Da: "Le Piramidi hanno 10.000 anni"

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-Kiya-
00venerdì 4 aprile 2008 00:54
La Prefazione

Capita spesso di scontrarsi con certe dottrine dell’archeologia e per cui ci si ritrova a chiedersi come possano trovare posto le incongruenze in tutto ciò che si definisce razionale o semplicemente certo.
Ancor più frequenti sono le scoperte ignorate ed eclissate al solo scopo di arricchire una gerarchia che del sapere ha fatto il proprio regno e che dell’antico ha costituito il proprio segreto. Questo è il clima che si avverte negli ambienti accademici, dove la corsa alla cattedra e la battaglia per ottenere fondi da destinare alla ricerca hanno surclassato il diritto al progresso della conoscenza. Ma se la conoscenza è un diritto di tutti, per quale motivo oggi serve soltanto a riempire le tasche dei pochi che prima si stringono la mano da grandi scienziati e poi si attaccano come lupi delle steppe? Le università oggi sostengono solo quelle iniziative convenienti sulle quali è possibile investire anticipandone i risultati positivi e, sempre più spesso, alterando quegli stessi risultati. Per questo molti si sono schierati dalla parte del nemico. Quel nemico eretico compagno di cella nel ‘500 e nel ‘600 quando l’inquisizione mandava tutti al rogo, dottori e ciarlatani. Quel nemico che tra gli alambicchi alchemici ha dato i natali ai professori in doppio petto pieni del loro egoismo. Tuttavia questo schieramento avverso non ha fatto che danneggiare la già precaria struttura universitaria facendo crollare la torre priva delle sue stesse mura. Nessuno si è accorto che a causa della monopolizzazione del sapere, che pure sembra impossibile in tempo di globalizzazione, qualsiasi scoperta al di fuori del contesto accademico è nulla e che i mutamenti devono necessariamente avvenire dall’interno. Il nemico in questo caso va colpito al cuore.
Che si creda oppure no alle affermazioni del dottor Mehler, autore di questo libro, è doveroso come minimo riconoscere che almeno un passo è stato fatto. L’antico sapere egizio su cui molti s’interrogano e su cui troppi si fanno letteralmente la guerra, ha affascinato uno scienziato razionale che, scavando nel passato di eminenti professori e raccogliendo tradizioni orali custodite da uno stimato egittologo, ha tentato d’immaginare quella curiosa civiltà che edificò la Grande Piramide a Giza. Una costruzione che per secoli è stata vegliata da una delle sculture più note al mondo: la Sfinge. Una volta Winston Churchill ebbe a sottolineare che “la Sfinge è un mistero avvolto in un enigma”, poiché sembra guardare indietro e oltre, verso l’ignota origine dell’essere umano. Oggi quella stessa figura veglia la piana d’Egitto e guarda al futuro dell’uomo, un uomo nuovo, perché conosce il suo passato. Le nuove ricerche e i nuovi rinvenimenti delineano un destino sconvolgente ed un passato oltre qualunque immaginazione cinematografica. Ma quale che sia l’avvenire, conoscere il passato è diventato per tutti indispensabile.
Come per Edipo, la Sfinge racchiude le risposte a cui tutti disperatamente hanno tentato di accedere. Hanno in molti posto domande senza ottenere soluzioni e ai quesiti della Sfinge stessa hanno invece replicato storici arabi, filosofi greci e più recentemente teosofi insigni. Athanasius Kircher scavava a fondo nell’Edipus Aegipticus sulle origini dei simboli geroglifici dei quali tentò una prima traduzione anticipando gli sforzi di René Adolf Schwaller de Lubicz, che secoli dopo avrebbe scoperto una sterminata simbologia ermetica tra i segni rinvenuti nella Valle del Nilo. Il geroglifico, dunque, come l’ebraico: spogliato del suo strato fonetico comunica concetti primordiali, concetti magici ed esoterici. Fu proprio Schwaller infatti ad ipotizzare per primo che la Sfinge e il complesso piramidale connesso potessero essere retrodatati di svariate migliaia di anni, notando che le erosioni non potevano essere attribuite a vento e sabbia ma a piogge di stampo tropicale.
Qualcuno venuto dopo ha visto in queste intuizioni un possibile collegamento con la scomparsa civiltà degli Atlantìdi, su cui molti, da Kircher nel Mundus Subterraneus a Rudolf Steiner nelle sue numerose disquisizioni, sin all’eccentrica Helena Petrovna Blavatsky nella Dottrina Segreta ed in Iside Svelata, hanno rintracciato prove di un tempo cancellato da un evento di proporzioni colossali.
Tutto converge in Egitto, il Tep Zepi o tempo primario si è fermato qui. Sono incontestabili le scoperte che negli ultimi dieci anni stanno radicalmente rovesciando il dogma imperante, ma tutte, anche se avvenute in India o nel Mar del Giappone o addirittura in Centroamerica, riconducono agli stessi luoghi. Come in un celebre dipinto di Poussin, Il Diluvio Universale, le Piramidi della piana egizia si stagliano come sfondo di uno scenario incredibile, dove memoria storica e sapienza mistica si mescolano e sopravvivono nelle stesse tasche della scienza grazie ad inquisitori come Boyle e a precursori come Tesla. Il primo nascondeva i suoi studi alchemici tra gli appunti di chimica e denigrava la materia esoterica con l’abilità di un attore shakespeariano, l’altro invece sperimentava direttamente le antiche conoscenze in fisica applicata. Inutile dire dove abbia avuto origine il sapere alchemico, un sapere primordiale riconducibile al leggendario sacerdote egizio Ermete Trismegisto.
Re Rodolfo II spese una fortuna per condurre alchimisti di ogni dove nella sua amata Praga e molti non tornarono poiché vennero giustiziati come criminali per aver deluso il sovrano. Tutta l’Europa ha memoria di questi eventi e non è un caso che Praga sia una delle tre città magiche del Vecchio Continente. Assieme a Roma e Parigi è l’unica a possedere un’isola in mezzo al proprio fiume e assieme a Torino sorge su un complesso disegno mistico. Ma la magia intesa come superstizione non c’entra. E’ noto a chiunque che dagli egizi ai romani, dagli ebrei ai cristiani, ogni edificio sacro sorge su di un sito precedente. Così accade per la Cattedrale di Chartres in Francia che sorge sulle rovine di un tempio pagano, per il Tempio di Denderah in Egitto che fu eretto su un santuario più antico, per la Moschea di Alaxa in Israele edificata sul monte Sion dove si suppone fosse ubicato il Tempio di Salomone e per la Chiesa di Santo Domingo in Perù arroccata sui blocchi di pietra del sacro Choricancha di Cuzco luogo di culto degli incas. Tutto questo ha ovviamente il fine di propiziarsi la fertilità spirituale e magica del luogo e per le città non è diverso. James G. Frazer nella sua opera Il Ramo d’Oro, narra fatti correlati all’insurrezione di Shangai del 1870 circa, quando a causa della forma di un tempio che ricordava la tartaruga, animale di carattere difficile, si decise ad opera degli esperti di geomantica di colmare due pozzi nelle vicinanze che ne rappresentavano le orbite, con l’intento di accecare la bestia. L’allusione alla pericolosa rivolta intestina fu messa direttamente in connessione con la costruzione religiosa che tuttavia non poté essere abbattuta poiché sarebbe risultato un imperdonabile sacrilegio. L’immancabile Schwaller de Lubicz rinvenne sostanziali prove che una geometria di genere divino fu applicata al Tempio di Luxor in Egitto, quella stessa geometria attribuita al Tempio dell’Arca costruito a Gerusalemme da Re Salomone e alla Cattedrale di Chartres eretta dai Templari diversi secoli più tardi. Di nuovo il mondo ruota attorno alla terra dei faraoni, dove le piramidi sono temute dal tempo stesso come recita un antico detto arabo e dove un muro vero e proprio viene innalzato dalle autorità a protezione, dicono loro, del sito archeologico di Giza. E’ storia recente che i muri non contribuiscono a difendere ma soltanto a spingere ad oltrepassare l’ostacolo, come accadeva a Berlino sino al 1989 e come accade oggi a Gerusalemme tra israeliani e palestinesi.
L’egittologia ha innalzato muraglie megalitiche per oltre cento anni, per dividere la gente comune da un sapere accademico riesumato in scavi strettamente elitari. Numerose scoperte correlate da accurate documentazioni sono state accumulate nei sotterranei di tutti i maggiori musei del mondo, compreso il Museo del Cairo, in attesa di essere dimenticate per sempre sotto la polvere.
Paradossale tuttavia è il fatto che anche se abbandonate in un magazzino sotterraneo, sono in fondo sotto gli occhi di tutti. Un atteggiamento scientifico deleterio come quello di una madre ossessivamente protettiva che segrega in una stanza il bene più prezioso: i suoi figli. Dei figli che, seppur splendidamente curati e conservati, non sono poi, come ci si ostina ad affermare, beni dell’intera umanità. Spesso parlando con qualcuno di questi egittologi si ha l’impressione, quando ci si sente rispondere “Non posso dirlo”, “Sono un accademico, devo attenermi all’ortodossia” o “Io non ti ho detto niente, dimentica tutto”, che questi scienziati sentano sin nelle ossa di aver fatto un voto di silenzio, quasi fossero Massoni o peggio agenti della CIA. Questo modo di porsi ha creato la falsa idea che ci tengano, con un gusto quasi sadico, a tenere nascosti dei dati che vengono ad ogni modo pubblicati e divulgati da altri. E’ vero che negli ambienti universitari, che ben conosciamo, un passo falso può costare la carriera, ma è vero altresì che questo è il modo migliore per tenersi attorno un alone di mistero sempre amplificato dai media. Il dottor Zahi Hawass, responsabile e soprintendente degli scavi a Giza, dimostra espressamente senza tanta vergogna questa tesi. L’uomo più contestato e corteggiato della Piana delle piramidi è riuscito a monopolizzare la sua posizione facendo di un sito archeologico una proprietà privata. Il viaggio del robot nel canale della Grande Piramide trasmesso al mondo da National Geographic, conclusosi in un niente di fatto dopo preparativi durati anni, ha dato quel brivido misterioso che occorreva all’opinione pubblica. E l’interesse si è spento come una candela giunta al termine. Ma Zahi Hawass non è un geniale egittologo. L’insigne studioso è in realtà giunto, è il caso di dirlo, al vertice della piramide chissà per quali altri meriti. Allora perché non considerare egittologi il dottor Robert Bauval, fautore della teoria Giza come cintura di Orione, ingegnere edile, o John Antony West che si guadagnava da vivere facendo la guida turistica, ma che non essendo un accademico è detto “indipendente” e viene con disprezzo accantonato dai ligi bravi ragazzi della scienza. Ma è stato West a condurre il dottor Robert Schoch alla Sfinge, che poi la geologia retrodatò tra lo sconcerto generale e l’elite egittologica si richiuse nuovamente nel suo mondo.
Qual’è oggi il vero volto della scienza divisa tra fanatici ed eretici quasi fosse una guerra tra etnie opposte? Non è facile dirlo o piuttosto non è semplice spiegarlo. La scienza ha fatto un salto di qualità nel momento stesso in cui è sgusciata fuori dalle mani dei sacerdoti che detenevano il potere. In passato il regnante era visto come politico, se non capace per lo meno supremo, e come sacerdote e la scienza a chi faceva capo se non ai sacerdoti che sapevano leggere e scrivere? La scissione di questo monopolio ha distinto la scienza dalla religione, la prima dalle leve del potere.
Battaglie geologiche, archeologiche, paleontologiche e astronomiche si susseguirono in Europa sul campo della Bibbia, che per inciso giocava in casa. Famoso è il caso in cui la fede considerò i fossili pure invenzioni rocciose, una curiosità insomma. Ma oggi no, oggi le cose non stanno più così. Alla potenza attrattiva della fede religiosa si è sostituita la fede nel dogma scientifico al quale nessuno deve poter prescindere, pena la scomunica dei vari rettori universitari. In più la consorte del progresso è salita al soglio politico, divenendo primo ministro di ogni impero che ancora si regga in piedi, dal Sacro Statunitense Impero d’Occidente al Russo Fedele Asiatico che tenta di scostarsi dal regime Comunista Cinese e Coreano che vanno avanti come le dinastie egizie. In fondo abbiamo visto tutti le bombe intelligenti, la crisi nucleare e le armi chimiche evanescenti.
Ad ogni modo il culto scientifico non è soltanto questo. In termini di progresso tecnologico del vivere, l’uomo ha ottenuto molto. Sino a poco più di cento anni fa i fratelli Wright non avevano compiuto il primo volo controllato della storia, Henry Ford non aveva pensato all’automobile, Armstrong non aveva calpestato il suolo lunare, i fratelli Lumiére non avevano ideato il cinema e Giovanni Paolo II non aveva spedito un’e-mail di posta elettronica.
A questo punto è necessario affermare che non è mai saggio schierarsi da una parte sola senza ascoltare quel che ha da dire l’altra. Appartenere ad uno dei due sistemi non è come far parte di una fazione politica, non è mai né bianco né nero ciò che appartiene alla realtà. Dopotutto questa sta sempre nel mezzo. Ma è alquanto deprecabile non mettersi in gioco per restare neutrali, poiché questo atteggiamento non farà mai la differenza rivelandosi uno spreco di tempo. Essere uno scienziato valido non vuol dire difendere a spada tratta le proprie tesi altisonanti, né restare nell’ombra; ma soltanto avere l’umiltà di comprendere quando la propria via s’inerpica verso un baratro per riuscire poi a tornare al bivio che dà accesso al giusto evolversi del pensiero scientifico.




Alessandro Moriccioni e Andrea Somma
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