AMATE I VOSTRI NEMICI

PendP
00lunedì 14 dicembre 2009 20:41
AMATE I VOSTRI NEMICI

Testo: 1° Pietro 3, 8-9 «Infine siate tutti di una sola mente, compassionevoli, pieni di amor fraterno, misericordiosi e benevoli, non rendendo male per male od oltraggio per oltraggio ma, al contrario, benedite, sapendo che a questo siete stati chiamati, affinché ereditiate la benedizione»

In questi due versetti, pur nella semplicità e sobrietà di linguaggio, ci troviamo in presenza di una ricchezza inestimabile di contenuti spirituali. Dopo aver parlato nella parte precedente dei doveri specifici dei cristiani nei confronti dei gentili e delle autorità, del comportamento dei servi verso i padroni, dei rapporti fra moglie e marito, Pietro prosegue con l’avverbio: « Infine», quasi a voler sottolineare l’importanza conclusiva di quanto sta per dire.

Possiamo dividere i versetti 8 e 9 in due parti. Nella prima parte troviamo un elenco di virtù che devono contraddistinguere il comportamento del cristiano soprattutto nell’ambito comunitario, non escludendo però che alcune di queste virtù debbano essere usate anche al di fuori della comunità.

I cristiani devono essere:

– tutti di una sola mente e cioè concordi,
– compassionevoli,
– pieni di amor fraterno,
– misericordiosi,
– e benevoli,
– non rendere male per male od oltraggio per oltraggio, ma, al contrario, benedire.

Nella seconda parte troviamo invece le motivazioni teologiche che stanno all’origine di queste virtù:

– sapendo che a questo siete stati chiamati,
– affinché ereditiate la benedizione.

Ognuna delle virtù elencate nel primo gruppo richiederebbe un sermone a parte, ma per il momento vorrei soffermarmi soltanto sull’ultima virtù, quella più difficile da mettere in pratica: « Non rendete male per male od oltraggio per oltraggio, ma al contrario, benedite».

È facile esprimere il nostro amore e la nostra benevolenza verso coloro che fanno altrettanto con noi, ma non sempre riusciamo ad essere buoni verso coloro che non si comportano altrettanto bene con noi. La reazione più naturale è quella di rispondere al male con il male ed alle offese con altrettante offese.

Anche se questa è la cosa più difficile per qualsiasi persona, il cristiano è chiamato, non solo ad essere buono, benevolo, misericordioso, umile verso tutti, ma anche a controllare le proprie reazioni istintive quando riceve del male o delle offese. Anzi deve rispondere al male con il bene e all’offesa con la benedizione. Questo comportamento, che per il mondo può sembrare una debolezza, per il cristiano è la prima caratteristica che lo distingue dagli altri, ed è la conferma più evidente che egli è una nuova creatura, una persona rigenerata da Dio per mezzo della fede in Cristo al quale ha deciso di appartenere.

Cristo per primo infatti, mentre stava morendo, ha perdonato i suoi carnefici che lo avevano insultato, gli avevano sputato in faccia e lo avevano inchiodato sulla croce. Eppure egli avrebbe potuto reagire alle violenze subite chiamando a Sua difesa legioni di angeli che lo avrebbero liberato e vendicato.

Ma Egli ha preferito non reagire. Come dice il profeta Isaia: « Maltrattato e umiliato, non aperse bocca. Come un agnello condotto al macello, come pecora muta davanti ai suoi tosatori, non aperse bocca » (Is 53, 7). Quando Egli aprì la sua bocca, mentre stava agonizzando sulla croce, lo fece non per maledire, ma per benedire i suoi carnefici: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno » (Lc 23, 34).

Pietro rivolgendosi ai servi che spesso dovevano subire dei maltrattamenti da parte dei padroni ingiusti dice loro di non reagire, di non ribellarsi, ma di seguire le orme di Gesù che ha sopportato pazientemente l’opposizione dei peccatori (1 Pt 2, 18-25).

Dio stesso ha dimostrato il suo infinito amore nei nostri confronti in quanto ha mandato il Suo Figlio a morire sulla croce mentre eravamo ancora peccatori e quindi suoi nemici. Se Dio avesse reagito al male con il male e all’offesa con l’offesa, come spesso noi facciamo, ci avrebbe abbandonato al nostro destino. Invece, come troviamo scritto in Romani 5, 8-10, Egli ci ha riconciliati a Lui mentre eravamo ancora suoi nemici.

Come persone rigenerate da Dio ed appartenenti a Cristo, anche noi non dobbiamo reagire al male con il male e all’offesa con l’offesa, ma dobbiamo anzi amare i nostri nemici, come ci ha insegnato Gesù In Mt 5, 43-48.

Anche l’apostolo Paolo nella sua lettera ai Romani ci esorta a vincere il male con il bene come troviamo scritto in Rm 12, 18-21.

Il fatto che questo insegnamento di amare i nemici sia stato con tanta insistenza predicato da Gesù e ribadito poi anche dagli apostoli Pietro e Paolo, significa che esso rappresentava un aspetto molto importante del cristianesimo fin dall’inizio e non poteva in alcun modo essere sottovalutato od ignorato da tutti coloro che volevano veramente seguire Gesù mettendo la propria vita al suo servizio.

Se noi oggi vogliamo restaurare il Cristianesimo predicato da Gesù e dai suoi apostoli, non possiamo restaurare soltanto alcune dottrine formali, ma dobbiamo restaurare anche lo spirito e l’amore che Gesù e gli apostoli ci hanno insegnato con tanta insistenza, ribadendo più volte la necessità di tale amore. Ciò che caratterizzava in maniera determinante il loro comportamento era l’amore verso tutti gli uomini, anche se erano nemici e anche se non si comportavano bene. Non possiamo quindi ignorare o sottovalutare questo aspetto dell’insegnamento di Gesù, anche se ci sembra difficile da realizzare.

Poiché il nostro combattimento, come dice Paolo agli Efesini (6 12), non è contro carne e sangue, cioè contro le persone che ci stanno affianco, dobbiamo superare il nostro primo impulso verso coloro che non si comportano bene o che ci sono antipatici ed amare anche loro; dobbiamo benedirli e pregare per loro perché a questo siamo stati chiamati, non a maledire, non a rispondere al male con il male, ma a vincere il male con il bene.

Spesso noi ci giustifichiamo dicendo che non possiamo fare diversamente, che non possiamo amare i nostri nemici, è più forte di noi, è contro la nostra stessa natura. Ma allora stiamo veramente seguendo le orme di Cristo, stiamo veramente rinnovando il nostro uomo interiore che si corrompe seguendo le passioni ingannatrici, stiamo veramente rivestendo il nuovo uomo che si va rinnovando nello spirito e nella verità?

Sono delle domande alle quali dobbiamo dare una risposta! Se, come diciamo a parole, vogliamo veramente appartenere a Cristo e non a questo mondo, dobbiamo fare un serio esame di coscienza e non trascurare un aspetto così importante e determinante dell’insegnamento di Gesù

Il versetto 9 termina con questa affermazione: « Affinché ereditiate la benedizione ». La benedizione di cui parla Pietro qui è la benedizione che Dio fece anticamente ad Abramo e che si è poi realizzata per mezzo di Cristo, estendendosi a tutti coloro che hanno fede in lui, come dice l’apostolo Paolo in Galati 3, 6-8.13-14. Si tratta quindi della nostra salvezza eterna. Se non ci sforziamo di amare anche i nostri nemici, non possiamo dire che la nostra rinascita spirituale sia stata completata. Forse Dio potrà essere così "misericordioso" nei nostri confronti da perdonarci ugualmente, ma non dobbiamo dimenticarci che egli è anche altrettanto "giusto" da richiedere ai suoi figli una fede obbediente e non solo teorica. Non basta quindi ubbidirgli per quanto riguarda il battesimo, ma la nostra fede deve essere obbediente anche per quanto riguarda tutti gli aspetti dell'insegnamento di Gesù.

Per non scadere nel legalismo farisaico possiamo trovare consolazione leggendo le parole Giovanni nella sua prima lettera al cap. 2, vv.1-2 «Figlioletti miei, vi scrivo queste cose affinché non pecchiate; e se pure qualcuno ha peccato, abbiamo un avvocato presso il Padre: Gesù Cristo, il giusto. Egli è l'espiazione per i nostri peccati; e non solo per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo »

Non possiamo d'altro canto neppure trascurare quanto ci viene detto dall'apostolo Paolo, il quale, in Ef 4, 1, ci esorta « a camminare nel modo degno della vocazione » a cui siamo stati chiamati affinché ognuno di noi possa adeguare il proprio comportamento in maniera coerente a questo importante aspetto della vita cristiana, quello cioè di amare anche i nostri nemici.

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