30 Che dice la Scrittura? (Romani 4:3)

Manlio-
00mercoledì 20 aprile 2011 19:37
Il regno di Dio e il regno dei cieli
Il regno di Dio e il regno dei cieli

— Nel capitolo 19 di Matteo, versetti 23 e 24, sembra che il Signore faccia una differenza tra «il regno di Dio» e il «regno dei cieli». Qual è la diversità? Chi sono coloro che sono partecipi del regno dei cieli e come ci arrivano?

Innanzitutto, conviene ricordare che l’espressione «regno dei cieli» si trova solo nel vangelo di Matteo. Un paragone con i passi paralleli dei tre primi vangeli, è sufficiente a farci comprendere che, in molti casi, possiamo servirci indifferentemente di entrambe le espressioni; ma, considerando la forma che è stata utilizzata, il pensiero fa riferimento, o su Colui di cui riconosciamo l’autorità, cioè Dio, oppure sul luogo in cui viene esercitata l’autorità, cioè i cieli.

La lettura del capitolo 7 di Daniele rende chiaro questo pensiero. Dio aveva stabilito il Suo regno in mezzo al Suo popolo d’Israele, dandogli il re che aveva scelto e che doveva esercitare l’autorità da parte di Dio per il bene del popolo su cui regnava. Davide fu il primo re che rispose al pensiero di Dio, perché Saul era stato estromesso a causa della sua disubbidienza. Ora, il trono era stato assicurato ai figli di Davide a condizione che fossero trovati fedeli (Salmo 89:19-37). Sappiamo bene ciò che è successo: alla morte di Salomone, dieci tribù si separarono dalla famiglia di Davide e formarono un regno a parte, che fu presto sconfitto dagli Assiri; furono tutte condotte in cattività. Le tribù di Giuda e di Beniamino, che rimasero fedeli al loro legittimo re, caddero tuttavia in un cammino di infedeltà al Signore e la cattività di Babilonia fu il castigo che esse dovettero subire.

Da quel momento, Dio mise l’autorità sulla terra nelle mani dei Gentili, dei pagani o «le nazioni», ma il vero carattere dei re delle nazioni è dipinto dal profeta con delle figure di «bestie». Poi annuncia il giudizio che cadrà su questi regni nel momento in cui il tempo della pazienza di Dio finirà. In quel momento il potere verrà posto nelle mani del Figlio dell’uomo che verrà sulle nuvole dei cieli: «Io guardavo, nelle visioni notturne, ed ecco venire sulle nuvole del cielo uno simile a un figlio d’uomo; egli giunse fino al vegliardo e fu fatto avvicinare a lui; gli furono dati dominio, gloria e regno, perché le genti di ogni popolo, nazione e lingua lo servissero. Il suo dominio è un dominio eterno che non passerà, e il suo regno è un regno che non sarà distrutto» (Daniele 7:13-14).

Questo sarà, è evidente, il «regno dei cieli» in contrasto con qualsiasi altro regno, che ha per sede della sua autorità un luogo sulla terra, sia esso Gerusalemme, Babilonia, Susa o Roma. In altri termini, il «regno dei cieli» è l’autorità di Dio esercitata dal cielo sulla terra per mezzo del Figlio dell’uomo; esso comprende una parte celeste ed una parte terrestre.

Il Figlio dell’uomo è venuto, non per regnare, ma per compiere l’opera della salvezza. Prima che salisse in cielo, ogni autorità Gli è stata data in cielo e sulla terra. Ora è seduto alla destra di Dio (Matteo 28:18; Marco 16:19; Luca 19:12). «Al presente però non vediamo ancora che tutte le cose gli siano sottoposte», ma sappiamo che Gesù è il nostro Salvatore, che sta per regnare e tornare presto «sulle nuvole del cielo con gran potenza e gloria» (Ebrei 2:8; Matteo 24:30).

Nell’attesa, «il regno dei cieli» riveste il carattere misterioso che è sviluppato e spiegato dal Signore in diverse parabole del vangelo di Matteo. I credenti, istruiti in queste cose, sono felici ed aspettano con pazienza il ritorno del loro Signore. Ma il mondo è contro di loro, come è stato contro Cristo, e devono resistere alle sue trappole anche nella sofferenza (Matteo 19:12). I ricchi entrano difficilmente nel regno dei cieli, perché godono dei beni della terra (v.23).

Ma se si tratta del «regno di Dio», bisogna riconoscere l’autorità di Dio nel cuore; è necessaria dunque un’opera di Dio che produca questo riconoscimento nell’anima; è necessario essere «nati di nuovo» (Giovanni 3:3-5) cosa che un uomo non è in grado di fare da solo. Questo sottolinea maggiormente la differenza tra le due espressioni «regno dei cieli» e «regno di Dio».

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