- Syriana -

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meulen
00martedì 28 febbraio 2006 19:07
- Soluzione "Syriana": l'ombra lunga degli Usa sul Medioriente -



Dopo l'attentato del 2001 alle Twin Towers di New York, alcuni media indipendenti avanzarono dubbi sulla "verginità" del presidente Bush rispetto ai rapporti con la famiglia Bin Laden. Si diceva che lo sceicco arabo giustiziere di infedeli fosse stato in affari con la famiglia di petrolieri texani che per 15 degli ultimi 25 anni è stata ospite della Casa Bianca. Ma in giorni di intenso dolore e di "embargo" patriottico, e poi con l'attacco all'Afganistan e all'Iraq, si è distolta l'attenzione sugli interessi che esponenti di spicco dell'amministrazione americana conservano in Medio oriente. Del resto come si può spiegare all'uomo medio che gli Stati Uniti da sempre macchinano dietro ai regimi mediorientali con un duplice intento: aiutare la nascita di amministrazioni che favoriscano gli interessi occidentali oppure mantenere lo stato di emergenza facilitando le manipolazioni. La soluzione "syriana", come in gergo dicono a Washington quando parlano di una risistemazione di quell'area. Il petrolio a buon mercato arabo rappresenta pur sempre la più colossale dipendenza economica della prima potenza mondiale.


Parte da questo presupposto Syriana, sceneggiato con grandissimo polso e diretto da Stephen Gaghan, che a suo tempo aveva scritto un altro intreccio formidabile, Traffic (sul commercio internazionale di droga), poi diretto da Steven Soderbergh. Assommando una serie di bravi attori e utilizzando location che spaziano per il mondo, questo film è propriamente "politico" ma non polemico. Più che l'indicazione dei colpevole e delle vittime, Syriana induce a farsi domande, che siano etiche, umane o addirittura sul modello di sviluppo occidentale. I mille fili tipici della narrazione di Gaghan (che si è ispirato liberamente alle memorie dell'ex agente Cia Robert Baer "See no evil", in Italia "La disfatta della Cia", Edizini Piemme) creano uno spaccato appassionante su un ambiente nel quale il crimine, la menzogna, la corruzione rappresentano la normalità delle cose. Nell'avvincente triangolazione tra Stati Uniti (dai giochi pesanti della Cia alle connivenze tra Washington e le imprese petrolifere), Medio Oriente (le dinastie degli sceicchi e i poveri lavoratori trattati come merce) e Europa (la Ginevra delle grandi banche e le società di consulenza), nessuno esce con la faccia pulita. Il funzionamento spregiudicato dell'ingranaggio può spaventare ma è una realtà così grossa che non accetta condizionamenti. Tanto meno della legge e del diritto.

Ne sa qualcosa Bob Barnes (un coraggioso George Clooney con barba e 10 chili in più, tra i produttori esecutivi del film insieme a Steven Soderbergh), esperto agente della Cia, che come ultima missione deve uccidere il principe designato Nasir. Il futuro sceicco di un ipotetico emirato, che conquista la simpatia di un consulente energetico in forte ascesa (Matt Damon), parla di democrazia reale per il suo paese e nuovi rapporti non più di subordinazione con gli stranieri. Per Washington una "democrazia" del genere è una minaccia agli interessi nazionali, mentre per la Connex, potente compagnia petrolifera texana, ha significato perdere contratti ceduti da Nassir a chi paga di più, i cinesi. «Sono appena il 5% della popolazione mondiale ma spendono il 50% del budget che nel mondo si impiega per le armi. Il loro potere di persuasione è chiaramente in declino» pensa lo sceicco degli Usa. E se da una parte li vede come predatori pronti ad attaccare, dall'altra critica la sua stessa famiglia, debosciati che vivono in Europa come nababbi e non hanno progetti per il proprio paese, specie per quando il petrolio finirà.

Intanto Washington fa finta di non vedere quanto marcio c'è sotto. E allora permette azioni di facciata, purchè non si scoperchi il pentolone. Lo capisce anche Bennett Holiday (un granitico Jeffrey Wright), un procuratore che deve indagare sulla fusione tra due società interessate ai bacini petroliferi del Kazakistan. "Per il bene del Paese" si vende e chiude un occhio sugli illeciti e alla fine il padre alcolizzato lo potrà guardare con disprezzo. In tutto questo anche in Medio oriente esistono "extracomunitari" arrivati dal Pakistan o da altre zone disperate per lavorare ai pozzi. Alla mercè dei proprietari che si avvicendano, lasciati a dormire in sei dentro container con 60° di temperatura, o vivono sognando il giorni in cui torneranno a casa, oppure cadono nella trappola delle madrasse. Dove, stanchi di questo "regno", decidono di votarsi subito a quello dei cieli diventando ordigni umani lanciati contro lo straniero che depreda la loro terra.

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