Partiamo da un dato incontrovertibile: Scott Henderson è un genio, uno di quelli che hanno cambiato la chitarra contemporanea.
Io, poi, ho un rapporto particolare con lui e con la sua musica, un rapporto che nasce da lontano, dal Guitar CAP, da Gianfranco Diletti, da Simonne Bassanesi... E con i Tribal Tech ricordo una giornata meravigliosa, nel '97, con Albino che senza nessuna ragione mi ha accompagnato fino in Umbria a sentirlo, disposto a farsi il pomeriggio da solo perché ci sarebbe stato uno stage (poi saltato) e disposto poi a fiondarci nella notte a Roma, dormire in macchina a Porta Pia, e tornare indietro in treno da solo perché io avrei dovuto tenere la macchina e fare altri giri. Uno dei momenti in cui più mi sono sentito "voluto bene".
L'album
Reality Check mi ha ribaltato parecchio nel mio modo di suonare. Il video metodo
Melodic Phrasing è uno dei pochi che valga la pena di essere assorbito, metabolizzato, assimilato. Insomma, Scott Henderson è tutto questo. In sè, e in particolare per me.
Perciò, l'altra sera mi sono incazzato di brutto. Incazzato, amareggiato, deluso. Ci ho trascinato il Capo e alcuni amici, nonostante le loro diffidenze, perché sapevo il valore del personaggio. Valore un cazzo. Uno dei concerti più brutti e insulsi che io ricordi. Un'ora e mezza di sperimentazione insensata che gli ultimi due brani (splendidi, allora lo vedi che se vuoi sei capace, Scott!...) non hanno riequilibrato. La leva ininterrottamente impugnata per un gargarismo costante, suoni che manco l'ultimo degli stronzi su Myspace, e la musicalità di Albino ieri col decespugliatore nel mio giardino (Alby, te vojo bene!!). La sperimentazione, cortesemente, te la fai a casa tua. Ti attacchi, in cuffia per non sbrodolare sulle orecchie dei vicini, e sperimenti tutto quello che vuoi. Ma se sei su un palco, e io ho pagato, tu SUONI.
Dal cuore, dal profondo: vaffanculo, Scott.
il coccia