Agosto si avvicinava, le ferie si avvicinavano, e non avevo ancora pensato cosa fare della mia estate. E infine mi sono decisa a mettere in piedi l'unico abbozzo di programma che mi era balenato in mente qualche tempo prima, più che altro per la la pigrizia di dovermi mettere a pensare qualcosa di diverso.
Certo che non era questa la premessa migliore per partire ad organizzare la mia prima vacanza completamente estera (anche se la
Francia la considero un estero "dietro casa"). E così in quattro e quattr'otto ho dovuto scoprire come prenotare il TGV, capire com'è organizzato il trasporto bici sui treni francesi, mettere insieme le coincidenze per partire da
Genova e cercare l'albergo. E se raccontassi in dettaglio tutto "l'approccio" ne verrebbe già fuori una cosa da farvi sentire stanchi prima ancora di partire. Ma alla fine mi sono ritrovata "orgogliosamente" in mano i biglietti del TGV stampati da Internet e la mail di prenotazione dell'albergo: non potevo più cambiare idea, DOVEVO partire!
Destinazione
Saint Michel de Maurienne, in
Savoia.
L'avevo scelta perché dalla vallata si dipartono le più importanti salite francesi, ma mi è bastato poco per capire che è molto di più.
In questa valle il ciclismo è intrinseco allo scorrere stesso della vita nei mesi estivi. Normale sentire il "clac" di tacchette, vedere magliette multicolori che pedalano lungo la strada e cercare di indovinare, in base alla direzione, quale mitica salita andranno a conquistare, scorgere lampioni e ringhiere che, oltre l'immancabile aiuola fiorita, portano come decorazione sagome di biciclette stilizzate e colorate. In città i semafori ribassati dedicati ai ciclisti, la segnaletica stradale di divieto che quasi sempre riporta l'eccezione "Sauf Vélos" (tranne biciclette), la strada nazionale con la banchina riservata alle bici. La prima sensazione è quella..... di essere arrivati nel posto giusto!
Giovedì 8 Agosto
Arrivo in treno (o meglio... treni, quattro, per essere precisi
) a
Saint Michel de Maurienne.
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Venerdì 9 Agosto
Distanza Km. 92,90 - Dislivello m. 1763 - Quota massima m. 1535
Percorso
Fortunatamente la perturbazione di ieri si sta dissolvendo, stamattina il cielo è ancora parzialmente coperto, ma dovrebbe migliorare con l'avanzare della giornata.
Come prima "conquista" scelgo un colle poco conosciuto, più che altro perché mi aveva incuriosito una foto con una serpentina di tornanti (simile alla "Barcarola" dell'Altopiano di Asiago) trovata per caso su Internet quando preparavo la partenza.
E' sempre emozionante il primo colpo di pedale al varo di una vacanza. Da questo momento queste saranno le "mie" strade per le prossime due settimane. Da
Saint Michel scendo lungo la vallata fino alla cittadina successiva,
Saint Jean de Maurienne, iniziando a prendere confidenza con la segnaletica stradale (1° Comandamento: fuggire le indicazioni blu, che portano in Autostrada) e prendo la deviazione che dovrebbe portarmi a salire a
Montverney per la caratteristica strada dei 18
lacets (tornanti), ma quando prendo a salire capisco di aver imboccato un'altra strada
che fa invece un lungo giro panoramico toccando prima altri paesi: pazienza per i "lacets", non ho voglia di tornare indietro. Superato
Montverney continuo verso il
Col de Chaussy, e nel punto dove le nuvole sembrano indugiare in maniera più minacciosa incuneate tra le montagne, supero il passaggio più selvaggio, con la strada tagliata nella roccia a strapiombo. E forse non è un caso che proprio in quel punto scorgo il volo maestoso di un'aquila (o forse un gipeto) che silenziosamente perlustra la valle con ampie volute. Da
Montpascal in poi il paesaggio addolcisce i suoi colori nel verde di ampi pascoli, fino a raggiungere finalmente il
Col de Chaussy (1533 m.), a cui rimarrà per sempre legata la presenza di uno strano cavallo tutto scuro, col solo muso bianco e..... gli occhi azzurri!!
La "problematica" discesa mi porterà a ritrovare il fondovalle a
La Chambre, da cui non mi resta che risalire la valle verso
Saint Jean e
Saint Michel.
Il passaggio più selvaggio per il Col de Chaussy
Con uno splendido incontro
Ma poi il paesaggio si addolcisce raggiungendo la sommità del Colle
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Sabato 10 Agosto
Distanza Km. 105,58 - Dislivello m. 1714 - Quota massima m. 2083
Percorso
Ogni carta estratta dal mazzo sarà comunque una salita "nobile", foriera di sana fatica e paesaggi stupendi. Il
Moncenisio, col suo lungo prologo per risalire tutta la valle, mi darà la possibilità di un attacco "morbido", utile anche a ripulire la mente e riconciliarmi con la bici e dimenticare l'ostilità con cui la guardavo ieri durante la discesa: oggi non mi tradirai, vero?
A
Termignon una breve sosta in un forno dove entro in crisi mistica rimirando il banco con tutte le bontà esposte, prima di riuscire a scegliere cosa porterò via, e riprendo la strada alla volta di
Lanslebourg, da dove ha inizio la vera salita al
Moncenisio, anzi al
Col du Mont Cenis. All'elevarsi della strada appaiono vette e ghiacciai prima nascosti e laggiù il fondovalle con
Lanslebourg che si allontana sempre più: non sembra di essere su una strada, la sensazione è piuttosto quella di levitare dolcemente su un ascensore panoramico, tanto più che la salita è così scorrevole e i tornanti disegnati in maniera così perfetta che le gambe la assecondano quasi senza sentire la fatica.
Con gli occhi calamitati al panorama quasi non mi accorgo della fatica
In cima ritrovo gli splendidi riflessi d'azzurro intenso del Lago, con una meraviglia che non è lontana da quella di due anni fa, quando al Colle arrivai scalandolo dal versante di
Susa. Il vento che spazza la strada lungolago è solo l'assaggio della lotta che mi toccherà affrontare al ritorno.
Nonostante i buoni propositi, la prima buona metà della discesa mi dà parecchi problemi, riuscendo a riconquistare fiducia solo nell'ultima parte.
Da
Lanslebourg affronterò una lotta massacrante con il vento che mi costringerà a pedalare contro un muro per tutti i quaranta km. fino a "casa" e che alla fine si rivelerà molto più distruttiva sulle mie gambe che la "conquista" del mio primo "2000" di queste vacanze.
Cielo e Lago fanno a gara a chi è più azzurro
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11 Agosto
Distanza Km. 58,95 - Dislivello m. 2317 - Quota massima m. 2642
Percorso
La giornata è splendida, come quella di ieri del resto, non potrei scegliere di meglio per una delle due salite che rappresenteranno il clou delle mie vacanze. E non potrebbe non essere così quando una delle due salite in questione si chiama
Galibier.
Il ponte sull'Arc che segna l'inizio della salita al
Col du Télégraphe dista soli 50 m. dall'albergo: possono bastare come riscaldamento per i 12 km. di salita che mi attendono! La strada prende quota, si aprono gli scorci sulla valle che ormai sto imparando a conoscere. Anche questa è una bella salita e, nonostante la Natura l'abbia posizionata lì a pagar tributo al più nobile
Galibier, bisogna riconoscerle il piacere che si prova a salire lungo i suoi morbidi tornanti e le belle vedute che regala.
Il disagio e le soste ripetute nel percorrere i brevi chilometri in discesa verso
Valloire mi dicono che anche oggi una parte della mia testa non risponde e inevitabilmente penso a cosa succederà tra qualche ora, quando dal
Galibier dovrò fare ritorno. Non è assurdo? Penso al
Galibier e la preoccupazione non sono le rampe all'11% e più, ma quelle.... al
-11%..... e al
-8%..... e pure (ma forse non si chiamano più rampe) quelle al
-4%!!!!
Le maestose brulle montagne prima ammirate da lontano diventano parte del paesaggio in cui pedalo, man mano che la strada vi si addentra sempre più. Impossibile descriverne la bellezza, bisogna andarci. I chilometri sono scanditi (come quasi sempre sulle salite francesi) dalle pietre miliari che riportano fedelmente anche l'altitudine e la pendenza: anche questo indice di quanto questa regione "viva" di ciclismo e senz'altro un bel supporto psicologico per chi vi si cimenta.
Montagne come piramidi di roccia e declivi brulli di sfasciumi pietrosi: sembra di pedalare sulla Terra ai suoi primordi
Impossibile non rimanere affascinati da questi scenari
E' il terzo giorno consecutivo di bici, sto scalando una delle salite che ha fatto la storia del ciclismo, ma non sento un filo di fatica in più del "necessario". Salgo piano, come sempre, regolare, ma sentire che le gambe assecondano la strada senza ribellarsi mi riempie di soddisfazione e mi fa godere appieno il momento che sto vivendo, circondata da un paesaggio stupendo.
Al vallone di
Plan Lachat il paesaggio cambia ancora e inizia poco dopo un tratto che trovo piuttosto impegnativo fino ad arrivare al fatidico tunnel e alla deviazione per il valico: nudo, lassù, senza un filo di vegetazione, roccia che si staglia contro il cielo blu, limpido più che mai.
Ora si fa sul serio: l'ultimo chilometro si fa guadagnare, mai sotto il 10%, la strada si restringe, le curve sembrano trampolini. Ma col 33-30 le gambe assecondano docili anche quest'ultimo sforzo. Ma improvviso sull'ultimo tornante un senso di vertigine: tengo la sinistra, in contromano, e a guardare il vuoto sulla mia destra mi sembra di andare giù. Mi devo fermare e scendere dalla bici, e anche a piedi qualcosa non quadra: non mi fido a rimontare e in equilibrio precario, con la mente che corre subito al pensiero delle mie crisi di panico da discesa, chiedendomi costernata cosa mi stesse succedendo, ho percorso a piedi gli ultimi trecento metri che mi mancavano al mitico colle, celando sotto gli occhiali scuri qualche lacrima di sconforto.
Non era questo il modo in cui avevo pensato di conquistare il mio (secondo)
Galibier. Ma mi consolava la certezza che a tradirmi non fossero state le gambe, ancora toniche e reattive dopo 18 chilometri di salita (da aggiungere ai 12 del
Télégraphe): non avrei certo mollato a 300 metri dall'arrivo, al limite mi sarei fermata a tirare il fiato e sarei ripartita.
In cima, in mezzo a una marea di ciclisti e motociclisti, mi sono seduta per qualche minuto, ho mangiucchiato, ho aspettato di recuperare "le piene facoltà" e quando il senso di stordimento è passato ho iniziato a godermi la mia "conquista", non essendo disposta a svenderla per 300 metri di vertigini.
Foto, foto, foto, montagne, ghiacciai, ciclisti che arrivano e ripartono chi da un versante chi dall'altro, decine di foto scattate nell'arco di pochi minuti da mani diverse al mitico cartello, con emozioni simili ma uniche per chiunque arrivi quassù.
E' ora sì... di scendere. L'incubo si rinnova. Le sensazioni sono quelle già descritte. Non solo per il primo ripido chilometro, anche dopo il bivio dove la strada diventa una normale strada in discesa. Una macchina si accosta e si ferma poco oltre. Una gentilissima ragazza ne scende e mi chiede "Hai problemi? Vuoi un passaggio?" Con una stretta al cuore e un filo di voce le ho detto "Sì, grazie". Nel bagagliaio aveva già la sua bici da corsa, e durante il trasferimento fino a
Valloire le ho raccontato delle mie difficoltà. A
Valloire mi ha augurato
"Bonne chance!" e mi ha regalato un sacchettino di frutta secca. Per chiudere il giro mi attendeva la breve risalita al
Télégraphe e l'ultima discesa su
Saint Michel, che, nonostante un primo momento di incertezza, sono riuscita a terminare senza eccessivi patemi.
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Lunedì 12 Agosto
Niente bici, ma dal momento che ferma proprio non ci so stare, ho fatto una "riposante" scarpinata per un sentiero su per la montagna. Alla fine della giornata ho messo su circa 18-20 chilometri a piedi e 800 m. di dislivello..... Ma oggi non avrei dovuto riposarmi?
Di fronte il Fort du Télégraphe. Saint Michel, da cui sono partita per una "passeggiata", sta 700 m. più in basso
La Croix des Têtes dalla frazione di La Traversaz
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Martedì 13 Agosto
Distanza Km. 85,38 - Dislivello m. 1992 - Quota massima m. 2067
Percorso
Percorro l'ormai familiare tragitto fino a
Saint Jean de Maurienne dove ha inizio la salita per il
Col de la Croix de Fer. Dopo un primo tratto di salita piuttosto decisa mi stupisco di dover scavalcare un colletto e dover ridiscenderne. Ricomincio a salire, in una valle austera, la strada che a tratti si incupisce passando in un fitto bosco fino a quando, ormai in alto, la vallata si apre giungendo a
Saint Sorlin d'Arves. Non resta che alzare lo sguardo e indovinare l'ampio zig-zag dei tornanti che culminano lassù. L'uscita dal paese annuncia subito che quella sarà al contempo la parte più spettacolare e più dura di tutta l'ascesa. Ancora una volta sono piacevolmente stupita nello scoprire che non provo eccessiva stanchezza e che posso godermi totalmente la bellezza che paesaggio con lo sguardo che spazia sempre più sulle vette innevate all'orizzonte e sulla conca verde sotto di me man mano che guadagno quota. Di nuovo oltre quota 2000, questa volta su un colle tutto nuovo, dal momento che sia il
Moncenisio sia il
Galibier li avevo già conquistati dai versanti opposti negli scorsi anni.
Sarebbe stato bello raggiungere da qui il vicino
Col du Glandon e completare l'anello, ma sapendo che da quel lato, a quanto mi era stato detto, la discesa sarebbe stata più difficile, ho preferito tornare per la stessa via. E anche così qualche strega l'ho vista....
La "conquista" della Croix de Fer è ormai prossima
Con uno splendido panorama. Al centro Les Aiguilles d'Arves, dalla caratteristica forma
E ormai in cima la vista spazia anche sull'ampio vallone da cui si raggiunge a soli 2,5 Km. il Col du Glandon.
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Mercoledì 14 Agosto
Distanza Km. 134,74 - Dislivello m. 2407 - Quota massima m. 2770
Percorso
E dopo il
Galibier di tre giorni fa, la scalata all'
Iseran.
Mi fa un certo effetto pensare che lo
Stelvio sarà spodestato e che oggi arriverò con le mie ruote in alto come non sono mai stata (escluso il
Sommellier in mtb).
E il caso vuole che proprio in
questa vacanza in cui ogni discesa diventa un dramma, punto a salire sul Colle più alto d'Europa.
Mi porto col treno fino a
Modane, per evitare i primi 20 Km. "inutili" di statale. Ma non sono ancora uscita dalla città che una serie di cartelli annuncia la chiusura della strada nazionale e la deviazione obbligatoria per la panoramica di
Aussois . Bella, non c'è che dire, ma la salita supplementare in una giornata dove già ci vorrà tutta, e la prospettiva di trovarmela pure sulla via del ritorno qualche perplessità me la dà
... Su via, poche storie!
A
Sollières ritrovo la statale. Da qui a
Lanslebourg è strada già nota, e infatti reputo obbligata la "sosta mistica" al forno/pasticceria di
Termignon....
Molto bello il tratto tra
Lanslebourg e
Bonneval sur l'Arc: inframmezzato dallo scollinamento al
Colle della Madeleine (omonimo di quello più famoso), per il resto scorre sul fondo di una valle verdissima, punteggiata qua e là di baite, grandi distese di pascoli e pareti di montagne che l'incorniciano.
Bonneval, con le sue case in pietra, accogliente, adagiata sul fondovalle è l'ultimo avamposto. Da qui alzi lo sguardo e vedi la strada che taglia in diagonale la montagna sovrastante, prima verso sinistra, poi verso destra, su, su, fino a che lo sguardo si perde, al tempo stesso col desiderio e un po' di "sano" timore di essere lassù a guadagnarla metro dopo metro.
Bonneval sur l'Arc, adagiata ai piedi della "scalata" al Colle dell'Iseran
Ancora una volta mi stupisco di non provare una fatica eccessiva, non mi importa se altri mi superano, tengo il mio passo e riesco a godermi appieno la bellezza del paesaggio, col ghiacciaio là di fronte da cui non riesco a staccare gli occhi. Poi, quasi d'improvviso, la strada svolta, abbandonando dietro di sé la vista sul fondovalle per addentrarsi in un mondo fatto solo di montagne solcate da lunghi sottili torrenti, lingue di neve qua e là, pietraie e distese erbose, regno incontrastato del popolo delle marmotte.
La strada che sembra entrare nel cuore delle montagne mette quasi un po' di soggezione
La grande soddisfazione di essere arrivata lassù, il cartello con la fatidica quota di arrivo,
2770 m., il paesaggio stupendo, lo scambio di complimenti con un ragazzo olandese (la terra piatta per antonomasia!) arrivato fin lassù - dal versante opposto - con una bici carica di bagagli e diretto a tappe a
Les Deux Alpes .
Mai così in alto in bdc
Lì per lì non mi accorgo neanche che il vento gelido mi sta entrando nelle ossa, improvvisamente mi ritrovo scossa dai brividi: dai 27°C del fondovalle sono passata a 12°C!! Mi copro con tutto ciò che ho e cerco di rimettermi in sesto con due tè caldi presi al bar/rifugio uno dietro l'altro.
Da un lato la tentazione di rimanere ancora, perché a 2770 m. non si arriva tutti i giorni, dall'altro il freddo, l'incubo ancora una volta della discesa, i tanti chilometri da fare, con in più "l'extra" della deviazione sulla strada panoramica di Aussois, mi consigliano di tornare giù.
La neve che lambisce la strada anche in pieno agosto sembra dire che tra poco quello tornerà ad essere il suo regno
E se lungo il ritorno ho la piacevole sorpresa di scoprire che la strada nazionale è stata nel frattempo riaperta (erano caduti dei sassi sulla sede stradale), ho affrontato tutti i 50 chilometri sulla statale in una lotta impari col vento contrario che mi ha letteralmente massacrato: non ne potevo più. Uscita indenne dalla scalata all'Iseran, mi ha distrutto il vento del fondovalle.
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Giovedì 15 Agosto
Niente bici oggi. Mattina di pieno relax, con visita al Museo dell'Alluminio e pomeriggio scarpinata a piedi per un sentiero in mezzo al bosco, naturalmente in salita. Scorpacciata di lamponi e circa 500 m. di dislivello, tanto perché ho detto.... oggi faccio solo due passi!
L'Arc e Saint Michel dominata dal profilo della Croix des Têtes
Grazia e perfezione
Saint Martin d'Arc e il Fort du Télégraphe
(fine prima parte)