Dalla mia panchina di RENATO CARETTONI DEL 23.04.2008.
!maro!
00mercoledì 23 aprile 2008 11:54
R.CARETTONI
IL DUBBIO AMLETICO TRA FARE FALLO O LASCIAR TIRARE DA TRE PUNTI.
di
RENATO CARETTONI.
Iplayoffs NBA sono iniziati con scontri interessanti e finali di partita al fulmicotone. Come lo scorso anno è di nuovo la sfida tra San Antonio Spurs e Phoenix Suns che tiene banco: la scorsa stagione gli Spurs furono apertamente accusati di avere «picchiato» per vincere; quest’anno in gara-1 i Suns hanno sfiorato il colpo in trasferta a Fort Alamo. Vittoria degli Spurs per un punto dopo 2 overtime: sul modo in cui si è giunti a questo epilogo si riapre la diatriba mondiale tra chi sostiene che in vantaggio di 3 punti a poco dalla fine con la palla in mano alla squadra che deve recuperare «bisogna » fare fallo per tagliare le possibilità di pareggiare con un tiro da 3 punti e tra chi sostiene che bisogna fare grande difesa e non il fallo. In Europa l’idea prevalente è per il fallo, negli Stati Uniti invece è per il non commetterlo. Chi ha ragione? Cosa dicono le statistiche? Sono di più le volte in cui si fa fallo e si conserva il vantaggio e la vittoria o sono di più le volte in cui si lascia il tiro da 3 e questo viene sbagliato?
Ebbi occasione di discuterne con un’eminenza cestistica come Larry Brown prima della finale di tre anni fa vinta dai San Antonio Spurs contro i suoi Pistons nella quale la serie si decise quando Rasheed Wallace, che marcava Robert Horry che è uno di quelli che nei momenti decisivi la mette sempre, andò in raddoppio su Ginobili che la scaricò a Horry, che segnò la «tripla» pareggiando e andando poi a vincere nell’overtime. Larry Brown disse che il raddoppio fu una scelta istintiva ed errata del giocatore, ma che comunque in queste situazioni per lui non bisogna mai commettere fallo perché il rischio di subire canestro (il giocatore in possesso di palla a contatto con l’avversario inizierebbe immediatamente l’atto di tiro ottenendo comunque 3 tiri liberi).
Ma veniamo alla partita dell’altra sera in cui la casualità è stata decisiva e che dimostra che le statistiche possono contare sul lungo periodo ma non certo in un episodio singolo: a 15 secondi dalla fine dell’ultimo quanto i Suns sono avanti di 3 punti e stanno difendendo con il bonus non ancora raggiunto. I Suns non fanno fallo (e può starci in quanto hanno poi avuto comunque l’ultimo possesso) e Finley la mette da 3 per il pareggio. I Suns tolgono Shaq per l’ultima azione per paura del fallo su di lui che non segna i tiri liberi, non segnano e si va all’overtime. A 12 secondi dalla fine dell’overtime gli Spurs sono di nuovo sotto di 3 punti e chiedono il time-out: disegni, disegnini, designazione dell’esecutore, contromosse dell’avversario… Insomma: le solite situazioni dei finali di partita. Ci chiediamo se questa volta coach Mike D’ Antoni farà violenza alle regole non scritte in vigore negli USA: in fondo la posta in gioco è pesantissima… Cosa succede? Palla in mano a Ginobili che a 3 secondi dalla fine la scarica a Tim Duncan appostato fuori dall’arco completamente libero! Popovich dichiarerà di aver provato orrore per questa scelta di Ginobili: Duncan in 82 partite di regular season non aveva ancora segnato un tiro da 3! Inutile dire com’è andata! Al diavolo le statistiche! Al diavolo quanto si dice nei time-out! Un episodio del genere può cambiare i destini di una stagione: siamo nei playoffs NBA e ogni notte ci si diverte ad assistere allo spettacolo cestistico più bello del mondo che rimane tale anche davanti a scelte discutibili o addirittura orripilanti; anzi tutto questo rende lo spettacolo ancora più godibile.
Quello che è ancora più godibile è l’impatto delle prestazioni di Pau Gasol sul gioco dei Lakers: lo spagnolo ha iniziato mettendone 36 all’esordio contro Denver, rendendo inutili i due trentelli di Anthony e Iverson. La percentuale di Gasol è impressionante: 14 su 20 dal campo e 8 su 8 ai liberi. Bryant ne ha aggiunti 32. I Lakers ci sono e perché non vincano la Western (la concorrenza è comunque fortissima) qualcuno dovrà andare a batterli a Los Angeles oltre che batterli sempre in casa: non è cosa facilissima.
Ad Est i Pistons perdono in casa contro Philadelphia ed è una grossa sorpresa ma dovrebbero rimediare vincendo fuori in quanto squadra molto forte a prescindere dal fattore campo. Per i Boston Celtics vale il discorso fatto per i Lakers: qualcuno dovrà essere capace di andare a batterli sul loro parquet e sconfiggerli sempre in casa. Impresa poco probabile se non da parte dei Pistons in un’ipotetica finale di Conference. Oltre al trio Garnett-Pierce-Allen i Celtics hanno una difesa fortissima, allestita dallo specialista dello staff Thybodeaux, e fatta di aggressività e raddoppi, supportata dalla presenza dietro di uno «stoppatore» come Kevin Garnett. Fare canestro contro Boston è difficile in ogni singola azione e questo nei playoffs è un «atout» non da poco.
© Corriere del Ticino
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