«Meglio restare a Guantanamo che essere torturati a casa»

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Lpoz
00lunedì 10 settembre 2007 12:39



WASHINGTON — Le celle di Guantanamo sono come delle bare, dove i detenuti sono chiusi in isolamento per 22 ore. Ma certamente sono meglio delle oscure galere nordafricane, dove botte e tortura sono la legge. Con il rischio di sparire definitivamente. Per questo molti prigionieri, presunti terroristi di Al Qaeda, sono arrivati a dire: «Meglio stare nel campo di Guantanamo che finire in quell’inferno». Uno di loro, l’algerino Ahmed Belbacha, si è appellato a una Corte Usa chiedendo di non essere rimandato in patria in quanto teme per la sua sorte. Due tunisini, Abdullah Ben Amor e Lofti Lagha, hanno invece chiesto aiuto a Human Rights Watch, l’organizzazione per i diritti umani. Entrambi, dopo aver scontato 5 anni di detenzione a Guantanamo, sono stati consegnati alle autorità del loro Paese. Che li hanno subito rimessi dentro una prigione, sottoponendoli — accusano — a violenze. Uno di loro ha raccontato di essere stato percosso più volte dalle guardie, che minacciavano di violentare la moglie e la figlia.
Sia Belbacha che i tunisini negano ovviamente qualsiasi legame con il terrorismo. Il primo ha sostenuto di essere scappato in Gran Bretagna nel 1999 perché minacciato da un gruppo integralista. Due anni dopo però si lascia convincere da un amico a recarsi in Pakistan «per ragioni di studio». Una versione—insieme a quella del cercare moglie — data da molti integralisti per giustificare il viaggio a Oriente. Simile la storia dei tunisini, catturati attorno al 2002 in Pakistan.
Il problema dei «ritornati» da Guantanamo rischia di ampliarsi in quanto gli Stati Uniti stanno riducendo il numero di prigionieri (oggi ve ne sono circa 350) rispedendoli a casa. In risposta alle preoccupazioni di Human Rights Watch, Washington ha affermato che prima di consegnare i detenuti vengono chieste delle garanzie.Maè evidente che si tratta di una formula ipocrita. Tutti sanno che in Algeria, Tunisia, Marocco, Giordania, Libia — per citarne alcuni — si usa la tortura. Tanto è vero che gli stessi americani hanno inventato il sistema delle «rendition» (consegne speciali): il terrorista viene trasferito in Nord Africa o in Medio Oriente proprio perché lì sanno come farlo parlare.
Il lento programma di riconsegna deciso dal Pentagono si somma alla prossima costruzione di un tribunale ad hoc sull’isola, in aggiunta a quelli esistenti. Le autorità militari intendono processare almeno 80 degli oltre 300 prigionier. I procedimenti giudiziari speciali potrebbero favorire un ridimensionamento del campo.
Guido Olimpio




FONTE
-Giona-
00lunedì 10 settembre 2007 13:50
Questo articolo dovrebbe far riflettere tutti coloro che vogliono chiudere "la barbarie di Guantanamo" e che sostengono che si debba "lavorare in sintonia coi Paesi Arabi MODERATI". [SM=x751628]
Red Night Seer
00lunedì 10 settembre 2007 13:51
Guantanamo è un lager e dovrebbero sopprimerlo.
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