[BOSCO OSCURO] Fannith, Maeren *§*Sospiro*§* - Parto Fannith

Fannith
00mercoledì 8 gennaio 2014 00:52

RIASSUNTO: Cala la sera. Ma quella che si presenta non è una notte come tutte le altre. C’è nuova energia che, con forza e prepotenza, chiede di essere liberata. C’è un bozzolo che ha bisogno di prendere le distanze da quell’alcova che l’ha finora custodito; c’è una nuova essenza che avverte, infine, la necessità di scoprire da sé il mondo, e non di percepirlo attraverso il filtro di una Lacrima che non riesce a vedere, in Maeren, altro che non sia la propria colpa, la propria debolezza. È così che il Sospiro si libra nell’aria, al bosco oscuro, dove si nutre delle sue prime, vere emozioni. Il tutto accompagnato dalle lacrime della Perla Nera e dalla silenziosa presenza della Regina.

COMMENTO: Ci sono diverse premesse da fare. So perfettamente come funzionano le gravidanze in land, ma il motivo di questa gestazione estremamente lunga sono da attribuirsi a diverse cause:

1 ho giocato davvero poco con la fata negli ultimi tempi – e con ultimi tempi intendo gli ultimi due anni;

2 la player che avrebbe dovuto muovere il nascituro è svanita nel nulla;

3 nel tempo, si sono presentate richieste di ammissione in razza che aprivano spiragli, ma si è trattato anche di player che, superato l’esame di ammissione, si sono dileguate;

4 ho fatto fatica a trovarne un’altra. Si sa, le fate non sono proprio una razza per cui si faccia a botte, men che meno una banshee e ancor meno un pg che fosse legato alla sottoscritta :D

5 nelle indicazioni date nel topic riservato alle gravidanze, non ho trovato suggerimenti che potessero essere validi in merito alla presunta sparizione di questa “figlia” subito dopo il parto. Non è contemplata la possibilità di morte per parto né per la fata madre né per la fata figlia, essendo che questi esserini si riproducono, vivono e muoiono in modo non del tutto convenzionale;

6 si era aperta all’orizzonte la possibilità che diventasse un png a tutti gli effetti, ma poi ci siamo rese conto che c’era stato un misunderstanding in merito a questa ipotesi.

Insomma, ogni giocata fatta da Fannith in questo periodo portava il costante riferimento al suo essere “gravida” e ho giustificato, in on, questa serie infinite di lune per cui lo è rimasta con una mancata volontà da parte di Maeren di staccarsi dalla “madre”. Se servono tutti i vari link, sia della giocata “incriminata” che delle successive, chiedete e vi sarà dato!

P.S.: non so nemmeno se questa è la sezione giusta, visto che non necessita di alcuna cura! In caso chiedo gentilmente a un master di spostare [SM=g27822]
Fannith
00mercoledì 8 gennaio 2014 00:53

FANNITH{.~.Fitto|Fu Dimora Banshee.~.} Questa, Lacrima, non è una notte come tante altre. Questa è una notte che ti ha visto fuggire dalla Fortezza Ancestrale, nel bel mezzo di quella ricerca costante di esilio dal mondo per sfiorare e possedere, infine, la comunione assoluta con l’Ars. È una notte che ti ha visto concederti un volo esasperato, folle e disperato, in quell’unica direzione: fuori dalle mura della cittadina, verso quel bosco dove la Morte la fa da padrona, svettando in quelle fronde prive di vita che si protendono verso una volta notturna che non accoglie alcuna preghiera, alcuna supplica; intrufolandosi in quella nebbiolina sottile che regna sovrana sul terreno dei cavalieri caduti; prendendo forma di una bruma perenne che si leva appena dal terreno, aggiungendo uno strato al fango che non manca di insozzare il sentiero. È come se le nuvole fossero sotto di te: come se volassi a quelle altezze amate da chi dell’aria è figlia. Ma no, Lacrima. Il tuo volo sfrenato e incostante ti ha visto sfrecciare a poco meno di un paio di metri da terra, imbracciando il vessillo della disperazione. Fino a giungere lì, in quella quercia che ti ha fatto da dimora per notti e notti, prima che la Fortezza dei Maghi ti aprisse le braccia e ti accogliesse nella sua stretta. In quella cavità che ti ha visto riscontrare il tuo stesso dolore, la tua stessa malinconia, la tua stessa rabbia negli occhi scuri di una sorella perduta tra le spire del tempo, ma non per questo dimenticata. Ai piedi di quell’albero che è baluardo di morte non c’è più il muschio bianco: quell’unica forma di vita che riusciva a resistere al nulla del bosco – un nulla che tutto reclama, che tutto contamina – è andata perduta con le figlie della notte. E tu, Esule e Traditrice, torni come il figliol prodigo a cercare riparo nel ventre sterile di quella flora. Ora che La Notte è giunta. Ora che la tua essenza ha avvertito qualcosa di diverso: un fremito, un brivido, uno scossone. Una pretesa. E se pace finora non hai saputo conoscere e far tua, permettendole di sfiorarti solo quando la magia ti pervade, adesso è un’angoscia senza fine che ti prende tutta. È una morsa alla gola. È un momento che hai atteso per notti e notti, desiderato che si compisse prima possibile: che la tua solitudine tornasse a essere assoluta, che non fosse un miraggio, un’oasi cui tendere in un’inutile ricerca. E ora, Lacrima? Torni nel luogo della disperazione: che questa si condensi e sia alcova per la nuova lucina che presto brillerà innanzi ai tuoi occhi. Torni nel luogo della Morte: che questa possa riconoscere in Maeren una nuova ambasciatrice. Le gambette strette al petto, il mento sulle ginocchia: te ne stai accovacciata in quell’abbraccio intimo con te stessa, con la tua essenza, con quella della Follia. Come se questa fosse l’ultima occasione per poterla stringere, in un insano, malsano e strampalato desiderio. Gli occhietti fissano il nulla, la boccuccia livida non osa levare una sola, stonata nota. Silenzio.

MAEREN (Antica Quercia/F.A.dentro Fannith 3) Per quanto tempo ti sei cullata, in quella densa e rassicurante sofferenza? Un luna? Due? Tre? Cosa conta, piccolo Sospiro, il tempo? Quel giogo che costringe i mortali a correre dietro effimere emozioni e materiali sogni, prima che scocchi la fine? Tu no, piccola luce d'eterno dolore. Tu non hai fretta, e ti bei di questa placenta di disperazione, in cui t'ha racchiusa colei che t'ha generata. Ti gonfi e ti sgonfi, come fossi un cuore pulsante, ma l'energia che ti dà vita è tutt'altro che solida. Eppure, quanto sei vera quando suggi il nutrimento di colei che t'accoglie: la sua sofferenza, il suo eterno rimorso, la malinconia che la veste come la sua aura. Tu ne sei prolungamento, piccolo Sospiro, e al contempo antitesi. Le sue emozioni ti hanno consentito di esistere, ma resti figlia del Vuoto. Quell'assenza di passioni che ha generato sgomento e ha acceso la scintilla. Tu sei la Follia, quello è il nome che ti dà colei che ti ospita, eppure altra è la tua essenza. Oh, non è la pazzia, ma la contraddizione a tenerti in vita. L'eterna fame che vuole colmare il vuoto di colui che ti fece splendere. Un appetito inestinguibile, vorace, che ti spinge a cercare sempre più dolore, sempre più disperazione. Non si colma mai, questo vaso oscuro, ed ora senti che qualcosa sta cambiando. Un bisogno diverso. Strano che tu ne abbia uno, oltre la fame. Eppure. Ecco, si. Il tuo guscio ti sta scomodo all'improvviso. Troppo aderente, come una veste attillata. Senti il bisogno di espanderti, di altre emozioni. Qualcosa di nuovo che colei che ti generò, non è in grado di darti. Curiosità? Cos'è questa nuova sensazione? Sei curiosa di sapere cosa c'è oltre il denso dolore che ti racchiude? Flutti all'improvviso in avanti, come se volessi varcare quella nebbia di spessa emozione. Incerta, pulsante, sempre, eternamente, affamata.

FANNITH{.~.Fitto|Fu Dimora Banshee.~.} È come se fossi in attesa di verdetto. No, no. Peggio. È come se fossi condotta solennemente verso un patibolo, destinata alla fine certa. È come se la tua colpa, già impegnata per lune e lune a gravare su un’essenza che ha trovato un proprio equilibrio sul baratro di infinite ossessioni, adesso premesse per trasformarsi da intima e pubblica. Ecco, sì. È come se la Natura volesse svergognarti dinanzi al mondo, mostrando il frutto della tua debolezza. Cosa penserebbe Alexandra della sua Perla Nera se solo sapesse che ha ceduto dinanzi al Vuoto? Cosa penserebbero gli Antichi se vedessero che l’essere che hanno chiamato a portare al collo la pietra zaffiro è stata vittima delle sue stesse emozioni, senza sapervi resistere? Onta su di te, Lacrima. Non c’è nulla che possa assolverti: e se fino ad ora hai gelosamente custodito quella falla nel tuo intimo, lasciando che si nutrisse delle tue stesse emozioni, che le facesse sue e te le rimandasse in via del tutto amplificata, adesso la Follia non sa più saziarsi di quello che le dai. No, vuole vedere il mondo. Vuole conoscere un’angoscia propria. Un dolore tutto suo. Una rabbia tutta nuova e indipendente dalla tua. Vuole liberarsi dal peso dei tuoi ricordi, quelli del fuoco che divampa e che tutto divora: l’illusione di una vita mortale, l’amore improbabile per chi sa solo provare sofferenza. Ah, quelli potrà lasciarseli alle spalle. Ma la biblioteca? Ma il volto di chi ha conosciuto la morte e scampato all’assolutezza della stessa? Ma il Vuoto totale che racchiude un essere che stravolge ogni tipo di equilibrio? No, quelli sono impressi nella sua essenza, marchiati a fuoco, senza che vi sia possibilità che quella genesi cada nell’oblio. Le braccine scoprono una forza che non conoscono: si stringono maggiormente alle gambette, come se quel gesto potesse impedire alla Follia di esplodere, a quelle stille di energia di staccarsi dalle tue. Sai che non è così, Lacrima. Sai che non c’è nulla che tu possa fare. Sai che devi semplicemente soccombere al volere della Natura, che ha concesso un tempo diluito per farti metabolizzare il tutto. E l’hai fatto? C’è accettazione in te, bean sidhe? No. E mai ve ne sarà. La boccuccia si stringe, gli occhietti fanno altrettanto. C’è una lacrima, lì, a danzare nell’occhio che non vuol lasciarla andare, non ancora. A preannunciare la propria inesorabile caduta lungo quel visino opalescente su cui la disperazione ha stabilito dimora. Sola. Come sei sempre stata. Sola. Con la tua Notte. Ad affrontare ciò che chi ti fece affrontò lune e lune or sono, in altre terre. Perché se anche lì vi fossero le auree delle tue sorelle a solleticare la tua essenza, saresti sempre e solamente tu, dinanzi alla tua debolezza. Senza consolazione e senza grazia.

MAEREN (Quercia/F.A. dentro Fannith) Si, è denso quel dolore, rassicurante, eppure la curiosità ha il sopravvento. Ti piace l'idea di attraversare quel velo, anche se non sai cosa troverai fuori. Sarà tutto buio come adesso? Perchè in effetti, vivi nell'oscurità da quando esisti. Nessun contatto col mondo, salvo le emozioni. Quelle si, le conosci bene. Sono il tuo nutrimento, la tua ragione di vita. Se attraversa quella sofferenza, troverà qualcosa di diverso? Si gonfia all'improvviso, triplicando il suo diametro. Quasi riempie colei che l'ha generata, dilatandosi in tal maniera. Se avesse un corpo sorriderebbe malefica. Invece gira su sè stessa, vorticosamente, quasi volesse farsi notare, scomoda ospite, da colei che la contiene. Gli alti direbbero madre, ma lei non la vedrà mai così. Per lei sarà sempre, e per sempre, una parte di sè. Figlia della Lacrima, eterno Sospiro. Si sgonfia, ora, statica. Fluttua ancora incerta, per qualche istante. Poi il richiamo si fa ancor più potente. Canto di sirena che la spinge ad attraversare la densa essenza. Fame. Ha appetito e sa che fuori troverà nutrimento. Tanto. Percepisce l'energia del Bosco Oscuro. Qualcosa di più carico di sofferenza. Ancor più intenso della stessa banshee che l'ha generata. Qualcosa che la spinge ad avanzare, fluttuante, in avanti. Il Bosco la chiama, e lei è pronta.

È notte, è buio. Nel bosco oltre la cittadina di Barrington non c’è altro che quella nebbiolina e una quiete che par presagio di eventi nefasti. Fannith se ne sta nel ventre della quercia che le ha fatto da casa. La sua disperazione è quella di Maeren. Il suo dolore parte di quello della creatura che le fluttua nell’essenza. Ma c’è dell’altro in colei che non conosce il mondo, se non attraverso le percezioni dell’energia che le ha dato vita e l’ha nutrita fino a questa notte. C’è la voglia di vedere con i propri occhi, di provare con tutta se stessa ogni cosa il mondo lì fuori, oltre quella culla, sia in grado di offrirle. Maeren ha voglia di scoprire cosa ci sia oltre Fannith e la Natura non può far altro che concederle, infine, quel privilegio. Che lei sia libera di andare, di soffrire e portare sulle proprie spalle il fardello che implica l’essere figlia della Notte. Vento. Refoli di vento che spingono la terra a levarsi in volute sinuose, che si avvolgono su se stesse. E pioggia, certo. Una pioggia improvvisa, non violenta, eppure fitta. Costante. Bagna la terra melmosa del bosco, è il cordoglio del cielo per quell’evento nefasto che dona al mondo un nuovo araldo di Sora Morte. Luce. Anche. Non quella candida di una Luna che si nega, nascosta dietro nuvole gonfie di furia. No, è la luce di un lampo, che si scatena e avvolge quelle volute di terra e fango, incendiando per un istante foglie secche trasportate in quel vortice. La Lacrima sa. La Lacrima sente. La Lacrima vede. [GDR PLAY – FAN/MAEREN]

FANNITH{.~.Fitto|Fu Dimora Banshee.~.} È una presenza che si fa sempre più pressante: come se non l’avessi mai avvertita con la furia e la predominanza di questo istante. Di questo istante che non conosce limiti, ma si tende direttamente verso l’eternità. Sei come bloccata in questa sensazione senza fine, che ti strattona tra la pena, la colpa e il senso di libertà che fa capolino. Non c’è emozione che sappia ergersi a predominante rispetto alle altre. È un miscuglio perfetto che porta l’aura a conoscere un mutamente repentino dietro l’altro. Si infiamma, esplodendo nel proprio colore luttuoso, lasciando che lacrime di sangue vadano a stendersi su quella che, da lune, non è più una tinta di un unico colore; si spande come se volesse abbracciare tutto il bosco, richiamare a sé ogni creatura fatata, ma poi di ritrae, sbiadendo, incupendosi, riducendosi a una flebile lucina impercettibile che annulla quel richiamo precedentemente fatto. L’espressione del visino opalescente è tela dove si va stendendo ogni screziatura di emozione provata, dove l’artista non manca di tracciare ogni sfumatura di tutto quel che la tua essenza è in grado di provare. Sono tinte cupe, è un’opera funerea quella che va prendendo vita: non c’è gioia che possa accompagnare quell’evento, non ci sono sorrisi che possano accogliere la nascita di chi pace alcuna potrà conoscere. E la Natura è lì: si scatena innanzi ai tuoi occhi, in una furia che riunisce in sé tutti gli elementi. Il vento richiama la terra, l’acqua giunge, la luce non si esime e il fuoco squarcia l’ombra. Istanti. E mentre questi si vanno consumando, è la Sua presenza che viene percepita in un crescendo sempre più disarmante. Non c’è sensazione che possa eguagliarla. Non c’è emozione che, quanto a intensità, possa emulare la dirompenza con cui la Regina decide di presentarsi qui, in questo momento, in questo scempio che si va compiendo. La sua aura si spande, tocca la tua essenza e tutta la scuote: e in essa, come sempre, c’è il compendio perfetto di ogni elemento, l’armoniosa unione di ogni cosa sia espressione di natura. Lei che è l’emblema della stessa. È quella vicinanza che ti fa, al tempo stesso, scoprire una forza che temevi perduta e vacillare pericolosamente. È lei che ti porge, benevola, una mano e poi ti riserva uno sguardo di rimprovero. È lei che, come madre amorevole, ammonisce e consola, sprona e incoraggia, rimprovera e conforta. Come se l’attendessi: come se sapessi che sarebbe arrivata. Quelle lacrime che danzano negli occhi non resistono più alla tentazione di lasciarsi andare: tu stessa non riesci ad opporre più alcuna resistenza a quanto deve avvenire. È il momento: il momento della libertà. Il momento del dolore. Il momento dell’angoscia. Il momento della Follia.

MAEREN (Quercia/F.A. dentro Fannith) Improvvisamente non è più una sua scelta. Né curiosità, né noia la spingono ad immergersi in quella nebbia, che la distacchera da quella rassicurante placenta di sofferenza. Vi è altro che la spinge a varcare. A lasciare il certo per l'incerto, le mille giornate sempre uguali a sé stesse che ha vissuto sin'ora. O erano meno? O di più? Cosa conta ora, piccolo Sospiro, quel che fu, innanzi quel che sarà. Pulsi ancora, simulando il battito d'un cuore che non conoscerai mai. Né scoprirai però i frutti, stilla d'energia, e ne godrai, perché saranno il tuo nutrimento per i secoli a venire. Mentre attraversi quella spessa nebbia di dolore, percepisci nuove sensazioni. Ancora non puoi dare loro un nome, ma le senti meravigliose. Inizi a nutrirtene sin da subito, come ogni cucciolo farebbe. Millenni di lacrime, terrore, morte, infestano quel Bosco, e per lei quello è un banchetto regale. Sente avvolgersi da quella torbida oscurità, densa come pece maleodorante. Pulsa ancora come suggesse latte maledetto. Ormai fermarsi è impossibile. Ora qualcosa di diverso la coglie impreparata. Quella nuova comunione che, per tutta la sua esistenza l'accompagnerà. Percepisce la Natura, prepotentemente. Il temporale, innanzitutto, al di là della nebbia, ma chiaro per lei. Non può vedere, ma quanta più intensità vi è nel sentire. Diviene parte della tempesta e non spettatrice, ed inconsapevolmente inizia a dondolare, come fosse trascinata dal vento. La nebbia sta terminando. Ne è certa, anche se non sa spiegarsi il perché. Ora sente l'inizio del distacco ed esita. Vuole uscire e restare per sempre in Fannith. Non può avere tutto, vero? Deve scegliere. Questa scelta le procura dolore. Per la prima volta è lei a provarlo. Dolore, senso di perdita. Rimorso perché si sta allontanando da colei che la generò e la nutre da lune. Deve tagliare quel cordone d'energia, e cosi fa, permettendo, a quell'atto, d'essere la sua prima grande angoscia.

FANNITH{.~.Fitto|Fu Dimora Banshee.~.} Sì, lo senti. È il suo primo dolore indipendente, quello che è lei a provare e a trasmettere a te, attraverso quel legame che vi costringe, ancora e per sempre, a condividere ogni emozione, ogni afflizione, ogni rabbia e ogni angoscia. Così come la scoperta di ogni cosa nuova, da vedere e percepire in via del tutto indipendente, senza che vi sia filtro alcuno. La sua essenza vortica e soffre: la tua, di riflesso, si ritrova a fare altrettanto, soffrendo del suo dolore. Il dolore del distacco, che è anche il tuo. Il dolore del bosco, che ti ha nutrito per una serie che par infinita di lune. Scelta. È questione di scelta. È questione di crescita. Non oseresti mai ammettere, proclamare ad alta voce quanto altro nuovo dolore ti stia provocando quella separazione: il paradosso continua a perpetrarsi. Quell’angoscia che pare squarciarti dentro, ridurti a brandelli, distruggerti battito d’ali dopo battito d’ali è la stessa che, follemente, rigenera la tua stessa energia, permettendoti di vivere. Tutto e l’opposto di tutto, una condanna che è anche salvezza. Un chiudersi delle palpebre che sigla il compimento di quel che hai desiderato per lune e che adesso vorresti quasi impedire. Non puoi. La Regina è lì, tende la sua mano, la sua essenza a carezzare la tua e quella della nascitura. L’abbraccio con le tue gambette si va sciogliendo, come se quel varco verso l’esterno si aprisse adesso per Maeren. E le lacrime, dense e scure, scivolano verso il viso, rovinano lungo le guance: coaguli di energia pregna di angoscia e sofferenza che nutrirà quell’albero morto. Il suo tronco a fare da alcova a un nuovo terrore che animerà il bosco da qui all’eternità. Piangi, senza vergogna, senza ritegno, senza desiderio di fermare quell’emozione. È la nenia che accompagna la nascita di Maeren, di colei che hai cullato nella tua energia, in quel mare nero e purpureo in cui era costantemente immersa. Un mare che diventava ancor più tumultuoso, più in tempesta, nelle notti in cui abbandonavi le mura della fortezza per portare sulle spalle l’angoscia del mondo, il terrore dell’ignoto e la profondità dell’abisso. Ogni cosa che hai provato è stata sua: ogni sentimento condiviso con colei che sarà per sempre, adesso lo sai, parte di te: una parte indissolubile, sebbene vi sia un distacco fisico, adesso. È aura che si spande, senza conoscere alcun ritrarsi stavolta: la luce luttuosa esplode, le venature rossastre paiono quasi fiumiciattoli che scorrono senza fine riversandosi in un mare che avrà lo stesso identico colore di quello che l’ha generato. Non c’è dolore fisico che possa accompagnare quel che sta avvenendo. È il rosso del sangue che si mescola al buio della notte, dando vita, come per te avvenne da Sheila, a una lucina violacea che danza nel buio, suo eterno compagno. Luce nelle ombre. Nuova figlia del pianto che conosce la vita. La Follia è lì e ti guarda con gli occhietti che ancora non ha. E i tuoi non smettono di versare lacrime

MAEREN (Quercia/F.A.) Qualcosa è cambiato. Pur non avendo un corpo, non può non percepire il cambiamento, anzi, con maggior intensità tutte le variazioni esterne giungono alla piccola sfera di Luce. Per chi l'osserverà con degli occhi sarà una lucina violacea, instabile nella forma e leggermente pulsante. Si fermerà poco distante da colei che l'ha generata, apparentementea in attesa. In realtà tante sensazioni diverse la stanno occupando. Il dolore prorompente di Fannith la sta spingendo a tornare indietro. Al contempo il Bosco la stimola con una miriade di nuove emozioni. Alcune le conosce bene, altre aumentano la sua pulsazione, via via che le assaggia. Come un fanciullo che per la prima volta si trova in una bottega di dolciumi. La tempesta non la bagna, non come farebbe ad un corpo solido, ma entra in contatto con lei. Cosi come ogni albero morto, ogni zolla di terreno putrido, tutti i miasmi che trasuda quel luogo malefico. E lei si fonde con ogni cosa, lasciando che la sua percezione di ciò che non può vedere, sia comunque assolutamente affidabile. In pochi istanti sa esattamente in che luogo si trova, pur non sapendolo affatto. E sa quanta sofferenza impregna quei tronchi millenari. Tormento intorno a lei...le lacrime della madre. Un meraviglioso contesto per venire al mondo. Eppure ha un senso di vuoto. Ora che si è separata da colei che la generò s' è fatto più forte. Un vuoto incolmabile, visto che continua a far manbassa di sofferenza, eppur non riesce a colmarlo. Inizia a roteare con violenza, infastidita da questa nuova consapevolezza. Il diametro si modifica in continuazione, quasi fosse vicina all' esplosione. Perché? Perché? Perché non si sazia?

FANNITH{.~.Fitto|Fu Dimora Banshee.~.} Ogni cosa è compiuta. Quel bozzolo denso di orrore, morte e angoscia è lì, avvolto dalla curiosità di scoprire il mondo che ha sempre percepito attraverso il velo dell’altrui esperienza. Da adesso, da stanotte, a partire dal bosco il mondo è suo. Lì, in quel luogo denso dell’energia che la sua natura reclama per poter continuare a esistere, adesso in via del tutto autonoma. Lì, dove Morte aleggia e può sentire la presenza di una nuova figlia, di una nuova essenza destinata a esserne annunciatrice. Colei che dal Nulla è stata generata danza innanzi ai tuoi occhi; occhi in cui il rossore, adesso, par farsi quasi più vivido. Non ci sono mani a mondare le guance da quell’energia: non ci sono abbracci che possano consolare. Ma c’è la presenza della Regina, muta eppure imponente, la sua aura ad abbracciare le vostre. Sì, Maeren può ben sentirla, la sua potenza. Sì, Maeren può riconoscerla come madre di tutte le fate, signora di ogni elemento, espressione della natura stessa. Non ci sono parole, in questa notte. Né singhiozzi né urla di dolore e di strazio: no, quel dolore è composto e non ha intenzione di essere condiviso con chi è estraneo a tutto questo. Il bosco lo accoglie e se ne nutre, ma le sue creature non vengono messe a parte del prodigio che s’è verificato in questa notte solenne. Non sanno, gli abitanti del bosco, che lì, tra fronde secche e sentore di Fine, qualcosa ha avuto Inizio. Non sanno, gli abitanti del bosco, che lì, sul terreno dei cavalieri caduti, tra alberi che inneggiano alla Morte, stanotte una nuova esistenza ha scoperto la Vita. Una vita all’insegna dell’inquietudine, come quella che prova adesso. Una vita all’ombra della ricerca continua di nuovo dolore che le permetta di esistere. Una vita al limite del sopportabile, a considerazione altrui. Ma una vita che vivrà con naturalezza, assecondando le richieste di un fato che l’ha voluta Sospiro, figlia del Nulla e delle Lacrime. Le tue manine, Perla Nera, si tendono: entrambe verso quella lucina irrequieta che danza con fare sfrenato, nel vortice della confusione e della mancata comprensione. Sono mani che la invitano a raggiungerti in quella che fu dimora. È essenza che si protende verso la sua, così ben nota, di modo da farsi richiamo per chi del mondo ha solo avuto un assaggio. Il vento si va dissolvendo: il tocco della Regina, la carezza estrema al tuo intimo, si fa sempre più evanescente. La terra torna a unirsi al fitto del bosco; la luce dona un ultimo bagliore. La pioggia, infine, diviene solo ricordo. La tempesta è passata. Non resta che il buio. Solenne. Assoluto. Custode cui si affidano le Lacrime e i Sospiri.
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