9 Che dice la Scrittura? (Romani 4:3)

Manlio-
00mercoledì 20 aprile 2011 19:22
La remissione del settimo anno
La remissione del settimo anno

«Alla fine di ogni settennio celebrerete l’anno di remissione.» Deuteronomio 15:1

— Come si deve intendere la remissione del settimo anno?

Tutto il capitolo 15 del Deuteronomio sembra essere uno sviluppo di un versetto dei Proverbi (19:17): «Chi ha pietà del povero presta all’Eterno, che gli contraccambierà l’opera buona.» Questo principio è consacrato dal Signore quando insiste sullo stato del cuore che richiede da tutti quelli che chiedono a Dio il perdono dei peccati: «Rimettici i nostri debiti come anche noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori... Perché se voi perdonate agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonate agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe.» (Matteo 6:12,14,15)

Si può trarre, dunque, la conclusione che il principio trasmesso dal capitolo 15 del Deuteronomio ha una grande portata morale. Inoltre, i dettagli forniti riguardo alla pratica di questa legge, ci aiutano molto a comprenderne l’applicazione, dimostrando la parte che ha la saggezza nell’esercizio della compassione. Dio voleva sicuramente rendere conforme ai Suoi pensieri la vita del popolo d’Israele, riguardo al sabato di riposo istituito fin dalla creazione, quando «Dio vide tutto quello che aveva fatto, ed ecco, era molto buono.» (Genesi 1:31)

Il sabato era per gli Israeliti non solo una garanzia da parte di Dio che li avrebbe introdotti e poi protetti nel buon paese che aveva preparato per loro, ma anche che voleva vederli godere della Sua comunione in tutti i dettagli della loro vita. Se godevano di questa grazia divina, dovevano a loro volta agire secondo questa grazia in tutti i rapporti reciproci. Ecco la ragione del settimo anno della «remissione».

Si proclamava «l’anno di remissione in onore dell’Eterno». L’abbondante benedizione dell’Eterno riposava allora sul Suo popolo, e ognuno doveva sforzarsi a far gioire tutti coloro, tra i fratelli, che gli erano debitori. Si potevano esigere i debiti dagli stranieri, ma non a coloro che appartenevano per nascita al popolo eletto. «Così, non vi sarà nessun povero in mezzo a voi» (v.4).

Il prestito fatto al povero doveva essere proporzionato al bisogno in cui si trovava (v.8). Vediamo qui la necessità di agire con cura e con saggezza affinché l’aiuto offerto fosse appropriato alle circostanze. Il prestito era fatto con il «pegno», affinché la coscienza del debitore fosse mantenuta all’erta riguardo alla sua responsabilità: «Se quell’uomo è povero, non ti coricherai avendo ancora il suo pegno. Non mancherai di restituirgli il pegno, al tramonto del sole, affinché egli possa dormire nel suo mantello e benedirti; questo ti sarà contato come un atto di giustizia agli occhi dell’Eterno tuo Dio.» (Deuteronomio 24:12-13)

Bisognava farsi dare un «pegno» anche se l’anno della remissione era vicino, malgrado il fatto che la remissione facesse diventare un dono il prestito fatto, di cui non si poteva più esigere il rimborso. Il «pegno» era necessario per non dimenticare l’importanza del pagare i propri debiti «Non abbiate altro debito con nessuno, se non di amarvi gli uni gli altri» (Romani 13:8).

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