Le sirene

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danzandosottolaluna
00domenica 28 novembre 2004 01:12




Sirenetta



Così si definiscono attualmente queste misteriose creature del mare, credo che questa descrizione sia errata; esse hanno infatti una coda orizzontale come tutti i cetacei e non verticale come i pesci; di conseguenza è improbabile che abbiano stretti legami parentali con loro; non bisogna però dimenticare che sono dotate di scaglie; anche per questo c'è una spiegazione: molti animali hanno scaglie simili a quelle dei pesci, un esempio è quello della coda dei castori. Considerando questi aspetti si può essere quasi certi che siano mammiferi; purtroppo c'è un altro punto che fa saltare tutto: esse, come i pesci, respirano dentro l'acqua, anche se possono farlo pure attraverso l'aria, per questo se davvero derivano da una evoluzione dei mammiferi sono le creature che hanno avuto l'evoluzione più veloce in senso assoluto, si sarebbero infatti talmente diversificate dai mammiferi da non potere più rientrare in questa categoria, dato che avrebbero sviluppato un sistema respiratorio diverso da tutti gli altri mammiferi. Inoltre la pelle della loro parte umana deve essere particolarmente resistente alla salsedine e al freddo, ma nonostante questa sorprendente resistenza della loro epidermide esse gradiscono particolarmente il calore del sole e per questa ragione vengono a volte colte da qualche marinaio o da qualche pescatore mentre prendono il sole sdraiate languidamente sugli scogli o sulla spiaggia di un isola deserta. In tale stato sono prese da un torpore che le annebbia i riflessi, altrimenti assai pronti, si possono allora facilmente catturare per condannarle a trascorrere il resto della loro vita come principale attrazione di un circo o di uno zoo.
Il mito delle Nereidi
Le NereidiUna nereide
Secondo la mitologia greca le sirene erano dette Nereidi in quanto figlie di Nereus e delle oceanine: erano ricche di fascino, grazia e bellezza; ognuna di esse presiedeva ad un mare od a una parte dell'oceano che ne assumeva in qualche modo la personalità, le qualità ed anche a volte poteva rifletterne l'umore o il particolare stato d'animo.
Ogni nereide aveva la sua storia, alcune divennero famose, altre dopo varie peripezie riuscirono ad acquistare l'immortalità. A differenza delle nereidi Tritone, Glauco e altri mostri marini furono generati da Nettuno e Anfitrite

Ancora più anticamente tuttavia le nereidi non venivano immaginate con la coda di pesce ma come ragazze con il corpo di uccello che, appollaiate in silenzio sulle rocce mediterranee, aspettavano il passaggio dei naviganti e li ammaliavano con i loro dolci canti. Essi dimenticavano mogli, figli, tutto pur di continuare ad ascoltarle: finivano tra le onde sugli scogli dove le loro ossa restavano a biancheggiare. Si diceva che le nereidi avessero occhi lucenti come gemme, corpo di uccelli e artigli da rapaci.

La loro origine misteriosa veniva collegata al mito di Proserpina, la figlia della dea Cerere. Quando Proserpina fu rapita dal dio degli Inferi, Plutone, le giovani amiche della fanciulla che avevano l'incarico di vigilare su di lei, si sentirono in colpa. Sognarono di avere le ali per estendere le ricerche sul mare e, ad un tratto, videro crescere sulle loro bianche braccia, piume dorate e poi le sentirono trasformarsi in ali. I piedi graziosi erano diventati zampe con artigli. Solo la testa era rimasta uguale. Era la punizione di Cerere? La madre, pazza di dolore per la scomparsa della figlia, aveva saputo dalla fonte Aretusa, che sgorgava lì vicino, che la figlia era ormai seduta a fianco di Plutone, nelle profondità della terra.
Le fanciulle erano state trasformate in qualcosa di animalesco ma conservavano la conoscenza e la memoria ed avevano avuto in dono l'eternità. Questa loro memoria sconfinata del passato le rese insensibili ai sentimenti umani ma capaci di poteri profetici. La loro conoscenza illimitata era per gli uomini incantatoria. Avvicinandosi alle loro isole ( forse tra Sorrento e Messina ) i marinai avvertivano strane vibrazioni poi voci ammalianti a cui non potevano resistere, dovevano seguirle ed era la loro rovina. Ulisse nel suo lungo viaggio le incontrò ma, avvisato da Circe, seppe superare i loro incantesimi.

Con il tempo le Sirene (forse dopo il VII sec. d.C.) cambiarono aspetto e le troviamo raffigurate nella mitologia popolare come donne con ali e coda di pesce. Cominciarono allora a nuotare verso altri mari, fuori dal Mediterraneo, verso l'Islanda, i mari del Nord, l'Oceano Atlantico e i fiordi dei Vichinghi. ( da M. Corti, "Il canto delle Sirene")





La storia di Sirena.

Sirena, la leggendaria sirena di Guam, era un tempo una giovane ragazza che viveva nella regione di Agana vicino al fiume Minondo dove fresche acque di sorgente che dividono la città di Agana incontrano l'oceano alla foce del fiume.
Amava molto l'acqua ed era solita andare a nuotare nel fiume ogni volta che poteva rubare un momento dai suoi doveri per soddisfare la sua più grande passione.
Un giorno fatale, la mamma di Sirena la mandò a prendere gusci di noci di cocco da usare al posto del carbone per la stufa.
Sirena però, dimentica dell'ora e dei suoi doveri, non potè resistere alla tentazione delle fresche acque del fiume.
Là nuotò a lungo, mentre la sua mamma la chiamava con impazienza.
La madrina di Sirena si trovava per caso a visitare quel posto, e mentre la madre di Sirena adirata con lei la malediceva con queste parole: "Siccome ami l'acqua più di ogni altra cosa, allora dovresti diventare un pesce" la madrina subito disse:"Rimanga però umana la parte di te che mi appartiene".
Sirena non tornò mai più a casa, perché avvertendo una strana sensazione mentre nuotava, scoprì presto che dalla vita in giù era diventata in parte pesce.
Sua madre, pentitasi della sua maledizione, non potè però disfarla.
Sirena, dicendo addio ai suoi cari, nuotò fin nell'oceano Pacifico. Dalla sua sparizione i marinai hanno testimoniato di averla vista in diverse parti del mondo. Un marinaio dice di averla vista prendere il sole su uno scoglio di un isoletta oceanica. Secondo alla leggenda, potrebbe essere catturata solo con una rete di capelli umani.





La sirena del lago


Al tempo in cui non c'era altro nell' Harz che foresta vergine, un cavaliere vi andò per cacciare.
Prima di potersi orientare bene, perse la strada, e vagò nella foresta per lunghi giorni senza riuscire
a ritrovare il cammino.
Finalmente arrivò ad un meraviglioso castello situato in un campo molto vasto e circondato dall'acqua.
Un sentiero portava ad un ponticello, che era stato chiuso.
Allora il cavaliere chiamò; fischiò; aspettò.
Ma non udì niente dall'interno.
Era come se il castello fosse abbandonato.
"Aspetta" pensò. "Il castello non può essere vuoto. Qualcuno certo verrà tra poco. Mi siederò qui e aspetterò finchè qualcuno arriverà." Così si sedette e aspettò ma il castello rimase silenzioso. Alla fine perse la pazienza e proprio mentre era sul punto di andarsene vide una bellissima ragazza emergere dalla foresta e camminare verso il ponte.
"Aspetta," pensò. "Lei certo conosce questo posto, infatti sta per entrarvi." E questo fu ciò che avvenne.
Quando fu a pochi passi da lui, le parlò, dicendole che aveva perso la strada nella foresta dell' Harz, che vi aveva vagato per otto lunghi giorni e che desiderava finalmente riposare sotto un tetto.
Era rimasto lì per tre ore chiedendo il permesso di entrare ma nessuno gli si era mostrato o si era fatto sentire. Quindi, le chiedeva se sarebbe stata tanto gentile da chiedere di farlo entrare nel castello.
Lei disse che non sarebbe stato affatto necessario, poteva entrare con lei dato che era la padrona del castello.
Detto questo premette una pietra posta davanti al ponticello che immediatamente discese permettendo il passaggio.
Poi prese una grande chiave ed aprì il cancello. Insieme attraversarono un grande cortile ed entrarono nel castello.
Portò il cavaliere in una bella stanza riccamente arredata e gli disse di mettersi comodo. Gli disse inoltre che prima di ogni altra cosa, voleva andare a preparargli una cena adeguata. Certo aveva bisogno di qualcosa di caldo da mettere sotto i denti, gli disse, aggiungendo che anche lei aveva fame. Siccome non aveva servitori, avrebbe dovuto occuparsi di tutto lei stessa.
Detto questo lasciò la stanza. Poco tempo dopo ritornò con un arrosto dall'aspetto veramente appetitoso, dei dolci e molte altre cose deliziose. Apparecchiò la tavola e lo invitò a servirsi liberamente. Il cavaliere non ebbe bisogno di farselo ripetere due volte.
Dopo aver finito di mangiare si sedettero l'uno di fronte all'altra intraprendendo una piacevole conversazione. Alla fine il cavaliere le disse che si sentiva molto dispiaciuto per lei perchè viveva in quel posto tutta sola osservando che il tempo non le doveva passare mai senza alcuna distrazione e divertimento.
"Oh no," lei disse."Il tempo non passa affatto lentamente per me e qui ho dei divertimenti davvero eccitanti e piacevoli!"
Il cavaliere non capì come ciò fosse possibile ma poichè la fanciulla non volle aggiungere altro gli sembrò scortese insistere. Però le disse che se le avesse fatto piacere sarebbe comunque rimasto con lei qualche giorno per farle compagnia. La ragazza gli rispose che ne sarebbe stata felice.


La sirena del lago 2




La sirena del lago 2


L'ospite rimase uno, due, tre giorni e finirono col trovarsi così bene l'uno con l'altra che alla fine il cavaliere le chiese di diventare sua moglie.
Lei gli rispose che ne sarebbe stata veramente felice e che sarebbe stata sua per sempre, a condizione però che lui le concedesse ogni venerdì la libertà di andarsene dove lei avesse voluto senza mai tentare di seguirla o anche solo di indagare dove fosse andata né cosa avesse fatto in quel giorno.
Al cavaliere naturalmente questa condizione non piacque affatto ma quella ragazza era per lui così incantevole e aveva su di lui un fascino talmente intenso e profondo che pur di averla avrebbe accettato qualsiasi cosa.
Questo dunque lui le concesse e così si sposarono.
Vissero assieme molto tempo e molto si amarono. Ebbero anche dei bei figlioli e nulla mancava alla loro felicità.
Ma un giorno venne al castello uno strano cavaliere e gli fu dato alloggio. Era un venerdì ed il cavaliere chiese come mai la signora del castello non si facesse vedere; il padrone gli rispose che sua moglie non era mai in casa di venerdì e gli raccontò della sua promessa e come in osservanza a tale promessa non l'avesse mai cercata in quel giorno.
Allora lo strano cavaliere osservò che nessuna moglie si sarebbe mai comportata in quel modo e insinuò pur senza affermarlo direttamente che nessun marito avrebbe mai potuto accettare un simile patto.
Da questa conversazione il padrone del castello ne fu così scosso da decidere di fare subito ciò che in cuor suo sapeva avrebbe finito per fare prima o poi ma aveva sempre rimandato: andò immediatamente alla ricerca di sua moglie.
A lungo, molto a lungo la cercò nella foresta ma senza alcun esito e al far della sera stava per ritornarsene inquieto e scoraggiato al castello quando in lontananza sentì come un canto armonioso...
Seguendolo arrivò ad un piccolo laghetto che non aveva mai visto, ed era assai strano poiché era convinto di conoscere ormai bene la foresta intorno al castello.
Nel laghetto c'era sua moglie che stava nuotando assieme ad alcune ragazze che non aveva mai visto.
Giocavano e cantavano nell'acqua e sembravano divertirsi moltissimo, ma osservandole meglio si rese conto all'improvviso con un tuffo al cuore che tutte, ma proprio tutte, sua moglie compresa, erano solo in parte umane poiché al posto dei fianchi e delle gambe avevano una lunga coda di pesce.
Quando la fanciulla del lago vide suo marito non gli parlò affatto limitandosi a fissarlo lungamente con uno sguardo serio e tristissimo, poi si tuffò con le altre sirene.
Il signore del castello per la fortissima emozione perse i sensi.
Quando rinvenne il lago non c'era più.




La danza delle sirene


Tanto tempo fa In un bellissimo castello viveva una principessa.
Il suo castello era ricco e sontuoso con degli affreschi incantevoli e meravigliosi che raffiguravano ogni sorta di creature fantastiche e mitologiche: c’erano centauri, satiri, ninfe, sirene così squisitamente dipinti da sembrare vivi e reali.
La principessa almeno all’apparenza era tranquilla e riflessiva.
Come nelle favole aveva la pelle liscia e bella come i petali delle rose di maggio, gli occhi azzurri come il fondo del mare e dei piedini piccoli e graziosi come Cenerentola.
Ma non era la solita principessa delle favole; in fondo al cuore, anche se non l’avrebbe mai ammesso nemmeno a sé stessa, lei odiava il castello squallidamente meraviglioso in cui viveva e tutte le convenzioni, le pompe e le etichette a cui doveva sempre sottostare, odiava il principe bello ma banale che avrebbe dovuto sposare per ragion di stato, odiava babbo re e mamma regina quando le facevano notare quanto doveva essere felice e soddisfatta per tutto ciò che aveva e avrebbe avuto in futuro.
Ma al di sopra di tutto e di tutti la nostra dolce principessina si odiava, odiava sé stessa perché sapeva che avrebbe sempre subito tutto ciò senza mai ribellarsi.
Aveva infatti un cuore ribelle e selvaggio e tuttavia, forse anche perché era stata troppo viziata, era di carattere debole.
Quindi si limitava a cercare la libertà solo fuggendo nei suoi sogni invece di lottare per averne almeno un po’ nella realtà.
Una notte di plenilunio si svegliò di soprassalto da sogni strani e vagamente inquietanti che tuttavia riusciva a ricordare solo vagamente e ancora nel dormiveglia le parve di udire un canto sommesso ma dolcissimo.
Si affacciò alla finestra della torre che dava sul mare e non molto lontano le parve di vedere su una piccola spiaggia un gruppetto di ragazzi e ragazze tutti completamente nudi che danzavano e cantavano in maniera così aggraziata e selvaggia allo stesso tempo che ne rimase profondamente turbata.
Così, per vedere meglio, si sporse un po’ dalla finestra ma i ragazzi sembrarono vederla e subito fuggirono tutti tuffandosi nel mare oscuro.
Poiché nessuno riapparve dalle onde lei pensò di aver avuto una allucinazione, causata magari dalla sua fervida fantasia.
La mattina dopo si convinse di averli solamente sognati.
I giorni successivi comunque non ebbe nemmeno il tempo di ripensarci, fervevano i preparativi per il suo matrimonio imminente e lei si sentiva del tutto rassegnata a quello che le appariva il suo dovere e destino.
Si era spinta persino a sorridere piacevolmente al principe, il quale ne fu profondamente felice dato che la felicità, a volte, è l’incapacità di vedere al fondo delle cose.
La notte prima del giorno del matrimonio, però, non riuscì assolutamente a prendere sonno tanto si sentiva inquieta ed infelice; una parte di lei voleva disperatamente fuggire, fuggire da tutto, da tutti e per sempre.
Si avvicinò alla finestra della torre pensando vagamente di buttarsi di sotto ma sapendo allo stesso tempo benissimo che anche il suo suicidio l’avrebbe solamente sognato.
Sarebbe stata una brava principessa alla fine, pensò mestamente.
Fu allora che vide di nuovo (Oh, si, questa volta ne era certa!) i ragazzi e le ragazze che come l’altra volta, danzavano nudi sulla spiaggetta.
Ma questa volta il loro canto non era sommesso ma si faceva di momento in momento più forte e esultante: un inno alla libertà e alla gioia.
La principessa ascoltandolo ne rimase rapita.
Fu allora che una ragazza della spiaggetta le fece un saluto con la mano ma più che un saluto sembrava un esplicito invito.
La principessa si sentiva come preda di un incantesimo a cui non poteva in alcun modo resistere, allora si spogliò completamente, aprì la porta della sua camera e discese la scalinata della torre mentre le prime luci dell’alba rischiaravano il castello.




La danza delle sirene 2.


Arrivata di sotto incontrò il ciambellano di corte, quello più ligio ad ogni regola e etichetta, comprese quelle più bizzarre e stupide.
Vedendola andare in giro tutta nuda, invece di scandalizzarsi a morte, le sorrise con ammirazione dicendole che avrebbe dovuto stare sempre così, poiché qualsiasi abito non poteva che offuscare la sua naturale bellezza.
Un bel complimento davvero!
Ma certo se non fosse rimasto anche lui incantato da quell’armonia irresistibile avrebbe fatto ben altri commenti!
E fu così che la principessa attraversò tutto il paese; la gente, quella almeno che non era troppo presa dall’incantesimo per notarla, si limitava in genere a farle qualche complimento gentile, sul tipo di come fosse carina e graziosa al naturale la loro principessa, quando invece in altri paesi c’erano certe principotte così rozze ma così rozze che anche coi vestiti più belli e più ricchi facevano venir voglia di girarsi da un’altra parte!
I bambini poi la seguivano allegramente e i più piccini curiosi la segnavano a dito.
Dopo una bella camminata la principessa giunse infine alla piccola spiaggia e felice si unì alla danza cantando come meglio poteva ed anche se non riusciva in alcun modo a rivaleggiare con quelle splendide voci non ne fu minimamente invidiosa.
E mentre danzavano e cantavano ad ogni giro di danza si dirigevano tutti verso il mare.
Una ragazza, appoggiatasi ad uno scoglio per guardare la principessa, si bagnò appena le gambe che subito le si trasformarono in una graziosa coda che assomigliava vagamente a quella di un delfino.
Lo stesso accadde a tutti gli altri tritoni e sirene.
La principessa vi entrò per ultima ma a lei non successe proprio niente.
Allora un tritone le lanciò una pelle di pesce dai bellissimi colori iridescenti, questa sembrò prendere vita, si dimenò mentre le si attaccava addosso, poi ridivenne immobile coprendola totalmente dai fianchi in giù.
Ma dopo poco prese a fare dei movimenti strani e inquietanti: era come se le stesse divorando le gambe e parte dei fianchi; allora la principessa urlò e pianse ma più per la paura che per il dolore perché stranamente ne provava solo un poco.
E alla fine anche quella lieve sofferenza cessò.
Ora una coda lucente guizzava nel punto in cui erano state le gambe. La nuova sirena fissò stupita e meravigliata quella che da ora in poi sarebbe stata la sua coda, si accorse che molti del paese erano venuti sulla spiaggia, attratti dal coro meraviglioso e la stavano guardando, perciò si rassettò i capelli scompigliati e si lasciò ammirare, permise anche ad alcuni ragazzini curiosi di carezzarle la coda.
Poi si tuffò anche lei nelle onde del mare,inseguendo felice i suoi simili. Mentre nuotava sentì che qualcosa nella testa le si faceva leggero, leggero e ebbe appena il tempo di voltarsi un ultima volta verso lo splendido castello dove era vissuta fino ad allora prima di perdere definitivamente ogni ricordo della sua vita passata. Non ricordava nemmeno più di aver avuto un nome, ma anche se lo avesse ricordato non l’avrebbe più voluto, una sirena non può avere un nome che la leghi.
E se ne andò nuotando verso la libertà.






Ondina la sirenetta e l'arcobaleno


Nelle acque trasparenti e cristalline del lago di Carezza, che gli antichi chiamavano lago dell’arcobaleno, si vedono riflessi tutti i colori dell’iride. Narra la leggenda che tanto tempo fa - quando le sorgenti erano limpide e le acque non contaminate ospitavano ninfe e fate gentili - in questo lago viveva una deliziosa creatura di nome Ondina. Un po’ fata e un po’ sirena, Ondina abitava la profondità delle acque ed emergeva soltanto attorno al mezzogiorno, per assaporare il tepore dei raggi del sole. Un giorno, i suoi capelli biondi e i suoi occhi blu furono notati da un mago malvagio, padrone del bosco, che subito s’innamorò di lei. Ma appena si avvicinò, Ondina scomparve sott’acqua, lasciando il mago con un palmo di naso. Come fare ad attirare di nuovo la ninfa in superficie? Dopo averci pensato a lungo, il mago decise di creare un arcobaleno e di spacciarsi per un mercante di gioielli. I colori sospesi nell’aria e le gemme, pensò, avrebbero attirato certamente la fanciulla. Poi lui l’avrebbe tenuta per sempre prigioniera nel bosco. In effetti, appena l’estremità del grande arcobaleno venne a posarsi sulle acque del lago, Ondina comparve curiosa e forse sarebbe caduta nel tranello se il mago, impaziente di afferrarla, non fosse inciampato, perdendo i baffi e la barba finta del travestimento. La ragazza lo riconobbe subito e con un’allegra risata si rituffò e scomparve. Il mago capì che non sarebbe mai più riuscito a ingannarla e preso da furore cominciò a sradicare alberi e a lanciare macigni nel lago. Urlava come un ossesso, disperato. Infine afferrò l'arcobaleno e, dopo averlo frantumato in mille pezzi, lo scaraventò in acqua. Ondina, al riparo nel suo rifugio segreto, vide tutta la scena e quando il mago sconfitto si ritirò nella selva, riemerse per raccogliere i frammenti dell'arcobaleno, con i quali continuò a giocare.

Ogni tanto, prosegue la leggenda, Ondina si diverte a sbriciolare pezzi di arcobaleno, poi sceglie i colori e cosparge le cime dei monti di polvere rosa.









La sirena di Guldborgsund





In un giorno d’estate, un giovane principe danese, di nome Olaf, cacciava nelle paludi presso le rive del Guldborgsund. Il calore era grande, e i raggi ardenti del sole avevano tanto riscaldato le acque della palude che, verso sera, se ne sollevò un vapore tiepido, mentre in cielo si addensavano nubi nerastre che lasciavano sfuggire lampi frequenti, accompagnati da tuoni formidabili.
Un turbine di vento impetuoso, che sembrava soffiare contemporaneamente da tutte le direzioni, sconvolse l’aria, trascinandosi dietro una tromba d’acqua gigantesca, la cui base rasentava la superficie del mare, mentre la cima si perdeva tra le nuvole.

Olaf, che guardava quel fenomeno con superstiziosa terrore, vide apparire a un tratto sulla cresta di un’onda una barchetta, circondata da un’aureola luminosa. Sull’imbarcazione stava in ginocchio una fanciulla bellissima. Una lunga capigliatura bionda nascondeva il suo corpo e non lasciava vedere che il viso e le braccia di un candore risplendente. La fanciulla volse sul principe i suoi occhi maravigliosi, profondi come gli abissi marini. Il principe ne rimase affascinato e, malgrado l'imminenza del pericolo, poiché la tromba d’acqua s’avvicinava turbinando, si precipitò nei flutti infuriati, dirigendosi verso la navicella che cominciava a riempirsi d’acqua.

Quando la raggiunse, l’imbarcazione affondò, e Olaf fece appena in tempo ad afferrare per la vita la fanciulla che si dibatteva fra le onde. Allora, con un fragore assordante, la folgore cadde dal cielo. Olaf svenne e fu rigettato dalla tromba d’acqua sulla riva, dove fu raccolto da alcuni pescatori che lo portarono nella loro capanna.

Quando rinvenne, vide accanto al letto una vecchia zingara e, poiché il suo primo pensiero era stato per la bella fanciulla della barca, chiese alla donna se l’avesse vista e che cosa le fosse accaduto.

- Disgraziato! – esclamo la zingara, agitando le braccia magre, quasi ad allontanare un pericolo misterioso. – Non sai dunque chi era la fanciulla di cui parli? Era la Sirena di Guldborgsund, la maliarda che ha travolto nei flutti tanti sventurati. Ti scongiuro, non cercar più di rivederla, allontanati anzi di qui, altrimenti può accaderti qualche disgrazia.

Ma il principe sdegnò il consiglio della vecchia e cercò la Sirena lungo la riva, esplorando ogni promontorio, ogni insenatura. Percorse anche di notte, senza stancarsi, le acque su una fragile barchetta; ma della Sirena nessuna traccia.

Infine, una sera, vide attraverso la bruma due scintille che sembravano galleggiare sull’acqua: si sarebbero dette due stelle gemelle staccate dal firmamento. Esse si avvicinavano rapidamente alla riva, e Olaf, per meglio contemplarle, sali su un banco di sabbia. Vide allora la fanciulla dei suoi sogni che si avvicinava a riva su di una barca, stendendo verso di lui le braccia. I suoi occhi risplendevano come stelle nella notte buia. Olaf, folle di gioia, volle accorrere incontro alla .donna, prese lo slancio... ma, ohimé, non poté muoversi. S’era trasformato in una statua. La vecchia zingara, che già aveva messo sull’avviso il principe e girovagava a quell’ora sulla spiaggia, aveva assistito alla scena.

- Il principe Olaf rivivrà, – esclamò con accento profetico – e la Sirena lo porterà via con sé.

Poi, a gran passi, si allontanò da quel luogo funesto. Olaf resto in quello stato per parecchi secoli. Di notte, due lingue di fuoco uscivano dai suoi occhi di pietra, e la loro luce, che si vedeva a un miglio sul mare, serviva di guida ai pescatori. Ma, cosa strana, questa luce impallidiva a mano a mano che i battelli si avvicinavano a terra, e quando arrivavano vicino alla riva, scompariva affatto. I marinai spiegavano questo fenomeno dicendo che la. Sirena, vedendo avvicinarsi un battello, si allontanava a poco a poco dalla terra per immergersi nell’acqua, di modo che il fuoco del suo sguardo non si rifletteva più negli occhi di Olaf.

Talvolta, quando il mare era calmo, sospiri profondi accompagnavano le due fiammelle: allora i marinai, scoprendosi il capo, dicevano:
- Olaf versa lagrime di fuoco.

D’inverno, quando lo stretto era chiuso dal ghiaccio, la luce non si accendeva più negli occhi di Olaf. Il principe, in quel periodo dell’anno, non vedeva la Sirena, che dormiva in qualche caverna in fondo al mare.

Un giorno d’estate, all’alba, i marinai non trovarono più la statua di Olaf al suo posto.

- Olaf è stato esaudito – si diceva nel paese. – È andato a raggiungere la sua Sirena.

La sera prima, infatti, alcuni pescatori di Eorsoer avevano visto passare in mezzo al Gran Belt, con la rapidità del fulmine, una navicella circondata da un’aureola di fuoco. Otto cigni giganteschi la trascinavano verso il nord, lasciando dietro di sé una lunga scia spumeggiante. Nella navicella stavano due giovani, che si tenevano per mano.

Da quella sera più nessuno vide né Olaf né la Sirena.


(passeggiando nel web)


[Modificato da danzandosottolaluna 28/11/2004 1.19]

m.harlock
00sabato 4 dicembre 2004 11:39


Ti ringraziamo per il tuo magnifico regalo !!! Sei stata gentilissima.

Un caro saluto dal Capitano e dal suo equipaggio...

[SM=g27811]
~°Warrior°~
00lunedì 21 febbraio 2005 19:20
Davvero interessante e ricca di stupende immagini questa cartella dedicata alle sirenette [SM=g27811]
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