"La genesi dei Faraoni" di Toby Wilkinson

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-Kiya-
00lunedì 27 ottobre 2008 08:24



Titolo: La genesi dei faraoni.
Le nuove, straordinarie scoperte che hanno riscritto la storia delle origini dell'antico Egitto
Autore: Wilkinson Toby
Prezzo e disponibilità: verifica
Dati: 2004, 200 p., ill., rilegato
Traduttore: Spirito A.
Editore: Newton Compton (collana I volti della storia)



La genesi dei faraoni




In sintesi

Chi furono veramente gli antenati dei faraoni? L'Egitto fu realmente un "dono del Nilo"? Gli antichi egizi costruirono una delle più grandi civiltà mai viste al mondo, ma come, dove e quando tutto ciò ebbe inizio è rimasto a lungo un mistero. In questo libro l'egittologo Toby Wilkinson ci fa compiere un viaggio a ritroso nel tempo verso gli albori della civiltà, sulla base delle nuove scoperte che egli stesso ha fatto nel cuore del deserto, tra la Valle del Nilo e il Mar Rosso.


-francis-, 13/09/2008 15.22:

Ecco una recensione:

Sull'origine della civiltà egizia sono sorte nel tempo le più fantasmagoriche leggende, talora sulla base di fragili sforzi interpretativi dei dati conosciuti, altrove all'insegna di ossessioni ideologiche o semplici sogni: e la convinzione che il genio e la dignità altissima dell'Egitto faraonico, sorto quasi per incanto in una terra "selvaggia" come l'Africa, dovesse per necessità giungere "dall'esterno" grazie a una "razza superiore" si è dipanata nel tempo con una certa varietà di ipotesi. Tra queste spicca l'idea di una civilizzazione da parte d'invasori da est, probabilmente sbarcati sul Mar Rosso con navi per le quali i petroglifi del Deserto Orientale parevano suggerire modelli mesopotamici: ed è persino imbarazzante trovare tali teorie vagheggiate da intellettuali in netta opposizione alle follie razziali naziste, per esempio quel coraggioso egittologo Hans Winkler che, aderente al Partito comunista tedesco e marito di una donna armena, si trovò in collisione con il regime e ne subì l'ostilità. Oggi gli studiosi propendono in genere per una genesi del mondo egizio all'interno della sua culla più ovvia, il mondo preistorico e protostorico nordafricano: e tuttavia per parecchi elementi e modelli culturali (religiosi, di potere, ecc.) distintivi dell'Egitto faraonico permaneva l'impressione di una nascita strana e improvvisa, sostanzialmente inspiegabile. La spedizione di Wilkinson (dicembre 2000) nel cuore del Deserto Orientale tra valle del Nilo e Mar Rosso permette ora finalmente di reimpostare la questione, di cui il volume in esame offre un quadro circostanziato e ricco di fascino: con un rigoroso esame delle ricostruzioni precedenti, l'autore smonta le presunte derivazioni da modelli orientali (in realtà di molto successivi) e rintraccia sui petroglifi raffigurazioni in evidente parallelismo con quelle di manufatti più certamente databili. Lungo un arco cronologico che dal periodo badariano (5000-4000 a.C., dal sito di el-Badari), si snoda per i successivi periodi di Nagada I (4000-3500 a.C.), II (3500-3000 a.C.) e III (dopo il 3000 a.C.), la popolazione preegizia affrontò con creatività e tenacia le difficoltà dell'ambiente culminate nella desertificazione delle savane a est e a ovest: già la cultura badariana, vera antenata della civiltà faraonica, non si sviluppò unicamente nei ristretti confini della valle del Nilo, ma trasse vitalità dal rapporto con ambienti diversi, attraverso un'esistenza seminomade (parte dell'anno sulle rive del fiume, il resto nella savana orientale probabilmente per caccia e allevamento), da cui in seguito si svilupperà il mondo evocato con tanto vigore dall'arte rupestre. I suoi creatori partecipano evidentemente della vita di due mondi, appunto una savana ricca di animali (giraffe, elefanti, gazzelle, sorta di stambecchi) e la valle del Nilo, dove sorgono lentamente società complesse con governanti ereditari: e le immagini, delineate forse in contesti magico-sacrali, già prefigurano temi e motivi che connoteranno l'Egitto faraonico. Sovrani armati di mazza o con copricapi simili alla corona rossa egizia; tavolozze cosmetiche o incisioni puntiformi con struzzi e uomini-struzzo (cacciatori o sciamani), che richiamano gli dei egizi piumati come Ammone-Râ e il più arcaico Min (forse ravvisabile nella figura graffita con piume gemelle dello Wadi Umm Salam, la più antica immagine divina antropomorfica a noi nota); barche con strani passeggeri, animali e "mazze da golf" - probabilmente piedi di salme - che paiono prefigurare le imbarcazioni sacre egizie per l'aldilà o gli dei; il principio organizzativo "familiare" nell'interpretazione del divino, e l'iconografia del toro perpetuata dall'epoca dei primi allevatori fino al simbolismo del potere faraonico e all'arte egizia; gli ippopotami arpionati come nelle cacce sul Nilo delle raffigurazioni più tarde: tutto ciò pone insomma di fronte all'affascinante prospettiva di un "anello mancante" finalmente svelato, anche se nell'ambito di un quadro arcaicissimo che richiederà approfondimenti e integrazioni. Mentre il dato più paradossale - ma emblematico di oblii e rimozioni della storia - sta forse nel constatare che tra gli "stranieri" tanto insultati nei documenti ufficiali egizi fossero compresi anche quei pastori del deserto unici superstiti del tipo di esistenza alle origini del mondo faraonico.

pizia.
00lunedì 15 dicembre 2008 00:30
Ma è tutto qui quello che abbiamo su questo meraviglioso, fondamentale libro e sul suo autore?
Urge porre rimedio, mi impegno a commentare per bene.
pizia.
00sabato 30 maggio 2009 00:38
Le importanti conclusioni cui giunge Wilkinson sono esposte con ordine in questo libro (bellissimo! [SM=x822714] ), con linguaggio semplice e chiaro, seguendo una linea logica e temporale.
Vale la pena approfondire i contenuti dei vari capitoli.
Ecco l’indice.


Introduzione

1. Il deserto parla. Le scoperte
2. Le sabbie del tempo. Datazione dell’arte rupestre
3. Cacciatori e allevatori di bestiame. Il volto nascosto dell’artista
4. Prima dei faraoni. Vita nell’Egitto predinastico
5. Le navi del deserto. La nascita della religione egiziana
6. La culla della civiltà. Ripensando le origini dell’antico Egitto

Postfazione

Cronologia. La Valle del Nilo e i deserti nell’epoca preistorica
Bibliografia e consigli per ulteriori letture
Fonti delle illustrazioni
Indice analitico
Ringraziamenti
pizia.
00sabato 30 maggio 2009 00:41

1. Il deserto parla. Le scoperte

L’esplorazione del deserto orientale, con intento archeologico, iniziò un po’ più tardi rispetto ai luoghi più conosciuti dell’Egitto.

Le wadi afferenti la Valle del Nilo sono sempre state le vie di comunicazione naturali preferite dalle carovane dirette verso il Mar Rosso, ma è anche il luogo in cui molte tribù nomadi ancora vivono.

Le rocce istoriate e iscritte sono dunque sotto gli occhi di questa gente da millenni, diventando un elemento familiare del paesaggio e punto di riferimento per orientarsi.

Gli egittologi cominciarono a uscire dai confini della valle alla ricerca delle molte testimonianze di epoca faraonica di cui si aveva notizia attraverso fonti letterarie, archeologiche o popolari.

Così Weigall, verso la fine del XIX secolo, fu uno dei primi esploratori di queste zone inospitali a notare l’arte rupestre di cui le rocce erano adorne e attirò la sua attenzione.

Durante le sue spedizioni, si dedicò quindi alla registrazione dei siti incontrati lungo il cammino della carovana, stabilendo, grazie alla stimata antichità delle raffigurazioni preistoriche, l’origine molto più antica dell’occupazione umana di questi luoghi, rispetto a quanto testimoniato dalle vestigia tarde ancora osservabili.

Nella prima metà del XX secolo, Winkler proseguì l’esplorazione, registrando molti nuovi siti con petroglifi, i quali stavolta costituivano il principale obiettivo delle spedizioni.

Per motivi forse legati all’orientamento politico dell’ambiente culturale di scuola tedesca nel periodo fra le due guerre, o forse a causa di condizionamenti dovuti a tradizioni radicate in eventi ancora precedenti, l’interpretazione data da Winkler a queste rappresentazioni sembra poco obiettiva, come se egli avesse un progetto precostituito nella mente a cui i ritrovamenti non potessero che uniformarsi, oppure come se tutto dovesse concorrere alla dimostrazione di una tesi già consolidata.

Sulle orme di questi due pionieri, Wilkinson intraprende varie spedizioni alla ricerca dei siti già segnalati, scoprendone anche di nuovi particolarmente significativi.
-francis-
00sabato 30 maggio 2009 14:49
Lessi questo testo alcuni anni fa, e lo trovai interessantissimo. Spesso ci si chiede da dove derivava il popolo egizio, e credo che questo saggio ne dia una plausibile spiegazione.
Ho trovato molto interessanti le rappresentazioni dei petroglifi, disegni ancora in fase infantili ed approssimativi, ma sono poi gli stessi che, dovutamente rielaborati e disegnati con più perizia, troviamo nelle rappresentazionio attuali (barche, corone, etc.).
-Kiya-
00sabato 30 maggio 2009 15:45
provo vergogna nell'ammetterlo... ma questa lettura mi manca...

posseggo il testo, che al momento si trova ancora nelle scatole custodite in garage.
Non mi è stato ancora possibile trovare sistemazione per tutti i miei volumi. La casa è piccola e non concede spazio....
ho dato priorità ai miei "indispensabili", quelli dedicati all'epoca di Amarna. Gli altri purtroppo dovranno attendere future evoluzioni.
In ogni caso, ne metto in conto la lettura in questa estate, ormai prossima.
Biceleon
00sabato 30 maggio 2009 15:57
Ritengo il libro di Wilkinson interessante ma non molto convincente, alcune sue interpretazioni le ho trovate troppo soggettive.
Biceleon
00sabato 30 maggio 2009 19:42
Re:
Biceleon, 30/05/2009 15.57:

Ritengo il libro di Wilkinson interessante ma non molto convincente, alcune sue interpretazioni le ho trovate troppo soggettive.



Aggiungerei il modo semplicistico con cui Wilkinson liquida la teoria della colonizzazione sumera del Egitto. Wilkinson con i due reperti dove si intravedono delle “barche quadrate” del periodo Nakada I pensa di aver trovato l’uovo di Colombo, purtroppo la cosa non è così semplice.

Tempo fa avevo chiesto un parere a David Rohl su quei due reperti archeologici citati da Wilkinson, sostanzialmente mi disse che molte delle prove a cui si riferisce Wilkinson sono del tardo periodo Nakada I e che non c'è linea ad una specifica data che segni il passaggio da Nakada I a Nakada II. L'afflusso dei nuovi arrivati avrà coperto un periodo considerevole in differenti ondate e, prima della reale migrazione, si stava vendendo in contatto.

pizia.
00sabato 30 maggio 2009 22:40
Chissà, affinità elettive... io tra i due credo a Wilkinson
Biceleon
00sabato 30 maggio 2009 22:59
Re:
pizia., 30/05/2009 22.40:

Chissà, affinità elettive... io tra i due credo a Wilkinson



Nulla da obbiettare, tranne nella pretesa di Wilkinson di dimostrare, in mancanza di dati oggettivi da entrambe le parti, l’inconsistenza dell'ipotesi di Rohl.
pizia.
00martedì 2 giugno 2009 23:10
2. Le sabbie del tempo. Datazione dell’arte rupestre
Trattandosi di semplici incisioni sulla roccia i petroglifi sono molto difficili da datare.
Esistono metodi scientifici per la ricerca delle datazioni assolute dei reperti archeologici, come l’esame delle patine superficiali, che non hanno portato a risultati sempre soddisfacenti, e altri, come l’esame dell’erosione su frammenti di roccia, introdotti da poco in contesti particolari (ad esempio in Australia) hanno dato qualche risultato apprezzabile, ma non possono essere sempre utilizzati per i tempi ed i costi richiesti.

I metodi logici, quali la valutazione dell’altezza, l’osservazione reciproca della giacitura dei disegni o l’individuazione di elementi di datazione sicura sono già stati utilizzati ove possibile, ma spesso si prestano a clamorose contraddizioni (ad esempio ricordate l’ambiguo disegno di cui si è discusso nel topic “Razzo e omini…”?).

Infine esistono le analisi tipologiche, stilistiche e tecnologiche applicabili ai manufatti artistici, ma oltre ad essere spesso additate per soggettività delle conclusioni, esse vedono accrescere la loro validità con l’aumentare dei reperti confrontabili a disposizione e con la conoscenza personale dei caratteri tipologici, stilistici e tecnologici dell’epoca in questione, di cui è dotato colui che analizza tali reperti.

Nel caso dei petroglifi inoltre ogni considerazione può portare solo a datazioni relative, non assolute, per ottenere le quali occorre ancora poter collegare il materiale della ricerca con altro sicuramente datato, ad esempio con il metodo del radiocarbonio (su resti organici), con scintigrafia o termoluminescenza (su manufatti ceramici), ecc.

Per questo Toby Wilkinson compì parecchie spedizioni nel Deserto Occidentale, con l’obiettivo di raccogliere tutto il materiale possibile, rilevando centinaia di siti fra quelli conosciuti e quelli di nuova scoperta, con migliaia di disegni documentati da foto, copie a ricalco, disegni dal vero, ecc.

Le tecniche esecutive individuate sono due, quella puntinata corrispondente alla fase più antica e quella a linea continua, più recente.
I soggetti sono molteplici e rimandano ad una fase storica, individuata fra il 6000 a.C. e il 3500 a.C., in cui l’attuale deserto aveva un aspetto piuttosto diverso da quello attuale, grazie ad un clima che dispensava ancora saltuarie precipitazioni, in grado di garantire una certa ricchezza di vegetazione e quindi di fauna selvatica, come nella savana situata più a sud o nella Valle del Nilo.

In particolare vengono analizzate le iconografie dell’ippopotamo, dell’acqua, del cacciatore, del cane, del pastore, dell’elefante, della giraffa, della barca, del nemico, della corona rossa e altro ancora, attraverso un arco di tempo che comprende tutto il periodo Predinastico.
pizia.
00venerdì 5 giugno 2009 20:28
3. Cacciatori e allevatori di bestiame. Il volto nascosto dell’artista

La grande varietà di soggetti raffigurati nelle manifestazioni artistiche su roccia indusse i primi studiosi a crederli espressioni di popoli differenti, con varie provenienze e appartenenti a culture cresciute in luoghi remoti. In seguito comunque le divisioni vennero ridimensionate.

In particolare appare chiaro come la gente del deserto ben conoscesse l’ambiente della Valle. Le immagini di ippopotami, barche, e altri soggetti appartenenti all’habitat umido si trovano nei manufatti rinvenuti in entrambi i luoghi.
Vice-versa i popoli della Valle conoscevano il deserto, i suoi abitatori e i luoghi particolari, e lo frequentavano.

Nella tomba predinastica detta B101 di Abydos è stato rinvenuto un ricco corredo funerario con vari elementi indiziari; le raffigurazioni particolareggiate di animali del deserto, non solo dipinte, ma anche scolpite, spesso adornano oggetti in pietra tratta da cave individuabili o miniere sfruttate già molto tempo prima dei faraoni.

La grande abbondanza di tavolette per il trucco rivela quanto fosse diffusa l’usanza di dipingersi il volto, pratica collegata, in tutte le parti del mondo in cui è stata riscontrata, a sottolineare particolari riti di passaggio o alla preparazione dell’evento aggressivo, caccia o guerra, infatti le scene di caccia con cani e armi abbondano e anche quelle di battaglie sono discretamente rappresentate, inoltre resteranno patrimonio della memoria collettiva della civiltà egizia per tutta la sua esistenza.

Molti oggetti sono piccoli e maneggevoli, dotati di fori per essere appesi e portati addosso, mentre mancano i grossi oggetti e quegli utensili specialistici legati alle attività agricole e alla sedentarietà che esse portarono con sé.

Gli insediamenti scavati presentano tracce di occupazione stagionale, quali strati sottili ricorrenti di sterco animale, legati alla pratica di una sorta di transumanza piuttosto che alla semplice caccia.

Il bestiame ricorre spesso anche nelle immagini dei petroglifi, non come oggetto di caccia su mandrie libere, bensì come possedimento personale, una delle prime risorse di ricchezza accumulabile.

I bovini assunsero una particolare importanza testimoniata dalle varie forme in cui vennero ritratti negli oggetti d’uso e in quelli funerari: vasi e amuleti riproducevano l’animale intero o parti di esso, piccole sculture accompagnavano i defunti nell’aldilà mentre altre potevano essere indossate come amuleti, nei primi censimenti di epoca dinastica i capi di bestiame saranno usati come indicatori di ricchezza, mentre il toro assunse significati simbolici allusivi al comando.

Tutto ciò porta alla conclusione che, gli abitatori della Valle possessori di bestiame si recassero periodicamente nel deserto seguendo le proprie mandrie alla ricerca di pascoli estivi, nell’attesa della ritirata delle acque e della crescita del nuovo foraggio durante l’autunno e l’inverno.

Apprendiamo anche come l’ordinamento di questi gruppi fosse di tipo patriarcale, attraverso immagini in cui un uomo adulto raggruppa il bestiame accompagnato dal figlio, e come l’acconciatura badariana fornita di piume indicasse dapprima un capofamiglia, un leader, poi un defunto, un antenato, quindi una divinità, tradizioni ereditate in seguito dalla cultura egizia e mai dimenticate.
pizia.
00venerdì 3 luglio 2009 02:02
4. Prima dei faraoni. Vita nell’Egitto predinastico

In questo capitolo l’autore analizza alcuni aspetti della vita quotidiana nel periodo predinastico, facendo riferimento in generale al 4000 a.C., cioè alla prima parte del quarto millennio a.C..

Innanzi tutto la situazione climatica, molto più umida rispetto allo stato attuale: è probabile che la zona delle piogge estive, ora relegata più a sud e molto ridotta, potesse allora estendersi fino oltre al tropico, generando un sistema di verdeggianti praterie effimere, in grado di ospitare le mandrie nel periodo in cui la Valle del Nilo era allagata.

Mentre l’uso della transumanza stagionale era ancora in atto e compensava da una parte la desertificazione incalzante, dall’altra il regime delle piene del fiume, accrebbero la loro importanza alcuni centri situati in posizione strategica, Nubt, Nekhen e Tjeni, per il concentrarsi delle attività, da quelle agricole, a quelle mercantili, da quelle artigianali a quelle burocratiche.

Il Delta ebbe uno sviluppo differente a causa della sua posizione e conformazione: anche qui la transumanza stagionale era praticata, portando allo stesso semi nomadismo dei gruppi di allevatori altoegizi, ma la vocazione delle città era diversa, decisamente più mercantile e coloniale.
Evidentemente qui mancò l’elemento necessario alla formazione degli stati detti “protoregni”, così il processo di formazione dello stato partì dalle tre ricche città del sud.

Il capitolo si conclude con la storia un po’ romanzata ma verosimile, di un uomo appartenete ad una famiglia di allevatori dell’Alto Egitto, divisa a metà fra la città, la casa e la gente della Valle, e il bestiame, le praterie e la relativa solitudine delle montagne.

Wotan.Guido
00sabato 4 luglio 2009 12:27
Ho letto i commenti al libro di Wilkinson. Ho provato a cercarlo per acquistarlo, ma non lo trovo, nemmeno sul sito della Newton Compton. Qualcuno sa dove posso trovarlo? Grazie
Guido
-Kiya-
00sabato 4 luglio 2009 14:21
Il testo è putroppo fuori catalogo, nonostante sia stato pubblicato soltanto nel 2004.

Sui siti che ti segnalo qui di seguito sembra sia ancora disponibile, prova a confermare l'ordine:

books.bloo.it/libro_macro2486.html

www.macrolibrarsi.it/libri/__la_genesi_dei_faraoni.php

l'alternaativa è il mercato dell'usato, ma anche in tal senso ho trovato nulla per il momento.

A metà agosto sarò a Torino, se non riesci a procurartelo diversamente, fammelo sapere. Vedrò di cercarne una copia da farti pervenire.
EGIZIA72
00sabato 4 luglio 2009 14:35
Grazie Kiya per la segnalazione,avevo cercato su Ibs,ma non è disponibile,ora provo su uno dei due siti.grazie
Wotan.Guido
00domenica 5 luglio 2009 12:58
Cara Kirya,
ho trovato il libro di Wilkinson su books.bo e me lo spediscono in 2-3 giorni.
Grazie infinite per il tuo prezioso suggerimento
Guido
-Kiya-
00domenica 5 luglio 2009 13:24
Ottimo, sono contenta che fosse disponibile ;)
roberta.maat
00domenica 5 luglio 2009 14:31
Grazie, ordinato anche io !
pizia.
00domenica 5 luglio 2009 22:31
Non sapete quanto mi renda felice sapere che questa piccola pubblicità fatta al mio caro Toby abbia in qualche modo dato i suoi frutti, spero di poterne presto discutere assieme a voi.
Non aspettatevi un libro molto tecnico però, è solo una pubblicazione divulgativa, scritta in modo molto semplice e chiaro, fin troppo discorsivo, ma lascia certo la voglia di saperne di più.
Intanto continuo col mio riassuntino...
pizia.
00domenica 5 luglio 2009 22:34
5. Le navi del deserto. La nascita della religione egiziana
I soggetti delle raffigurazioni possono essere suddivisi in due temi: quello del dominio sul mondo animale e quello delle barche.

Le prime sono rappresentazioni di caccia, di fauna multiforme, di riti particolari in cui gli animali sono protagonisti, assieme ad uomini acconciati con attributi degli animali, come ad esempio le corna, le code o le piume, e di proporzioni superiori alla media, particolare rivelatore del loro status di “capi” oppure già di divinità antropomorfe.

Da una parte le caratteristiche della divinità sono ancora ricercate nel mondo animale, come certi significati simbolici attribuiti a ippopotami, giraffe, falchi, struzzi, gazzelle, tori; dall’altra le figure umane protagoniste delle scene rituali e sacrificali suggeriscono altre forme di religiosità, supportate dalla magia, come lo sciamanesimo.

L’uccisione rituale di animali è certo uno dei primi riti religiosi a comparire nelle raffigurazioni.
Siccome l’arte egizia già dai tempi preistorici ha una funzione magico-evocativa, confermata durante il corso dei millenni, non è possibile attribuirle alcuna funzione decorativa, espressiva o descrittiva, non ha dunque l’intento di raffigurare il mondo reale, la vita quotidiana o la cronaca di avvenimenti, ma vuole ottenere, attraverso la prefigurazione, l’avverarsi di certi eventi.

In questa ottica dunque, le file ordinate di animali sono tentativi di imporre ordine e subordinazione ai soggetti selvatici e domestici, onde evitare aggressioni e favorirne il governo.

Analogamente le barche ottengono la loro giustificazione.
Non si tratta scene di vita dei pescatori del Nilo, battaglie navali o migrazioni lungo le vie fluviali, pur trattandosi di viaggi, essi appartengono ad un altro mondo, quello metafisico, in cui i trapassati si ritrovano a bordo di imbarcazioni collettive, guidati da un capo o dio, a navigare verso occidente o verso le stelle.

A parte poche eccezioni, queste rappresentazioni raccontano storie che diverranno parte di una tradizione indelebile, destinata ad attraversare i millenni, palinsesto della complessa teologia egizia dell’epoca faraonica.

Le barche resteranno il mezzo di trasporto unico per muoversi nell’aldilà e nel cielo, sia per gli uomini defunti che per gli dei come testimoniano migliaia di raffigurazioni in tombe, templi e sacri testi.

Pur non sorgendo fisicamente sopra alle tombe, i petroglifi mostrano all’uomo predinastico la storia dei suoi antenati; ogni mandriano, durante il suo percorso migratorio stagionale ripercorreva un sentiero tracciato fra i disegni, ai quali, a questo punto, si deve anche riconoscere una funzione di “termini” per l’orientamento; secondo gli insegnamenti dei propri avi, ritrovava ogni anno la strada attraverso un territorio che si stava facendo sempre meno accogliente e riconoscibile e la insegnava a sua volta ai suoi successori.
pizia.
00domenica 19 luglio 2009 20:01
6. La culla della civiltà. Ripensando alle origini dell’Antico Egitto
In questo capitolo viene affrontato il quesito fondamentale del libro: da dove arriva la civiltà faraonica?
Fino a poco tempo fa la risposta veniva cercata in Vicino Oriente per vari motivi.

Innanzi tutto motivi religiosi, in quanto i primi studiosi che si posero il problema, in accordo con le tre grandi religioni monoteistiche, da cui a quei tempi non si poteva prescindere né dar contro, pensarono non ci fosse alcun altro modo, per l’umanità di essere stata creata, se non come narrato nella Bibbia, attraverso Adamo ed Eva e la loro discendenza, notoriamente alloggiati dapprima nel Paradiso Terrestre, per tradizione localizzato in quelle zone.

Inoltre esistevano problemi contingenti: i grandi monumenti attiravano l’attenzione di studiosi e viaggiatori i quali non riuscivano a spiegare altrimenti queste manifestazioni di grandezza, quindi le collegarono alle civiltà allora conosciute, cioè quelle dell’area mesopotamica.
Con gli scavi di Petrie sì cominciò a catalogare materiale dall’aspetto differente, ricollegabile ad un periodo precedente, ma solo dagli anni ’30 del secolo scorso si intrapresero studi seri e mirati alla scoperta della matrice da cui si formò la cultura egizia.
Fu davvero difficile eradicare le idee ormai acquisite e stabilizzate, ma gli studi degli ultimi 20 anni sono stati fondamentali per chiarire le dinamiche dei gruppi umani abitatori dell’Egitto prima dell’unità statale, sia dal punto di vista prettamente archeologico, che da quello antropologico e culturale.

Ormai gli studi comparati sui materiali scavati permettono di rintracciare nelle culture predinastiche naquadiane le principali comunità da cui si formò lo stato.
Loro antecedenti sarebbero proprio quelle popolazioni seminomadi dedite all’allevamento transumante descritte in precedenza, in un ritratto ricavato dall’analisi dei petroglifi del Deserto Orientale.

L’Africa, nel periodo precedente a quello esaminato finora (circa il 4000 a.C.), è costellata di insediamenti diversi, testimoni di ambienti altrettanto differenti: la Valle del Nilo, le coste, le zone desertiche e le “playe” fossili.

Ma né i rari centri costieri, né la fertile Valle in cui trovarono già posto le prime comunità stanziali di agricoltori, né il Popolo di Nabta Playa, conosciuto grazie a studi recentissimi, sembrano essere i veri antenati dei naqadiani, ma proprio gli abitatori seminomadi del deserto, identificabili, per varie motivazioni, con i badariani, i quali riassumono al meglio tantissime caratteristiche mai più abbandonate nella tradizione dinastica, le quali riemergeranno a più riprese e troveranno espressione sempre più ampia e caricata di significati.

Quindi si conclude ribadendo gli ascendenti africani della civiltà egizia, e spiegando come, attraverso i millenni, dalle culture più primitive, si possa essere arrivati alla realizzazione delle cose meravigliose poste sotto gli occhi dell’umanità da millenni.
manucaos
00domenica 20 gennaio 2013 16:00
Ma questo libro non è più disponibile ? ho fatto una ricerca ed è esaurito ovunque ......
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