Giovanni Pascoli: un Adorabile Crepuscolare

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AbbaZuzzU
00giovedì 28 aprile 2011 11:03
“Il solo progresso umano possibile sta nel procedere della conoscenza del vostro destino. È l’orrore davanti la natura la quale vi minaccia continuamente, e ciecamente vi affligge e stermina, che deve essere base, ‘radice’, della giustizia e della pietà. E quest’orrore bisogna che non lo vinciate dando retta ad ingannevoli promesse; voi lo dovete provare intero e assoluto. Progredire la società umana non può che verso al verità, e la verità è questa: la morte.”

Giovanni Pascoli, La Ginestra

Il poeta che chiude la stagione poetica ottocentesca ed apre quella novecentesca, a cui le generazioni seguenti guarderanno come a maestro di poesia, imitandolo e raramente eguagliandolo, è Giovanni Pascoli, il poeta di San Mauro di Romagna. A questo poeta, scolastico quant’altri mai, nel senso che non c’è studente che nel corso degli studi non ne abbia imparato a memoria qualche poesia - anche oggi, in tempi in cui la memoria difetta a tutti non poco -, a questo poeta, dicevo, un dottore di ricerca in Italianistica dell’Università del Salento (Dipartimento di filologia, linguistica e letteratura), Andrea Carrozzini (Lecce, 1974), dedica un libro meritevole di segnalazione, dal titolo Da Myricae a Odi e inni, con sottotitolo Percorsi testuali e tematici della poesia pascoliana, Galatina, Congedo Editore 2009, pp. 269.
Il volume, avverte l’autore nella Nota introduttiva, “rientra nel panorama degli studi di carattere testuale e tematico” (p. 7), ovvero si occupa di indagare e descrivere, attraverso una disamina dei testi, i temi della poesia pascoliana. Si va dalla raccolta Myricae, studiata nelle successive stratificazioni delle varie edizioni (dal 1891 al 1900 se ne contano ben cinque), ai Canti di Castelvecchio (1903), dai Poemi conviviali (1904) ai Primi poemetti (1904) a Odi e inni (1906); e poi ancora i Nuovi poemetti (1909), i Poemi italici (1911) e i Poemi del Risorgimento (usciti postumi nel 1913; senza dimenticare i testi in prosa, che accompagnano a guisa di commento esegetico la poesia pascoliana, Il fanciullino in primis, e poi i saggi su Dante e Leopardi, autore, quest’ultimo, che funge da vera cartina di tornasole per comprendere le scelte di poetica di Pascoli.
Al centro v’è il dramma della vicenda familiare, con l’assassinio il 10 agosto 1867 del padre Ruggero (chi non ricorda i celebri versi “Ritornava una rondine al tetto: / l’uccisero: cadde tra spini: / ella aveva nel becco un insetto: / la cena dei suoi rondinini”, nel X Agosto di Myricae, oppure “O cavallina, cavallina storna, / che portavi colui che non ritorna” ne La cavalla storna dei Canti di Castelvecchio), cui seguì la morte della madre e quella di una sorella e di un fratello; la caduta, dunque, dopo un stato di prosperità e di benessere, in uno stato di infelicità e povertà. Ma la vera poesia pascoliana non è mero dato biografico, sia pure rivissuto e interpretato in chiave di dolore universale, bensì originale visione del mondo, che Carrozzini si incarica di ricostruire dettagliatamente, testo dopo testo, rinvenendo temi e motivi ricorrenti, e seguendoli nella loro evoluzione semantica. Emerge un Pascoli caratterizzato da una sensibilità molto vicina alla nostra, che non ha nulla di intimistico (come si è spesso voluto far credere), un Pascoli che parla con i morti del mistero della vita e riferisce a noi nella forma del frammento, corrispondente, come ebbe a scrivere Mario Pazzaglia, citato da Carrozzini, “a un modo inedito di vedere e vivere il mondo: l’unico concesso in un universo senza più direzioni” (p. 27). Un Pascoli, dunque, alla ricerca quasi disperata di risposte a domande impossibili, che azzarda uno sguardo sul mistero del mondo, definito, nella già citata poesia dal titolo X agosto, “quest’atomo opaco del Male!”, un Pascoli per certi versi interprete e continuatore di Giacomo Leopardi, “il poeta del dolore”, cui egli dedicò non poche cure esegetiche; questo è il poeta di cui Carrozzini descrive l’opera e che ci affascina ancor oggi con le sue riflessioni riguardanti da vicino la nostra esistenza. Si pensi alla morte che “da una parte rappresenta, scrive Carrozzini, pur sempre un evento tragico, di totale disfacimento e di annullamento, dall’altra appare un fatto inscritto nelle cose e nella vicenda ciclica della natura, come la vita” (p. 93); o si leggano le bellissime pagine che l’autore di questo libro dedica al Ciocco dei Canti di Castelvecchio, sotto il titolo Visioni del cosmo: il Ciocco (pp. 100-108), in cui il motivo della contemplazione astrale, sempre ben presente nell’opera pascoliana, innesca un “parallelismo più diretto tra la sorte degli insetti e quella degli uomini, i quali, non diversamente dalle formiche, nascono e muoiono sotto lo sguardo indifferente e imperturbabile di qualche remota divinità” (p. 103). Come non pensare, ancora una volta, a Leopardi? E in effetti Carrozzini dedica al confronto Pascoli-Leopardi non poche pagine (Tra poesia e ideologia: i saggi su Leopardi e i Primi poemetti, pp. 171-230). “Le due esperienze poetiche, quella leopardiana e quella pascoliana, sembrano condividere lo stesso percorso” (p. 174); eppure, a differenza del Recanatese, per il quale la natura rimane unica dispensatrice di pena, per Pascoli essa è la via per “giungere alla serena accettazione della vita” (p. 183). Per questo la poesia, di fronte alla desolazione arrecata dalla morte, è motivo di conforto per gli uomini e in più è considerata da Pascoli “come l’unica occasione concessa di riaffermare la vita” (p. 133), scrive Carrozzini. Egli individua in Pascoli I caratteri di una poetica ideologica-parenetica, ovvero il risultato cui perviene la ricerca poetica pascoliana, che dalla considerazione della morte passa all’esortazione degli uomini. Il poeta si rivolge a tutti gli uomini con l’intento di fare dell’uomo un homo humanus: “dopo il sentimento della morte e quindi dopo il riconoscimento della finitezza dell’individuo umano, scrive Carrozzini, vi è l’idea di una nuova società che fondi i suoi presupposti sull’amore e sulla solidarietà” (p. 256).
Insomma, c’è in Pascoli una tensione utopica verso un futuro di pace e di amore, che la poesia si assume il compito di anticipare e di additare all’uomo come unico destino possibile. Per Carrozzini, è questo l’approdo ultimo del poeta di San Mauro, coerente con tutta la sua ricerca, di cui egli ha rintracciato, passando in rassegna l’intera opera, i “presupposti stilistici, tematici e ideologici” (p. 262). Un approdo facile, si potrebbe dire, se non sapessimo quale retroterra esso nasconde. Pertanto, a conclusione del libro, il lettore non dimentichi la critica forte all’idea di progresso che sta dietro gli sviluppi finali dell’opera pascoliana. “Il solo progresso umano possibile sta nel procedere della conoscenza del vostro destino. È l’orrore davanti la natura la quale vi minaccia continuamente, e ciecamente vi affligge e stermina, che deve essere base, ‘radice’, della giustizia e della pietà. E quest’orrore bisogna che non lo vinciate dando retta ad ingannevoli promesse; voi lo dovete provare intero e assoluto. Progredire la società umana non può che verso al verità, e la verità è questa: la morte” La Ginestra.
Parole sante, quanto mai attuali, e che sempre dovremmo ripetere a noi stessi per resistere alle “ingannevoli promesse” del mondo attuale. Gianluca Virgilio
AbbaZuzzU
00giovedì 28 aprile 2011 11:04
X AGOSTO
San Lorenzo , io lo so perché tanto
di stelle per l'aria tranquilla
arde e cade, perché si gran pianto
nel concavo cielo sfavilla.


Ritornava una rondine al tetto :
l'uccisero: cadde tra i spini;
ella aveva nel becco un insetto:
la cena dei suoi rondinini.


Ora è là, come in croce, che tende
quel verme a quel cielo lontano;
e il suo nido è nell'ombra, che attende,
che pigola sempre più piano.


Anche un uomo tornava al suo nido:
l'uccisero: disse: Perdono ;
e restò negli aperti occhi un grido:
portava due bambole in dono.


Ora là, nella casa romita,
lo aspettano, aspettano in vano:
egli immobile, attonito, addita
le bambole al cielo lontano.


E tu, Cielo, dall'alto dei mondi
sereni, infinito, immortale,
oh! d'un pianto di stelle lo inondi
quest'atomo opaco del Male!
AbbaZuzzU
00giovedì 28 aprile 2011 11:05
CARATTERISTICHE DOMINANTI DELLA POESIA:

COMPONIMENTO METRICO : La poesia è composta da sei quartine in cui si alternano decasillabi e novenari piani in rime alternata. (ABAB CDCD…)

FIGURE RETORICHE D’ORDINE DI SIGNIFICATO : metonimia (il suo nido che pigola)e (al suo nido), similitudine (come in croce) personificazione del Cielo; parallelismo tra la rondine e il padre

FIGURE RETORICHE D’ORDINE: anafora ( ora è la, ora è là; aspettano aspettano), Ritornava una rondine al tetto = iperbato,

Nella prima strofa : troviamo nei primi due versi una consonanza della lettera L e un’assonanza tra le parole “arde e cade”. Nel primo verso invece troviamo un enjambement.

Nella seconda strofa : contrariamente troviamo in tutta la strofa una consonanza della lettera "R" e nel secondo verso si ha una cesura ad " uccisero".

Nella terza strofa: Nel primo verso si ha un enjambement

Nella quarta strofa: Nel secondo verso ci sono due cesure e una rima interna (mondi/inondi).

In tutta la poesia si ha un climax ascendente ed è circolare.

Titolo: Dall’analisi delle poesie pascoliane, per quanto riguarda la funzione del titolo, c’e una forte prevalenza di titoli con fine informativo attraverso i quali il poeta fornisce informazioni riguardanti il tema della poesia stessa. Si può notare anche l’uso non raro di titoli a scopo interpretativo, mediante i quali il Pascoli agevola al lettore la comprensione di ciò che la poesia vuole comunicare.

In questo caso il titolo è informativo e dà il tema

Ambientazione: L’ambientazione è il passato con particolare riferimento alla morte del padre

INTENZIONE COMUNICATIVA

Questa poesia rievoca uno degli eventi più dolorosi della vita di Pascoli. Infatti il giorno di San Lorenzo, ovvero il 10 agosto Pascoli, ricorda la morte del padre assassinato mentre tornava a casa. Attraverso essa il poeta, infatti, vuole comunicare al lettore la sua tristezza per la mancanza del padre assassinato e la accentua mettendo a confronto una rondine abbattuta col cibo nel becco per i suoi rondinini e il padre che ritornava a casa portando due bambole alle figlie, in modo tale da sottolineare l’ingiustizia e il male che prevalgono su questa terra .

Il nido e la casa, per di più svolgono il ruolo di metafora degli unici rapporti d'amore possibili in un mondo d'insidie e di contrasti.

A partecipare a questa tragica situazione vi è, non solo Pascoli in persona, ma anche il Cielo che con, appunto, la notte di San Lorenzo famosa per il fenomeno delle stelle cadenti, raffigura il pianto.

Successivamente la figura del cielo si contrappone a quella della terra. Il cielo è infinito, immortale, immenso, mentre la terra non è altro che un piccolo atomo di dolore.

In conclusione, secondo Pascoli, il cielo di fronte a questo triste fatto invade la terra con un pianto di stelle.

Secondo me, emergono in questa poesia i tre grandi temi di Pascoli su cui, incentrava la sua poesia: il simbolo del nido, la sofferenza e il mistero del male.

Il nido che intendeva Pascoli era il nucleo familiare, la protezione dei conoscenti più stretti dove ogni uomo può rifugiarsi. Nella poesia il nido è evidenziato bene perché, oltre al padre che tornava alla propria casa, c’è un paragone con una rondine che torna al suo “nido” ; ma entrambi sono aspettati invano dai familiari: questi versi sono, secondo me molto autobiografici perché descrivono una sensazione che lui ha provato veramente. Subentra in questo tema, anche l’amore familiare, la tenerezza e la gioia di un padre che torna a casa con doni, ma per Pascoli, quella sera, c'è stata una mancanza, una delusione, che si riflette sul suo senso di giustizia e nel mistero del male.

PROBLEMATICA AFFRONTATA

I temi che prevalgono in tutte queste poesie sono in primo luogo:

- la morte in parallelo alla forte sofferenza;

- il sentimento di tristezza nei confronti del presente .

Detto ciò, dopo aver quindi, analizzato alcune poesie del Pascoli, possiamo affermare che nella maggior parte dei casi il poeta esprime un profondo desiderio di morte in parallelo alla voglia di rincontrare i suoi cari e di sentirsi per la prima volta finalmente un po’ felice. Infatti come afferma in numerose sue opere, egli non lo è mai stato, e vorrebbe per questo ripararsi dal mondo che lo circonda per aspettare in piena tranquillità la sua pace eterna. Quindi si può dire, che fa riferimento ai ricordi del passato,e soprattutto delle sofferenze e delle pene dell’infanzia. Con questa poesia il poeta vuole trasmettere la sua sofferenza per la morte del padre, evento improvviso, passato, lontano, ma forte ricordo che spinge il poeta a rimanere ancora legato all’illusione di rivedere il genitore un giorno ritornare a casa (sottolineata dall’anafora di “aspettano” e dall’enumerazione per asindeto, la quale crea un’atmosfera di attesa) e, quindi, a non rassegnarsi alla sua perdita. La rassegnazione, infatti, è sostituita dalla necessità del poeta di trovare un colpevole.

COLLEGAMENTO CON ALTRE POESIE

Leggendo le altre poesie ho notato che molte parlano della morte del padre di Pascoli L'ASSIUOLO, ma una in particolare NOTTE DI NEVE mi ha colpito molto. Leggendo il titolo di questa poesia mi sono chiesta: Come si può associare l’immagine di una notte magica, in cui la neve dolcemente cade, al tema della morte? In apparenza tale paragone sembra insensato, ma per Pascoli, invece, non lo è. Egli, ancora una volta, attraverso la poesia “Notte di neve” (titolo interpretativo), ha voluto esprimere se stesso trovando nella realtà che lo circonda un chiaro esempio della sua sofferenza e del suo desiderio di pace eterna, che può essere esaudito soltanto attraverso l’arrivo della morte tanto attesa. Come si può notare, il bisogno del poeta di “liberarsi” dal proprio dolore e di trovare finalmente la serenità è evidenziato dalla parola chiave “pace”, la cui ripetizione (anafora) nel penultimo verso appare come un grido d’aiuto, che rompe il silenzio della notte. Inoltre, Pascoli “gioca” molto con le associazioni allo scopo di caricare di significato la poesia. Egli, infatti, attraverso l’espressione “bianca oscurità” (ossimoro), sottolinea la contrapposizione e, nello stesso tempo, la somiglianza tra la neve candida e il buio. La prima, di fatto, è vista come un “chiarore ampio e fugace” che esprime la tranquillità, la quiete tanto ricercata dal poeta, mentre l’oscurità (e il “cielo nero”) nasconde agli occhi di quest’ultimo la serenità, mostrandogli, però, l’unica possibilità per porre fine al suo tormento: la morte. Lo stesso discorso vale per l’antitesi (e, anche, personificazione e chiasmo) tra “grida la campana” e “l’ombra tace”. Il grido, infatti, sottolinea la necessità del poeta di trovare la pace, mentre il silenzio richiama l’atmosfera che si crea al momento della morte. Infine, si può affermare che “Notte di neve” è un chiaro esempio di come, si possa trasmettere ciò che è nascosto nel profondo dell’anima.

COLLEGAMENTO CON LA POESIA DELL’AUTORE

Come ho detto sopra Pascoli, in molte poesie costruisce un forte contrasto tra illusione e realtà. Lui tratta soprattutto la morte dei suoi familiari.

Egli afferma che all’interno di ogni uomo vive un fanciullo che, grazie alla sua innocenza e alla sua sensibilità, è capace di penetrare nel cuore delle cose e di scorgerne il senso profondo. La vera poesia è l’espressione di questo fanciullino che è in noi. Pascoli,inoltre, spiega che il poeta è colui che sa ascoltare ed esprimere quella parte dell’animo che rimane fanciullo e, come un fanciullo, egli sa cogliere la gioia e la malinconia degli eventi.
AbbaZuzzU
00giovedì 28 aprile 2011 11:06
I 2 tragici eventi sono:
1) la morte della rondine che stava portando il cibo ai suoi rondinini, uccisa probabilmente da dei cacciatori.
2) la morte del padre del poeta, avvenuta proprio il 10 agosto di non ricordo quale anno, che stava tornando a casa da un mercato o fiera (mi sembra!) e aveva con sé due bambole da portare in dono alle figlie.

Pascoli mette in contrapposizione la Terra e il Cielo, due mondi completamente separati.
La morte del padre, un evento di per sé singolo e preciso, viene presa dal poeta come emblema del male nel mondo, male che si manifesta in ogni sua forma ovunque e colpisce sia le persone innocenti e brave (come il papà del pascoli) sia quelle colpevoli di qualcosa.
Il cielo è un mondo completamente separato dalla Terra, la cui caratteristica principale è quella di essere perfetto, lontano dalla Terra e di non "conoscere" il male (citaz: E tu, Cielo, dall'alto dei mondi sereni, infinito, immortale)..) Il cielo può solo vedere dall'alto la Terra dominata dal male (citaz: quest'atomo opaco del male) e dalla sofferenza, tuttavia non può fare nulla per "salvare" la terra...può solo guardarla e piangere.

La terra é definita come "atomo opaco del male": ciò sta a dire che essa é un punto insignificante (atomo) fatto di male. l'aggettivo "opaco" deriva dal fatto che la Terra é un pianeta che non brilla di propria luce (e la luce è il simbolo del bene per eccellenza!).
Pascoli nella Poesie, oltre a parlare del male il cui emblema sono la morte della rondine e del padre, sottolinea anche delle conseguenze catastrofiche generate da questi singoli eventi: da una parte ci sono i rondinini che moriranno di fame, dall'altra i bambini e la moglie che non avranno più un padre/marito.
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