«Lo spionaggio italiano? Il migliore dell’Asse»

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Lpoz
00sabato 24 novembre 2007 16:45
L'opinione pubblica mondiale aveva già condannato l'uso dei gas venefici impiegati dall’esercito italiano nella campagna d'Etiopia. La stampa internazionale ne aveva riferito, ma nessuno aveva potuto controbattere con prove concrete alle smentite delle autorità italiane. Senonché il Servizio d'informazioni militari apprese che una serie di sconvolgenti fotografie delle vittime dei gas italiani era in viaggio, diretta a un giornale londinese. Il Sim riuscì a intercettare il pacco e sostituì quelle immagini con altre, non meno sconvolgenti, di vittime della lebbra. Quando le fotografie vennero pubblicate, non fu difficile alle autorità italiane dimostrare che si trattava di una truffa ai danni dei lettori. La vicenda è tratta dal nuovo, monumentale lavoro di Thaddeus Holt, il noto esperto americano di spionaggio, che la cita quale esempio di un capolavoro d'attività clandestina realizzato da quello che descrive come il più capace dei servizi segreti contro cui si batterono le forze angloamericane. «Gli italiani erano di gran lunga i più competenti» scrive Holt in questo volume dedicato all'inganno quale arma di guerra. Col titolo The Deceivers - cioè «Gli ingannatori» - il libro pubblicato testé dall'editore Scribner di New York, che ha ricevuto un notevole plauso a livello accademico, ci viene presentato come il maggior studio realizzato sino a oggi sull’argomento.
«Gli alleati occidentali - sostiene Holt - nella seconda guerra mondiale batterono i loro nemici col valore in misura piena. Ma quel valore fu aiutato dalla scaltrezza a un livello mai visto in precedenza: l'inganno più sistematico e abile che sia mai stato praticato nell'arte della guerra. Questa è la storia di quella scaltrezza». Viene ricostruita così con sistematicità una storia che sino a oggi era rimasta largamente segreta.
Sebbene l'autore sia americano, gran parte del libro ha per protagonisti i servizi segreti britannici. Leggiamo così che già nel 1941 il livello di programmi e iniziative fatti circolare artificiosamente - e raccolti e riferiti con scrupolosa imperturbabilità dalla stampa londinese - era tale che spesso traeva in inganno gli stessi membri dell’intelligence. Sopraffatto da una valanga di notizie false che riferivano dei rinforzi inviati nelle zone di guerra, dalla Libia alla Malesia, Guy Liddell, che era allora a capo dell'Mi5, avrebbe osservato: «C'è un tale quantitativo d'inganni e controinganni che non ci sorprenderemo se le nostre truppe atterreranno nell’Artico vestite in crespo di Cina». Destinatarie dei raggiri erano naturalmente le organizzazioni spionistiche delle potenze dell'Asse. I tedeschi e i giapponesi furono combattenti feroci: ma il loro tallone d'Achille erano i servizi segreti. Holt ne analizza e critica l'attività: a cominciare dalla Abwehr tedesca, guidata dall'ammiraglio Wilhelm Canaris, largamente controllata dai servizi segreti britannici. La lista dei suoi fallimenti è lunga: dalla mancata segnalazione dell'offensiva di El Alamein nell'ottobre 1942 alla decrittazione del famoso codice cifrato Enigma, dalla valutazione sbagliata della posizione di Badoglio dopo la caduta di Mussolini all'assenza di qualsiasi anticipazione dello sbarco in Normandia, alle defezioni di alti ufficiali della Abwehr al nemico.
Il Giappone a sua volta non avrebbe mai preso seriamente l'attività dei servizi segreti, anche per «l'atteggiamento samurai degli ufficiali più elevati» e il loro disprezzo per il nemico. Dopo di che Holt riferisce l'opinione che i vertici dell'intelligence alleata avevano dei nemici italiani. «Il loro era il servizio segreto più capace dell’Asse su un livello tecnico; riflettendo, forse, un atteggiamento che risaliva perlomeno all'età di Machiavelli e Cesare Borgia. Ma talvolta gli italiani realizzarono poco più dei loro alleati nel raggiungere giudizi integrati e valutazioni su un piano strategico».
Abbiamo quindi una dettagliata descrizione dei servizi segreti italiani: il Sim dell'esercito, il Sis della marina e il Sia dell’aeronautica. «Il Sim era infinitamente il più importante dei tre» e ce ne viene offerta una breve storia, sotto la guida del generale Mario Roatta, del colonnello Donato Tripiccione, del generale Giacomo Carboni e del colonnello, poi generale, Cesare Amè fino al 18 agosto 1943. «Giacomo Carboni era un uomo azzimato dai baffi sottilissimi e un'aria sbarazzina, con un'alta opinione di se stesso, che sembrava fosse condivisa dal maresciallo Badoglio, il capo di stato maggiore, ma non da molti altri». Leggiamo che Carboni sosteneva d'aver creato i migliori servizi segreti d'Europa, partendo da un dipartimento che si limitava a raccogliere i ritagli dei giornali. L'autore concorda sul fatto che effettivamente quello italiano era il miglior servizio segreto europeo, ma non ne attribuisce il merito a Carboni.
Dopo una visita in Germania nel 1940 il capo del Sim riferì a Mussolini come il Paese fosse in uno stato di depressione, quindi offrì dati grottescamente inflazionati delle forze britanniche e francesi. Successivamente spiegò che quelle esagerazioni erano intese a scoraggiare il Duce dall’entrare in guerra. Carboni fu rimosso il 20 settembre 1940 e gli succedette il quarantottenne colonnello Cesare Amè. «Amè era fatto di stoffa ben diversa...Un professionista con anni d'esperienza nel Sim».
I risultati delle operazioni del Sim non lasciano dubbi: «Scoprì e neutralizzò o controllò la maggior parte degli agenti inviati in Italia dai britannici, compreso il solo radio operatore italiano infiltrato dai britannici nell'Italia del Nord - che il Sim gestì senza che egli si rendesse mai conto d'essere sotto controllo». Altrettanto efficiente fu il servizio crittografico italiano, che «ebbe successi straordinari nello svelare i codici e i cifrati delle maggiori potenze».
Secondo Holt il Sim fu meno brillante soltanto nelle operazioni di spionaggio diretto: e questo soprattutto per lo scarso numero di agenti di cui disponeva all'estero. Il Sim tenne sempre a debita distanza la Abwehr, anche se Canaris e Amè erano in buoni rapporti e si scambiarono opinioni pessimistiche sui loro Paesi nel 1943, a debita distanza da orecchi indiscreti.
L'unica occasionale debolezza del Sim sarebbe stata quella di aver considerato con occhi non sufficientemente scettici tutti i rapporti dei suoi agenti. Holt ci riferisce l'opinione dell’ufficiale britannico Dudley Clarke, che fu la mente dietro le maggiori operazioni d'inganno del conflitto e riconosce «la destrezza e l'ingegnosità con cui gli astuti italiani sapevano giocarci al nostro gioco. Ci considerammo realmente fortunati che la maggior parte dei nostri canali fossero indirizzati verso gli ingenui e frequentemente disonesti rappresentanti del Terzo Reich».
Caio Logero
00sabato 24 novembre 2007 17:58
Spioni senza un esercito! [SM=x751524]
Lux-86
00sabato 24 novembre 2007 20:11
lo stereotipo fatto nazione! con un esercito vero avremmo dominato il mondo^^
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