[San Marino 2012] Intervista a Yoshiyuki Tomino, papà di Gundam

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djufo
00venerdì 21 dicembre 2012 14:44
ospite al Anime Festival di San Marino
Riporto alcune interviste effettuate da un paio di siti a Yoshiyuki Tomino, il padre di Gundam, ospite presso il San Marino Anime Festival che si è svolto dal 7 al 9 dicembre 2012.



Vi consiglio di leggerle, perchè sono molto interessanti e analizzano la filosofia di questo Maestro (che personalmente condivido totalmente!) e anche il suo rapporto con l'animazione giapponese moderna.

Da Screeneweek:


Il regista Yoshiyuki Tomino ha incontrato la stampa in occasione della presentazione al San Marino Anime Festival della trilogia cinematografica di Mobile Suit Gundam, realizzata agli inizi degli anni ottanta. Durante il roundtable Tomino ha parlato della figura delle donna all’interno del mondo di Gundam, di quello che ha definito il sense of wonder, ovvero la capacità di guardare qualcosa con gli occhi di un bambino, ovvero in grado di meravigliarsi, sorprendersi al cospetto di qualcosa. Secondo Tomino questo senso della meraviglia potrebbe essere provocato dall’inserimento di qualcosa di irreale e da elementi che ha definito kawai (carini, ndr.).

Visto cosa è diventato oggi l’universo di Gundam, e come si è evoluto dal First Gundam (nella storia dell’Universal Century) fino all’Unicorn, se potesse tornare indietro nel tempo, c’è qualcosa che cambierebbe nel suo lavoro di allora?

“Dunque per quello che riguarda soprattutto il First Gundam, oggi ho anche avuto modo di rivedere alcune immagini, devo dire che non ci sono delle cose in particolare che terrei a cambiare, poi ci potrebbero essere magari alcuni punti specifici che…
Diciamo che si tratta di qualcosa che ha a che vedere un attimo con il formato. Potremmo dire che mi riferisco soprattutto al fatto che ci sono delle parti in cui, forse sarebbe stato il caso di ripensare allo sfondo, [influenzate] dal fatto che al giorno d’oggi esistono i cellulari. E questi cellulari ovviamente utilizzano, comprimo tutto quanto. In questo modo vedere determinate immagini, vedere determinate cose, ci vengono poi riproposte in termini diversi da quelli che erano stati pensati inizialmente, per la visione della stessa immagine.
Diciamo che, l’altra cosa sulla quale mi ero un attimo soffermato, era l’elemento della moda. Diciamo che inizialmente mi ero detto che forse ecco, la moda era qualcosa che andava ripensata. Però poi se ci ripensiamo bene, non è molto facile riuscire a definire quella che potrebbe essere la moda fra cinquant’anni, fra cent’anni. Quindi alla fine diciamo che la risposta che mi sono dato da solo è che forse anche questo non era davvero una necessità, non c’era la necessità di fare alcun cambiamento di sorta”.


Spesso nella serie di Gundam, si vedono donne che con la loro vita e la loro morte, sono state fonti di ispirazione, hanno segnato dei personaggi. Come mai questa figura di donna è presente nelle sue opere e qual’è il messaggio che ha voluto trasmettere?

“Guardi, la risposta che le posso dare è questa che, indicativamente secondo me, l’approccio che hanno i mangaka nei confronti delle figure femminili, sono a volte degli approcci estremi. Potremmo dire che hanno anche una loro parzialità. Però all’interno di tutto ciò, per come la vedo io, no, diciamo che poi alla fine è vero che le donne possono avere un ruolo importante, ma nelle serie, sono altrettanto importanti anche gli uomini.
Siamo sinceri anche nella vita vera, le donne ci girano e ci voltano come vogliono, quindi non è poi forse normale riproporlo anche all’interno di un manga e di un’animazione? Tutto qui”.


Se Gundam non fosse mai stato realizzato e oggi si ritrovasse a proporre una serie come Mobile Suit Gundam, molto incentrata sull’aspetto narrativo, pensa che riuscirebbe a convincere la Sunrise a metterla in produzione? Oppure dovrebbe apportare delle modifiche per fare in modo che abbia più appeal sul pubblico di oggi?

“Io purtroppo a questa domanda non posso risponderle, perché sono dell’idea che un creatore possa alla fine dare vita ad una creazione, tramite un singolo processo produttivo e una singola metodologia produttiva, che ha a che vedere con l’ora, l’attualità. Quindi ci sono determinate cose che possono essere fatte proprio perché adesso viviamo i nostri giorni. Quindi diciamo che, più che pensare al fatto che cambierei o questo o quello, io posso dire che nella realtà, quando ho fatto il primo Gundam, così come quando ho fatto Gundam Z e Gundam ZZ, ogni volta, io cambiavo tutto ciò che era necessario. Diciamo che c’erano questi cambiamenti che venivano apportati perché si trattava di un determinato momento. Quindi chissà anche adesso, forse quello che cercherei di fare, sarebbe di utilizzare quelle che sono le potenzialità invisibili, riscontrandole, riportandole, a quello che viviamo”.

Una cosa che mi ha veramente sorpreso e meravigliato, e favorevolmente colpito, è stato il sense of wonder. Noi abbiamo amato il sense of wonder di tutta la sua produzione, ma per capire meglio la filosofia del maestro, ci potrebbe fare un piccolo esempio di quello che è per lui, nelle sue opere, il sense of wonder?

“Devo dire che purtroppo secondo me, questo sense of wonder che è quello che si cerca di inserire appunto all’interno di una determinata opera, per dargli questo senso del meraviglioso, probabilmente non è presente, diciamo tale e quale, all’interno delle mie opere. E questa è secondo me la ragione per cui Gundam non è arrivato comunque, ai livelli di hit che altre opere sono riuscite a ottenere”.


Questa cosa del sense of wonder, penso abbia affascinato molti. Probabilmente uno ci nasce, o non ce l’ha. C’è un modo per chi non ce l’ha o per chi lo perde diventando adulto, di mantenerlo attivo, di rinforzarlo?

“Come dire, non ho abbastanza senso per poter rispondere ad una domanda così difficile. Però prima del discorso del sense of wonder, vi avevo fatto il discorso inerente alla realtà e all’irrealtà di determinate situazioni. E secondo me, se si riuscisse a riversare all’interno di una storia, una soluzione irrealistica, irreale, allora forse questo potrebbe portarci al sense of wonder del ventunesimo secolo. Ad esempio anche le scelte, le decisioni che vengono fatte al giorno d’oggi dai politici, secondo i loro canoni di realtà e realismo, se si riuscisse ad avere una visione più oggettiva di tutte quelle che sono le loro attività lobbistiche, e di come queste sono poi estremamente sbagliate, crudeli, ecco se si riuscisse a dipingere tutto questo, giustamente, capendo qual’è la differenza tra la loro realtà e quella che invece è l’irrealtà, l’irrealismo che noi dovremmo cercare, ecco quello forse sarebbe un buon sense of wonder.
E poi un altro esempio pratico. Prima mi è stato chiesto della figura femminile, se noi ad esempio cercassimo una storia in cui cerchiamo di capire se le femmine sono davvero Venere (la divinità greca, ndr.) o non sono Venere, questo potrebbe essere un altro sense of wonder, un altro senso si meraviglia.
Nel momento in cui ho fatto questo discorso, mi sono ricordato che nella mitologia greca non è che tutte le donne fossero come Venere, c’erano anche quelle che si trasformavano in demoni, quelle che si trasformavano in serpenti… Però anche essere carpito da delle donne di questo tipo, potrebbe essere un tipo di elemento onirico, di sogno che sarebbe bello riproporre come sense of wonder.
Proseguendo questo discorso, quello che voglio dire, è che mi rendo conto che più si va avanti nel futuro, sarà senza dubbio possibile riuscire a creare un nuovo sense of wonder, senso di meraviglia. E per questo motivo sarà anche necessario avere, sia dell’animazione che dei manga che con le loro immagini possano trasmettere una storia che avrà sempre più spessore, sempre più peso”.


Che idea si è fatto dei fan italiani di Gundam?

“Innanzitutto quello che penso nei confronti dei fan è un fortissimo senso di gratitudine e al contempo, io mi rendo conto che nei confronti di quei fan che adesso sono cresciuti, sono di una fascia di età più alta, il fatto di non essere poi riuscito a dare un messaggio di un altro tipo, è stata una mia mancanza di forza, una mancanza di potenza, nel riuscire a come dire, tenere un contatto, come in passato, ecco questo mi dispiace”.

Il signor Tomino, all’interno del suo discorso, ha detto come è importante l’elemento del grazioso, l’elemento del bello, che è poi quello che aiuta a costruire la storia. Adesso che il mondo è diventato un posto ancora più piccolo, dove è anche più facile comunicare, qual’è il tipo di storia, di nuova opera che il maestro Tomino sta pensando di fare?

“Non me la sento di dare una risposta, perché molto probabilmente non so se sarò messo nelle condizioni di creare nuovamente delle storie o meno. Questo perché, appunto, per riuscire a farle ci sono delle condizioni, e queste condizioni, che erano le stesse di cui ho parlato precedentemente, il fatto che bisogna prendere in considerazione la mentalità non solo di una singola persona, ma la mentalità di un gruppo di persone, e che anche questo gruppo di persone, abbia dentro di sé l’elemento di vedere il mondo come un bambino, ecco è necessario avere qualcuno adesso, al giorno d’oggi, che sia in grado di riuscire a spiegare e a portare avanti questo messaggio. Quindi sopratutto stando qui, in questi giorni, al di là di quello che è stato l’elemento di venire fisicamente qui [a San Marino], ho avuto modo di constatare la democraticità, la democrazia che c’è qui in questo paese. E l’ho proprio constatato di prima persona. Adesso che ritorno in Giappone, mi rendo conto come la democrazia che è stata proposta in Giappone, è solo una forma di americanizzazione, ed è proprio diventata una linea retta fra l’America e il Giappone, che ha fatto si che la posizione dello stesso Giappone, divenisse qualcosa di diverso da quella che dovrebbe essere. Questo viene appunto rispecchiato all’interno di quelle che sono le politiche che si vedono a Tokyo. (Tomino molto probabilmente fa riferimento alla proposta di legge dell’ex governatore di Tokyo, Shintaro Ishihara, che rivisita il decreto sui giovani, riguardante quelle che vengono definite pubblicazioni ‘dannose’ per i minori, ovvero manga e anime che sono ‘sessualmente stimolanti, favoriscono la crudeltà, e/o possono spingere al suicidio o a comportamenti criminali’. All’industria è stato richiesto di auto-regolamentare questo tipo di produzioni. Molti mangaka si sono opposti a questo disegno di legge ndr.)
L’animazione potrebbe essere invece utilizzata, in pratica, come modo per veicolare un messaggio nei confronti dei bambini. Quindi io probabilmente non sono più in grado di creare un’opera di questo genere, però sarebbe bello se una nuova generazione, facendo rivivere quello che è lo spirito della democrazia di San Marino, riuscisse a dare un significato più ampio a questo tipo di democrazia, a questo tipo di valori, che potessero poi essere riproposti all’interno di una storia”.

Tomino ha concluso l’incontro con i giornalisti dicendo:

“Grazie mille, ma ricordatevi, tutti gli esseri umani devono diventare Newtype (dei nuovi individui che hanno una maggiore sensibilità, ndr.)”.




Nella prima giornata del San Marino Anime Festival, l’ospite d’onore della manifestazione Yoshiyuki Tomino, di cui abbiamo già pubblicato il roundtable con i giornalisti, ha tenuto un discorso sull’animazione giapponese, di cui vi offriamo la completa trascrizione. L’incontro si è tenuto dopo la proiezione del primo film cinematografico di Mobile Suit Gundam e di una reel in cui sono stati mostrati in successione, tutti gli anime a cui Tomino ha lavorato. Il regista ha cominciato il suo discorso con un excursus sul cambiamento dell’animazione giapponese in questi 59 anni, e su come è stata influenzata dai prodotti commerciali.

“Come avete potuto già vedere da queste immagini iniziali, potete capire come sono già passati trent’anni dalle prime immagini che avete avuto modo di vedere. E inoltre va comunque detto che in Giappone le trasmissioni settimanali d’animazione, iniziarono indicativamente nel 1963, quindi sono già passati 59 anni da allora.
Da questo punto di vista, la televisione giapponese ha presentato qualcosa che è diventato un ‘unicum’ della propria storia, perché abbiamo dato vita a una produzione che in quel momento non si trovava da nessun altra parte del mondo, nemmeno in Europa, era molto caratteristica. Da questo tipo di sviluppo, sono cominciati una serie di, chiamiamoli programmi fissi, appunto in Giappone, che cominciavano ad avere un approccio che non si limitava semplicemente al varietà, ma dava uno spunto estremamente più sviluppato in quello che riguardava l’ambito commerciale. Da questo punto di vista quindi, la Japan Animation cominciò ad avere un carattere affaristico, e questo era diventato il nuovo metodo di sviluppo.
Ovviamente all’interno di questa storia, anche i produttori hanno avuto un cambio generazionale, quindi potremmo già dire che forse la generazione attuale è la terza. E comunque va detto che per quel che riguarda i miei tempi, se si aveva a che fare con la produzione televisiva, per la società era come se ti trovavi in fondo alla scala sociale, c’era questo tipo di approccio. E ovviamente anche se all’interno di questo [tipo di produzione], non si aveva le capacità, e non si era in grado di disegnare manga o le immagini in generale, questo portava ovviamente a un livello di distacco ancora maggiore rispetto all’attività. E quindi in realtà, anch’io non mi trovavo nella posizione di pensare me stesso, come a una persona perfettamente integrata nella società lavorativa.
Però ricordo ancora perfettamente che appunto, ritrovandomi all’interno di quel processo di produzione, comunque provavo una serie di elementi interessanti, ovviamente c’erano le opere originali che erano dei manga che poi venivano utilizzate per la trasposizione in anime, e io mi rendevo conto che tutti questi elementi, sia gli originali che le trasposizioni, erano qualcosa che sinceramente mi prendevano. E ricordo che cercavo di metterci anima e corpo per riuscire a dare vita a qualcosa di questo tipo. Ecco questo è qualcosa che riesco a ricordare perfettamente come se fosse ieri.

Inoltre, parallelamente a me, che cercavo appunto di fare il possibile per quello che riguardava l’animazione, vedevo che c’era una controparte che si specializzava molto di più in quello che era l’aspetto commerciale del business, prendendo l’animazione da un punto di vista totalmente diverso, estremamente accentrato sulla commercialità e mi rendevo conto anche di questa dicotomia. Era come se, venendo a far parte di un certo tipo di società lavorativa, non si riuscisse più a dare vita all’animazione e ai manga, così come si faceva in principio. Diciamo che venivano persi i mezzi per riuscire a farlo.
E quindi ritengo che all’interno del cambio generazionale, che ha avuto luogo negli ultimi dieci anni, è vero che siamo riusciti a capire un po’ quelle che sono le direzioni, le direttive della Japan Animation, però al tempo stesso ci sono state delle esagerazioni che hanno avuto luogo sopratutto negli due e tre anni, e quindi c’è stato proprio questo tipo di crescita. Nel momento in cui si prendeva, l’approccio della società lavorativa che voleva quindi concentrarsi su questa parte del business, si capiva come l’approccio diventasse totalmente legato al mercato in cui si cercava di creare delle opere che avessero comunque, una loro compiacenza nei confronti del mercato.
Nel momento in cui si decide di avere una produzione animata, ovviamente è necessario avere dei fondi. Per avere dei fondi quindi, si comincia ad avere un approccio commerciale, quindi diciamo che si ha una specie di industrializzazione della produzione dell’animazione. Questo è ovviamente un passaggio naturale, però nel voler fare questo, nell’avere questo tipo di approccio commerciale, che è al contempo un elemento necessario, bisogna anche cercare di capire quali sono le tendenze, da utilizzare all’interno dell’opera stessa, finendo per avere un rapporto di gestione fra l’opera e l’elemento di business che, non vorrei dire che è negativo però, insomma…
Però ovviamente grazie all’elemento di business interno all’animazione, è stato possibile avere un allargamento, un espansione, di questo settore e questo ha fatto sì che divenisse un vero e proprio vettore che ha avuto un impatto nella società, che ha fatto sì che all’interno della società attuale, la società moderna, comici ad esserci una specie di dialogo, di doppia presa di posizione”.


Un altro aspetto molto importante per il regista riguarda l’evoluzione dell’animazione che non riguarda il mero uso della computer grafica, ma la controtendenza ad animare di meno, nonostante gli avanzamenti tecnologici propri del settore.

“Inoltre c’è un altra cosa, un altro elemento da tenere in considerazione per quello che riguarda la produzione soprattutto degli ultimi tempi, la CG (Computer Grafica). La CG è un tipo di tecnologia che viene utilizzata adesso nel cosiddetto ambiente di produzione, però la sua implementazione ha fatto sì che ci fosse una forte influenza, che questa avesse un forte ascendente nei confronti delle stesse opere. Andando proprio a modificare determinati tipi di opere a causa della propria presenza. Inoltre bisogna tener conto che utilizzando questo tipo di tecnologia, ci sono dei costi di produzione, inoltre bisogna creare una programmazione che sia adatta a questi utilizzi, però non sempre si riesce a farlo nel migliore dei modi.
In pratica, nel vedere l’utilizzo di questa tecnologia, mi sono reso conto che si sta creando un certo tipo di tendenza che è derivata da un esagerazione visiva. Ovvero il pensiero, l’idea, che utilizzare un altissima risoluzione in realtà possa essere di aiuto alla stessa opera. All’interno della Japan Animation, soprattutto quella che si rivolge agli adulti, si utilizza proprio una strana forma di animazione stessa, molto singolare, in cui alla fine non è più utilizzata l’animazione vera e propria. Per essere ancora più specifici, voglio che dirvi che per esempio ci sono delle animazioni in cui alla fine non c’è molto movimento delle immagini.
Per quanto riguarda l’animazione, se ci pensiamo, qual’era in realtà il suo principio? Era quello di avere un’immagine o più immagini, alle quali veniva apposto del movimento. E per poter fare tutto questo, sono stati fatti determinati studi, determinate ricerche che hanno poi dato vita all’animazione. Al giorno d’oggi, nonostante le tecnologie sono molto più avanzate rispetto al passato, si ha tuttavia una tendenza diametralmente opposta che è quella di fermare le immagini.
Quindi io non riesco a capire perfettamente qual’è la ragione di questo tipo di approccio, però quello che posso immaginarmi è che semplicemente, è derivato derivato dall’uso come dire… da un gusto più adatto ad un pubblico di una certa età, che non ha niente a che fare con quello che era l’approccio principale di una volta, che era più semplice”.


A questo punto Tomino ha introdotto due concetti molto importanti: il termine giapponese kawai (carino, ndr.) e il punto di vista con gli occhi di un bambino. Due elementi che per il regista sono fondamentali per la ricerca di un creatore e la produzione di un’opera.


“Credo che all’interno di questo ambiente, sia necessario nuovamente cominciare a creare delle pianificazioni, dei programmi, tornando ad avere il punto di vista dei bambini. Però è facile dire che bisogna cercare di prendere, di carpire quello che è il punto di vista di un bambino, tuttavia per una persona che ormai è diventata totalmente, irrimediabilmente adulta, è abbastanza impossibile riuscire a vedere con gli occhi di un bambino.
Credo che sia necessario riuscire a ritrovare come in passato, delle persone che abbiano voglia, un’incredibile voglia, e che abbiano questo impulso incredibile di volere incominciare a fare animazione, di volere fare manga, cioè qualcosa dal più profondo della loro personalità. Ecco dobbiamo cercare di ritrovare gente come questa.
Però forse un modo per riuscire a spiegare come secondo me un adulto possa riuscire a vedere con gli occhi di un bambino, è l’avere costantemente dentro di sé delle domande, della curiosità nei confronti del mondo. Nel momento in cui si dovesse riuscisse a diventare dei portatori di queste domande, di queste curiosità nei confronti del mondo, forse si riuscirà anche ad avvicinarsi al punto di vista di un bambino. Voglio che si capisca chiaramente che il cercare di avere gli occhi di un bambino e l’avere gli occhi di un bambino, sono due cose ben distinte e separate.
Le immagini che si trovano all’interno di un manga così come le immagini che spesso si vedono nell’animazione, hanno un punto in comune che è quello di essere gradevoli, graziose da vedere. E dovete sapere che per quel che concerne il guardare delle cose graziose, all’incirca due mesi fa l’università giapponese ha condotto una ricerca secondo la quale, il vedere delle immagini che possono essere estremamente graziose, come il cucciolo di un animale, dopo aver visto queste immagini, e ripreso successivamente l’attività lavorativa, quest’ultima ha un rendimento molto più elevato. E quindi i risultati di questo esperimento mi hanno fatto capire una cosa, che ho sempre percepito su di me: una persona che è estremamente seria, come dire, che ha un approccio estremamente serio nei confronti della vita forse non riuscirà del tutto a creare dell’animazione, ma anche una persona che come dire, un po’ come me, ha cercata di lavorare da subito nell’animazione, ha comunque percepito quell’elemento del grazioso, quell’elemento del bello. E quell’elemento del bello all’interno dell’animazione è diventato un po’ la forza motrice che mi ha dato la possibilità di continuare a lavorare per tutto questo tempo.
Mi sono un attimo perso, non so neanch’io cosa voglio più dirvi”.


“In pratica, quello che voglio cercare di dirvi è che un adulto, una persona di una certa età, una persona della mia età, può cercare nella propria vita di creatore d’animazione, di trattare dei temi che sono estremamente seri, però al tempo stesso può cercare anche di utilizzare questo elemento del grazioso. Però se qualcuno mi dovesse dire come cercare di esplicare, di spiegare come questi due elementi, del serio e del grazioso possono essere combinati, be forse non si tratta di qualcosa che è molto facile da spiegare e credo che per questo motivo, poco fa, mi ero un attimo perso. Credo che per riuscire a spiegare ancora meglio questo concetto sia necessario farvi un altro tipo di discorso.
Siamo al corrente che ci sono state delle persone che hanno avuto nella vita un approccio estremamente serio dovuto alla propria personalità. Hanno sempre lavorato seriamente, anche nel settore di lavoro. Poi, a un certo punto, non sono riuscite a seguire perfettamente quelli che erano gli approcci che dovevano gestire nei confronti della realtà. Invece, le persone che non avevano quel tipo di serietà caratteriale, ricercavano invece dentro di loro un qualcosa che avesse questo elemento del grazioso e probabilmente, queste persone sono riuscite ad ottenere delle soluzioni molto più realistiche degli altri, perché avevano questo qualcosa in più.
Comincia già a delinearsi un po’ meglio, il tipo di discorso che volevo fare. Perché anche nella vita quotidiana di tutti quanti voi ci sono degli elementi, ci sono delle scelte che vanno fatte, alcune in modo realistico e altre vengono eseguite anche in modo poco realistico.
Proviamo a pensare alle persone, ai rappresentanti della politica, ai rappresentanti dell’economia. Sono delle persone senza dubbio estremamente serie, però hanno un problema, loro guardano sempre le cose dall’alto verso il basso e questo è un approccio sicuramente non realistico, perché alla fine è anti-realistico, qualcosa che si allontana da quella che potrebbe essere la verità dei fatti. Questo avviene molto probabilmente, perché nella loro vita non hanno niente di grazioso, non hanno niente di bello accanto, e per questo motivo, secondo me, alla fine i loro sensi cominciano ad avere una sorta di annichilimento. Nel momento in cui si decide di pensare solo al profitto, bisogna anche capire che il profitto, non è la vita vera.
E poi ho un esempio che probabilmente potrebbe essere un po’ più facile da proporre, che ha a che vedere con la mia vita personale, vediamo se potrà essere di maggiore aiuto.
Quando ho cominciato a dedicarmi a Gundam avevo un’età intorno ai 30-35 anni, ecco in quel periodo ero una persona come dire, ero particolarmente emotivo di carattere. E c’è stato proprio un periodo in cui mi sono proprio reso conto che la ragione per la quale sono riuscito a concludere la mia vita senza ammazzare nessuno, è dovuto all’aver potuto fare questo tipo di lavoro. Quel che cercavo di fare era di essere circondato – ero ovviamente circondato facendo questo tipo di attività in Giappone – da cose graziose, e poi quando mi sono dato alla creazione di Gundam, mi rendevo conto come trattando degli argomenti di vita e di morte, io stesso cominciavo ad avere una maggiore presa di coscienza di quello che succedeva sia all’interno della storia ma anche nella verità dei fatti. Cioè, con l’emotività che io ero riuscito a percepire tramite la creazione di quest’opera, alla fine mi sfogavo all’interno dell’opera, capendo che un atto come l’omicidio o qualcosa del genere, fosse qualcosa che doveva essere completamente esule dalla vita di un essere umano.
Comunque è anche molto importante che nel momento in cui si crea un’opera, si produce dell’animazione, è sempre molto importante tenere in considerazione tutti quelli che sono quegli elementi che non sono semplicemente quelli del ‘mi piace’ o del ‘non mi piace’, ma che ci sia comunque un altro tipo di livello di profondità”.


Un altro tema molto importante, introdotto da Tomino, è quello del Sense of Wonder (senso della meraviglia, ndr.) una caratteristica che deve essere propria di ogni creatore e che è fondamentale per la protezione del settore dell’animazione. L’argomento era stato ripreso in parte anche durante il roundtable con i giornalisti.

“Adesso che vi ho d’avanti a me, vedo che siete tutti quanti degli adulti come lo sono io, ebbene secondo me è molto importante che adesso noi riusciamo a trovare dei creatori che non sono riusciti a diventare adulti. E’ importante riuscire a trovare dei creatori che abbiano un impulso incredibilmente veemente, per la creazione di queste opere che vengono appunto viste con gli occhi di una persona che non è diventata adulta, e solo facendo così riusciremo anche a proteggere questo settore.
E probabilmente, anche per quello che riguarda il settore della cinematografia c’è quello che viene definito il Sense of Wonder, il senso della meraviglia. Tuttavia questo elemento è qualche cosa che bisogna aver percepito chiaramente nella propria vita per riuscire a dare vita ad un opera, perché altrimenti se ci si limita semplicemente a utilizzare la digitalizzazione, alla fine non necessariamente si riuscirà a esprimere questo tipo di senso. Per quel che riguarda il senso della meraviglia, uno dei possibili approcci da prendere in considerazione, sia per i manga che per l’animazione, potrebbe anche essere il darsi al mondo della fantasia.
Però ovviamente deve essere ben chiaro che semplicemente il fatto di disegnare un mondo che non è il nostro o semplicemente fare un’immagine bellissima, questo non ha niente a che vedere con il Sense of Wonder, perché di immagini bellissime ormai ne abbiamo viste quante ne vogliamo. Il Sense of Wonder, il senso della meraviglia è la storia così com’è.
Probabilmente forse abbiamo ancora un altro po’ di tempo e sarebbe bello anche riuscire a spiegare quello che dicevo prima ‘la storia così com’è’, intesa come espressione del Sense of Wonder.
Sapete, ovviamente c’è già una combinazione famosa, quella della Bella e la Bestia, ovviamente è stata fatta anche da Disney, ma quella non è una combinazione del Sense of Wonder. Però se nell’ultima scena la Bella dovesse tramutarsi in bestia, quella allora potrebbe diventare qualcosa che ci potrebbe dare stupore e questo senso della meraviglia. Questo è semplicemente un pensiero, lanciato così. C’è qualche cosa che magari non è risultata particolarmente chiara all’interno della mia spiegazione? Qualche aggiunta che sarebbe bene fare?”.


Avviandosi verso la conclusione del suo intervento, Tomino ricorda il sensei Osamu Tezuka, soprannominato ‘kamisama’ (il dio dei manga, ndr.), per il quale ha cominciato a lavorare agli inizi della sua carriera.

“Allora forse posso parlare un attimino di più sulla ricerca di un creatore che abbia un approccio alla vita un po’ più da bambino. Come sapete ho avuto un grande maestro, che era Osamu Tezuka che tra l’altro era una persona che aveva una grande conoscenza della medicina (Tezuka era laureato in medicina, e questa sua conoscenza è stata molto utile soprattutto nel manga di Black Jack, ndr.). Ed era anche il presidente della Mushi Production, di cui io sono entrato a far parte, quindi per me, lui era ovviamente un adulto. E ovviamente ha continuato a scrivere dei manga famosissimi per 20 anni, che sono stati tutti di grande successo ed aveva anche una grande conoscenza nel campo della medicina, quindi era normale che lo considerassi un adulto a tutti gli effetti, una persona formata.
Eppure quando vedeva che c’erano anche dei giovani mangaka che facevano delle opere che avevano un certo successo, diciamo che aveva dentro di sé dei sentimenti che potevano essere di una certa invidia e di una certa gelosia. E quindi tutti quanti avevano ben capito che non era corretto, non si doveva per nessuna ragione cercare di imitare quelle che erano le opere di Osamu Tezuka. E questo secondo voi è un tipo di comportamento da adulti? In pratica, aveva 45 anni, aveva quelle che erano le sue attività, però per riuscire ad avere successo, se doveva utilizzare delle ulteriori tecniche come farsi copiare o non farsi copiare, ecco cercava sempre di usare degli approcci che magari potevano anche essere contestati.
Quindi quello che voglio dirvi è questo, che in pratica Osamu Tezuka fino al momento della sua morte è stato sempre un bambino. Come un bambino, ha sempre avuto questo fortissimo spirito di competizione, voleva che le sue opere fossero lette da quanta più gente possibile. Quindi, anche quando gestiva la Mushi Production, non gli interessava usare delle tecniche che erano state utilizzate dalla nuova generazione, lui le usava perché voleva che quanta più gente possibile venisse a conoscenza di quello che stava facendo, e che quanta più gente potesse leggere le sue opere. E questo tipo di visione di bambino è il tipo di creatore che noi dovremmo cercare al giorno d’oggi”.


Tomino ha concluso questa lunga riflessione sull’animazione giapponese, ricordando l’importanza nel processo, degli studi d’animazione.

“Ovviamente poi l’animazione è un lavoro che necessita di uno studio d’animazione e credo fermamente che per riuscire a creare un’animazione non possano bastare semplicemente uno scrittore e uno sceneggiatore, e poi soprattutto mai e poi mai devono essere la stessa persona. Perché l’immagine ha una sua interpretazione che dev’essere riproposta da un numero di persone, e, solo grazie a questo numero di persone potrà diventare un fantastico vettore.
E io sono convinto del fatto che per riuscire ad amministrare la produzione, sia di un film ma anche dell’animazione, che ovviamente è gestita da adulti, è ovviamente necessario riuscire a condensare in tutto questo il pensiero e le azioni di un numero di persone che poi possano diventare un unico elemento, che sia al contempo un elemento di pluralità. Ci sono già delle tendenze negative, sapete, basta andare su YouTube, dove potete vedere delle opere che sono state create da una singola persona, anche perché adesso, utilizzando le tecnologie digitali, è possibile che una singola persona riesca a creare tutto, creando così il pensiero, che un singolo può riuscire a creare un’intera animazione. Io credo fortemente che tutti quanti noi adulti, dobbiamo ben tenere a mente che il lavoro delle immagini, il lavoro dell’animazione non è assolutamente un lavoro che deve essere intrappolato nella mente di una singola persona, anzi dev’essere completato e rifinito grazie al cosiddetto Stage Work, cioè al lavoro che viene fatto all’interno di uno studio d’animazione, tutti insieme.
Quindi secondo me è molto importante che ci siano questi cuori all’unisono che lavorano tutti quanti assieme e possono dare vita a quella che diventa un’opera, con la sua grandezza, con il suo splendore. E sarebbe anche bellissimo se tutto questo potesse essere riflesso anche nei termini che ho visto in questi giorni a San Marino con la sua grande democraticità. Sarebbe bello se la democrazia che ho visto qui a San Marino potesse poi essere proposta all’interno di un ambiente lavorativo come quello del settore dell’animazione”.





Da Gundam Core:


Intervista a Yoshiyuki Tomino

Nella sala erano presenti il maestro Tomino, il suo interprete, lo staff del SAF2012 e il gruppo formato da Gundam Core e Nanoda. Quelle che vi facciamo leggere di seguito sono le domande di Gundam Core, a cui Tomino ha risposto in diretta per la video-intervista.

Com’è nato il concetto di Newtype? Come Zeon Deikun, pensava anche lei a uno stadio evolutivo della razza umana, in grado di comprendersi a vicenda senza bisogno di parole? O in fase di produzione si è fatta subito strada l’idea di inserire guerrieri con abilità fuori dal comune?

Il concetto di Newtype, innanzitutto, era un elemento che ben si sposava con l’ambientazione Sci-Fi, che insieme ai giganteschi mecha orientava la serie verso il futuro. Un bambino che si rapportava con questa serie non doveva limitarsi a percepire esclusivamente la disperazione, ma anche riuscire a comprendere il cuore o la mente dei personaggi, in un approccio più puro.

Per quello che invece riguarda i poteri mentali dei Newtype, come Zeon Deikun posso solo dire che non credo che esistano e sarebbe un male se esistessero davvero.
Per il genere Sci-Fi, tuttavia, si trattava di una possibilità da esplorare, a cui io stesso ho dato vita credendo nel suo successo. Durante lo sviluppo della serie, nel momento in cui iniziai a costruire il personaggio di Zeon Deikun, cominciai a capire dove la sua personalità sarebbe andata a finire, rendendomi conto che si stavano creando numerose sfaldature nella stessa. E allora pensai: “Un essere umano fatto in questa maniera sarebbe solo un oggetto di comodo”. E così decisi di farlo morire.


Ring of Gundam sarà limitato al cortometraggio già uscito o, in futuro, potrebbe aprire la strada a un nuovo capitolo per l’Uchuu Seiki? Nonostante Gundam sia passato in mano alle nuove generazioni, la sua impronta di regista resta inimitabile.

Per quello che riguarda Ring of Gundam, è diventato ciò che ha già visto, ovvero un cortometraggio (Tomino usa il termine “short movie”). Devo dire che a livello di pianificazione inizialmente pensai che potevano esserci sviluppi che lo facessero diventare una serie, tuttavia, dalla direzione intrapresa, ho capito che purtroppo non si trattava di un prodotto abbastanza valido. Nel senso che, anche a livello pratico, non ho avuto particolari riscontri da parte del pubblico, quindi non avrebbe mai potuto trasformarsi in qualcosa di più ampio come una serie. Resta quello che è, un cortometraggio.

E per quanto riguarda il futuro dell’Uchuu Seiki? (nome con cui viene indicata la timeline Universal Century in giapponese)

Non posso dare una risposta azzardata, da parte mia. E non posso nemmeno dirle perché. Dovrebbe per favore aspettare due anni. Anche se io potrei morire fra un anno. E comunque dovrebbe aspettarne due. Quella che lei ha appena fatto è una domanda scomoda, e mi costringe a risponderle in questo modo.
(criptico, ma esplicativo: il futuro dell’Uchuu Seiki è l’anime di THE ORIGIN. Con questa risposta Tomino ci ha fatto capire che non si tratta di un lavoro a cui lui sta prendendo parte e che sarà lanciato tra due anni. n.d.Z.)

Quando avete creato la prima serie di Gundam siete stati limitati molto dagli sponsor che chiedevano mecha facilmente vendibili sotto forma di giocattoli. Al giorno d’oggi i GUNPLA sono parte integrante del franchise di Gundam, anime e modellismo si sostengono a vicenda. Lo considera un problema per l’animazione giapponese? A lei piacciono i GUNPLA?

Per quello che riguarda i GUNPLA, c’è da dire ovviamente che si tratta di giocattoli, e la trasmissione televisiva viene considerata una sorta di programma che li pubblicizza, al punto che determinati prodotti vengono proposti all’interno delle storie appositamente per la vendita. Per noi alla fine diventa un dovere presentare il prodotto fisico e mostrarlo all’interno dell’animazione. Detto questo, il rapporto fra giocattoli e animazione non è assolutamente un elemento negativo, anzi, ritengo che sia il contrario. Inoltre, le richieste avanzate dall’esterno vengono integrate e assorbite all’interno della produzione, e non si limitano solamente al mondo dei giocattoli. Li ritengo un valido elemento. Se poi lei mi chiede se mi piacciono o meno i GUNPLA, facendo parte di questa catena non crederà mica io le possa dare una risposta diversa da quella che deve essere (un modo come un altro per dire che è in qualche modo costretto a dare un giudizio positivo sui GUNPLA, n.d.Z.).

Ha mai montato un GUNPLA?

(ride) Inizialmente esistevano solo quelli assemblabili in un certo modo, invece adesso sono diventati complicati. All’epoca ordinai dei prodotti direttamente dai produttori, ma non erano come quelli attuali che si incastrano perfettamente e hanno un loro perché a livello fisico. Devo comunque dire che gli attuali non li monto perché sono complicatissimi, quindi no, non ci tengo. È per questo che devo dire di nutrire una grandissima ammirazione nei confronti di chi riesce al giorno d’oggi a montare GUNPLA. È una cosa complicata. Ciò che penso è che avrei bisogno di avere un GUNPLA senza braccia e senza gambe, e sarei a posto.

Una Ball? (ride)

Sarebbe troppo noioso. Se sono troppo noiosi non vanno bene comunque. La scelta di kit si è fatta sempre più vasta, e il fatto che siano diventati così complicati non è certo una cosa negativa.

Quanto le dinamiche di marketing influenzano la sua ispirazione durante la direzione di una serie?

La risposta a questa domanda potrebbe essere semplice, ma allo stesso tempo complicata. Devo dire una cosa: nel momento in cui decido di lanciare qualcosa per la trasmissione in televisione si interrompe anche la connessione ai miei gusti personali, devo corrispondere a quelli che sono i miei sponsor e alle determinate condizioni a cui devo appunto dare la precedenza. Non arrivo nemmeno allo stadio in cui si prende in considerazione l’ispirazione.
È anche vero che da un certo punto di vista non intendo dire che l’ispirazione non sia necessaria. Oltretutto, nella parte iniziale è necessario che questa “bolla” sia presente dentro di sé, perché se ciò non accadesse avrebbe luogo un inferno, un qualcosa molto complicato da gestire. È facile seguire la propria ispirazione inserendo a piacere ciò che più ci piace. Diversa è la condizione in cui si evoca l’ispirazione facendo sì che possa rispondere a tutti i prerequisiti richiesti. Diciamo che se ad un tratto prende vita qualcosa fatta d’impulso probabilmente non si dà realmente voce a quella che è l’ispirazione. Immagino che quelli che noi consideriamo geni sono quelli che riescono a sovrapporre varie ispirazioni istintivamente.


Qual è, fra tutte le sue produzioni animate, quella che preferisce?


Questa è una domanda che mi mette in difficoltà. È ovvio che non esista una mia serie che possa considerare la mia preferita, se dovesse esserci una preferenza nei confronti di un’opera rispetto a un’altra sarebbe come se l’autore di quella singola opera venisse meno. Un singolo autore non potrebbe creare una singola opera perfetta. E non ci si può innamorare di cose che non siano perfette.
Quindi, se si pensa in questo modo si può arrivare alla creazione di un prodotto che è giusto tenere sempre in considerazione quanto gli altri.


Hollywood sta scoprendo il genere robotico fra Transformers, Real Steel, Pacific Rim e le armature di Iron Man. Tutto questo grazie alla CGI che permette ormai il fotorealismo assoluto. Esiste, secondo lei, in questo contesto cinematografico lo spazio per una trasposizione del suo Gundam, di gran lunga il real robot più fortunato e noto internazionalmente? (in collaborazione con Satyrnet)

Non sono né un produttore né un manager, non posso darvi una risposta.

Ha mai avuto intenzione di dedicarsi nuovamente a Turn A Gundam? Magari scrivendone un prequel? (in collaborazione con Satyrnet)

Credo che non ce ne sia la possibilità. Quindi non gradisco dare una risposta che sarebbe semplicemente personale.

Di recente ha annunciato che sta lavorando a una nuova opera, G-Reco. Potrebbe parlarne e rivelarci maggiori dettagli su quanto è trapelato fino ad adesso? Sarà totalmente indipendente dall’universo di Gundam?

(Fa finta di non sapere di cosa stiamo parlando)
Che cos’è G-Reco? Non ne ho mai sentito parlare.

Shinji: (ride)
Zechs: Gravity Records.


Capisco ciò che volete chiedermi. G-Reco è in realtà quello che nell’ambiente al momento utilizziamo come nome in codice. È ovviamente un progetto ancora impostato su questo livello, qualcosa di cui non posso lasciare alcun commento. Però, visto che oggi ci troviamo in un posto così felice, in un’occasione così speciale, mi sembra giusto magari dare qualche tipo di spunto a cui i fan di Gundam si possono aggrappare.
Non ho intenzione di fare un’opera che i fan di Gundam, appunto, si aspettano. Ho intenzione di fare qualcosa che sia rivolta ai piccoli, e spero di riuscire a far sì che si tratti di una bella opera. Me ne sono accorto ancora di più stando qui con voi: la generazione attuale di bambini ha bisogno di vedere una storia che li colpisca tanto quanto quella che avete visto voi alla loro età. Quindi è giusto che l’animazione giapponese faccia questo passo per le generazioni di piccoli e piccolissimi. Credo che questo mio modo di pensare non sia sbagliato. Quindi non vi preoccupate, la mia prossima opera non vi riguarderà affatto.


Ma noi la guarderemo lo stesso!

In realtà proprio tramite questa conversazione e attraverso ciò che mi dite sono riuscito a capire quanto il lavoro che mi aspetta sia ancora più complicato, sarebbe stato molto più facile creare qualcosa per voi.

Un’altra domanda. Vorrei chiederle qualcosa in merito al tema dello schiaffo. In Kidou Senshi Gundam, Sayla schiaffeggia Kai, Bright schiaffeggia Amuro e Amuro stesso schiaffeggia Fraw Bow. C’è un motivo particolare per cui ha usato proprio questo gesto per far riprendere ogni volta il personaggio in questione?

Perché gli esseri umani, fino a pochissimo tempo fa, hanno sempre utilizzato questo metodo. Adesso nel vederlo si prova un certo senso di straniamento, ma bisogna però tenere conto che tale gesto è considerato sbagliato solo oggi. I nostri contemporanei hanno sempre mal giudicato la violenza mettendole delle restrizioni, ma non sono anch’esse una forma di violenza che nega uno stato dell’essere? Ecco, questo è il tipo di domanda che tramite la mia animazione voglio continuare a mettere in evidenza.
Al momento il bullismo è un fenomeno dilagante in tutto il mondo. Mi chiedo se saremo mai in grado di riuscire a fermarlo, e per questo credo che sia importante insegnare ai bambini la verità: che esiste. Non voglio che crescano ignari della violenza, e magari decidano di suicidarsi dopo aver ricevuto un ceffone. Quindi ritengo che sia assolutamente importante insegnargli che potrebbe succedergli anche una cosa del genere. È un avvertimento che può prepararli alla vita.


Ringraziamo infinitamente il maestro Yoshiyuki Tomino per l’enorme quantità di tempo a noi dedicato, e ci auguriamo di vedere presto la sua prossima opera.

Grazie anche a Nanoda.com per la collaborazione.


djufo
00venerdì 21 dicembre 2012 14:59
Una frase che dovrebbero mettersi in testa TUTTI gli otaku italiani che hanno la presunzione di voler fare gli espertoni di mercato, è questa:

"sono dell’idea che un creatore possa alla fine dare vita ad una creazione, tramite un singolo processo produttivo e una singola metodologia produttiva, che ha a che vedere con l’ora, l’attualità.
Quindi diciamo che, più che pensare al fatto che cambierei o questo o quello, io posso dire che nella realtà, quando ho fatto il primo Gundam, così come quando ho fatto Gundam Z e Gundam ZZ, ogni volta, io cambiavo tutto ciò che era necessario. Diciamo che c’erano questi cambiamenti che venivano apportati perché si trattava di un determinato momento."


Quindi FANCULO AI REMAKE, innanzitutto.
E poi fanculo anche a chi superficialmente critica OGGI un prodotto di IERI, dimenticandosi di contestualizzarlo al suo periodo di produzione.


edward mass
00venerdì 21 dicembre 2012 15:01
ebbé
=Koji Kabuto=
00venerdì 21 dicembre 2012 16:11
ammazza quanto chiacchiera ;)

mi sarebbe piaciuto vederlo tomino che assembla i gunpla

ps,anche io penso che un sano schiaffone non guasta mai
La Visione
00sabato 22 dicembre 2012 09:20
Noto che non si è scusato per Brain Powerd... una domandina gliela si poteva pure fare...

Curiosi gli accenni al bullismo, che secondo Tomina dilaga in tutto il mondo. Di certo in Giappone, in Italia, per fortuna, non siamo a quei livelli. Anche perchè qui, a differenza del Giappone, chiamiamo i Carabinieri, lì non si fa per evitare di mettere in cattiva luce i professori e i presidi... che sottovalutano il problema.

Da ricordare che lo schiaffo, e qui Tomino evita di dirlo, secondo me, era il metodo usato in Giappone per la punizione corporale base.
Prima della guerra era sistematico, sia nel campo educativo che militare, e dopo la guerra l'abitudine è restata per lungo tempo.
Quindi, sempre secondo me, in Gundam usò lo schiaffo perchè faceva parte del suo vissuto educativo/formativo.
Oggi quelle scene paiono eccessive, ma allora, per Tomino, erano normali.

Poi l'accenno alla democrazia che c'è in "questo paese" mi fa pensare al fatto se sapesse o meno che San Marino è una repubblica autonoma...
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