Re:
les.paul, 13/12/2007 12.12:
Ciao. In questi giorni è stato difficile fare un ragionamento serio sulla vicenda.
Personalmente mi è sembrato di capire è che il settore è in crisi, stretto per una parte da un aumento dei costi e per l' altra da una crescita della concorrenza che impedisce di ribaltare i costi sui clienti perchè l' offerta è nettamente superiore alla domanda.
Ecco quindi nascere la richiesta di una tariffa minima, in netto contrasto con i principi del libero mercato e con quanto si vuole, o si cerca, di fare con tutte le altre professioni.
Questo non risolve, non può risolvere il problema. Il settore dovrà profondamente ristrutturarsi. Questo farà chiudere molte aziende? Può darsi. Ma è lo stesso processo che molti settori industriali hanno già percorso in questi ultimi anni.
Non è cosi semplice, la richiesta di una tariffa "di riferimento" (le tariffe minime obbligatorie sono state abolite ancora qualche anno fa) è solo la minima parte della richiesta, anche se ti posso garantire che quello del damping non è un rischio aleatorio ne soltanto futuro.
Quello che si sta cercando di fare da tempo è costringere il governo ad assumersi le responsabilità di regolamentazione e controllo che ha e che NON VUOLE o NON PUO' applicare.
Il paradosso attuale è che esiste una pletora di regole ed imposizioni, nazionali o europee, che rappresentano sicuramente un'aggravio di costi per quelle aziende che in maniera responsabile decidono di applicarle. Di contro c'è una realtà fatta da altre aziende che a queste regole non sottostanno (vuoi perchè straniere, vuoi perchè "fuorilegge") e riversano sul mercato il "risparmio sui costi" per offrire tariffe più competitive che sono però ovviamente penalizzanti per chi invece questi costi se li sobbarca.
In questi anni non è mai stato fatto molto per limitare questo tipo di "attività" da parte del governo: i controlli sono scarsi e sporadici anche quando ci vorrebbe veramente poco ad effettuarli. ti faccio un esempio pratico: ad ogni varco portuale commerciale esiste un controllo della guardia di Finanza sulle merci in ingresso ed in uscita; ordinare ai finanzieri di fare controlli costanti e rigorosi non solo sulle merci ma anche sui mezzi e sugli autisti non costerebbe un euro allo stato e darebbe risultati MIRABOLANTI.
Il trasporto su gomma è un settore nevralgico per l'economia: anche in un regime di libero mercato non puoi comunque permetterti di far arrivare una multinazionale che acquista una società di trasporti italiana con l'intenzione di fare damping a tappeto sulle tariffe per catalizzare il mercato a suo favore e poi magari piazzare aumenti ingiustificati dopo aver ammazzato la concorrenza.
Daltro canto, anche in questo settore, come in altri, assistiamo con sconcerto alla indifferenza con cui i vari governi subiscono le imposizioni normative europee anche quando queste sono palesemente fatte in totale dispregio della realtà di questo paese, ad esclusivo uso e consumo dei paesi economicamente "forti" della CEE. Qua non si tratterebbe per il governo di "frugarsi", a discapito magari di altre realtà, ma semplicemente di far valere il proprio peso per favorire quei settori che sono nevralgici per l'economia di uno stato.
Insomma i problemi sono tanti e gravi e sicuramente comuni a molti altri settori dell'economia Italiana; liquidare questi o gli altri con poche righe ed un giudizio lapidario, magari sparato sull'onda di risentimento personale, non giova a nessuno.
In questo ultimo periodo si è assistito, in alcuni settori particolari, ad una presa di coscienza da parte dell'utenza stessa della gravità di certi problemi che affliggono il comparto trasporti con la paradossale (forse mica tanto) conseguenza della nascita di tavoli di trattativa "privati", al di fuori dei canali ufficiali "associazioni/governo", che hanno spesso prodotto risultati più concreti ed immediati.
Insomma per l'ennesima volta si è dimostrato che in Italia la via migliore continua ad essere l'arte dell'arrangiarsi.