SCHEDA TECNICA
Regista: Claudio Caligari
Scritto: Claudio Caligari
Guido Blumir
Nazionalità: Italia
Anno: 1983
Casa di produzione: Iter International, presentato da Marco Ferreri
Genere: DRAMMATICO
DRUG
Cast: Cesare Ferretti
Michela Mioni
Enzo Di Benedetto
Roberto Stani
Loredana Ferrara
Mario Afeltra
Clara Menoria
Dario Trombetta
Massimo Maggini
Patrizia Vicinelli
Music: Detto Mariano (nei titoli di testa indicato come Mariano Detto..!?)
Una “sincera e autentica dipendenza dalla droga”? Ben prima del 1995 e dei junkies che nuotavano nelle tazze da cesso di “Trainspotting” c’era chi decideva di lasciare da parte famiglia, carriera, lavoro, lavastoviglie, maglioni, macchina, televisione, tasse e pensione e invece sceglieva di tuffarsi a corpo morto nella cloaca fatta dei chilometri in macchina alla ricerca disperata di una farmacia aperta, delle rapine progettate in una sala d’attesa aspettando il metadone, dello squallore dei quartieri-alveare romani, delle pere con lo stesso colore dell’aranciata, dei quadri dipinti col sangue, dei racconti dei tentativi di suicidio sdraiati sui binari, dei magnaccia in Mercedes che spacciano, del farsi all’unisono le pere che “starvano” in un’auto arroventata dal sole, della “robba scrausa” sparata in vena come fosse acqua e di quella venduta a “cinquantini” da una matrona in vestaglia che taglia le dosi sul tavolo da cucina, delle pere nelle vene del collo seduti in una panchina, delle pistole puntate alla tempia, delle marchette per rimediare “uno schizzo invisibile”, della rota e dei crampi, avvinghiati ad un palo per non svenire, delle pere di coca e dei “motorini nel cervello” mentre la testa frigge, delle convulsioni, del sangue, dei flashback delle prime pere e Battisti in sottofondo, degli orgasmi chimici da 2000 volt. E c’era chi, come Claudio Caligari (il regista meno prolifico del mondo, che dovrà aspettare quindici anni per tornare a dirigere il suo secondo film, “L’Odore Della Notte”), sceglieva di mettere in mostra in un film chiamato “Amore Tossico”, tutto questo mantenendosi ben distante sia dall’estetica bowiana da “dandy delle fogne” di “Christiana F.” e dei suoi ragazzacci di Berlino (il film di Edel pur considerato unanimemente il top del realismo in tema di eroinomani rappresentati sul grande schermo a mio avviso non conserva un briciolo della crudezza EFFETTIVA che ha invece il film di Caligari), sia dall’apatia dei droga-movie all’insegna dell’exploitation in senso stretto. Tutto ciò che i due film trattati in precedenza all’interno di questo mini-special non sono riusciti ad essere, quindi: una “sincera e autentica” raffigurazione del mondo dell’eroina e di chi ne fa uso, un film asciutto, scarno, volutamente sobrio e squallido come il mondo che rappresenta, e allo stesso tempo assolutamente eccessivo nella maniera disinibita con la quale le storie raccontate si spingono in realtà ben al di là dei confini della fiction (tutti i protagonisti erano tossicomani anche nella vita reale e buona parte di essi purtroppo è scomparsa pochissimo tempo dopo, come ad esempio il protagonista Cesare Ferretti, morto nel 1986 dopo una battaglia contro l’Aids), troppo atipico per essere rinchiuso in una classificazione cinematografica precisa (una sorta di concentrato di trucido B-movie romano, film-verità pasoliniano e documentario-shock all’italiana stile il televisivo “Io, Claudio B. Tossicodipendente”…?), ma esteticamente e strutturalmente assimilabile ad un film di genere, con una trama dalla progressione narrativa esile esile (ma non è questo l’elemento cruciale, ovviamente) che in mani diverse avrebbe potuto trasformarsi, chissà, forse in un film di genere vero e proprio… La storia, stavolta, è davvero riassumibile in poche righe: provate ad immaginare di avere una telecamera che 24 ore su 24 abbia filmato (rendendole fiction una volta impresse su pellicola, ma il cui svolgimento rimaneva identico anche una volta spenta la telecamera…) le imprese suburbane di Cesare (Ferretti), Enzo (Di Benedetto), Ciopper (Roberto Stani) e Michela (Mioni), quattro tossicomani che quotidianamente si barcamenano tra rapine, metadone, rota e prostituzione allo scopo di gestire nella migliore maniera possibile (o forse, alla meno peggio) la loro dipendenza. Le ricerche spasmodiche di roba nelle domeniche festive, le pere sparate in vena comunque e dovunque, la decisione di smettere, l’ultima pera per festeggiare la decisione e la morte improvvisa sotto il monumento a Pasolini ad Ostia, la corsa disperata in ospedale, il delirio e la corsa finale di una notte estiva che, come in “Accattone”, viene bruscamente interrotta dai colpi di pistola di due poliziotti. Una fiction/non-fiction che non prende posizione, mette in scena in maniera smaliziata e senza moralismi o critiche (anzi, al contrario, è difficile non provare simpatia per quattro rovinati la cui sopravvivenza o meno è letteralmente messa in gioco da duemila lire che mancano…”Maccome, dovemo svorta’ e te piji ‘er gelato? Stamo co’ le pezze ar culo e ve magnate er gelato??”..!), ma soprattutto non giudica e non “abusa”. E guarda con rispetto a ciò che racconta.
Scena culto: a parte lo struggente flashback sulle note di Battisti in cui i protagonisti ricordano come “iniziarono”, il “Correva troppo…” finale degli agenti all’indirizzo di Cesare resterà nelle menti degli spettatori per diversi anni ancora…
Gabriele Santamaria
[Modificato da 666 22/09/2006 21.52]