"Sethi primo ritrovato. Un giallo egittologico a Roma."

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ubnimira
00venerdì 18 novembre 2011 19:29
Resoconto della conferenza della Prof. Capriotti, tenuto a Torino dall'Acme.
Giuseppina Capriotti
"Sethi I ritrovato. Un giallo egittologico a Roma"

Lunedì 07 novembre l’ACME ha organizzato, presso la Biblioteca Nazionale di Torino, una conferenza sul “ritrovamento” della statua di Sethi I a Roma. Immagino già le facce allibite dei lettori! No, nessun egiziano del tempo di Sethi I giunse sin nella capitale, sostituendosi a Romolo e Remo nel fondarla!! Si tratta invece di un ritrovamento “museale”, come evidenziato dalla comunicazione novembrina.
Relatrice è stata la Dottoressa Giuseppina Capriotti, ricercatore del consiglio nazionale delle ricerche presso l’istituto di studi sulle civiltà antiche e del Mediterraneo antico. Suoi ambiti principali di ricerca sono i rapporti tra l’Egitto e le altre civiltà del Mediterraneo come pure gli aspetti iconografici artistici della cultura Egizia dal Nuovo Regno al periodo tardo. Tra i suoi studi figurano numerosi quelli sulle antichità egizie rinvenute in Italia ed in particolare nell’area romana.
Anche per questa seconda conferenza il colpo d’occhio della biblioteca era entusiasmante: nonostante le avverse condizioni meteo, infatti, parecchio era il pubblico in sala.
La statua di Sethi I della quale la dottoressa ha parlato è in realtà un frammento presente nei musei capitolini, già studiato in passato dal Professor Silvio Curto, già sovrintendente del Museo di Torino.
Lo studio di questa statua, preambola la Capriotti, dipende molto dalla statua di Ramesse II presente nello statuario torinese: studio pubblicato dall’Accademia delle Scienze di Torino e presentato recentemente dal Professor Alessandro Roccati.
La ricostruzione della statua frammentaria è stata possibile appunto dal confronto con la statua di Ramesse II, rilevandone anche le misure (operazione questa effettuata da Beppe Moiso, con tanto di camice bianco!). E’ stato divertente vedere l’amico Beppe aggirarsi con camice e guanti per giungerre al cospetto del faraone, che pazientemente si è fatto misurare, chiosa la relatrice!
Nel museo dell’Abbazia Greca di Grottaferrata è presente un frammento della statua di Sethi I, rinvenuto nella zona di Grottaferrata stessa. Recentemente l’Abbazia ha compiuto 1000 anni ed è stato di nuovo possibile risoffermarsi sul frammento della scultura (già precedentemente studiata da Sergio Posticco ed in seguito da Silvio Curto).
Il frammento di Grottaferrata, realizzato in granodiorite, conserva la parte inferiore del faraone seduto, privo dei piedi e della base. Nella valutazione del frammento la statua torinese (di Ramesse II) offre un sicuro confronto che permette di ricostruire l’immagine originaria.
La posizione delle braccia della statua di Sethi I è la stessa di quella di Ramesse II. Come nella statua torinese, è probabile che anche nel caso “romano” il sovrano indossasse i sandali e la corona azzurra. Confrontando infine le misure del frammento di Grottaferrata con quelle della statua torinese si può evincere che la statua di Sethi I sarebbe stata alta circa 130 centimetri, quindi molto più piccola (la statua di Ramesse II è alta 194 cm). Da un’iscrizione posta al lato del frammento si è potuto individuare il nome del sovrano (Men-Maat-Ra) e la provenienza: sappiamo quindi che la statua di Sethi I aveva fatto parte dell’arredamento del tempio di Ra ad Eliopoli.
Sethi I fu padre di Ramesse II e figlio di Ramesse I, generale salito al trono in tarda età e fondatore della XIX dinastia. Alla fine della XVIII dinastia, alla corte di un altro generale, Horemhab, Ramesse I aveva iniziato la sua carriera militare, divenendo in seguito visir ed, infine, erede designato. Sethi fanciullo era quindi vissuto nel periodo di uscita dall’epoca Amarniana, epoca questa di totale cesura rispetto al passato. Ci troviamo agli inizi del XIII secolo a.C. Salito al trono, dopo il breve regno del padre, Sethi I ne seguì l’esempio cercando di riportare l’Egitto ad essere una grande potenza internazionale, conducendo campagne nel vicino Oriente e fronteggiando una grande potenza nascente (gli Ittiti). Sul fronte interno ricollocò gli dei della tradizione nei loro templi. Sethi, attraverso le iscrizioni, si manifesta come colui che ha ricollocato Maat sul suo trono. Incentivò grandi lavori nei templi della tradizione.
Il tempio di Eliopoli, dal quale proviene la statua di Grottaferrata, ci ha restituito troppo poche testimonianze delle numerose opere di questo faraone. Che abbia però ingrandito il tempio di suo padre Ra ad Eliopoli è leggibile alla base del nostro frammento. Un altro prestigioso reperto di Sethi I, rinvenuto nel tempio di Ra ad Eliopoli da Ernesto Schiaparelli, è conservato nel Museo di Torino: il naos, restaurato mirabilmente dal professor Alessandro Roccati. Sethi riportò anche l’arte ai canoni di raffinatezza raggiunti prima di Akhenaton, tant’è che, impropriamente, alcuni parlano di rinascimento egiziano. Testimonianza di ciò ne è la sua splendida tomba nella Valle dei Re.
Dopo questa breve parentesi “faraonica” la Capriotti torna a parlare del frammento di Grottaferrata.
Tale frammento fu rinvenuto nel 1885 nell’opera muraria del Castello Savelli di Borghetto. Molto probabilmente la scultura era stata reimpiegata come materiale edilizio. Nello stesso sito, nel 1908, fu ritrovata la parte superiore (la testa) della statua che però venne venduta.
Le vicende dell’alienazione della statua sono narrate da Silvio Curto. Inoltre anche da altri scrittori, in maniera però piuttosto vaga e contraddittoria.
La parte superiore sarebbe stata venduta di nascosto, secondo alcuni autori ad un signore di Roma, secondo altri ad uno straniero. Un’altra testimonianza vede la scultura acquisita successivamente dal Salt Museum di Londra. Sulla base di questa notizia prima Posticco, poi Curto, infine la relatrice stessa tentarono inutilmente di rintracciarla nelle collezioni londinesi.
L’assenza però di notizie della presenza, ai primi del secolo scorso, di una statua di Sethi I nelle collezioni londinesi ha convinto la relatrice a cercare altrove, spulciando nel vivace mercato antiquario romano dell’epoca chiedendosi se la fumosità delle notizie non dipendesse dal dover celare l’acquisto del frammento, per evitare l’insorgere della popolazione di Grottaferrata, come accaduto per altre vendita di reperti in precedenza.
Uno dei protagonisti del mercato antiquario del tempo fu il barone Giovanni Barracco che, giunto a Roma nel 1870, raccolse una straordinaria collezione di sculture antiche, donata in seguito al comune di Roma.
Questi fu un personaggio importante, sullo sfondo dell’unità d’Italia. Nacque nel 1829, in una delle famiglie più potenti del Regno delle due Sicilie. Ebbe un’educazione colta e giovane si trasferì a Napoli. Alla corte napoletana conobbe l’archeologo Giuseppe Fiorelli del quale rimase amico per tutta la vita. Prese casa a Sorrento (tra l’altro, ci dice la relatrice, qui fu rinvenuta un’altra statua di Sethi I, ora esposta nel locale museo) cominciando ad interessarsi di archeologia. La famiglia Barracco, illuminata da ideali risorgimentali, finanziò la spedizione dei Mille. Nel 1861 Giovanni fu eletto deputato nel primo parlamento italiano, giungendo così a Torino. Di Torino apprezza molto il Museo Egizio e, scritto in una sua lettera, le belle “totine” (La tota è la ragazza torinese. ndr).
Seguì quindi il parlamento sino a Roma, dove visse la stagione di Roma capitale, fatta di grandi opere in cantiere, con le conseguenti grandi scoperte di antichità.
Giovanni Barracco mise così insieme una collezione di straordinaria raffinatezza, edificando in seguito a sue spese un museo, donandolo al comune di Roma. Museo in seguito distrutto: la collezione ora è ospitata in un nuovo edificio, su Corso Vittorio, a Roma. Giovanni Barracco morì nel 1914.
Barracco si muoveva con disinvoltura tra i mercanti di antichità. Ed in un catalogo del Museo Barracco, pubblicato nel 1910, compare per la prima volta una testa regale caratterizzata dalla corona azzurra, le cui fattezze rimandano senza dubbio alla XIX dinastia, testa attribuita generalmente a Ramesse II.
Analizzando questa testa si notano analogie con quella torinese, ma anche differenze. Come, ad esempio, l’incisione del sopracciglio, che qui ricorda il naturalismo amarniano. La somiglianza col viso di quella torinese è notevole, nonostante le differenze su sopracciglia e mento. Già Curto aveva posto in relazione le due statue.
La “testa” Barracco, prosegue la relatrice, mostra legami molto stretti con lo stile di Amarna, come si evince anche da una testina del faraone eretico presente a Torino (esposta in questo momento nell’ex ricostruzione della cappella di Kha, nella sala IV, n.d.r.). Caratteristiche analoghe sono state individuate in alcune sculture menfite di Sethi I. La testa Barracco è l’espressione di transito tra la fine della XVIII dinastia e l’inizio della XIX dinastia.
Se la testa Barracco è attribuibile a Sethi I se ne può valutare la sua appartenenza al frammento di Grottaferrata. A tal fine è stato importante confrontare le proporzioni delle misure della statua capitolina con quella di Torino. Inoltre la pietra della testa Barracco è la stessa del frammento di Grottaferrata. Infine l’incisione poco leggibile sul verso della testa Barracco è identica, per larghezza e profondità, a quella del frammento.
A questo punto la Dottoressa conclude, anche in base al ritrovamento di un biglietto scritto di pugno dal Barracco indirizzato a Felice Bernabei, che a suo parere la testa sia pertinente al frammento, e che sia proprio di Sethi I.
Tutto ciò è stato presentato in una mostra per i festeggiamenti dell’unità e di Roma capitale, intitolata: “Giuseppe Barracco, patriota e collezionista”
La statua di Sethi I arrivò a Roma durante il periodo imperiale, quando gli imperatori solevano attorniarsi di antichità egizie.
Tra gli imperatori che più contribuirono alla comprensione del mondo egizio, ci fu senza dubbio Domiziano.
In conclusione, conferenza molto interessante e notevoli doti oratorie della relatrice, che ringraziamo per averci intrattenuto piacevolmente per un’oretta.
Le conferenza dell’Acme sono sempre molto interessanti. Vale sempre la pena prendervi parte.

Alessandro Rolle (ubnimira)
emilioraffaele
00sabato 19 novembre 2011 19:08
Interessante, chissà quanti reperti importanti sono stati sottratti allo studio degli esperti e chissà quanti monumenti egizi sono spariti, riutilizzati per edificare le chiese ed i monumenti di Roma.
-Kiya-
00domenica 20 novembre 2011 17:44
A mio avviso occorrerebbe stilare una sorta di "Catalogo Generale" dei reperti Egizi delle Collezioni di tutto il mondo, quindi processarne i dati con l'ausilio di un supporto hardware e, soprattutto, software adeguato al fine di poter individuare i frammenti pertinenti a un unico oggetto e poterlo, dunque, ricomporre.

Utopia? Assai probabile.... ma nell'attesa che il mio "sogno" si realizzi, ringrazio Ubnimira per averci consentito di prendere parte all'esposizione della Dott.ssa Capriotti, seppur in differita virtuale. Grazie Alessandro! ;)
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