (1982) per esempio, che " è il momento (per l’Islam) di assumersi, insieme alle grandi tradizioni culturali, i rischi moderni della conoscenza scientifica" e ha suggerito che "il problema della autenticità divina del Corano può servire a riattivare il pensiero islamico e ad impegnarlo nei maggiori dibattiti della nostra era" Arkoun si rammarica del fatto che la maggior parte dei musulmani sono inconsapevoli che esistono differenti concezioni del Corano all’interno della loro propria tradizione storica. Arkoun ed altri dibattono, è una opportuna di contestare l’ortodossia Mssulmana dall’interno, piuttosto che dover dipendere da fonti esterne "ostili". Arkoun, Abu Zaid, e altri sperano che questa contestazione possa alla fine condurre a niente altro che un rinascimento islamico.
L’abisso che separa queste teorie accademiche dalla pratica giornaliera dell’Islam nel mondo è enorme, ovviamente – la maggioranza dei musulmani oggi non sono probabilmente inclini a questionare la comprensione ortodossa del Corano e della storia islamica. Tuttavia l’Islam è diventato una delle grandi religioni del Mondo in parte a causa della sua apertura ai cambiamenti sociali e alle nuove idee. (Secoli fa, quando l’Europa era sprofondata nella sua epoca buia, i saggi della fiorente civilizzazione islamica aprirono un’epoca di grandi scoperte scientifiche e filosofiche. Le idee degli abtichi Greci e Romani non sarebbero mi state introdotte in Europa se gli storici e filosofi islamici non le avessero riscoperte e rivitalizzante) La sua propria storia dell’Islam mostra che la prevalente concezione del Corano non è stata la sola ed essere esistita, e la recente storia della cultura biblica mostra che non tutti gli studi critico-storici di una sacra scrittura sono antagonistici. Essi invece possono condotto con lo scopo di una rigenerazione culturale e spirituale. Essi possono, come Arkoun pone, demistificare il testo e al tempo stesso riaffermare "la rilevanza delle sue più grandi intuizioni".
Nei prossimi decenni, inevitabilmente, verranno proposte una quantità progressivamente crescente di nuove interpretazioni del Corano, con il continuo dissolversi delle tradizionali distinzioni culturali tra Oriente e Occidente o tra Nord e Sud del Mondo, con il crescere della popolazione mussulmana mondiale, con il rinnovato e continuato scrutinio delle fonti storiche, con l’incontro del femminismo con il Corano.
Insieme alle diversità di interpretazioni arriverà anche un aumento della frazionismo, forse intensificato dal fatto che l’Islam ora è presente in una grandissima varietà di ambienti culturali e sociali – Bosnia, Iran, Malaysia, Nigeria, Arabia Saudita, Sud Africa, USA e così via. Oggi più che mai, chiunque desideri che desideri capire problemi globali ha bisogno di capire la civilizzazione islamica, in tute le sue permutazioni . Sicuramente il miglior modo per cominciare è con lo studio del Corano - che promette negli anni a venire di essere contenzioso, affascinante e importante allo stesso modo di come lo fu lo studio della Bibbia.
Fine della parte III e del Saggio.
La versione on-line di questo documento è suddivisa in tre parti.
Autore: Toby Lester – Traduttore: Aldo Moltifiori.
Nota finale: La traduzione ha cercato di rispecchiare fedelmente il pensiero dell’autore, facendo tuttavia uno sforzo di adattarlo alla psicologia e alla logica della lingua italiana. Non dimenticando che la questione posta dal Corano, ma più in generale della Teologia, è tuttora irrisolta anche a livello linguistico e semantico.
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