A Torino l'arte libera di pittori perseguitati

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vanni-merlin
00sabato 24 febbraio 2007 09:22
A Torino l'arte libera di pittori perseguitati

di Matteo Metta


Galleria fotografica: http://www.multimedia.ilsole24ore.com/fotogallery/37dc6a66-c258-11db-8fc3-00000e25108c/37dc6a66-c258-11db-8fc3-00000e25108c.shtml



Quando l'arte incontra regimi criminali e dittature, può uscirne schiava e avvilita oppure libera e fiera. Gli artisti possono piegarsi al potere e mettere al servizio della propaganda la loro creatività, oppure essere perseguitati e finire deportati in un campo di concentramento. È solo un caso, ma due mostre – una allestita a Berlino, l'altra a Torino – seguono il filo di queste due esperienze contrastanti e inconciliabili, due percorsi che pur essendo diametralmente opposti sono indispensabili per ricostruire la "geografia politica" dell'arte negli anni più bui del secolo breve. Al Deutsches Historiches Museum di Berlino la mostra "Arte e propaganda nella lotta delle nazioni. 1930-1945" (fino al 29 aprile) mette a fuoco aspetti dell'uso propagandistico dell'arte, esponendo opere ad alto contenuto ideologico appartenenti al regime nazista, ma non mancano sezioni dedicate alle altre due dittature totalitarie, fascista e comunista, e, cosa che ha fatto particolarmente discutere, anche agli Stati Uniti negli anni del New Deal di Roosvelt.
A Torino, in alcune sale del palazzo barocco del Museo Diffuso della Resistenza, fino al 9 aprile si può invece percorrere un itinerario emotivamente più coinvolgente, visitando la mostra "Montparnasse déporté. Artisti europei da Parigi ai lager". È un'arte in cui il colore si impasta con il dolore quella che appare nei quadri di oltre sessanta artisti, ebrei od oppositori politici, qui raccolti ed esposti per la prima volta in Italia. La mostra è stata infatti allestita dapprincipio a Parigi, al Museo di Montparnasse, e poi a Gerusalemme nella sede dello Yad Vashem, il Museo della Memoria della Shoah, prima di giungere nel capoluogo sabaudo, fortemente voluta dalla regione Piemonte e dalla Comunità ebraica di Torino.
Moïse Kogan, Sigismund Kolos-Vary, Abraham Mordkhine, Chana Gitla Kowalska, Boris Taslitsky sono alcuni dei artisti in mostra, nomi che non dicono molto, eppure è proprio su questo che occorre riflettere. Nella loro mancanza di notorietà c'è tutto il peso di una creatività stroncata prematuramente, di tutta quell'arte che è stata negata al mondo, spazzata via da crimini abominevoli. Quasi tutti questi artisti sono stati assassinati nei campi di concentramento, ad Auschwitz, Birkenau, Dachau, Ravensbrück, Mauthausen, Treblinka. Per questo, come ha affermato la curatrice Sylvie Buisson, conservatrice del Museo di Montparnasse, "non si tratta di una mostra come le altre – essa va oltre i tesori appesi ai muri dei musei, deposti su delle steli o in vetrine – è nostro dovere evocare l'artista braccato e l'annientamento programmato del suo lavoro creativo a causa della sua appartenenza a una religione o della sua opposizione al nazismo".

Per tutti questi uomini e donne che, partiti dall'Europa dell'Est, già per sfuggire alle persecuzioni e ai pogrom, ma anche dalla Germania, dall'Austria, dalla Grecia, Parigi rappresentava il faro internazionale della cultura artistica, la terra promessa, il luogo in cui avrebbero potuto studiare i grandi classici del Louvre o gli impressionisti e gli espressionisti, da ammirare nelle grandi esposizioni. E naturalmente le avanguardie, di cui molti di loro furono validi esponenti. Senza però dimenticare le radici culturali dei loro paesi d'origine, in un melting pot di espressioni artistiche di cui Montparnasse fu una fucina irripetibile. Tanti sono i progetti, i sogni, la poesia presenti nelle opere realizzate prima della deportazione, quanta è la paura, l'angoscia e il pessimismo di quelle eseguite clandestinamente proprio mentre si consumava la soluzione finale. Il dopo, per i fortunati sopravvissuti, è disperazione, impotenza, perdita, vuoto cosmico. Del resto, come ricorda il critico Paolo Levi: "Non pochi pittori informali francesi, nell'immediato dopoguerra, sostenevano che dopo Auschwitz non era più possibile rappresentare la figura umana, in quanto era stata cancellata per sempre nei forni crematori".
Trovare queste opere non è stata un'impresa semplice. Subito dopo la guerra, Hersch Fenster, critico d'arte parigino che aveva partecipato al "sogno di Montparnasse", intimo amico di molti artisti, cominciò a mettere insieme ricordi personali e a reperire notizie, setacciare archivi della polizia alla ricerca di documenti utili, a interrogare parenti, amici e conoscenti degli artisti scomparsi. Un insieme prezioso di informazioni, che sarebbe confluito nel 1951 nel libro "Nos artistes martyrs", con un'introduzione poetica in yiddish di Marc Chagall. Per tanti anni queste opere sono state raccolte, salvate dalla distruzione e dall'oblio. Poi sono finite in collezioni e musei come pezzi di importanza secondaria, trascurati, sottostimati, dimenticati, tanto che molti dopo hanno parlato di un "doppio assassinio" dei loro autori. Oggi queste testimonianze hanno l'occasione di farsi conoscere, di raccontare, secondo lo storico Dominique Jarrassé, "la vita, la gioia e la speranza degli uomini, e questo messaggio universale riunisce tutti, perdona tutti, ma non dimentica. L'arte rimane, la forma parla un linguaggio universale, vive per sempre".
"Montparnasse Déporté - Artisti Europei da Parigi ai lager"
Museo Diffuso della Resistenza, della Deportazione, della Guerra, dei Diritti e della Libertà
Palazzo dei Quartieri Militari - Corso Valdocco, 4/A – Torino
Fino al 9 aprile 2007
Lunedì chiuso, giovedì: ore 14.00 - 22.00, tutti gli altri giorni: ore 10.00 -18.00
www.museodiffusotorino.it
tel. 011/4361433 - 4363470
A cura di Sylvie Buisson
Catalogo: Elede srl, Torino


da: www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Tempo%20libero%20e%20Cultura/2007/02/pittori-perseguitati-metta.shtml?uuid=d052801e-c253-11db-8fc3-00000e25108c&DocRulesVie...

[Modificato da vanni-merlin 24/02/2007 9.23]

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