4 GIOVANNI BATTISTA

Manlio-
00mercoledì 20 aprile 2011 19:02
Giovanni Battista profeta (Matteo 3)
Giovanni Battista profeta (Matteo 3)

Il capitolo 3 dell’Evangelo di Matteo introduce Giovanni Battista nel suo ministero pubblico. Questo ministero mi sembra sia caratterizzato da due parole del Salvatore, quando prende la difesa di Giovanni davanti alle moltitudini: «Che cosa andaste a vedere? — Un profeta? — Sì, vi dico, e più che profeta» (Matteo 11:9).

Giovanni Battista era un profeta, ma anche come tale, la sua posizione ed il suo ministero si elevarono al disopra di quelli dei profeti antichi. Costoro parlavano, sia a Gerusalemme, sia in Israele, sia nel mezzo del popolo soggetto od uscito dalla cattività; Giovanni Battista invece si separa dal popolo, e vive in un deserto. Il solo profeta con il quale abbia dei punti di contatto sotto altri rapporti, è Elia; ma costui fu condotto nel deserto per la sua mancanza e non dal Signore (1 Re 19).

Un residuo di Giuda era ritornato dalla cattività di Babilonia, ma agli occhi del profeta non era nemmeno considerato per tale. — Ormai non c’era che un residuo di questo residuo che potesse essere riconosciuto come Israele.

Ecco perché Giovanni Battista non fa più appello alla massa del popolo, come i profeti che l’avevano preceduto, e dice invece: «Voce di uno che grida nel deserto. — Israele stesso era un deserto per Dio, e la chiamata profetica si basava ormai sull’irreparabile rovina del popolo; mentre quella dei profeti antichi supponeva sempre la possibilità d’un ritorno della nazione al Signore. Allora il giudizio divino non essendo definitivamente pronunziato sulla razza umana, i profeti erano autorizzati dalla loro missione a cercare se non c’era nell’uomo qualche bene per il quale potesse essere ricondotto a Dio. Come essi, senza dubbio, Giovanni Battista ha predicato il pentimento, ma un pentimento basato sopra una rovina senza rimedio. Perciò Isaia, descrivendo il ministero di Giovanni Battista, soggiunge: «Una voce dice: Grida! E si risponde: Che griderò? — Grida che ogni carne è come l’erba e che tutta la sua grazia è come il fiore del campo. L’erba si secca, il fiore appassisce, quando il soffio dell’Eterno vi passa sopra; certo, il popolo è come l'erba.» (Isaia 40:6-7). Che vi resta dell’uomo? — Nulla: il soffio del Signore vi è passato sopra. — Ormai il pentimento riconosceva ciò; bisognava giudicarsi alla presenza di Dio, ed uscire verso il profeta, confessando i suoi peccati, per essere da lui battezzati nel Giordano. Il peccatore non si limitava a confessare i suoi falli, ma riconosceva che la sola risposta al suo stato era la morte, per la quale non c’era alcun rimedio. Ora il periodo in cui il mondo entrava, rendeva un tal ministero necessario. Il Signore appariva sulla scena, e la storia del primo uomo era virtualmente chiusa (fu terminata di fatto alla croce) per far posto alla storia del secondo uomo, al quale d’ora innanzi si trattava d’appartenere. Il mezzo d’appartenere a questo Messia vivente sulla terra (*) era di andare fare passare la condannazione sopra di sé e di gettarsi nelle braccia della grazia. Così Zaccaria, padre di Giovanni Battista, profetizza sul piccolo bambino, dicendo: «Andrai davanti al Signore.... per dare al suo popolo conoscenza della salvezza mediante il perdono dei loro peccati, grazie ai sentimenti di misericordia del nostro Dio, per i quali l’Aurora dall’alto ci visiterà, per risplendere su quelli che giacciono in tenebre e in ombra di morte » (Luca 1:76-79). Ed in vero, quali classi di persone vediamo recarsi al battesimo del profeta? — Dei pubblicani, uomini d’un carattere apertamente spregevole, e della gente da guerra, abituata a schiacciare il popolo. La corruzione e la violenza, riconosciute e giudicate, s’incontrano al battesimo del pentimento. «Giovanni», dice il Signore, «è venuto a voi per la via della giustizia, e voi non gli avete creduto, ma i pubblicani e le meretrici gli hanno creduto», (Matteo 21:32). Per tali persone non c’è più alcuna risorsa, e Dio non può riconoscere in esse che il frutto dell’opera Sua. «Da queste pietre, Dio suscitava dei figli ad Abrahamo» (Matteo 3:9).

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(*) Giovanni battezzava per un Cristo vivente — il battesimo cristiano è per la morte di Cristo.

Manlio-
00mercoledì 20 aprile 2011 19:03

C’è un altro lato del ministero profetico che non può mancare a Giovanni Battista, e che si presenta d’un modo più completo e definitivo che i Suoi predecessori: è il giudizio in contrasto con la grazia. I farisei ed i sadducei si recavano al suo battesimo con la moltitudine; non ci andavano come colpevoli, ma vestiti di propria giustizia ; la vista dell’opera di Dio nei pubblicani e nelle meretrici non produceva a simile gente né rimorsi, né fede (Matteo 21:32); e perciò viene pronunziata definitivamente la loro sentenza. Una «razza di vipere» non può essere destinata che all’«ira futura» e non le si può insegnare di fuggirla. Se essi avessero accettato questo giudizio, avrebbero prodotto il frutto che conveniva al pentimento. La discendenza d’Abrahamo secondo la carne era messa da parte; Dio avrebbe suscitato dei figli ad Abrahamo, dando la vita a ciò che era morto e duro come una pietra (Matteo 3:9).

Il Battista aggiunge: «Ormai la scure è posta alla radice degli alberi». Come in una foresta si segnano gli alberi che bisogna abbattere, così gli oggetti del giudizio erano già designati; ma non si trattava più di tagliare via solo i rami od i tronchi, poiché la radice stessa era cattiva. In altre parole, il profeta dice che non ci sarebbe rimasto nulla di loro, in presenza del giudizio che è alla porta. — E questo giudizio chi l’eseguirà? — Il Cristo. «Egli», dice, «vi battezzerà con lo Spirito Santo e con il fuoco» (Matteo 3:11). Egli possiede i due mezzi per distruggere il peccato: lo Spirito, dono della grazia come conseguenza dell’opera del Salvatore, ed il fuoco come giudizio che consuma. Per me, sembra dire il profeta, non posso fare un’opera in vostro favore; io battezzo con l’acqua, ma Egli apporta una piena liberazione per voi, ed un giudizio definitivo per il mondo. Poi, descrivendo ciò che il Signore sta per fare in Israele, contempla nel futuro il risultato finale della Sua azione: «Egli ha il suo ventilabro in mano» — un giudizio che separa la pula conservando il grano per metterlo nel granaio. È ciò che avverrà ad Israele: allora l’aia del Signore sarà interamente pulita, non ci sarà più nessuna immondizia, ed il fuoco inestinguibile distruggerà tutta la paglia. Tale è questo lato del ministero di Giovanni Battista: la pienezza del giudizio e la grandezza della liberazione, recate entrambi nella persona del Messia.

Ciò ci conduce alla seconda parola del Signore: «Sì, vi dico, e più che profeta». Giovanni Battista è il solo profeta annunziato dai profeti stessi (Isaia 40; Mal. 3:4), ma non è propriamente in ciò che consista la sua grandezza speciale che lo mette al disopra dei profeti. Egli annunzia nel mezzo d’Israele, non più delle glorie future introdotte per la venuta del Messia, ma è il messaggiero del Signore stesso inviato per preparare la Sua via (Mal. 3:1; Luca 1:76). Il Messia che egli annunzia è un Messia che viene, già presente nel mezzo del Suo popolo. Messaggio unico ! — Il regno dei cieli era là, s’era avvicinato nella persona di Cristo (Matteo 3:2). Se il Signore fosse stato ricevuto, avrebbe preso immediatamente le redini del governo della terra. Giovanni non manca alla sua missione: egli spiana la via davanti al Signore (Mal. 3:1); fa appello alla fede, e c’è una risposta nel cuore d’un povero residuo d’Israele; egli grida: «Preparate la via. » Questa via nella quale il Signore poteva entrare, erano dei cuori convinti di peccato, che confessavano i loro falli, che si pentivano, trovando la fine della carne nella morte, e non avendo altra risorsa se non la grazia. Giovanni ha appena detto le parole: «Colui che viene dopo di me», che Gesù viene subito (Matteo 3:13). Esso apre la porta e già appare sulla soglia il Messia d’Israele, nella persona di Gesù, quest’uomo povero e umiliato.

Com’è ammirabile in quel momento Giovanni Battista, il gran profeta! — egli s’abbassa fin sotto il legaccio dei sandali di Cristo (Matteo 3:11; Giovanni 1:27) e dichiara aver egli bisogno riessere da Lui battezzato ! Abbassandosi, egli esalta da un lato la dignità personale del suo Signore, e riconosce dall’altro, in presenza d’una tale perfezione, la sua propria condizione di peccatore. Ma mille volte più ammirabile ancora è il Salvatore stesso: Egli, l’Altissimo, si abbassa al disotto di Giovanni che si abbassava ai calzari dei Suoi piedi. «Sia così ora», gli dice; e prendendo parte in grazia al battesimo di Giovanni con quei che si pentono, trova le Sue delizie in quei cuori rotti, e vuol associarsi con quegli «santi della terra» (vedere Salmo 16:3). Poi, non contento di abbassarsi, aggiunge: «Conviene che noi adempiamo in questo modo ogni giustizia», elevando così Ciovannì Battista fino a Lui, facendone un Suo compagno nel compiere la volontà di Dio. Il cielo si apre su una tale perfezione, e la considera; ed i nostri cuori possono pure aprirsi per contemplarla.

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