ahimé, non posso dire che non c'ero
60/70 Joan Baez e Bob Dylan, barricate e manganellate, Imagine e la speranza ... che dico, la certezza di essere chiamati a ricostruire il mondo; fidatevi, credevamo davvero nell'utopia cantata da John Lennon. Ardentemente ed incondizionatamente.
Poi è sceso il velo nero delle bombe e di tutte le manovre di "normalizzazione".
80/90 siamo sfiancati, dispersi, risucchiati nei gorghi della vecchia organizzazione sociale. Voracemente assimilatrice.
Pasolini lo aveva predetto dall'inizio.
Osservate attentamente: un leader carismatico di Lotta Continua Amministratore Delegato di una multinazionale, lo stratega Ingegnere Capo in una società petrolifera, altri professionisti affermati, direttori generali, politici mestieranti e quant'altro. Ci salutiamo appena, per evitare di evocare avvenimenti scomodi per i nostri nuovi ruoli.
Perché dico questo? Perché detesto i luoghi comuni. Non eravamo ne migliori ne peggiori dei giovani di oggi e delle altre generazioni. Non abbiamo agguantato l'Utopia, ma neppure abbiamo distrutto il mondo per far soffrire i nostri figli, come qualcuno afferma. Abbiamo vissuto (e continuiamo a vivere) il nostro ritaglio di storia. O il nostro gioco di ruolo, se preferite.