CONTRO GLI ERETICI: di Tertulliano

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Cattolico_Romano
00sabato 22 novembre 2008 12:38

PREFAZIONE al testo di Tertulliano

DE PRAESCRIPTIONE HAERETICORUM   (CONTRO GLI ERETICI)

¶ La traduzione del De Praescriptione Haereticorum e dell'Esortazione ai Martiri (Ad Martyras) viene fuori a circa un anno di distanza dalla prima opera Tertullianea da me tradotta: l'Apologetico. È lo stesso spirito di fede, il medesimo amore che mi hanno indotto a continuare, in tutta modestia, l'opera intrapresa, alla quale ho dato tutta quella diligenza che tale lavoro, non scevro di difficoltà, richiedeva e quella buona volontà che m'ha guidato sempre in tutto ciò che ho impreso a fare. Non so se sarò riuscito ad assolvere bene il mio compito, ma sono sicuro di aver fatto opera buona e utile, se, anche non perfettamente, ho reso accessibile, in una forma piana e facile un altro capolavoro quasi ignorato dai piò, fin'ora, della letteratura Cristiana. La traduzione è rispondente più che sia possibile al testo, ma non ho esitanza alcuna ad affermare che da esso mi è piaciuto talvolta allontanarmi, parafrasando, magari, ogni qual volta si correva rischio, per stare troppo attaccati alla lettera dell'originale, di cadere in qualche oscurità d'intelligenza del testo stesso, cosa in qualunque caso da evitarsi: ma specialmente in una collezione che ha sopratutto lo scopo di divulgare i tesori tramandatici da chi ha potuto abbeverarsi alle sorgenti più pure della fede nostra, di chi ha seguito, ha vissuto della nostra religione, i contrasti, i tormenti, i pericoli, i dolori, di chi in essa e per essa ha sofferto, ha combattuto, |xiv ha cantato la luce inestinguibile che ne doveva scaturire, la fermezza, la saldezza della sua dottrina, le lotte terribili, ma vittoriose e magnifiche. L'opera Tertullianea che presento, è ardita, acuta, e stringente nelle sue argomentazioni: non ha però l'impeto e il fremito di passione dell'Apologetico: alla mia modesta fatica di traduttore ho chiesto solo quella intima soddisfazione che può dare la coscienza di un tempo bene speso, e la gioia di avere serenamente, nobilmente lavorato in un ideale di bontà e di pace.

Cattolico_Romano
00sabato 22 novembre 2008 12:39

I. 

Non si può negare che le eresie esistano e che abbiano una forza.

¶ Lo stato attuale dei nostri tempi fa sì, che noi dobbiamo ben fermare questo punto: ed è quello di consigliarvi, di esortarvi a che voi non vi facciate meraviglia alcuna di queste eresie: esse di fatto esistono ed era infatti già stato preannunziato che esse sarebbero sorte (1); eppoi, perchè meravigliarsi per la ragione che scalzano e infirmano la saldezza di credenza in taluni spiriti? esse sono sorte appunto per questo scopo: perche la fede, col dover sopportare violenza di attacchi, ne acquistasse poi fulgore di conferma e |2 sicurezza maggiore (2). Non c'è dunque ragione ed è perfettamente inutile e sciocco che la maggior parte dei fedeli si scandalizzino perche l'eresie abbiano preso tanto piede. Quanta azione, potrebbero esse esercitare, se non esistessero? [nessuna]; ma dal momento che vi sono...; quando una data cosa dalla natura ha avuto in sorte un modo qualsiasi di vita, come trova una ragione in essa che giustifichi la sua origine, così acquista quel vigore che la rende attiva e vivace, e non è più possibile allora, per lei, la non esistenza.

II. 

In che cosa possa consistere ìa forza delle eresie, e su chi esse possano eventualmente avere la loro influenza

¶ Fra tutti gli altri modi per i quali la vita dell'uomo è tormentata e magari trova la sua fine, non manca, dopo tutto, la febbre: ebbene noi non proviamo doloroso stupore per nessuno di questi due fatti: nè che essa esista, dal momento che esiste realmente, e neppure che essa conduca l'uomo al disfacimento del suo organismo: è proprio per questo che essa ha una esistenza. Così è riguardo |3 all'eresie, le quali sono sorte per affievolire e per spengere, magari, calore e fulgore di fede; noi, anzi che meravigliarci e provare un certo senso di sgomento chè esse abbiano un tale potere, dovremmo riportare questa nostra impressione di timore, al principio della loro esistenza: finchè esse siano, è in loro anche tale potenza; è proprio in quanto che esse hanno tale potenza, che possono esistere. 

¶ Ma avviene che dinanzi al fatto della febbre, come ognuno sa, non è in noi tanto un senso di stupore e di meraviglia, quanto un'impressione di ostilità, di repug'nanza, per le cause che la possono produrre e per gli effetti che quella può avere sul nostro corpo, e non possedendo in noi la facoltà di poterla allontanare, almeno ce ne guardiamo e cerchiamo di evitarla, per quanto è possibile. Per l'eresie, invece, si nota che, sebbene esse portino la la morte nell'anima e un ardore di un fuoco molto più vorace [della febbre], pur tuttavia vi sono alcuni che preferiscono d'indugiarsi in un certo senso di ammirazione per la potenza che esse sono capaci di sviluppare, piuttosto che cercare di sfuggirle, per tentare di paralizzare la loro capacità penetrativa; e tutto |4 ciò lo fanno, avendo pure la facoltà di sottrarsi alla loro influenza. 

¶ Se smetteranno costoro di meravigliarsi tanto per la potenza delle eresie, finirà che esse verranno a perderla del tutto. Una delle due: o è il fatto della meraviglia che essi provano, che fa scendere appunto certe persone allo scandalo, o è il fatto di provare scandalo che quasi provoca in loro un senso di stupore e di acciecamento tale, da far loro credere che, dal momento che le eresie abbiano in sè tanta potenza e ardire, significhi che esse non possano provenire che da un qualche principio di verità. Cosa da meravigliare davvero, che quel che è male possieda in se stesso una sua propria forza. Se non che le eresie, un forte ascendente hanno su coloro che posseggono scarso ardore dì fede (3). È precisamente quel che succede, la maggior parte delle volte, nei combattimenti dei gladiatori, nelle gare di lotta: taluno vince, non perchè dotato assolutamente di forza superiore che lo renda veramente invincibile, ma perche il suo competitore è stato privo di qualunque energia e capacità di resistenza: così che anche quello che è riuscito una volta |5 vincitore, se dopo viene messo in gara con chi ha robustezza e gagliardia di membra, anche lui sarà costretto a ritirarsi in condizioni di inferiorità: non succede mica diversamente nel campo della eresia: dalla debolezza e dal tepore religioso di alcuni, prendono esse forza e consistenza, ma perdono poi qualunque vigore e ogni fiamma di vita si spenge in loro, se s'imbattono in chi ha nell'animo ben saldo il principio della fede più pura.

III. 

Le eresie non fanno che provare costanza e saldezza, di fede, la quale non può, nè deve essere abbandonata per alcuni che si allontanano dalla credenza vera cristiana

¶ Bastano alcuni individui, che siano rimasti presi dall'eresia, perche, con gran facilità, si abbandonino alla rovina di una credenza falsa questi ingenui creduloni. Perchè quella donna, queir uomo dalla fede così salda, persone dotate di tanta saggezza e che alla Chiesa avevano dato opera di tanto amore e di tanto zelo, passarono dalla parte degli eretici? Chi è che, ponendosi tale quistione, non risponderà a sè stesso che quelli che le eresie hanno |6 potuto far deviare dalla retta via, vuoi dire, che non erano da considerarsi veramente ne saggi, nè stretti da saldezza di fede, nè dediti con tutto l'animo loro alla Chiesa? Ma è proprio una cosa da far molta meravìglia, penso, che da uno, che per il passato sia stato riconosciuto uomo al dì sopra di ogni dubbio e di fede saldissima, dopo ne venga ad uscir fuori uno diverso? Saul, sopra tutti gli altri eccellente, finisce poi colf essere turbato e sconvolto dal sentimento della gelosia; David, la bontà del quale era secondo quanto il cuore del Signore desiderava (4), sì rese colpevole dì omicidio e di adulterio (5); Salomone ebbe pure da Dio ogni più grande dono di grazia e dì sapienza: ebbene: da donne venne spinto all'idolatria (6). Soltanto al Figlio di Dio fu riservato dì rimanere sempre senza colpa (7). Eppoi... anche se un vescovo, se un diacono, se una vedova, se una fanciulla, se un dottore, se perfino un martire si allontanano, ammettiamo, dalia regola di fede, basterà forse questo fatto perche l'eresie debbano acquistare carattere di verità? Dobbiamo noi dunque riconoscere il valore della fede dalle persone o le persone dalla fede che |7 esse professano? Non v' è nessuno che sia sapiente veramente, nessuno che possa dir di possedere purità di fede; nessuno si chiamerà grande, se non il Cristiano; ma nessuno potrà chiamarsi così, se non chi abbia perseverato in questo lume di fede fino agli ultimi giorni della sua vita (8). Tu, data la tua natura di uomo, conosci ciascuno, ma soltanto dalla esteriorità: credi ciò che vedi, ma vedi solo dove il tuo occhio giunge; lungi invece penetra lo sguardo del Signore: dicono i Sacri Libri (9): l'uomo guarda nella faccia del suo simile; è Iddio che penetra e intende l'intimo del cuore umano (10). Ed è così che il Signore conosce quelli che sono Suoi (11), e sradica la pianta che non ha piantato (12), e ci fa vedere come gli ultimi divengono i primi, e tiene in mano un ventilabro, perchè vuole che il terreno intorno a Lui sia lindo e puro (13). Prendano pure il volo e se ne vadano lontano, quanto lor piaccia, le pagliuzze di una fede inferma e leggera, appena che esse avranno sentito l'afflato caldo delle tentazioni; tanto più pulita e sana la massa del frumento s'accumulerà allora nel granaio del Signore (14). Non è pur vero che alcuni dei Discepoli dallo |8 stesso Signore si allontanarono quasi di Lui stesso turbati? (15). Ma non per questo gli altri pure crederono di doversi staccare dall'orme Sue: quelli che riconobbero che Costui era il Verbo delia vita e che da Dio Egli traeva l'origine Sua, Lo seguirono fedelmente, fino al termine della Sua vita, sebbene il Signore avesse loro offerto il modo di allontanarsi im-punemente da Lui, qualora essi l'avessero voluto (16). Non ha valore alcuno, se un Figello, un Ermogene (17), un Fileto, un Imeneo abbandonarono il loro Apostolo (18): appartenne proprio alla schiera degli Apostoli colui che si rese colpevole di tradimento verso il Signore. Ci meravigliamo noi, se da taluni vengono disertate le Sue Chiese, ma dobbiamo sapere che quello che ci fa veramente, chiaramente Cristiani, è appunto la capacità di perseverare e di soffrire secondo l'esempio che Cristo ci ha lasciato (19). Egli dice: Essi si sono allontanati da noi, ma non furono dei nostri; se alle nostre file avessero veramente appartenuto, costoro sarebbero rimasti fedelmente con noi (20). |9 

IV. 

Le eresie sono state preannunziate e siamo stati esortati a sapercene guardare

¶ Siamo piuttosto ricordevoli delle parole del Signore e delle Lettere Apostoliche, le quali ci hanno pur messo in avviso che l'eresie sarebbero nate, e ci dissero pure che avrebbero dovuto esser sfuggite da noi. E come per noi non costituisce ragione di timore alcuno la loro esistenza, così non dobbiamo affatto stupirci della forza che esse posseggono, a causa della quale siamo stati avvertiti di dovercene guardare. Molti lupi rapaci verranno sotto le spoglie di pecore miti e innocenti, ha detto il Signore (21). E che s'intende mai per l'espressione "sotto le spoglie di pecore„ se non la esterna e superficiale professione di fede del nome cristiano? E chi sono "i lupi rapaci„ se non i sostenitori di certe interpetrazioni subdole e capziose, che ìntimamente si nascondono e tentano di disgregare la compattezza della comunità cristiana? Chi sono gli pseudo profeti, se non i predicatori di una dottrina non rispondente a verità (22)? Chi sono gli pseudo apostoli se |10 non coloro che adulterano l'Evangelo? Chi sono gli Anticristi (23) se non gli spiriti ribelli, che così nell' età nostra, come in qualsiasi altro tempo, si schierano contro Gesù? E le eresie faranno proprio questo: con la falsità delle loro dottrine dilanieranno la Chiesa non meno di quanto l'Anticristo la sconvolgerà e la strazierà colla fierezza delle persecuzioni crudeli (24): ma pure una differenza esiste: la persecuzione almeno sa far sbocciare dal suo seno, dei Martiri; l'eresia crea soltanto degli apostati. Proprio per questo anche l'eresie erano necessarie dunque, perchè i giusti, i saldi, i costanti venissero in luce, tanto coloro che nel terrore delle persecuzioni hanno saputo tenere fermo e sicuro il loro spirito, quanto quelli che hanno offerto resistenza alle dottrine dell'eresia. E l'Apostolo non vuole che si consideri come gente ormai di fede provata e schietta chi s'è allontanato dalla retta fede, per seguire l'eresia, come invece i nostri avversarî vorrebbero, interpetrando a modo loro, falsamente, una espressione di lui: "Portate il vostro esame su ogni cosa e ritenete ciò che è buono (25) „. Ma io osservo: e non è forse possibile ad |11 ognuno, che proceda erroneamente in questo esame, abbandonarsi, per sbaglio, proprio alla scelta di quello che è appunto male?

Cattolico_Romano
00sabato 22 novembre 2008 12:40

V. 

Le eresie vengono a minare la compattezza e l'unità della Chiesa

¶ L'Apostolo, poi, ha parole di rimprovero per le discussioni e gli scismi (26), i quali, senza dubbio, son mali; ma nello stesso àmbito fa rientrare anche le eresie. Il fatto che le unisce a principi cattivi, dimostra all'evidenza che le considera un male e senza dubbio di maggiore entità. Dicendo S. Paolo che egli ha sempre creduto alla possibile esistenza di scismi e di dissensi, perchè sapeva pur che dopo sarebbero necessariamente sorte le eresie, dimostra che di fronte ad un male maggiore aveva facilmente creduto alla realtà di un male minore; e non tutto ciò significava, certamente, che egli, rilevando certi mali, avesse voluto affermare che contenessero alcunchè di buono nei loro principi; ma, colla prospettiva di tentazioni e di attacchi ancor più gravi, voleva ammonirci come non |12 bisognasse meravigliarci di quelle scissioni, che tendevano a far riconoscere le anime ormai salde e costanti in un principio di fede, cioè coloro che nessuno era riuscito a far deviare dalla retta strada. Se tutto il capitolo mira nel suo spirito a mantenere l'unità della credenza cristiana e a rafforzarla, reprimendo e distruggendo le differenze e i contrasti, dal momento che l'eresie tendono, non in minor misura certamente, a spezzare quella che sia l'unità della fede, come perfettamente gli scismi e gli altri dissensi nel seno di lei, non vi è dubbio che l'Apostolo abbraccia in un medesimo concetto di condanna tanto gli scismi e le discordie, come f eresie. E come egli non approvi affatto coloro che si siano piegati verso principi eretici, lo prova ogni sua parola di esortazione più vivace a che noi li fuggiamo, e l'insegnamento più reciso a che noi, tutti concordemente, affermiamo e sentiamo unità di fede: il che appunto è ciò che l'eresia impedisce.

VI. 

Le eresie sono da fuggire in ogni modo

¶ Non è il caso d'insistere più lungamente |13 su tale argomento; sappiamo infatti che è lo stesso Paolo che, scrivendo ai Galati, enumera le eresie tra i peccati carnali (27), e suggerisce poi a Tito (28) di allontanare, di considerare come un reietto, chi sia eretico, e ciò dopo averlo una prima volta avvertito e ammonito, perchè un uomo che segue l'eresia è così fuori dalla retta strada, ed è così profondamente guasto, che egli stesso pronunzia da sè la sua condanna irrevocabile. Ma in quasi tutto il restante della lettera, parlando dell'opera da compiersi con ogni diligenza, per sfuggire le dottrine false e bugiarde, viene implicitamente a colpire le eresie: la falsità delle dottrine non scaturisce infatti direttamente dall'opera loro? Eresie (29), sono chiamate con parola greca che vuoi dire scelta; scelta che taluno fa allorchè o si volge a dar lor vita, oppure a seguirle. Ed è appunto per questo che Paolo disse che l'eretico trova la condanna in sè stesso, perchè egli stesso s'è scelto quel principio che poi è causa della sua condanna. A noi Cristiani non è concesso affatto, invece, di intromettere, di nostra testa, nessun altro principio ai fondamenti della nostra fede, e neppure seguire o indulgere quello che eventualmente taluno |14 potesse, di proprio arbitrio, avere escogitato nella mente sua. Noi invece abbiamo gli Apostoli, che hanno ripetuto le parole del Signore e non si sono permessi affatto d'aggiungere qualcosa di loro arbitrio: essi hanno accolto da Cristo Signore la dottrina Sua e l'hanno bandita fedelmente alle genti (30). Pertanto, se anche un Angelo, che dai Cieli scendesse, divenisse il banditore di un Vangelo diverso, noi chiameremmo tale predicazione anathèma (31). Già lo Spirito Santo aveva previsto che presso una vergine Filumene (32) sarebbe disceso un angelo di seduzione, ma che si sarebbe trasformato e apparso come un angelo di luce: A pelle, attratto ed ammaliato dai miracoli e dagli atti meravigliosi di lei, introdusse nel seno della Chiesa una dottrina eretica.

VII. 

È la filosofìa che favorisce le credenze eretiche

¶ Sono queste le dottrine di uomini e di demoni sorte da quel che sia lo spirito della pretesa sapienza mondana, per le orecchie che non sanno trovar pace e tranquillità (33). Il Signore, l'ha chiamata follia tale saggezza, |15 e la stoltezza del mondo ha scelto appunto, per confonder quella che sia l'umana filosofia (34). È la filosofia stessa, invero, che dà materia a quella che si chiama mondana saggezza, dal momento che, con molta libertà e pretesa arroganza, interpetra la natura divina, i suoi disegni e i suoi procedimenti. Diciamolo francamente: le eresie stesse sono quelle che attingono forza e consistenza da tali principi filosofici. È dalla filosofia infatti, che Valentino (35) prende la concezione degli Eoni e di una quantità di forme, di cui non saprei dire neppure il numero: infinite esse sono; e il concetto di una Trinità umana: o non era costui stato discepolo di Platone? E non è da quella stessa fonte, che scaturisce il dio di Marcione (36), preferibile agli altri? almeno ha un carattere di tranquillità; e anche ìa sua dottrina deriva dagli Stoici. Sono stati gli Epicurei (37) quelli che hanno sostenuto il principio che l'anima è soggetta alla morte, e se tu vuoi negare il principio della resurrezione della carne, tu potrai attingere per questo punto dai dettami di tutti quanti gli antichi filosofi: dove trovi che la materia è uguagliata colla natura di Dio, quivi potrai |16 riconoscere la dottrina di Zenone; ed ecco invece che ti vien fuori Eraclito (38), quando si parli di una divinità che abbia in sè natura ignea; è la stessa materia, in fondo, che viene trattata, agitata, e da eretici e da filosofi: donde il male e perchè? donde l'uomo e come egli è sorto? Ed ecco il problema che ultimamente Valentino s'è posto: donde Iddio? Deriva dall'Entimesi o dall'Ectroma (39) ? O Aristotele, mal facesti, tu, che hai loro insegnato la dialettica, arte abile ugualmente e a costruire e a distruggere, diversa e sfuggevole nelle sue asserzioni, immoderata, sforzata nelle sue congetture; aspra, difficile nelle sue argomentazioni, che crea con facilità contrasti; laboriosa e molesta talvolta a sè stessa, che tutto pone in discussione sottile, perchè appunto nulla sfugga all'attento e minuzioso esame di lei! Di qui proprio derivano quei racconti favolosi (40), quelle genealogie interminabili, quelle questioni lunghe ed oziose, quelle discussioni sottili, che s'insinuano negli animi come qualcosa di malefico che ti consuma e ti uccide.

L'Apostolo, quando vuole preservarci da quello che è male, ci avverte appunto di star bene in guardia contro l'opera della filosofia: egli |17 la ricorda chiaramente, espressamente: scrive ai Colossesi: Guardatevi, perchè non vi sia qualcuno che non v'inganni colla filosofia, che, con vane apparenze di verità, non vi tragga fuori dalla retta strada, secondo l'umana tradizione e contrariamente alla provvidenza dello Spirito Santo (41). Paolo era stato in Atene (42), e questa specie di umana sapienza l'aveva ben conosciuta colle relazioni che aveva avuto coi filosofi: pretende essa alla verità, ma non fa che impedire il raggiungimento di questa, e, divisa com'è in una quantità di sette contrastanti intimamente fra loro, da luogo a credenze varie e contradittorie. Può esservì forse qualcosa di comune fra Atene e Gerusalemme? quale relazione potrà stabilirsi fra la Chiesa e l'accademia (43)? fra gli eretici e i Cristiani? È dal portico di Salomone che la nostra dottrina trae l'origine sua (44); fu lui stesso che ci ha insegnato che Iddio si deve cercare nella semplicità e nella bontà del nostro cuore. Se la vedano un po' coloro che hanno messo fuori un Cristianesimo stoico, platonico, dialettico. Che bisogno abbiamo noi di ricerche, dopo Gesù Cristo? che cosa dobbiamo richiedere noi, dopo che abbiamo avuto |18 il Vangelo? Noi fermamente crediamo, e non sentiamo più desiderio di credere oltre: perchè questo soprattutto è il canone fondamentale delia dottrina nostra: il non esservi altra cosa da credere, al di là di ciò che già noi sinceramente crediamo.

VIII. 

Cercate e troverete, è stato detto, ma è pur necessario intendere sì valore dell' espressione

¶ Vengo ora dunque a quel punto, su cui si basano i nostri, per giustificare il loro principio di continua ricerca e che gli eretici cercano d'infiltrare, per indurre negli animi dubbi che possono spingerli alle loro credenze: dicono dunque costoro: è stato pur scritto "cercate e voi troverete(Matt. VII. 7); parole del Vangelo queste. Ricordiamo, dunque, quando il Signore pronunziò tale frase: io credo, appunto, che ciò avvenisse agli albori della diffusione della Sua dottrina, quando ancora in tutti era forte il dubbio, se fosse stato Egli veramente il Cristo. Pietro ancora non l'aveva dichiarato "Figlio di Dio (45)„ e Giovanni stesso non aveva ancora avuto |19 l'assoluta sicurezza su di Lui. E fu giustamente che allora si disse: "Cercate e troverete„. Bisognava infatti cercare quello che era ancora sconosciuto: e ciò s'indirizzava ai Giudei (46): era proprio a loro che si rivolgeva questa parola di rimprovero, a loro, dico, che sapevano bene dove cercare Cristo. Hanno costoro, Egli disse, Mosè ed Elia (47); cioè a dire la legge e i profeti, annunziatori del Cristo. Dopo di che, Egli disse altrove apertamente: Esaminate le Sacre Scritture, dalle quali voi attendete la salvezza; sono quelle che parlano di Me: (48) ecco quello che vorrà dire: cercate e troverete. Ed è chiaro anche che quel che segue, riguarda i Giudei: Bussate e vi sarà aperto: prima i Giudei erano stati ligi a Dio, poi, per le loro colpe, allontanati, cominciarono ad esser fuori dalla grazia divina. Ma i gentili non mai furono nella casa di Dio, o almeno lo erano come una goccia che cade in un secchio o un granello di polvere in un' aia (49); ma in ogni modo ne erano sempre fuori. Ma colui che è stato sempre al di fuori, come farà a bussare là dove non è mai stato? qual conoscenza potrà avere di una porta che non ha mai oltrepassato, nè per entrare, nè per |20 uscire? O forse non avverrà piuttosto che busserà colui che saprà d'essere stato oltre quella porta e d'esserne stato poi allontanato, ma che pure conosce bene dove deve bussare?

¶ Così anche il precetto "domandate e riceverete„ conviene bene a coloro che sapevano a chi bisognasse domandare; e avrebbero ricevuto da chi aveva promesso, cioè dal Dìo di Abramo, d'Isacco, di Giacobbe, che i gentili non conoscevano, più di quello che non conoscessero le promesse di Lui. Ed era per questo che il Signore parlava al popolo d'Israele: io non sono stato inviato che per le pecorelle smarrite della casa di Israele (50). Egli non gettava ancora ai cani il pane dei Suoi figli (51): Egli ancora non aveva ordinato di camminare, per rintracciare le nazioni tutte; e se pure alla fine comandò ai Discepoli d'andare a insegnare e a portare il Sacramento del Battesimo ai gentili, dopo che costoro avessero ricevuti in sè i doni dello Spirito Santo, del Paracleto, che avrebbe dovuto condurlì al lume di ogni più fulgida verità (52), questo tende in fondo allo stesso suo scopo, sempre: che se gli Apostoli stessi, destinati come maestri alle |21 genti, dovevano essi stessi ricevere come loro guida lo Spirito Santo, il Paracleto, tanto più varrà l'espressione "cercate e troverete„ nel nostro riguardo, in quanto la dottrina doveva arrivare a noi direttamente dagli Apostoli, che a loro volta l'attingevano dallo Spirito Santo. Tutte le parole del Signore sono indirizzate a tutti gli uomini, certamente, e attraverso i Giudei sono arrivate a noi; ma nella loro massima parte, esse, dal momento che sono rivolte ai Giudei personalmente, non rappresentano per noi, a dirla con tutta verità, un ammonimento, quanto invece hanno la forza dell'esempio.

IX. 

Nulla è da ricercare, dopo che siamo giunti all'intelligenza della dottrina di Cristo

¶ Ma ormai, io, proprio di mia spontanea volontà, mi allontano e abbandono la posizione su cui mi ero posto dianzi. Ecco: il precetto "cercate e troverete (53) „ è rivolto, così, in generale, a tutti; ammettiamo ciò: ma anche pensando così, la forza della mia ragione reclama che io proceda a delle |22 considerazioni, e studi in me stesso la cosa. Non può esistere parola la quale discenda dalla divinità, che manchi di tale carattere di armonia e di coerenza, da doverne cercar solo una difesa formale, senza che non dobbiamo intenderla nel significato più riposto ed intimo dell'espressione. In primo luogo dunque io pongo come base questo principio: Cristo è stato Colui che ha stabilito un fondamento sicuro, unico, organico, cui le genti debbono in ogni modo prestar fede; ed è perciò doveroso farne ricerca, perchè ognuno possa, quando questo principio sia stato trovato, prestare ad esso la debita fede. Di questo principio unico, infallibile dunque la ricerca non può avvenire, senza che questa non abbia poi un termine. Bisogna insomma che la ricerca avvenga, finchè tu non trovi questa luce di verità; ma quando tu l'abbia scoperta, devi ad essa credere fermamente: e non si domanda poi che tu faccia di più, se non di saper custodire, con ogni diligenza, gelosamente, quello che una volta tu sia arrivato a credere. E fissa stabilmente anche questo punto nell'animo tuo: come non si debba affatto prestare ad altro fede, e perciò, come |23 non sia necessario ricercare altro, dopo che tu abbia potuto trovare e fermare la tua fede nei principi che Cristo ha stabilito: è proprio Lui che non vuole da te altra opera che questa: che tu, appunto, non avanzi nelle tue ricerche al di là di quanto Egli fermò col Suo insegnamento. Ci sarà forse qualcuno che possa sollevare dei dubbi sulla dottrina che Cristo ha tramandato? Ebbene, presso di noi sta, oh! Io sappia costui, quasi in sua propria sede, quella somma di dottrine e d'insegnamenti che il Signore ci ha tramandato. Si; presso di noi! Ed è per questo che io, sicuro della rettitudine del pensier mio, mi faccio avanti pronunziando parole di esortazione per certi Cristiani, perchè essi non pensino che sia dovere di far ricerca, anche al di là di quanto essi già prima pensarono che fosse loro obbligo di fare oggetto di ricerca stessa, e non diano quindi all' espressione "cercate e troverete„ una estensione fuori dell'ambito di un criterio logico e giusto. |24 

Cattolico_Romano
00sabato 22 novembre 2008 12:42

X. 

La ricerca continua è la prova di non aver mai trovato quello che può soddisfare l'animo nostro

¶ Il procedimento da seguire nella intelligenza di questa espressione, credo che si debba fermare su tre punti: quale sia il soggetto, l'essenza cioè della ricerca, come primo; eppoi il tempo, e il modo. Dico, dunque, per quel che riguarda il soggetto, che tu esamini e rifletta bene che cosa sia questo qualcosa da ricercare; per il tempo, quale sia il momento più opportuno per condurre tale ricerca; per il modo, in che cosa, fra quali confini, si debba chiudere questa nostra disamina. Ecco dunque quel che devi ricercare: la dottrina che promulgò Cristo, tu, s'intende, che la debba ricercare finchè non l'abbia trovata, e colla mira assoluta di giungere alla conoscenza di quella. E puoi dire d'averla trovata, quando la luce della tua fede si riversa tutta su di lei: se tu non l'avessi trovata, non avresti potuto sentire per lei tanto ardore da prestarle credenza e, d'altra parte, non l'avresti ricercata, se non avessi avuto il desiderio vivissimo di trovarla. Così, se dunque |25 cerchi spinto dal desiderio grande di trovare, e se a questo s'aggiunge che tu, trovando, sei portato a credere, col principio della fede hai troncato la via ad ogni prolungamento di ricerca, convienilo, e a ogni possibile ulteriore investigazione. Qual sia dunque il resultato stesso della ricerca è ben chiaro e stabilito: questo è il limite, il confine che a te Iddio stesso segnò: Egli non lascia che si abbia credenza in altro, diverso da quanto Egli fissò fermamente; e perciò non permette neppure che si faccia ricerca d'altro, se non della verace dottrina Sua.

¶ Del resto, sono stati tanti quelli che hanno insegnato delle dottrine; e, così stando le cose, dunque, se dobbiamo cercare tanto, per quanto possiamo trovare, noi faremo una ricerca continua, e non arriveremo mai alla vera fede. Quale sarà il punto d'arresto della nostra ricerca? dove potremo fermarci nella nostra indagine e cominciare da questo punto a credere? il frutto di questo nostro continuo investigare presso chi lo troveremo? Ci fermeremo su Marcione forse? Ma anche Valentino ci farà ricordare del precetto "cercate e troverete„; sarà Valentino allora che ci |26 fermerà colla sua dottrina? ma anche Apelle, con una uguale affermazione, eccolo a bussare alla mia mente, e così Ebione, Simone (54), e tutti, uno dopo l'altro, in bell'ordine, non usano davvero di un mezzo diverso, col quale potere infiltrarsi nel mio spirito e cercare di avvicinarmi a loro.

¶ Non potrò trovar più pace in luogo alcuno, dal momento che, dovunque io volga i miei passi, mi sentirò ripetere, "cercate e troverete„; quasi che, così, in nessun luogo e non mai più io potessi raggiungere quello che Cristo fermò in questo Suo precetto: che si deve pur ricercare quello cui bisogna tributare poi ardore di fede.

XI. 

Si discute sempre sci principio "cercate e troverete„

¶ Ed ecco che impunemente si vaga di errore in errore, come ciechi che vadano brancolando, quando non si cada veramente in qualche cosa di colpevole; per quanto anche questo andar vagando, dì per sè stesso, abbia già qualche cosa di colpevole. Ma andare errando qua e là si può anche fare, nella più |27  completa impunità, da chi poi non lascia decisamente niente di sostanziale. Ma se io ho prestato credenza a quello che pur dovevo credere, eppoi di nuovo penso di dovermi dare ad altra ricerca, significa che io ho speranza di poter trovare qualche altra cosa, e ciò non vi sarebbe ragione di sperarlo mai, se non nel caso che io, che pur pensavo di credere, viceversa, non avessi affatto fermezza e fervore di fede; oppure, che io abbia abbandonato quello che precedentemente credevo. Abbandonando dunque i principi cui prima avevo prestato la mia fede, è chiaro che io mi rendo colpevole di apostasia. Lo dirò una volta per tutte: nessuno vi è che possa far ricerca, se non colui che, o non ebbe mai lume di vera fede, o che, avutala, la perdette. Quella vecchietta ricordata nel Vangelo, delle dieci dramme che aveva, ne perse una, e perciò la ricercava; ma appena l'ebbe ritrovata, non la cercò più, naturalmente (55). Un tale non aveva pane, e perciò bussò alla porta di colui al quale egli era vicino; ma quando la porta gli fu aperta ed egli ebbe il pane, smise di picchiare (56). E una povera donna vedova, che non era stata ammessa all'udienza, pregò |28 ripetutamente il giudice, chè la volesse ascoltare; ma non pregò più, allorchè ella ottenne di esser sentita (57). E cosi è chiaro che c'è pure un limite anche nel rivolgere le nostre richieste, e nel picchiare alla porta altrui, e nella ricerca alla quale noi ci abbandoniamo. A chi domanda sarà dato, così la Scrittura; a chi bussa sarà aperto, e chi cercherà, troverà. Chi insiste nel cercar sempre, intenda, dunque, perche non potrà mai trovare; perchè cerca appunto là dove egli non troverà; e colui che picchia, veda perchè la porta non si aprirà mai di faccia a lui; perchè picchia proprio là dove non vi è alcuno che possa aprire; ed anche è lo stesso per colui che domanda sempre: perchè non sarà costui dunque ascoltato? perchè chiede a chi non può dare ascolto.

XII. 

Non cerchiamo mai oltre quello che può dare la vera luce della Fede

¶ Ammettiamo pure che noi dobbiamo fare ricerca ora e sempre...; ma dove dobbiamo volgere le nostre ricerche? ci dobbiamo voltare agli eretici? ma se presso di loro tutto |29 è contrario, almeno lontanissimo, dalla vera nostra credenza! o se a noi è perfino proibito di avvicinarci a loro! Qual mai servo ci sarà, che speri di ricevere aiuto e sostentamento da persona estranea, per non dir nemica, al suo padrone? E ci sarà forse mai un soldato che da sovrani non amici, per non dir nemici, vada a chieder doni o il compenso in denaro che gli spetta? bisogna, per far questo, che costui sia un disertore, un fuggiasco, un ribelle.

¶ Era pur nell'interno della sua casa che quella vecchierella cercava la dramma smarrita; l'altro, che aveva bisogno di pane, picchiava alla porta del suo vicino, e quella vedovella chiedeva ad un giudice, fosse stato pur severo, ma che non era nemico. Non c'è nesssuno che possa essere istruito da ciò che porta in sè un germe di distruzione e dì negazione: nessuno vi è che possa ricever luce da chi vive avvolto nelle tenebre. Cerchiamo dunque, si, ma nel campo che possiamo dir nostro esclusivamente, dai nostri, e in questioni nostre, e guardiamo che si debba trattare solamente di ciò che, pur restando |30 integra e intatta ogni regola di fede, possa esser posto in discussione.

XIII. 

La Regola di lede

¶ È proprio questa regola di fede, che noi professsiamo come base della difesa nostra: è essa che ci da la linea nella nostra ferma credenza.

¶ Che vi è un Dio solo, creatore del mondo, ne alcun altro al di fuori di Lui. Questi ha tratto il tutto, esistente nell'Universo, dal nulla per mezzo del Verbo Suo, generato al principio delle cose tutte: Figlio Suo fu chiamato questo Verbo, e nel nome di Dio apparve ai Patriarchi sotto varie figure; in ogni tempo fu ascoltato dai Profeti, e di poi discese per lo spirito e virtù di Dio padre, in Maria Vergine, e nel seno di Lei divenne carne e da Essa ebbe vita Gesù Cristo. E nuova legge Egli promulgò alle genti, e formulò una nuova promessa di un Regno dei Cieli; fece dei miracoli, fu posto in croce, ma nel terzo giorno della Sua morte risorse, e ascese in Cielo, dove sedè alla destra del Padre Suo; e mandò in |31 terra la potenza dello Spirito Santo, in vece Sua, chè fosse la guida di tutti i credenti. Egli poi ritornerà in pieno fulgore di gloria e di luce per prendersi i Santi e condurseli ai frutti della vita eterna e delle celesti promesse, e per giudicare i profani, pronunciando contro di loro la condanna del fuoco eterno, dopo aver compiuta la restituzione dei corpi agli uni e agli altri.

XIV. 

La regola dì fede è cio che pienamente soddisfa l'anima nostra, senza andar più oltre cercando.

¶ Questa è stata la regola che Cristo ha stabilito; ed io ve lo proverò; ed essa non può dar luogo fra noi a controversie o a questioni di sorta, al di fuori di quelle che vengono sollevate dalle eresie, che creano gli eretici,

¶ Del resto, se la base della regola di fede resterà inalterata, potrai anche discutere, esaminare, considerare quanto sarà di tuo piacimento, se qualche cosa in essa potrà per te rivestire carattere di ambiguità o sembrarti avvolta in un velo di oscuro. È vero |32 certamente che vi è qualche dotto, nostro fratello, che ha avuto il dono di conoscere i segreti della più profonda saggezza; vi è pur qualcuno, dico, che ha familiarità con chi possiede esperienza di simili questioni; e che è preso, con voi, forse, dal desiderio di ricercare troppo avidamente. Ma, in fondo in fondo, è meglio ignorare qualche cosa, piuttosto che venire poi a conoscere quello che non sì deve, dal momento che tu sai già quello che a te è doveroso sapere. Il Signore ha detto: è la tua fede quella che ti ha salvato (58), non l'esame delle Scritture, che nella tua abilità hai condotto con sottigliezza di spirito critico. In che cosa consiste la fede? nella regola della fede stessa. Essa ha la sua legge, e la salvezza ti viene appunto dall'osservanza scrupolosa di questa: ma l'abilità nell'interpretazione della Scrittura, risiede solo in un principio di curiosità, e il suo prestigio l'attìnge solo dal potere acquistare il nome di uomo saggio ed erudito: ma, di fronte alla fede, la ricerca abile e sottile ceda le armi, e la gloria lasci il passo alla salvezza: almeno esse non facciano chiasso e non frappongano ostacoli; se ne stiano in tutta pace. È raggiungere il grado più alto |33 di sapienza, il non saper nulla che possa opporsi o contrastare alla regola dì fede. 

¶ Ebbene; supponiamo ora che gli eretici non siano i nemici dichiarati della verità e che a noi non sia fatto obbligo alcuno di fuggirli; ma che cosa è, insomma, questa nostra relazione con gente che confessa apertamente di dover ricercare ancora (59)? Se essi sono sinceri nell'affermare che ancora hanno ardore di ricerca, ciò significa manifestamente che fino ad ora non hanno trovato niente di sicuro, e perciò anche quelle parti di dottrina che sembrano intanto considerare come inalterabili, non possono, viceversa, convincerci che nell'animo loro non serpeggi il dubbio, perche essi appunto sono sotto l'affanno tormentoso di ricerche nuove. E tu, dunque, che vai cercando, o cristiano, e rivolgi lo sguardo a coloro che pur vanno vagando nella ricerca stessa, tu, con loro, siete avvolti nelle tenebre del dubbio, e, incerti, vi rivolgete a chi sta in maggiore incertezza della vostra, ed è quindi inevitabile che come ciechi, guidati da ciechi, voi precipitiate nell'abisso (60). Ma essi vogliono trarci in inganno e usano di questo mezzo: noi ricerchiamo ancora, dicono; e |34 questo, per far penetrare fra noi i loro scritti, sperando appunto nel nostro intimo turbamento, che potrebbe derivare da questa ansia tormentosa della ricerca; ma dopo, quando hanno fatto tanto di giungere all'animo nostro, ecco che essi tosto si ergono a difensori, a sostenitori di ciò che prima dicevano formare ancora l'oggetto della loro ricerca. A noi dunque sta di confutarli con tanta energia ed efficacia, così che essi sappiano che noi intendiamo sconfessare, non Cristo, ma costoro. Cercano essi ancora? evidente indizio che nulla essi possiedono di sicuro, e se nulla hanno di ben saldo nel loro spirito, essi non hanno mai creduto, e se non hanno avuto sicurezza e fermezza di fede, a loro non s'addice il nome di Cristiani, Hanno forse essi nel loro spirito una base di fede e tuttavia affermano di dover cercare ancora per sostenerla e difenderla? ebbene, ciò significa che costoro, prima di procedere alla difesa della credenza loro, la vengono implicitamente a negare, perchè, finchè sono dediti a ricercare ancora, riconoscono, confessano di non aver mai fermamente creduto. E chi non può dunque dirsi Cristiano neppure per sè stesso, quanto potrà dirsi, a |35 maggior ragione, nei riguardi nostri? Di quale verità possono parlare coloro che s'avvicinano a lei coll'inganno? possono farsi difensori, sostenitori di una verità, essi che intendono trarre questa stessa dalla menzogna? Ma, si dirà: eppure, anche essi si appoggiano alle Sacre Scritture e da queste pretendono di ricavare ogni argomento di persuasione...; ed è logico infatti: come evidentemente potrebbero parlare di argomenti di fede, se non si appoggiassero alle Scritture Sacre?

Cattolico_Romano
00sabato 22 novembre 2008 12:43

XV. 

Bisogna energicamente difendersi contro gii eretici

¶ La questione è proprio nel suo momento culminante: qua noi tendevamo, del resto; e con questa trattazione preliminare volevamo appunto dare soltanto inizio a ciò che costituisce il corpo dell'argomento nostro, per giungere poi alla lotta decisa su quei punti nei quali i nostri avversarî sono soliti provocarci. Ecco che essi tirano fuori le Sacre Scritture, e, con questa loro audace sicurezza, lì per lì, possono anche riuscire ad impressionare taluni: nell'accanimento della lotta poi, anche |36 su chi ha forza di resistenza, producono un senso di stanchezza; riescono a fiaccare i deboli e a portarli con loro; quelli poi che non posseggono uno spirito veramente deciso e sicuro, li lasciano in un'intima perplessità e in un dubbio triste e angoscioso. Noi dobbiamo precluder loro questa strada, senza indugio, sopratutto; dobbiamo impedire agli eretici che essi possano scendere a qualunque discussione che riguardi le Sacre Scritture. Se i Libri Sacri costituiscono il fulcro della loro potenza, perchè essi se ne possano servire, è necessario prima esaminare e considerare perfettamente a chi spetti il possesso delle Sacre Scritture; e questo, per evitare che di esse possano usufruire coloro ai quali minimamente spettano.

XVI. 

Le Sacre Scrittore hanno avuto dagli eretici falsa interpretazione

¶ Potrebbe sembrare eventualmente che, per una certa debolezza, intrinseca alla causa da me sostenuta o per un certo tal qual desiderio di portare la discussione su un campo |37 un po' diverso, io abbia posto questa questione preliminare: ma dal lato mio militano ragioni fermissime e incrollabili e, sopratutte, questa: che la fede nostra presenta il più assoluto ossequio all'Apostolo Paolo, il quale proibisce decisamente che si facciano discussioni (61), che si presti orecchio a qualunque voce di novità potesse giungerci, e che si abbia in certo modo relazione con chi è macchiato d'eresia, dopo, che noi abbiamo una sola volta cercato di correggerlo (62), e di trarlo dall' errore; non però dopo aver sostenuto con lui discussioni intorno alla diversità di dottrina. Mi pare che in tal modo ogni principio di disputa sia senz'altro dall'Apostolo condannato, dal momento che ci ha proprio indicato egli stesso, come unica ragione di potere avvicinar gli eretici, quella dì tentare una volta dì correggerli: una sola volta dico, ed è chiaro, perchè, chi è eretico, non si può considerare Cristiano. Quindi non è con lui da adoperarsi il sistema che si può, invece, usare con chi è Cristiano, di una correzione ripetuta cioè per due o tre volte e alla presenza di due o tre testimoni (63): con lui non c'è ragione di discussione: è solo il dovere di correzione che |38 noi, una volta, possiamo tentare con chi è macchiato di eresia. Ma del resto, e volendo concludere, questa disputa sulle Scritture non credo porti ad utilità alcuna, se non quella di confondere e di turbare il cuore e la mente.

XVII. 

Ancora sulla falsa interpretazione che gli eretici fanno dei Libri Sacri

¶ L'eresia non riconosce certe parti delle Sacre Scritture, e quelle che ammette, le travisa secondo quello a cui essa mira, con aggiunte o con sottrazioni: anche se le riconosce dunque in massima, siamo ben lontani dal carattere della assoluta integrità, e quando anche le riconosca talvolta nella loro piena organicità e compattezza, purtuttavia viene poi a mutarle, dando alle singole espressioni, interpretazioni che fanno deviare dalla verità. È un'offesa alla verità che si compie, sia che il senso venga alterato, sia che l' eretico scriva cosa che non corrisponda al vero: è pur logico del resto e necessario che gli eretici, nel loro stolto e vano congetturare, non vogliano |39 riconoscere m alcun modo giusti, quei punti delle Scritture, dai quali essi verrebbero ad esser convinti di falsa dottrina. Chi segue eresia si basa, certamente, su quei punti, i quali hanno prima tratto, a bella posta, con falsa interpretazione, alle loro dottrine, oppure su quei luoghi che si prestano a questo gioco per il doppio significato che presentano.

¶ A che cosa crederai di arrivare, quale vantaggio pensi di ottenere tu che hai una conoscenza e un'esperienza grande dei Libri Sacri, a discutere cogli eretici, dal momento che costoro non vi sarà parola che non neghino, fra quelle che tu affermi e sostieni? quando la loro difesa si fermerà proprio su quei punti che tu non approverai? Perderai il fiato e null'altro nella disputa che ingaggerai; non raggiungerai scopo alcuno, se non quello d'inquietarti, nel sentire uscire dalle loro labbra tante bestemmie.  

XVIII. 

A nulla gioverebbero le discussioni con gli eretici

¶ Pensiamo ora a colui, per il quale, |40 eventualmente, voi affrontate la dìsputa sulla questione delle Sacre Scritture: perchè volete rinsaldare la fede di lui, che oscilla in qualche dubbio? io mi domando: egli si orienterà verso la luce della verità o non piuttosto nuovamente alle credenze eretiche? Egli rimarrà certamente incoraggiato dal fatto che potrà accorgersi benissimo che tu non hai avuto vantaggio alcuno sul tuo avversario: e infatti, essendovi stata tra le parti contendenti forse una stessa efficacia di negazioni e di affermazioni, ma certo un resultato alla pari, costui, dal contrasto cui ha assistito, se ne partirà con nell'anima un'incertezza ancora maggiore, e senza davvero conoscere da qual parte egli debba intendere l'eresia. Eppoi agli argomenti che noi portiamo contro gli eretici, questi possono, naturalmente, opporcene altri per parte loro, perche ne viene per necessità che essi sostengano che siamo proprio noi a presentare le Scritture alterate o a dare ad esse false interpretazioni: è la verità, infatti, che essi pretenderebbero di difendere, precisamente come la difendiamo realmente noi. |41 

XIX. 

Senza scendere a discussioni cogli eretici, i Libri Sacri non sono possesso assoluto di noi Cristiani?

¶ Non andiamo dunque a ricercare le Sacre Scritture; non dobbiamo noi sostenere discussioni in un campo in cui la vittoria non è possibile riportarla in tutto il suo splendore, ed essa in ogni modo risentirebbe certamente di un carattere di dubbio e d'incertezza. Del resto però, anche se questo studio attento, questo esame condotto sui Libri Sacri, non andasse a finire nella conclusione che ciascuna delle due parti avversarie rimanesse salva sulla sua posizione, prima di tutto, il procedimento normale della questione richiede che si stabilisca definitivamente questo punto: è proprio ciò che rappresenta il fulcro di ogni dìsputa: chi è il detentore di un principio vero e infallibile di fede? le Scritture a chi appartengono veramente? questa norma di vita, questa disciplina, per la quale e dalla quale sorgono i fedeli in Cristo, da chi c'è stata data? quali uomini ne sono stati i diffusori? quando e a chi è stata essa affidata? là dunque, dove si dimostreranno essere i possessori e i seguac, |42 della disciplina e della più pura e sincera fede cristiana, ivi si potrà dire che si riscontri la luce di verità delle Sacre Scritture, la comprensione esatta di esse, la retta intelligenza, insomma, di ogni cristiana tradizione.

XX. 

Cristo e gli Apostoli: loro missione

¶ Chiunque sia Gesù Cristo - mi sia permessa, per ora, l'espressione che io uso -, il Signor nostro, Figlio di Dìo, qualunque Esso sia, Dio e uomo, qualunque sia la materia di cui Esso, come uomo, si sia rivestito, Maestro di una fede, qualunque essa voglia essere, e che ci assicurò una ricompensa, qualunque essa sia per essere, durante il Suo soggiorno sulla terra, Egli manifestò che cosa fosse, che cosa fosse stato, quale la volontà del Padre Suo, che Egli seguiva, quali i doveri a cui l'uomo doveva piegarsi e che doveva compiere: e tutto ciò Costui lo rendeva chiaro ed aperto, parlando o in mezzo al popolo o ai Suoi discepoli, in disparte. Egli ne aveva prescelti dodici e li teneva sempre presso di sè: non si staccarono mai dal fianco del Maestro: li aveva |43 scelti, perchè fossero maestri alle genti e diffusori della dottrina divina. Uno di essi venne allontanato, ma agli altri undici, nel ritornare al Padre Suo dopo la Resurrezione, comandò di andare nelle varie regioni del mondo e battezzarle nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo (64). E gii Apostoli sùbito, [questo nome di Apostoli significa appunto inviati, mèssi] in luogo di Giuda, che era stato cacciato, sortirono Mattia come loro dodicesimo compagno (65), secondo quanto anche era stato profetizzato, come si legge nel salmo di David (66). Avendo ricevuto la promessa virtù dello Spirito Santo per compiere i dovuti miracoli e diffondere la fede in ogni linguaggio (67), fu dapprima in Giudea che, fermata la grande parola di fede in Gesù Cristo, stabilirono quivi le prime radunanze di fedeli, e dì poi si sparsero in tutto il mondo e bandirono alle genti il Verbo della nuova credenza, della nuova regola di vita. E Chiese sorsero in ogni città; e da queste trassero e accesero la favella vivace e inestinguìbile della dottrina e della fede in Cristo tutte le altre radunanze di fedeli, ed ogni giorno vi attingono forza nuova per poter divenire vere |44 Chiese. Ed ecco che, per questo, esse saranno denominate Apostoliche, come figlie dirette delle Chiese che dagli Apostoli ebbero prima loro origine. Tutto deve portare l'impronta della origine sua, è necessario. Che cosa rappresentano tante Chiese e così importanti, sia pure, se non sempre, quella prima dagli Apostoli fondata e dalla quale hanno poi tratto loro vita e sviluppo le altre tutte? Tutte sono primitive dunque, Apostoliche tutte e tutte insieme non fanno che confermare il principio della maggiore e possente unità: e in esse è la parola perenne di pace e d'amore; fra gli uomini, da esse si parte il principio della più assoluta fratellanza umana, dunque; esse parlano il linguaggio della maggiore e pie affettuosa ospitalità. E questi, che poi son divenuti veri diritti, non altra regola possono invocare, all'infuori di quella che può derivare da una tradizione unica di uno stesso sacro principio.

Cattolico_Romano
00sabato 22 novembre 2008 12:43

XXI. 

Fondamente della PRESCRIZIONE contro gli eretici

¶ È da qui, da ogni considerazione esposta, |45 che noi facciamo movere la nostra prescrizione contro gli eretici. È pure vero che Gesù Cristo inviasse gli Apostoli a predicare la sua dottrina (68). Ebbene: noi non dobbiamo accettare altri, all' infuori di loro, come divulgatori di essa. Chi può conoscere il Padre se non il Figlio Suo e quelli a cui il Figlio lo rivelò (69)? E sembra che a nessun altro, se non agli Apostoli, il Figlio abbia rivelato i! Padre Suo. Ad essi poi dètte l'incarico della predicazione e di divulgare, s'intende, ciò che era stato loro manifestato. Ciò che essi, dunque, bandiscono alle genti, è quello che Cristo rivelò all'intelligenza loro; ed è da questo punto anche che noi possiamo alzare il nostro grido di prescrizione, in quanto non deve esser possibile conoscere la verità della dottrina di Cristo, se non ricorrendo alle Chiese che gli Apostoli fondarono e dove essi ammaestrarono i fedeli, sia colla voce viva ed ardente, sia rivolgendosi poi con lettere alle genti. Se dunque le cose stanno esattamente così ne risulta che ogni dottrina, la quale si accordi ai principi di quelle Chiese Apostoliche Madri, sorgenti di ogni fede più pura, si deve riconoscere come veritiera: essa |46 contiene in sè, senza dubbio alcuno, ciò che le Chiese attinsero dal labbro degli Apostoli, ciò che a loro volta gii Apostoli colsero dalle labbra di Gesù, ciò che infine Gesù attinse da Dio. E si può affermare, senz' altro, falsa ogni dottrina che si schieri contro la verità della Chiesa e quindi contro la parola degli Apostoli, di Cristo, di Dio. Quello che ci resta da dimostrare è questo appunto: che la dottrina nostra, di cui prima abbiamo dato la regola di fede, trae l'origine sua dalla pura tradizione apostolica e che quindi, posto questo riconoscimento, tutte le altre dottrine vengono infirmate come false, in quanto traggono loro sorgente da principi non veri. Noi siamo nel rapporto più intimo colle Chiese Aposto-liche, perchè la nostra dottrina non è in alcun punto diversa dalla loro: questa è la prova sicura dell'assoluta verità.

XXII. 

La dottrina degli Apostoli in tutta la sua importanza

¶ La prova di quanto asseriamo è così chiara che, appena sia apertamente esposta, non c'è affatto bisogno di contrastare in qualche modo. |47 Ma, come se ormai la prova nostra non risplendesse già nel suo fulgore di verità, alla parte avversaria noi vogliamo concedere di mettere fuori gli argomenti loro, dal momento che essi pensano di potere infirmare la nostra prescrizione contro l'eresie. Gli Apostoli non hanno avuto una conoscenza completa di tutta la dottrina del Signore, essi dicono; ecco uno dei loro punti essenziali: ma poi, come scossi intimamente da un accesso di pazzia, cambiano il loro pensiero e, contrariamente a quanto prima avevano sostenuto, affermano che gli Apostoli hanno avuto bensì la conoscenza completa della dottrina del Signore, ma non hanno comunicato, partecipato agli altri la loro dottrina nella sua integrità. Ma, in ambedue i casi, essi gettano biasimo sulla figura di Cristo, il quale avrebbe inviati gli Apostoli o non forniti di una conoscenza assoluta, o avrebbe dato incarico della diffusione della dottrina a spiriti che l'alterarono, forse attraverso la sottigliezza del loro pensiero. Ma chi potrà mai credere, che sia fornito di un retto discernimento, che non siano stati in possesso dell'integrità e della completezza della dottrina, |48 quelli che il Signore scelse a maestri, e che li tenne compagni, con Lui sempre, e Lo seguirono e vissero in compagnia Sua fedelmente? E con loro si confidava di ogni segreto, senza fame parte ad altri, dicendo appunto che a loro solamente sarebbe stato concesso di penetrare i misteri, che li popolo invece non avrebbe dovuto e potuto conoscere (70). Qualcosa sarà dunque rimasta nascosta a Pietro? A Pietro, pietra di quella Chiesa che avrebbe avuto da lui sua consistenza e sua base? Che poteva, ripeto, essere occulto a lui, che aveva avuto le Chiavi del Regno dei Cieli e la facoltà di legare e dì sciogliere sulla terra e nei Cieli (71)? E qualcosa avrà forse potuto rimanere nascosta a Giovanni? egli era il più caro al Signore suo, fra i Discepoli; egli potè posar la sua testa sul cuore del Signore (72); a lui il Signore, di preferenza, indicò Giuda come quegli che l'avrebbe tradito; Giovanni fu quegli che il Signore indicò a Maria, come chi avrebbe dovuto tenere presso di Lei (73) in luogo del Figliuol Suo. Che cosa potè rimanere occulto a quelli ai quali Egli manifestò il fulgore della Sua gloria, e Mosè ed Elia e la voce stessa del Signore, Padre Suo (74), |49 la quale scendeva dal Cielo? Non che Gesù avesse gli altri Apostoli in minore considerazione, ma perchè ogni parola deve stare salda sulla testimonianza di tre (75). Allora ignorarono qualche cosa anche quelli ai quali il Signor nostro, dopo che fu resuscitato, volle, nella Sua immensa bontà, cammin facendo, spiegare tutte le Scritture Sacre (76). 

¶ Aveva sì, detto il Signore una volta: ho molte cose ancora da dirvi, ma voi ora non siete in grado di comprenderle (77): ma aveva anche aggiunto: quando discenderà quello Spirito di luce e di verità, questo stesso vi aprirà la conoscenza ad ogni vero. E così dimostrò chiaramente che non potevano ignorare nulla, coloro ai quali aveva pure assicurato che sarebbero giunti alla conoscenza della verità integralmente, per mezzo dello Spirito Santo, sorgente appunto del vero. E la promessa fu mantenuta e gli Atti degli Apostoli sono lì a provare la discesa dello Spirito Santo (78). Chi non riconosce questa parte delle Sacre Scritture, non può essere dello Spirito Santo, come chi appunto ignora come Esso sia disceso sulla terra, agli Apostoli. E poi, come costoro possono difendere e sostenere in |50 qualche modo la Chiesa di Cristo, dal momento che essi non sanno e quando e da quali principi abbia tratto l'origine sua e la sua forza questo organismo? Ma per gli eretici è preferibile non possedere le prove di quello che essi sostengono, piuttosto che esser costretti, di fronte all'evidenza delle prove, a rinunziare alle falsità che essi inventano.

XXIII. 

Accuse degli eretici contro la pretesa ignoranza degli Apostoli

¶ Vogliono essi, ad esempio, addurre come argomento di lor difesa la non perfetta conoscenza che gli Apostoli ebbero della dottrina cristiana e per questo, ricordano come Pietro e i seguaci suoi fossero stati rimproverati da Paolo (79). Appunto, essi dicono, perche qualche differenza d'indirizzo si riscontrava fra loro, onde ne traggono che la conoscenza loro poteva avere una completezza maggiore: come dovè appunto essere il caso di Paolo, allorchè ebbe parole di rimprovero per chi Paveva preceduto nell'apostolato. Ma in primo luogo io potrei ben rispondere a questa gente, che non riconosce gli Atti degli Apostoli: voi |51 dovete dimostrare qual sia codesto Paolo e che cosa sia stato prima di essere Apostolo e in qual modo lo sia divenuto, dal momento che è chiaro che costoro si servono dell'autorità sua, moltissimo, anche in altre questioni. È lui stesso che ci dice che da persecutore divenne Apostolo (80), ma questo può anche non essere sufficiente, a chiunque voglia prestar fede a qualcosa, dopo aver bene considerato ed esaminato ogni lato della questione stessa: eppoi sappiamo che neppure il Signore fece testimonianza su sè stesso (81). Ma supponiamo pure che essi, appunto per credere contrariamente ai dettami delle Scritture, non fondino affatto le loro credenze sulle Scritture stesse; ma ci dimostrino almeno come in seguito al fatto della riprensione rivolta da Paolo a Pietro, sia stata introdotta da Paolo un'altra forma di Vangelo, diversa da quella che Pietro e gli altri Discepoli avevano già insegnato. Ma ben diversamente andò la cosa: la verità fu che Paolo, che da persecutore era divenuto sostenitore e diffusore della dottrina di Cristo, è presentato da fratelli ad altri fratelli: è considerato uno dei loro (82); egli viene dunque accolto da quelli |52 che avevano dagli Apostoli ricevuto il Verbo della fede, viene ammesso nella società loro, e in seguito Paolo, come egli stesso ci racconta (83), per conoscere Pietro, sale a Gerusalemme: era un dovere e un diritto nel tempo medesimo, come quegli che partecipava della stessa fede e della stessa predicazione. E costoro non avrebbero certamente provato un senso di soddisfazione e non avrebbero avuto lieta meraviglia che Paolo, da persecutore, militasse ora nelle file dei predicatori (84) e dei diffonditori della fede, se dalle sue labbra avessero sentito uscire qualcosa di contrario ai principi fondamentali della loro dottrina; e non avrebbero innalzato inni di lode e di gloria al Signore (85), perchè Paolo, da nemico accanito, si era poi convertito alla giusta e retta credenza. Ma tutti invece dettero a lui la destra in segno di concordia e di unione, e fra loro (86) regolarono la divisione degli uffici, ma non parlarono affatto di scissione di Vangelo. Non era il caso di pensare che uno dovesse andar predicando un Vangelo, mentre poi un altro dovesse essere il diffusore di una diversa dottrina. No; era la medesima dottrina che doveva andare divulgata fra gruppi |53 di genti diverse; Pietro ai Giudei avrebbe dovuto predicare, Paolo ai gentili. Del resto, se pur fu biasimato Pietro (87), perchè egli, pur avendo convissuto con i gentili, dopo si allontanava da loro e stabiliva così differenza di persone, si deve riconoscere che questo non fu difetto di sostanza di dottrina, ma di semplice esteriore convivenza. Ed infatti egli non annunciava davvero un Dio diverso dal Dio Creatore dei Cristiani, ne un altro Cristo, se non Quello che nacque da Maria; non fece brillare altra speranza alla mente dei fedeli, se non quella della Resurrezione.

XXIV. 

La perfetta armonia della dottrina di Paolo, che non è, se non la fede di Cristo

¶ Io non ho affatto desiderio, anzi, dirò meglio, io non ho mai avuto un'idea così insana dì voler porre gli Apostoli fra loro in contrasto. Ma dal momento che questa gente degli eretici, nella sua perversità grande, si serve di questa specie dì rimprovero mosso da Paolo a Pietro, quasi per provare e far |54 riconoscere come sospetta la dottrina anteriormente predicata, io prenderò, per così dire, le difese di Pietro e ricorderò che Paolo stesso ha affermato questo: che egli si era fatto tutto con tutti: giudeo con i Giudei, gentile con i gentili, per poterli tutti attrarre a sè. Così, per riguardo a questioni di tempo, di persone, di procedimenti, di modalità diverse, trovavano da ridire e da criticare, mentre poi essi stessi agivano perfettamente nello stesso modo, riguardo ai punti di sopra ricordati. Sarebbe esattamente la medesima cosa come se anche Pietro avesse dovuto usare riprensione con Paolo perchè, pur proibendo la circoncisione, egli stesso poi aveva circonciso Timoteo. Per tal risposta se la vedano fra loro quelli che azzardano giudizi e critiche sugli Apostoli. Quel che poi è magnifico, è che Pietro e Paolo rifulgono ugualmente nella luce gloriosa del martirio. 

¶ E sebbene Paolo, rapito fino al Terzo Cielo e trasportato in Paradiso, abbia colà avuto straordinarie rivelazioni, pure queste non rivestirono carattere tale da suggerirgli l'idea di una dottrina diversa, perchè quelle conoscenze erano di natura siffatta, da non esser |55 possibile che fossero comunicate e conosciute dagli uomini. Le quali arcane verità o qualche cosa che a ciò s'avvicini, se fossero giunte alla conoscenza di taluno o ci fosse una dottrina eretica che sostenesse appunto di seguire essa questi tali misteriosi e arcani principi; ciò significherebbe che Paolo si rese colpevole di tradire il segreto o altri, rapito in Paradiso dopo di lui, ebbe facoltà di manifestare quegli arcani, che a Paolo non fu concesso neppure di accennare segretamente

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