"EXTRA - Magazine" 4 settembre 2009

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amedeo.modigliani
00lunedì 7 settembre 2009 13:05


"EXTRA - Magazine" 4 settembre 2009, pagine 10-12

TESTIMONI DI TUTTO IL MONDO "VIGILATE”

Allo stadio San Nicola di Bari una sola squadra gioca in vista dell'Armaghedon finale.
I Testimoni di Geova innalzano striscioni e intonano cori al loro creatore.
Il trofeo dorato è la sopravvivenza alla fine del mondo.

di VALENTINA PALAZZO

"Siate vigilanti!". È la parola d'ordine dell'Assemblea Internazionale dei Testimoni di Geova, riunitisi allo stadio San Nicola di Bari dal 6 al 9 agosto scorsi. Un incontro tra migliaia di "fratelli" di paesi diversi per parlare di legami familiari, comportamento giovanile, fede e sopravvivenza alla "fine del mondo".

Domenica 9 agosto il campo di calcio barese, trasformato in luogo di culto, è gremito di persone: le curve e gli spalti svestono il loro abito di tifoserie alternative e si coprono dei colori e dei suoni di una festa. Le cifre parlano di 37.885 presenze sino alle ore 13:00. C'è gente di tutte le età. Ognuno è seduto davanti ad una Bibbia, corredata di penna, quaderno o agenda, sembra di assistere ad una lezione universitaria, in cui si è intenti ad appuntare le parole del professore. "Le Sacre Scritture rappresentano una guida sicura", dice Michele Paglialonga, tra gli organizzatori dell'assemblea e pioniere – cioè predicatore a tempo pieno – all'interno della gerarchia geovese; e i suoi fratelli, consci di questo, si affidano ciascuno al proprio libro sacro.

Tra Puglia, Calabria, Molise e Campania i Testimoni di Geova contano 40.000 presenze. Nella nostra regione le prime comunità risalgono al 1920-1930; attualmente sono divise in 12 circoscrizioni, ciascuna composta da circa 20 congregazioni locali. I fedeli si riuniscono due volte a settimana nelle cosiddette Sale del Regno e imparano dai predicatori la conoscenza della Bibbia, oltre che la maniera di affrontare i problemi legati alla quotidianità.

Percorriamo i sotterranei del San Nicola seguiti a vista da Gianni Cavone, responsabile stampa per l'utenza della provincia tarantina, e Dario Cacudi, referente per la zona Bari Capruzzi, i nostri cicerone durante l'intera mattinata. L'allestimento dell'impianto sportivo è impeccabile: 8.000 circa i volontari impegnati, divisi tra chi smista le 11.000 macchine e i 400 pullman arrivati, chi gestisce le autoambulanze, chi si occupa del servizio d'ordine. Pile di cassette d'acqua allineate a terra come nei grandi magazzini. lavandini con acqua potabile e non per refrigerarsi dal caldo. Angoli di corridoi laterali, divisi per nazionalità. ospitano le persone disabili, che non potendo raggiungere le scalinate seguono tramite schermo la staffetta di relatori. Ai piani più alti sono approntati dei punti di raccolta oggetti smarriti, ai quali può rivolgersi chiunque abbia ritrovato o perduto qualcosa. La dicitura "Contribuzione per l'opera mondiale, Matteo 24,14" campeggia sulle cassette per la raccolta del contributo volontario.

Scalino dopo scalino arriviamo in vetta all'edificio: qui il colpo d'occhio è notevole e le vertigini si fanno sentire. Gli spalti sono pieni, solo le zone soleggiate rimangono vuote. "Sono presenti delegazioni albanesi, greche, cipriote, alcuni piccoli gruppi di lingua europea e presenze canadesi e americane", racconta Dario Cacudi e aggiunge: "Gli spalti sono divisi per nazionalità, ogni grossa delegazione straniera ha il proprio traduttore davanti a sé e ascolta i discorsi nella propria lingua". Agli striscioni calcistici si sostituiscono teli recanti numeri di versetti biblici, ai cori da stadio i canti al proprio creatore.

La diversa provenienza geografica non impedisce ai fratelli di sentirsi uguali: l'abito che vestono e la gestualità che seguono sembrano quasi codici di identificazione interni e simboli di riconoscimento esterni. Le donne indossano la gonna, cambiano le stoffe e i colori, i modelli e le lunghezze. ma i pan¬taloni sono banditi; gli uomini sono in giacca, camicia e cravatta. E sempre il signor Cacudi a venirci in aiuto: "Il vestito è un segno di rispetto verso il luogo sacro", sottintendendo che tra i Testimoni di Geova non esistono regole scritte relative all'abito da indossare, ma tutto è lasciato alla scelta personale e alla consapevolezza che si ha del posto nel quale ci si trova.

Già la coscienza! La responsabilità individuale, la scelta, la libertà emergono spesso nel corso della chiacchierata con alcuni degli organizzatori dell'evento. Ad ogni domanda relativa alla condotta che un Testimone di Geova deve tenere, le risposte accennano alla mancanza di obbligatorietà. "Ognuno opera secondo la coscienza che ha della Bibbia", tuona Salvatore Palena, uno dei tre organizzatori ufficiali dell'evento (gli altri sono Michele Paglialonga e Marco Battaglia), quando gli chiediamo se è lecito che un testimone di Geova sposi il fedele di altre religioni. o se è consentito ad un loro fratello di essere cremato dopo il suo funerale. Anche a proposito del rifiuto di accettare le trasfusioni di sangue o dell'indicazione di non fare il servizio militare o non recarsi alle urne elettorali le risposte sono molto evasive. "Non è obbligatorio andare di casa in casa", assicura Gianni Cavone, "non esiste obbligatorietà, ma la libera scelta di seguire l'esempio di Cristo, il predicatore per eccellenza". Il proselitismo, l'ospitalità, la fratellanza, il gruppo sono centrali nella dottrina geovese: le famiglie giunte a Bari dall'Albania o dalla Grecia hanno alloggiato negli alberghi di Brindisi, Cerignola. Bari e Matera, ma molte sono state ospitate dai fratelli baresi nelle proprie case. In questo modo si conosce nuova gente, si stringono amicizie, ci si scambia esperienze di vita e si condividono valori comuni. Tra le storie di conversione ascoltate. il signor Cacudi ci racconta che divenne testimone di Geova all'età di 21 anni, dopo un'esperienza di vacanza studio in una famiglia inglese di fratelli fatta a 16 anni.

L'accoglienza viene mostrata anche nei nostri confronti: ci portano in giro per lo stadio, ci offrono dolcetti e bevande fresche, ci invitano a fare domande. Ma tra un'intervista e l'altra è quasi impossibile avvicinare la gente arrivata li da ogni dove, ci sorridono, ma ci osservano, ci lusingano, ma controllano che non prendiamo troppe iniziative personali. E così emerge la sensazione di un mondo dai confini netti, di un dentro e di un fuori con limiti ben definiti, di un gruppo destinato a salvarsi contro gli infedeli condannati a perire. Ma nessuna meraviglia di questo. I Testimoni di Geova non sono diversi dagli altri gruppi religiosi: ciascuno vede il proprio come l'eletto, il prescelto, e nega la verità di fede dell'altro.

La maniera di salvarsi è uno dei temi centrali dell'incontro. "Questi sono i tempi predetti dalle Sacre Scritture", ammonisce Michele Paglialonga, che continua "Oggi le persone sono scoraggiate, senza fede, arrabbiate. Nel messaggio di Dio c'è la soluzione". Stimolare individui e famiglie – nuclei della società - a migliorarsi, a credere nei veri valori, invitarli a seguire la parola cristiana sembra essere il cuore del discorso. La pausa pranzo di mezzodì è preannunciata da un coro di applausi che scrosciano tutt'intorno al campo sportivo, mentre ciascuna delegazione saluta l'altra sventolando un fazzoletto colorato. L'adunanza dei Testimoni di Geova è solo una delle tante partite giocate. In attesa del giorno dell'Armaghedon, nel quale avrà luogo la battaglia finale che designerà i vincitori e i vinti, l'invito è di "essere vigilanti" riguardo alla propria condotta, "profittando del tempo presente, perché i giorni sono cattivi".

Il secondo articolo:

Bussando alla porta dei Testimoni di Geova

Incontro di volti in uno stadio cotto dal solleone: Gianni pieno di buona volontà, Michele il leader naturale, Massimo il pianista mancato

di CATALDO ZAPPULLA

Cosa succede se, per una volta, si va a bussare alla porta dei Testimoni di Geova? Accade di trovare non portoni, ma venti e passa rampe dello stadio San Nicola di Bari, con i suoi spalti come petali e la forma marziana voluta da Renzo Piano ai tempi di Italia '90 per una volta, però, senza trambusti pallonari.

E’ una domenica mattina di mezz'estate. Piccole nuvole promettono ombra, poi se la squagliano e resta in campo solo il sole. Tre generazioni di credenti da 5 regioni del sud sono in questa astronave che cuoce come una padella. Per una mattina siamo dei loro. C'è una cortina di freddezza da superare, quella che circonda i lettori de 'La Torre di Guardia' (37 milioni di copie in 174 lingue) ai quali si addebita la mancanza di opere sociali e una indefinita chiusura che gli si ritorce con un'intolleranza palesata spesso alla buona, nei paesini della Puglia profonda, con stampini sugli usci di casa che invitano a non bussare alla porta "dei cattolici".

Andiamo allo stadio per guardare con loro verso l'Alto e per capire come, tante persone, trovano con i Testimoni risposte che sentono riecheggiare vaghe e lontane tra le navate cattoliche: ci facciamo travolgere dal loro 'love bombers', un'accoglienza calda, fatta di sorrisi e pacche sulle spalle, molto american style. Non a caso il loro Vaticano è a Brooklyn. Vogliamo incontrare volti. Tre resteranno scolpiti in mente. Ci accorgeremo troppo tardi di aver parlato solo con uomini.

Gianni Cavone, 44 anni, origini baresi ma per lavoro trasferito a Ginosa Marina con famiglia e 2 figli. Con lui ricordiamo le persecuzioni del passato: Salvatore Doria di Cerignola, classe 1908, fu condannato a 11 anni dai fascisti nel 1940, finì a Dachau, poi a Mauthausen, fu salvato dagli americani nel 1945. Altri tempi. Da settembre, invece, Cavone sarà il responsabile dei 203 'proclamatori' di Martina Franca - tutti i battezzati sono predicatori - che rientra nella Circoscrizione 'Puglia 9': 20 comunità sparse tra Taranto e il versante occidentale della provincia ionica, quasi 1.600 fedeli. I paesi della Valle d'ltria rientrano nella 'Puglia 10', i cui lembi vanno da Polignano a Brindisi, da Conversano a Ceglie Messapica.

Uno come Michele Paglialonga, phisique du role del leader naturale, lo sentiresti parlare per ore. Campano, 54 anni, ampia loquela, è a un tempo saggio e scaltramente diplomatico nelle risposte. Figura di vertice, Paglialonga è uno dei tre organizzatori di questo evento, quasi un anno di lavoro a Bari. È un 'sorvegliante'. un ministro viaggiante. Ogni settimana visita una congregazione locale. Stessa vita con valigia in mano degli altri due organizzatori del Comitato per Bari 2009, Salvatore e Marco. Tutti e tre sposati, tutti e tre per vocazione senza figli. Paglialonga entra nella Sala stampa e la macchina organizzativa si ferma ad ascoltarlo. A lui, che ama parlare di un Dio che "sconquassa" di amore chi lo segue, giriamo le domande più spinose: il fenomeno doloroso dei `disassociati', di chi viene espulso dalla famiglia dei Testimoni: "Non esistono sanzioni", ma ogni fedele conosce le regole interne, chi 'sceglie' di oltrepassarle sa a cosa va incontro. C'è chi arriva a parlare di ostracismo subito anche tra gli affetti più cari, ma secondo Paglialonga "molti di loro poi rientrano".
Con questo signore poderoso rievochiamo i tempi in cui i giovani Testimoni pativano il carcere militare per renitenza alla leva. Lui stesso, destinato alla carriera aeronautica, maggiorenne e appena convertito finì 10 mesi in galera a Peschiera del Garda, non proprio una passeggiata quarant'anni fa. Specie grazie .alla loro neutralità verso lo Stato - i Testimoni non fanno politica e scelgono di non votare - nel 1972 fu varata la prima legge sull'obiezione di coscienza. La battaglia odierna si chiama invece `Otto per mille', più volte chiesto e mai ottenuto.
Infine Massimo De Bonfilis, l'artista. Ha un volto tondo e bonario, quasi da curato di provincia: da 31 anni insegna al Conservatorio di Bari. Chiacchieriamo di concerti e di aneddoti succosi — amava il pianoforte, ma la zia gli chiese: "Quanti pianisti ci sono in un'orchestra?" e così fini con un violino in braccio - sui gradini che portano sopra coperta del San Nicola. Alle 9,20 ha aperto lui la mattinata di quarantamila fratelli. Vive di musica, che però occupa nella sua scala "solo il terzo-quarto posto". Gira il mondo da sempre: prima come musicista, ora come giurato in concorsi d'alto livello. Si diverte a scoprire i fratelli Testimoni sparsi nelle nazioni da lui visitate. Come li riconosce? "Dalla cravatta", risponde, "ma anche dal sorriso felice".
amedeo.modigliani
00lunedì 7 settembre 2009 13:07

A lui, che ama parlare di un Dio che "sconquassa" di amore chi lo segue, giriamo le domande più spinose: il fenomeno doloroso dei `disassociati', di chi viene espulso dalla famiglia dei Testimoni: "Non esistono sanzioni", ma ogni fedele conosce le regole interne, chi 'sceglie' di oltrepassarle sa a cosa va incontro. C'è chi arriva a parlare di ostracismo subito anche tra gli affetti più cari, ma secondo Paglialonga "molti di loro poi rientrano".



In che senso non esisterebbero sanzioni? "Sanzione" non è un termine valido per definire un provvedimento della congregazione quale è per esempio la disassociazione?

www.treccani.it/Portale/elements/categoriesItems.jsp?pathFile=/sites/default/BancaDati/Vocabolario_online/S/VIT_III_S_11...
...
2. Con sign. generico, qualsiasi mezzo con cui si afferma l’autorità e si impone il rispetto di una norma (morale, religiosa, giuridica). etc.etc.
amedeo.modigliani
00lunedì 7 settembre 2009 13:10

E sempre il signor Cacudi a venirci in aiuto: "Il vestito è un segno di rispetto verso il luogo sacro", sottintendendo che tra i Testimoni di Geova non esistono regole scritte relative all'abito da indossare, ma tutto è lasciato alla scelta personale e alla consapevolezza che si ha del posto nel quale ci si trova.



Fino a che punto è vera questa cosa? Davvero dovrei pensare che il 99% delle donne evita di indossare pantaloni in sala del regno perché lo vuole e non perché c'è questa convenzione (o tradizione) che per "etichetta"(IMHO) si preferisce preservare?
amedeo.modigliani
00martedì 8 settembre 2009 13:37
Nel sito trovare il pdf (con le foto [SM=g27989]

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