Ringraziamenti a SuperIanellus e Jack.ciclista per i loro consigli e perché mi hanno convinto che potevo farcela.
Oggi
29 luglio 2009 ho preso un giorno di ferie con lo scopo di fare
la mia prima “over 200”, cioè un giro in bicicletta con una distanza superiore ai 200 km. Il programma prevedeva un avvicinamento in auto al punto di partenza posto in località Sant’Antonio, sul lago d’Idro pochi km dopo Anfo, scelto soprattutto perché era ideale come punto di arrivo.
Martedì avevo portato la bici dal meccanico per una bella lavata e per il cambio di catena, ma soprattutto perché il rumore degli ultimi 10 giorni al movimento centrale non mi convinceva fino in fondo. Infatti, cuscinetto da sostituire. Da sostituire perché non è stato sostituito per mancanza del ricambio, ma pulito ed ingrassato per benino. Quando ho ritirato la bici, l’ho lasciata direttamente in auto, pronta per il giorno successivo. La sera, dopo aver cenato, ho preparato tutto l’occorrente: dall’abbigliamento ciclistico agli alimenti, dalle borracce già piene con acqua e sali a qualche soldino in più del solito … non si sa mai, dalla colazione con tanto di tavola apparecchiata e caffettiera pronta da mettere sul fuoco alla crono tabella con i tempi di percorrenza tanto per non rischiare di avere qualche sorpresa. Insomma, ho cercato di non lasciare nulla al caso.
Notte un po’ agitata da pensieri ciclistici … tentare la mia prima “over 200” mi ha fatto sorgere un sacco di dubbi: “Ce la farò … cavoli sarebbe stato meglio se non fossi uscito lunedì sera … ora mi fanno male le gambe e domani mattina … dove valuterò se proseguire o se rinunciare tornando indietro …”. Per farla breve, quando la sveglia è suonata alle 4 precise, nonostante un po’ di stanchezza, è stata quasi una liberazione ed ero subito molto contento. Le gambe mi sono sembrate recuperate e la testa, che è l’ingranaggio più importante del motore, era lucida e carica. Faccio colazione, mi lavo, mi vesto … prendo un caffè doppio (una tazzina subito ed una appena prima di uscire) e alle 4,45 parto in auto. Fuori è ancora buio, ma devo fare quasi 50 km per arrivare a Sant’Antonio, sul lago d’Idro, dove c’è modo di parcheggiare praticamente a 300 metri dal bivio tra la SS 237 del Caffaro e la strada che scende da Bagolino ed il Crocedomini. In 45 minuti arrivo alla metà e nel viaggio sento dentro che la carica cresce ancora, che l’emozione per la giornata si sta gonfiando e, soprattutto, che il cielo è sereno. Sarà una bella giornata, ma che dico, una splendida giornata di bici. Parcheggio l’auto, sistemo la bici, le borracce, monto il Polar, metto le scarpette, infilo nelle tasche della maglietta 3 panini piccoli con la marmellata ed uno un po’ più grosso con parmigiano e prosciutto crudo … la banana proprio non ci sta e la lascio nella borsa frigorifero insieme all’acqua. Nella tasca destra infilo 3 integratori di carboidrati, caramelle varie ed il telefono. Per essere prudente, indosso i manicotti e porto con me due giubbini antivento: quello smanicato Tre Valli Bresciane e quello intero Zero RH+, che alla fine si rivelerà inutile … ma è sempre meglio essere attrezzati e preparati a gestire le situazioni più sgradevoli.
Alle 5:46:21 (secondo il Polar CS600) parto e sono subito fortunato: dopo uno strappettino che nemmeno si sente, la strada procede per un tratto in leggera discesa. Fatti 300 metri, la temperatura fresca (16-17°C) mi convince ad indossare il giubbino smanicato. I primi 19 km sono in fondovalle e procedono sempre in piano o falsopiano. Il cielo man mano si schiarisce sempre di più della luce del primo mattino, quella più bella, quella che guardando le montagne che ho intorno ti invade gli occhi e te ne lascia vedere solo il profilo. Sensazioni uniche e meravigliose. Qualche macchina che passa, qualche ciclomotore, nessun ciclista. Solo io con la mia bici, la mia testa, le mie gambe ed il mio cuore. A Cologna la strada si inerpica. Nulla di che, ma la prima salita del giorno ti fa capire subito come stai e quindi psicologicamente è fondamentale prenderla bene e non farsi sopraffare. Io continuo a ripetermi “Stai sereno, non esagerare, il giro è lungo, le salite sono molte, recupera” e tutti i consigli che di solito mi dà Angiolino – il nostro Capitano. Fino a Roncone la strada sale, poi accenna una brevissima discesa e poi risale più dolcemente fino a Breguzzo. Lì inizia un discesone esagerato: strada larga e diritta … “speriamo di non essere costretto a farla in senso contrario” ho pensato subito … la bici fischia tagliando l’aria e sfioro la velocità di 75 km/h. In un attimo mi ritrovo a Tione di Trento: 35 km fatti e sono solo passate le 7 del mattino da un paio di minuti. “Che stia andando troppo forte?”. Me lo sono chiesto, ma non avevo termine di paragone per rispondermi, quindi ho cercato solo di ricordarmi dei consigli del Capitano: quelli sono buoni in tutte le circostanze.
Entro in Val Rendena e fotografo il pupazzo posto all’uscita del paese Vigo Rendena, fatto apposta per la Festa dell’Agricoltura. A Caderzone mi ricordo il consiglio di Pio e percorsi i primi 100 metri della superstrada, faccio inversione per passare dal centro del paese e ricongiungermi più avanti. Prima di Massimeno mi arriva l’SMS di mia figlia “Ti auguro di fare un bel giro … Buona giornata. Rebecca” che mi riempie il cuore di gioia a serenità. Splendido. Poi attraverso Pinzolo, con i suoi alberghi ed inizio la salita di 15 km per il Passo Campo Carlo Magno. La strada sale, ma è molto bella e pedalabile. Ho appena visto il cartello stradale con l’indicazione che mancano 2 km a Sant’Antonio di Mavignola e 8 km a Madonna di Campiglio, quando mi suona il telefono. E’ Carlo. L’avevo cercato io ieri sera per riferirgli che la sua sensazione circa il problema al movimento centrale della mia bici era esatta, ma non mi aveva risposto. Capisce subito che sono in bici, capisce subito che sono in salita, capisce anche subito dove sono visto che questo giro è stata una proposta che gli ho fatto per un giorno della settimana di ferragosto. Quindi non baro: gli dico esattamente dove mi trovo e lui mi fa un grande “in bocca al lupo”. So per certo che, dopo questa telefonata lui continuerà spesso a pensare a dove sarò in quel momento, a cosa starò passando, al fatto che tutto stia andando bene, insomma per farla breve come un buon coach si preoccuperà per me. Grazie del pensiero.
In breve arrivo a Madonna di Campiglio che francamente trovo un po’ vuota. Forse è ancora presto, ma vedo poca gente in giro. Attraverso la zona pedonale e poi salgo verso la stazione di partenza della cabinovia del Grosté. Altri 2 km e arrivo a Campo Carlo Magno: mi fermo proprio in vetta, ammirando i prati nei quali 15 anni fa durante l’inverno venivo a fare sci di fondo su una pista splendida. Sono le 8,40 ed ho 35 minuti di anticipo sulla mia crono tabella. Mangio un panino con la marmellata, telefono a mia moglie per tranquillizzarla sul fatto che tutto sta procedendo a meraviglia e vado a prendermi un caffè in un albergo. Poi calzo manicotti e giubbino smanicato e giù a godermi i 15 km di discesa verso Dimaro. Il primo tratto è in ombra e fa decisamente freddo, così freddo che sono costretto a fermarmi per … bisogni fisiologici. Quando riparto, mi sembra che vada molto meglio. La strada è filante, l’asfalto è buono, il traffico è scarso. Ho un dubbio sulla direzione da prendere a Folgarida, ma mi passa subito. A Dimaro chiedo ad un vigile dove posso trovare una fontana, lui me la indica a meno di 100 metri e lì incontro 4 ragazzi (2 maschi e 2 femmine) in mountain bike. Fanno apprezzamenti sulla mia De Rosa IDOL e la solita battuta “Una bici così andrà da sola anche in salita …”. Io gli illustro il programmino del giorno per far capire loro che anche la mia IDOL oggi si deve guadagnare il pane …
Riparto e all’intersezione con la SS 42 svolto a sinistra verso il Tonale. Ho percorso 82 km. La mia tabella ne riportava 80. Lo scarto è accettabile. I primi 12 km della strada verso il Tonale sono facili, è un fondovalle abbastanza pianeggiante con qualche falsopiano qua e là. A Fucine, in corrispondenza del bivio per Pejo, si incomincia a salire: mancano 15 km al Tonale. Le pendenze sono sempre intorno al 6-6,5%, ma ogni tanto ci sono alcune centinaia di metri più duri … come il tratto prima di Vermiglio. Vado su molto regolare. Nonostante sia una strada che non ho mai fatto in bici (per altro come la prima salita di Passo Campo Carlo Magno), so dall’altimetria studiata per bene che gli ultimi 2 km spianano. Quindi osservo sereno i km che passano. Ai meno 11, mi dico “Manca un Navazzo e mezzo”. Ai meno 7, “Manca un Navazzo, e che ci vuole …”. Ai meno 5, raggiungo un ciclista (l’unico del giorno che abbia incontrato), ma va davvero troppo piano per aspettarlo. Sulla mia sinistra si vede il ghiacciaio dell’Adamello, il cui bianco si stacca in deciso contrasto sia con il cielo azzurro, che con il verde degli abeti. Mi guardo in giro, ascolto il rumore del torrente a fondo valle, respiro l’aria di montagna e pedalo. Macino km dopo km, fino a quando la pendenza diminuisce e intravedo i condomini (veramente orrendi) del Tonale. Arrivo al Passo del Tonale che sono esattamente le 10,45. Telefono subito a mia moglie “Sono al Tonale, tutto bene”. Mangio il panino con il parmigiano ed il prosciutto crudo e poi vado ad un bar a farmi rapinare 2,5 Euro per una lattina di CocaCola (nemmeno troppo fresca) che bevo immediatamente. Chiamo anche mia mamma che è in vacanza con una sua amica a Vione, poco dopo Temù scendendo. Siccome questa mattina non si sono spostate, la informo che sono al Tonale e mi accordo per passare a trovarle: le saluto, guardo come sono sistemate, bevo 2 bicchieri di acqua, scattiamo 2 fotografie e nel giro di 10 minuti riparto in direzione di Edolo.
Scendendo verso la Valle Camonica noto subito con un po’ di apprensione quello che mi aspettavo: vento contrario decisamente fastidioso, che costringe a pedalare anche in discesa e che sui tratti in falsopiano fa decisamente fare il doppio della fatica. A Edolo, in vero spirito primordiale, faccio letteralmente il bagno nella fontana e riempio le borracce di acqua fresca. Siamo a 139 km percorsi e fino a Breno ne mancano altri 30: se sono tutti con il vento contrario sarà dura. Concludo il rinfresco alla fontana che stanno suonando le campane di mezzogiorno. Il tratto in Valle Camonica si rivela esattamente come avevo pensato: duro a causa del vento contrario. Mangio un altro panino e mezza bustina di carboidrati gel. Bevo continuamente, perché ora sta incominciando a fare anche caldo e mangiucchio caramelle (… le mie preferite sono le gelatine di frutta). A Breno seguo le indicazioni per il Passo Crocedomini: la salita parte sulla sinistra subito con una rampa al 15%. Fortuna che dopo circa 400 metri la strada diventa più normale, anche se ho ben chiaro che sarà la salita più dura del giorno perché è già dura di per sé (sono 21 km circa e non molla mai), ho già 170 km nelle gambe (fatti tutti da solo senza un cane che mi tirasse 100 metri), sono le 13 (cioè mezzogiorno “di fuoco” se non ci fosse l’ora legale) e fa un caldo becco (è proprio vero che a quest’ora il sole è a picco … speriamo che non mandi a picco anche me, almeno). Ho percorso circa 3 o 4 km, quando mi suona il cellulare: è Marcello, un mio collega, che mi chiede come va anche perché loro sono in pausa pranzo e stanno facendo scommesse su dove sia io. Carini. Poi al lavoro vedremo chi mi vedeva “bene” e chi invece mi pensava già “cotto & mangiato” … come dice la Benedetta Parodi. Dopo 6 km di salita arrivo ad Astrio e all’uscita del paese non so resistere alla tentazione di una fontana che pare incredibilmente fresca: esce acqua a getto continuo, peccato solo che sia alta una ventina di metri rispetto alla strada e che debba fare un corso accelerato di free-climbing per raggiungerla con le scarpette da ciclista. Comunque, una volta raggiunta, me la godo fino in fondo e quasi quasi … ci faccio un altro bagno. Poi riparto e dopo qualche centinaio di metri trovo un incrocio e svolto a sinistra. Il cartello che vedo mi conferma che sarà durissima “Passo Crocedomini 13 km”. Stavo già contando da prima, figuriamoci adesso. “Cavoli, come 2 Navazzi” mi dico, “Sì, ma 2 Navazzi dopo che hai fatto 176 km ed altre 2 salite lunghe, non sono semplicemente 2 Navazzi … per non parlare della pendenza …”. Va be, mi illudo che siano come 2 Navazzi. Pedalo e conto i km che passano, ma siccome non passano mai, mi trovo a contare ogni 500 metri. All’incrocio del cartello il mio contachilometri segnava “176,7 km”, quindi inizio un rituale autolesionista alla ricerca del 2° e del 7° ettometro. Non arrivano mai. L’occhio comandato dalle gambe desiderose che la salita finisca cerca spesso il Polar e vede che sono passati solo pochi metri dalla rilevazione precedente. La testa gli urla di non guardare, ma anche l’occhio … vuole la sua parte. Un tormentone. Il primo km e mezzo va via abbastanza bene, poi un altro km, poi mi do l’obiettivo dei “Meno 10” (un Navazzo e mezzo). Poi a fatica, ettometro per ettometro, arrivano i meno 9 ed i meno 8. Dove ci sono piante c’è ombra e vado via abbastanza bene, senza esagerare naturalmente, ma riesco a tenere i 12-13 all’ora. Poi la fatica, unita all’assenza di piante e relativa ombra affonda la sua lama cruenta nella mia schiena: calo visibilmente alla velocità di 10-11 all’ora e scendo anche tranquillamente sotto i 10. I km sembra non passino mai. La salita si fa davvero dura. Ho ancora un panino (che sicuramente non va bene in questo momento di grande sforzo), ma anche una sporta di integratori gel. Sbaglio e non integro le mie forze oramai al lumicino con energia fresca e disponibile. Così nei 5 km che precedono il rifugio Bazena, sotto il sol leone, soffro come una bestia, soffro al punto che mi fermo una prima volta, appoggio i gomiti sul manubrio e la testa sulle braccia. Soffro al punto che mi fermo un’altra volta con la scusa di guardare e fotografare una cascata. Soffro, ma comincio a pensare che ora manca meno di un Navazzo e che, se anche i km non vanno avanti, la strada che ho già percorso non la devo più fare. Soffro per il caldo, ma devo dosare l’acqua e mi impongo di bere solo ad ogni km. Soffro, ma rammento che una volta arrivato al rifugio Bazena ci saranno solo 2 km con pendenze più morbide e addirittura un breve tratto quasi pianeggiante. Soffro e cerco tutte le energie dentro di me, ma stupidamente non mi alimento. Arrivo al Passo di Crocedomini abbastanza bruciato, ma l’ultimo km e mezzo lo faccio nel pieno di un’euforia da “Vedo la casetta bianca del rifugio, quindi … ci siamo”. Scendo dalla bici e subito telefono a mia moglie “Sono al Crocedomini, mangio, bevo e riparto”. Provo inutilmente a chiamare Carlo, visto che mi è arrivato or ora un SMS che alle 14,52 mi ha cercato, ma ero in zona d’ombra … magari ombra da calura estiva, purtroppo solo assenza di segnale telefonico. Ok, lo sentirò più tardi.
Mangio l’ultimo panino alla marmellata. Poi, al bar del rifugio ordino una lattina di CocaCola, un caffè, una bottiglietta di acqua (visto che non ne ho più) e anche una fetta di torta. Decido di sedermi al tavolo e recupero dai postumi della crisi di fame, tornando subito lucido e nel pieno delle mie facoltà mentali. E’ fondamentale esserlo con la discesa su fondo spesso sconnesso che mi aspetta per scendere verso il lago d’Idro. Ma appena ripartito, devo subito risalire prima al Goletto di Cadino (1.935 metri) e poi, dopo essere disceso con i quattro tornanti che sono il tormento di chi percorre la strada in senso contrario, al ben più semplice Goletto del Gavero. In breve arrivo alla piana del Gaver (anche qui venivo a fare sci di fondo, su una pista molto bella, anche se non sempre ben tenuta), poi al Valle Dorizzo (dove faccio l’ennesimo bagno alla fontana e riempio le borracce. Uscito da Valle Dorizzo, dopo altri 3 km, raggiungo l’obiettivo del giorno: la distanza di 200 km è fatta. La mia prima “over 200” si è concretizzata. Sarà per l’euforia, sarà perché la strada è in discesa (soprattutto), ma non sento la fatica. Solo la contentezza di avercela fatta. Da solo, completamente da solo … con la mia IDOL. I 30 km che separano il Crocedomini dalla mia auto sul lago d’Idro passano veloci (chissà come mai in salita sembrava fosse tutta un’altra cosa …), ma dopo Bagolino c’è l’ultimo ostacolo del giorno: un tratto in salita di 1 km e mezzo. Decido di farlo sereno: metto subito il 34x19 e lo percorro in agilità. Quando scollino so che è finita: mancano 5 km tutti … davvero tutti in discesa e se non freno rischio di finire addosso alla macchina, dal momento che l’ho parcheggiata nel punto più strategico che potessi trovare. In discesa volo, più con la testa che con la bici. Mi scopro, un po’ meravigliato di me stesso, a stringere il pugno e scuotere l’avambraccio in gesto di vittoria, sono letteralmente euforico …
In macchina, sulla strada del ritorno avverto mia moglie “Tutto OK, ci vediamo tra un’ora” e lei se ne approfitta subito chiedendomi di andare a fare la spesa al supermercato dopo la doccia per poter stare (lei) a bordo piscina … In una giornata così va bene anche se il supermercato fosse in capo al mondo !!!
Poi chiamo Carlo e gli esterno la mia gioia. Lui mi fa i complimenti e dice che sono un matto. Io gli rispondo che l’ho fatta per lui, così la prossima volta sarà insieme.
Da ultimo chiamo Davide, il mio meccanico: parlo con sua moglie Giuli e li ringrazio di cuore. Non avrei fatto questo giro se ieri non mi avessero sistemato la bici a puntino.
In sintesi:
Tempo: 9 ore, 25 minuti e 39 secondi di pedalata effettiva (10 ore e 32 minuti il tempo comprensivo di soste)
Distanza: 221,4 km
Dislivello: 4.400 mt
Cardio: 132 / 162 bpm
Velocità media: 23,5 km/h
Cadenza: 72 / 116 rpm
… e ora anch’io posso finalmente affermare di aver fatto almeno una “over 200” e, siccome era la prima, aggiungo “una grande over 200”.