Doppio Trezeguet, grande Juve
TORINO, 19 settembre 2004 - Doppio Trezeguet e prima fuga. La Juve batte l'Atalanta e resta in testa, questa volta e per la prima volta da sola. Presto perché faccia rumore, siamo solo alla seconda giornata di campionato, ma iniziare bene non guasta mai: la Juve vince la terza gara su tre tra campionato e Champions, e - udite udite - non subisce gol. Neanche questa volta. Nuova solidità e compattezza, la mano di Capello è pesante. Il piede di Trezeguet micidiale. Può anche giocare male il ragazzo di Rouen, può anche rimanere invisibile per un quarto d'ora, ma quando vede e tocca un pallone si avventa e lo butta in rete. Cinico e concreto come sempre. Questa volta approfitta di un'uscita sballata di Taibi, su un sinistro dalla sinistra del solito Zambrotta e butta in rete al 14'. Con un minuto d'anticipo, nella ripresa, si ripete: palla di Nedved per Ibrahimovic che non controlla, assist involontario di Bellini e puntata di David.
Avrà anche fatto la parte del presuntuoso, quest'estate quando ha puntato i piedi e preteso sino ad arrivare al testa a testa (pericoloso) con Moggi, uno stipendio più alto, più vicino a quello di Del Piero (il capitano che oggi riposa in panchina), come gli era stato promesso. Ha minacciato di andarsene, ha sventolato un accordo già trovato con il Barcellona. Poi ottenuto quello che chiedeva (complice e fondamentale l'intervento di Capello), in un mese di calcio ha già dimostrato ampiamente di non rubare nulla. Testa bassa e piede in caldo, con il gol a Brescia e quelli in Champions è già a quota sei, lanciatissimo verso il traguardo-obiettivo 100.
Firma doppia, prima fuga e pedalare. La gara è noiosa, lenta. L'Atalanta fa il gioco della Juve. Sembra spregiudicata con quel 4-3-3 di Mandorlini, lo sarebbe anche se Gautieri e Montolivo non fossero così lontani dal povero Pazzini che lotta, prende botte ma è troppo solo tra Thuram e Cannavaro (centrali in grande spolvero) per pensare di spaventarli. Attenta sul campo, chiude gli spazi sì, buona sino alla tre quarti ma mai pericolosa in attacco. Così la Juve gira e rigira sino a quando non trova il fortunoso vantaggio che le permette di gestire, in tranquillità e davanti a un avversario che ha poche idee, non cambia mai il passo e non mostra mai l'intenzione di voler e poter riacciuffare la Juve.
Inutili i tentativi (tardivi tra l'altro) di Mandorlini: Budan per Gautieri, Pià per Marcolini, Mingazzini per Zenoni. Cerca sostanza in area, ma per Buffon (salvo un colpo di testa di Gautieri nel primo tempo, un diagonale nella ripresa e un destro di Pazzini) è ordinaria amministrazione. La partita trabocchetto (come l'aveva definita Capello alla vigilia) si rivela un'occasione buona per far turnover e soprattutto inserire Ibrahimovic in squadra: non ha mai giocato con Trezeguet, ha appena 135 minuti (un tempo a Brescia e un gol, e 90 in Svezia con l'Ajax in coppa) e si vede. Non viene servito bene e cade troppo nella voglia di far vedere quello che sa fare, per carità, quei preziosismi, finte e giochi di prestigio che il campo (terribile) di Torino non valorizzano. Capello chiede a Nedved e Olivera di stare larghi, per sfruttare l'uno contro uno di Ibra e Trezeguet. Ma succede poche volte, c'è però il tempo di lavorarci su.
L'importante è restare compatti, uniti, vincere e non subire. Brilla Zambrotta, soffre (e si tocca schiena e ginocchio, ginocchio e schiena) ma non si arrende Nedved. Delude un po' Olivera, chiuso bene da Marcolini e Bellini e sostituito nella ripresa da Camoranesi. Lavoro sporco, ma prezioso per Emerson (già il solito) e l'orgoglioso Tacchinardi (che vince il ballottaggio con Appiah, si riprende il posto che nella nuova era Capello gli ha rubato Blasi e la fascia di capitano dell'amico Ale per anzianità). Si conferma diversa, tanto diversa da quella della passata stagione, la difesa: terzini in evidenza per chiusure, spinta, l'assist di Zambrotta e la traversa di Zebina. Rodati e contenti Cannavaro e Thuram. Buffon ringrazia. Capello sorride: è sulla difesa che ha lavorato più di tutto, trovare risultati da subito gli gonfia il petto. Senza esaltarsi però, non è da lui. Da uomo di calcio sa che la strada è lunga e già mercoledì con la Samp potrebbe non essere così facile.