Un piccolo contributo che ritengo ben fatto, specialmente per chi si affaccia per la prima volta al pensiero dell'aquinate.........
San Tommaso afferma che “alcuni pensatori si elevarono ad
esaminare l’ente in quanto ente” e considerarono la causa delle cose
“nella misura in cui esse sono enti”. Avicenna e Sigieri di Brabante
avevano negato che l’
ens inquantum ens avesse causa, perché implicherebbe
che anche Dio abbia una causa. La posizione di Tommaso è
originale – unica e diversa – nel tredicesimo secolo. Egli afferma esplicitamente
che “l’ente in quanto ente ha Dio come causa”23 e che “l’ens commune è l’effetto proprio della causa più alta: Dio”24. Dio
non appartiene all’oggetto della metafisica, però il fine ultimo di questa
scienza è la conoscenza della causa del suo oggetto, che è Dio25.
La creazione delle cose ex nihilo sui et subiecti richiede un dominio
totale sull’essere, un potere infinito e supremo (cf. De Potentia q.
3 a. 3), che come tale solo può essere opera di Dio: “propria actio solius
Dei”26.
La multiforme partecipazione di Dio nel creato, come effetto diverso
da Dio, non compromette la sua trascendenza. San Tommaso
parla, anche, di una certa “immanenza” di Dio nel suo effetto27, perché,
causando e conservando la creatura, Dio è presente in tutte le cose
create “per essentiam, praesentiam et potentiam” (ST III, q. 6 a. 1 ad
1). Dio è allo stesso tempo “immanente e trascendente” alla sua creatura.
Dio non è una trascendenza che “pone” fuori di sé la creatura e
poi la dimentica e “trascura”. Egli conosce e vuole tutto quanto da Lui
creato. Il Dio trascendente e immanente di Tommaso è un Dio personale
in grado sommo: crea liberamente per amore28.
Alla luce di questo concetto di creazione si comprende meglio il
problema dell’inizio temporale. Se la creazione fosse un processo necessario,
certo essa sarebbe ab aeterno, come eterno è Dio, “ma se è
un atto di volontà libera, Dio potrà volere le creature come vuole: come
esistenti ab aeterno o con inizio. E sebbene la volontà di Dio sia
eterna non è necessario che essa produca un effetto eterno; Dio può
infatti volere eternamente che qualcosa sorga a un determinato momento”
29. Tolta ogni sorta di “necessità” essenziale, il “bonum diffusivum
sui” dei neoplatonici acquista validità. Il Sommo Bene si diffonde
“perché vuole”.
La mente di Dio è come quella dell’Artefice, che non si risolve in
un vano esercizio “ideale”. Esso ha uno sbocco nella potente e amorosa
virtus operativa
di Dio. “Tutte le cose create si comparano a Dio
come le cose artefatte all’artefice”
30; sono prodotte dall’arte divina e
portano il marchio di Dio (“vestigium”, “sigillatio”)31.
Tommaso contesta agli averroisti la pretesa di una dimostrabilità
razionale della creatio ab aeterno. Agli agostinisti, invece, mostra nel
De aeternitate mundi
la possibilità razionale di una creatio ab aeterno
e dichiara, nel modo più categorico, che l’affermazione dell’inizio
temporale
del mondo è un articolo di fede32.
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L’originale metafisica creazionista di Tommaso d’Aquino
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La creazione delle cose ex nihilo sui et subiecti richiede un domi- .... L’Aquinate distingue il concetto filosofico di creazione da quello. di fede. ...
e ancora:
L'Angelico risolve la dialettica uomo-tutto alla luce della natura attivo/passiva dell'intelletto umano(11). Come "intellectus patiens", esso "recipit formas aliquas a rebus"; ma come "intellectus agens", rende intelligibili e per così dire immateriali le forme recepite, determinandone un passaggio qualitativo da particolari ad universali, da molteplici ed estese ad unificate e semplici, dall'attualità del loro limite creaturale a quella intellettuale ed onnicomprensiva del soggetto umano(12).
4 - Uomo: perfezione e creaturalità. Ho detto che, l’"actus essendi" è tutta la perfezione dell'uomo e ch'egli è capace di recepire, per via intellettuale, tutte le perfezioni inferiori, conferendo loro significato ed importanza. Ma ciò né idealizza l'uomo, né sopprime gli evidenti limiti della sua natura. Anche l'uomo, infatti, come tutte le perfezioni che gli son inferiori, è segnato dal finito e contingente della creaturalità; allo stesso modo di tutto ciò che non è Dio, anche l'uomo è per ciò stesso da Dio creato(13). Lungi dall'autoctisi, soggiace anch'egli a quell'atto creativo, ch'è produzione assoluta dell'essere(14): "secundum totam suam substantiam, nullo praesupposito subiecto". Vale a dire "ex nihilo sui", perché prima non era, "et ex nihilo subiecti" perché non dipendente da una sostanza (o materia, o soggetto) previa, né da una sua o accidentale o sostanziale trasformazione(15).
qui il testo integrale direi molto interessante
SECONDA SEDUTA PUBBLICA DELLE PONTIFICIE ACCADEMIEL'Aquinate, ovviamente, non conobbe alcuna sfaccettatura del fenomeno .... Vale a dire "ex nihilo sui", perché prima non era, "et ex nihilo subiecti" perché ...
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Il Platone ripreso dai padri della Chiesa è fortemente (e fortunatamente) filtrato dal suo allievo Aristotele. Il platonismo "puro" è il padre di tutte le eresie, a cominciare dalla gnosi (come giustamente ricorda Ladrone) giù giù fino all'idealismo hegeliano, e quindi in ultima analisi al marxismo, che immanentizzano il "mondo delle idee" nella storia (e nel proletariato).
Tutte nascono da un dato comune: la presunta illusorietà della realtà percepibile rispetto ad un suo ipotetico ideale perfetto (la "cosa in sè") definito appunto come "idea".
Il mondo attuale è talmente intriso di platonismo da strapazzo che vi nuotiamo dentro come pesci senza rendercene conto.
Ad esempio giustamente Caterina ricorda l'amore "platonico", che spesso e volentieri coincide con il fatuo innamoramento dell'IDEA che ci facciamo di una persona, e che svanisce come neve al sole quando avanziamo nella conoscenza di quella persona con i suoi pregi e difetti. Nulla di più lontano dall'amore CRISTIANO, che ha sempre un lato "carnale" e che ha per oggetto sempre la persona concreta, ciò che è e mai ciò che dovrebbe essere (secondo i nostri gusti). Ma altri fenomeni di natura squisitamente "platonica" sono il culto della bellezza esteriore secondo precisi canoni, la "moda" attraverso la quale ci si conforma ad un'"idea" di eleganza, la convinzione che il pensiero prevalga sempre sull'azione indipendetemente dal suo valore, etc etc..