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VITTORIO GREVI: EX-CIRIELLI, ANCHE CON L'EMENDAMENTO, LEGGE IRRAGIONEVOLE E DAGLI EFFETTI DEVASTANTI

Ultimo Aggiornamento: 07/11/2005 12:23
07/11/2005 12:23
 
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CORRIERE DELLA SERA
7 novembre 2005

L’INTERVENTO
La retroattività avrà effetti devastanti
di VITTORIO GREVI

Siamo alla vigilia di giorni decisivi per la sorte del disegno di legge, ormai noto come ex Cirielli, diretto ad abbattere drasticamente i termini di prescrizione dei reati. Domani, infatti, dovrebbe iniziare nell’aula della Camera l’esame del testo licenziato a fine luglio dal Senato, che - pur avendo subìto una discreta ripulitura nei suoi aspetti più aberranti - continua a presentare obiettivi profili di irragionevolezza, destinati a tradursi in evidenti problemi di incostituzionalità. Profili e problemi che, non a caso, sono stati al centro del colloquio concesso nei giorni scorsi al presidente Berlusconi dal capo dello Stato. Posto che, nei diversi sistemi penali, i termini di prescrizione dei reati vengono ovviamente stabiliti tenendo conto (anche) della concreta durata media dei corrispondenti processi, un primo motivo di irragionevolezza nasce dal rilievo che i termini oggi vigenti sono ancora quelli fissati dal codice penale del 1930, avendo riguardo al processo penale dell’epoca. Da allora la disciplina processuale è largamente mutata (prima con il nuovo codice del 1988, poi con le modifiche conseguenti alla riforma costituzionale sul «giusto processo»), arricchendosi di garanzie ed inevitabilmente allungandosi nei tempi di svolgimento; tuttavia, i termini di prescrizione sono sempre rimasti gli stessi. Tanto è vero che il numero dei reati prescritti è progressivamente salito negli ultimi anni, fino al tetto di oltre 210 mila nel 2004.
Adesso, improvvisamente - attraverso una scelta in palese controtendenza rispetto alla realtà delle cose - si decide di ridurre radicalmente i termini di prescrizione, rispetto a determinate categorie di reati di medio-alta gravità, fino ad abbassarli addirittura della metà in alcuni casi, quando si tratti di imputati incensurati (così, ad esempio, per il delitto di corruzione e per vari altri non lievi delitti). Il che appare tanto più irragionevole, in quanto questa scelta non risulta preceduta da alcuna riforma idonea a propiziare una corrispondente abbreviazione della eccessiva durata dei processi. E nemmeno risulta accompagnata da alcun monitoraggio volto a valutare l’impatto della nuova disciplina sui futuri processi: impatto che si preannuncia traumatico, se i tempi processuali non verranno sensibilmente ridotti. Che un progetto legislativo inficiato da simili vizi di irragionevolezza possa venire definito «giusto» dal presidente Berlusconi e dai suoi più fidati consiglieri, appare davvero sconcertante. Ma lo sconcerto si trasforma in indignazione di fronte alla disposizione transitoria che vorrebbe applicare i nuovi e più brevi termini di prescrizione anche ai processi in corso: senza che una tale regola di retroattività sia imposta dalla Costituzione, e nonostante gli impressionanti dati forniti dalla Corte di cassazione circa i gravissimi effetti «fulminanti» (paragonabili ad una vera e propria amnistia) che ne deriverebbero in chiave di estinzione di processi già avviati e magari conclusi con sentenze di condanna in primo o in secondo grado. L’ipotesi che l’incidenza di questa disposizione transitoria possa venire circoscritta grazie ad un emendamento vòlto ad escludere dal suo ambito i processi pendenti in sede di Appello o di cassazione, è circostanza idonea a rimuovere i peggiori sospetti, circa il poco decoroso intento di usare la nuova normativa per «salvare» questo o quell’imputato. Essa però non rimuove la irragionevolezza di una legge che - per il suo contenuto dirompente, nel contesto di una immutata disciplina processuale - è destinata comunque a devastare il già precario funzionamento della giustizia penale.


INES TABUSSO
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