Recensione di Maurizio Pratelli per il Corriere di Como
Era un giorno molto atteso. Era il 'Dylan Day'. Uno degli avvenimenti che contribuiscono in maniera determinante a rendere magica una stagione lariana mai così ricca di eventi. Una conferma importante della capacità del nostro territorio di poter pensare davvero in grande.
E Bob Dylan "In Person", come recitavano i manifesti che promuovevano questo tour europeo, inserito ad inaugurare il ricco cartellone dell'edizione 2004 del festival musicale The Rhythm of The Lake, è arrivato ieri sera a Cernobbio portando con sé una parte fondamentale dello storia del rock.
Se l'anno scorso il sogno Van Morrison era stato spezzato, o meglio spazzato via, da un vento crudele, ieri sera anche il tempo ha voluto essere dalla parte degli organizzatori, FourOne in testa, che hanno lavorato per mesi affinché una delle due sole date italiane della tournée dell'autore di Blowin' In The Wind, toccasse Como.
Di Dylan si potrà dire di tutto, che la voce non è più quella dei tempi d'oro, che non suona più la sua inseparabile 'sei corde' e che vederlo seduto al pianoforte non è proprio la stessa cosa. Però, questo è certo, in pochi sanno ancora regalare, dopo quarant'anni di concerti, le stesse emozioni al primo accenno di una loro canzone: al canadese Neil Young basta un tocco della sua chitarra all'americano Bob Dylan qualche parola di un suo celebre brano.
E poco importa se spesso anche i vecchi fan devono cercarsi con gli occhi per riconoscere quale sia la canzone che sta eseguendo, questo è Dylan e loro lo sanno. L'ex Galoppatoio di Villa Erba, gremito fin dalle prime ore da un pubblico pacifico che attraversava, come le canzoni del menestrello di Duluth, molte generazioni, ha avuto reazioni diverse all'esibizione di Bob Dylan. Inevitabili, per chi lo segue da qualche lustro, i paragoni con il passato: con gli epici concerti degli anni'70 ma anche con le esibizioni più recenti degli anni '90.
Un po' frastornati i più giovani che per la prima volta entravano nel mondo live di Robert Allen Zimmerman senza sapere che le sue chitarre, anche quella acustica, erano state abbandonate e che quello che avevano ascoltato, e subito amato sui dischi, aveva subito una trasformazione profonda.
Ma per le seimila persone che hanno gremito il grande prato cernobbiese era l'evento che volevano, che aspettavano con ansia e inevitabilmente l'arrivo di Dylan sul palco è stato accolto con un tripudio di applausi, misti a quella commozione che davanti a certe icone della musica è difficile non provare. Scaletta come sempre imprevedibile nella quale le sorprese come la splendida roccheggiante Down Along The Cove sono state miscelate con qualche classico epocale come Maggie's Farm, The Times They Are A-Changin' e Just like a woman e con brani più recenti come una tambureggiante Every grain of sand. Grandi emozioni poi con l'acustica Boots of spanish leather, l'epica Ballad Of Hollis Brown e la struggente Forever young.
Grandiosa come sempre la band, Larry Campbell (spendido anche al violino) e Stuart Kimball non hanno fatto rimpiangere l'assenza della chitarra di Dylan ed impeccabile è stata la sezione ritmica, composta dalla batteria di George Receli e dal grande Tony Garnier che ha regalato il suo magico groove a più di un brano.
A chiudere lo show l'immortale Hard rain, la tanto contestata nuova versione di Like a Rolling Stone e una superba All Along The Watchtower.
Un evento che ha posto finalmente uno spartiacque definitivo tra la Como timida e riservata del passato e quella che ha capito che Lariowood non è solo un gioco di parole.