Scenari imprevedibili
Scioglimento delle Camere e abbandono del simbolo in caso di separazione consensuale fra Fini e Berlusconi. Scenari imprevedibili.
“O si definiscono in modo serio i termini di una convivenza fondata su atteggiamenti positivi e costruttivi, oppure sarà più ragionevole definire una separazione consensuale”. Il presidente del gruppo parlamentare del Pdl a Montecitorio, Fabrizio Cicchitto, non è l’ultimo arrivato e non è nemmeno uno che si alza dalla parte sbagliata il mattino e se la prende con il primo che gli capita. Ha ricevuto il mandato di mettere le carte in tavola e fare sapere al presidente della Camera, Gianfranco Fini, che la “ricreazione” è finita e bisogna che decida il da farsi. Vuole stare dentro, e allora si accomodi, si concordano le cose da fare e si trova un denominatore comune, oppure è meglio lasciar perdere, ognuno per la sua strada e vinca il migliore.
Le parole di Cicchitto lasciano spazio alla trattative ma contengono modesti margini di aggiustamento, nonostante appaiano edulcorate. Intanto, per la prima volta, il partito berlusconiano prende in esame l’ipotesi di una separazione, eppure consensuale. Ci sono stati botta e risposta aspri, si è mandato a dire anche più di questo, attraverso le pagine del Giornale di famiglia, ma nessun dirigente autorevole ha tracciato questa exit strategy dalla crisi dei rapporti fra i cofondatori del Pdl.
Se dovesse essere presa in considerazione questa eventualità, ci sarebbe un effetto trascinamento verso lo scioglimento delle Camere, perché la scissione del Pdl non concederebbe al governo di mantenere una maggioranza stabile. Tutti i tentativi fatti dal premier nell’ultimo mese di sostituire Fini con Casini non hanno avuto successo. Il leader dell’Udc non ha preso in considerazione l’ipotesi, anche perché i suoi rapporti con Fini sono sicuramente migliori di quelli che mantiene con il presidente del Consiglio,
In caso di separazione, nessuno dei cofondatori potrebbe usare da solo il simbolo del partito, perché appartiene ad entrambi, a meno che uno dei due non vi rinuncia. Una separazione consensuale, appunto. Eventualità assai improbabile. Quindi, scomparirebbe il simbolo. Per questa ragione la nascita dei Promotori della libertà, che ripropongono il “brand”, Pdl, è stata vista come un’anticipazione dell’exit strategy di Berlusconi
La dichiarazione di Cicchitto arriva all’indomani di un “duello” fra Fini e il ministro Bondi, durante il quale Fini ha ribadito le sue posizioni sul disegno di legge ormai definito “legge bavaglio”, le intercettazioni, e sulla nomina del ministro Brancher, per la quale non è stato affatto tenero. Avete dato la sensazione di averlo nominato ministro per evitare che risponda delle sue azioni in tribunale, ha detto sostanzialmente il presidente della Camera.
La sentenza di condanna al senatore Marcello Dell’Utri ha visto i finiani siciliani, soprattutto i giovani, schierarsi decisamente dalla parte “sbagliata”. Chi è condannato deve essere cacciato via dal partito, hanno affermato i giovani di generazione Italia. E Fabio Granata, il portavoce di Fini in Sicilia, ha detto a muso duro che non c’era proprio nulla de festeggiare, rivolgendosi a quanto gioivano per il fatto che le accuse del pentito Gaspare Spatuzza non fossero state prese in considerazione dal collegio giudicante.
Il livello dello scontro si è alzato ogni giorno di più L’exit strategy accennata da Cicchitto sta dentro questo contesto. Ma non solo. Berlusconi non sopporta più Fini, non è abituato a subire contestazioni ed è invece dal primo giorno che il suo dirimpettaio esprime un punto di vista diverso dal suo praticamente su tutto. L’insofferenza, al di là dei conti politici,. Gioca un ruolo importante nella scelta finale. Certo, il premier sente la necessità di smarcarsi da Fini. Meglio averlo da avversario politico che da “alleato” incontrollabile e irresoluto.
Siamo alla vigilia di scenari imprevedibili, questo è certo.
Sembra proprio che Fini faccia sul serio, dobbiamo solo aspettare il voto sulla legge bavaglio per vedere se Fini ha le palle o no