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In bici oltre il Circolo Polare Artico…Km: 480 giorni: 6- Periodo: Luglio. Di Marco Guizzardi

Ultimo Aggiornamento: 25/11/2004 20:09
22/11/2004 23:18
 
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Marco Guizzardi
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NORVEGIA-Isole Lofoten


(Avvertenza: i nomi dei luoghi cosi’ come gli altri termini della lingua norvegese sono stati scritti senza usare i caratteri å e ø che sarebbero richiesti dalla corretta ortografia – ma non sono caratteri ASCII)


Le isole Lofoten sono uno dei posti remoti piu’… accessibili della terra. A poco piu’ di due ore di aereo da Oslo (anche se la gran parte dei viaggiatori arriva a Bodo in aereo e raggiunge le Lofoten in nave, nelle isole ci sono tre areoporti!), le Lofoten sono state abitate ininterrottamente fin dalla preistoria, e le popolazioni che si sono succedute hanno sempre goduto di un livello di civilta’ relativamente alto in rapporto all’epoca in cui sono vissute (vale anche oggi…). L’agricoltura e’ praticata tutto l’anno, uno dei pochissimi posti del pianeta dove questo e’ possibile cosi’ a Nord –e anche a Sud a parita’ di latitudine.... Tutto cio’ grazie alla corrente del Golfo, che fa’ si’ che queste isole godano di un clima migliore di altre regioni situate mille chilometri piu’ a sud, come la costa dei fiordi nella stessa Norvegia, o la Scozia… Le Lofoten si trovano comunque piu’ a Nord dell’Islanda, di una parte della Groenlandia, e di buona parte dell’Alaska e della Siberia! In estate il sole sorge all’inizio di Giugno… e tramonta verso il 10 di Luglio. Per finire, queste isole sono anche uno dei pochissimi luoghi della terra a queste latitudini dove andare in bicicletta e’ un’avventura solo nel senso positivo, dei vantaggi, e non quello degli svantaggi (veramente pochissimi, e superabili a condizione di essere un minimo preparati).


La valigia con la bici all'areoporto di Bodo


Prologo…: A Bodo e verso le Lofoten
Il viaggio per le Lofoten inizia per me con l’ atterraggio (strumentale… la pista appare solo pochi secondi prima che l’aereo, dopo aver attraversato diversi -!-strati di nubi, si posi al suolo…) all’aeroporto di Bodo. Recupero i bagagli, e, prima di tutto, l’utilissima valigia -gentilmente messa a disposizione da Sportissimo di Modena- che contiene la bici, e la mette al riparo delle manipolazioni di manovratori di bagagli di tre diverse nazionalita’ (italiana, olandese e norvegese…). Montata la bici, resta il problema di lasciare l’ingombrante valigia in deposito. All’aeroporto di Bodo non c’e’ un deposito bagagli (per quello non e’ diverso da Bologna…), almeno “ufficialmente”. Rivolgendomi allo sportello informazioni mi viene pero’ indicata la soluzione sotto forma di un ripostiglio multiuso del quale ho promesso di non rivelare l’ubicazione (potrete chiederla a loro se ne avrete bisogno). Sotto un cielo grigio e basso dal quale scende una fitta pioggerella, raggiungo il centro citta’ e l’ostello, che si trova nello stesso edificio della stazione ferroviaria.



Il giorno seguente, l’edificio della stazione che normalmente domina la zona del porto, e’ ridotto ad un minuscolo parallelepipedo oscurato dalla mole imponente del M/S Richard With, la nave che mi portera’ alle Lofoten. Il Richard With non e’ un ferry, ma uno dei famosi Hurtigrute (tradotto letteralmente: rotta rapida. Prima dell’aereo, 11 giorni per fare quasi 2000 km. erano effettivamente un baleno, e non sono male neanche oggi…), i battelli chiamati impropriamente “postali” che giornalmente salpano da Bergen per Kirkenes, al confine con la Russia, percorrendo tutto il lunghissimo “manico” della costa norvegese (se l’Italia e’ lo “stivale”, la Norvegia puo’ essere immaginata come un mestolo…). Oggi gli Hurtigrute sono in realta’ navi da crociera, che superano facilmente i cento metri di lunghezza e le 10000 tonnellate di stazza, come il With. Crociera di lusso, oltretutto, anche se il semplice passaggio tra un porto e quello successivo e’ ancora abbordabile. L’ Hurtigrute fa’ due scali alle Lofoten, uno a Stamsund (la mia destinazione) alle 7 dell’interminabile pomeriggio artico, e l’altro a Svolvaer (alle 4 del mattino: pieno giorno in questa stagione, ma comunque poco conveniente come orario…). I ferry tra Bodo e le Lofoten collegano soprattutto l’estremita’ sud delle isole (ne approfittero’ al ritorno). Il terminale della principale linea di ferry si trova a Stutvik, quasi 200 km a Nord di Bodo.


L'Hurtigrute in rotta verso il Lofotenveggen


Prima tappa: Stamsund-Henningsvaer-Stamsund: km. 120



Viste per la prima volta dalla nave, le Lofoten appaiono come una ininterrotta catena di ripide montagne che si erge a picco sul mare, il Lofotenveggen (Muro delle Lofoten). I bracci di mare che separano le cinque isole principali sono infatti abbastanza stretti da essere oggi tutti, con un'unica eccezione, attraversati da ponti (alcuni di essi si vedono solamente poco prima di arrivare sul ponte, figuriamoci da una nave…). Avendo deciso di sbarcare a Stamsund, che si trova grosso modo a meta’ delle isole, so’ gia’ che il mio itinerario comportera’ alcuni avanti e indietro. Non e’ un problema, perche’ tutta la strada che attraversa le isole da un capo all’altro e’ lunga solo 280 km. Inoltre, passando piu’ volte da uno stesso luogo, aumenta la possibilita’ di vederlo col bel tempo (ragionamento che si dimostrera’ azzeccatissimo…). Il primo giorno inizia con un cielo coperto e nuvole basse. Le Lofoten, pero’, con la loro impenetrabile barriera di montagne, sono un esempio classico di isole con un lato sopravvento (NNW), e uno sottovento (SSE).



Praticamente tutti i principali centri abitati si trovano sul lato sottovento, che, nei giorni di brutto tempo, e’ comunque molto piu’ riparato dell’altro. Percio’ quando parto da Stamsund deciso a compiere un giro completo dell’isola di Vestvagoy, piove poco o niente, nonostante le nuvole. Non ci metto molto pero’ a capire come funzione la meteorologia da queste parti, e decido di tenermi, per cominciare, sul lato sottovento. Lungo i sessanta e piu’ chilometri della strada che costeggia il lato di Vestvagoy che da’ sul Vestfjorden (il “mare interno” delle Lofoten, che separa le isole dalla costa norvegese) gli unici centri abitati sono alcuni agglomerati di tre o quattro case con, a volte, una stazione di servizio e/o un piccolo market che non ha niente di super. Avvicinandosi al Gimsoystraumen, il passaggio che separa Vestvagoy dalla piccola isola di Gimsoy, e questa a sua volta dall’ immediatamente successiva Austvagoy, mi accorgo che questo e’ una specie di “spiffero delle Lofoten”, uno dei punti dove il Lofotenveggen abbassa la guardia e lascia passare il maltempo piu’ mefitico sul lato di solito riparato.


Baccala' in umido (quale sara' ?...) a Henningsvaer

Percio’ decido di rinunciare del tutto a qualsivoglia “passaggio a Nord-Ovest”, compreso un giro dell’isola di Gimsoy (sara’ per un’altra volta… infatti!) e decido di prendere come destinazione per la giornata Henningsvaer, che vedo in faccia a me sull’altra sponda del Gimsoytraumen, ai piedi del vertiginoso muro del Vagakallen. Una deviazione di una ventina di chilometri dalla strada che faro’ domani, quando mi sara’quindi risparmiata. Il periplo attorno al Gimsoytraumen si svolge sotto la pioggia e con un vento che arriva all’improvviso e mi costringe ad “appoggiarmi” al lato sopravvento per non essere rovesciato. Oltretutto la strada subito prima di Gimsoy confluisce sulla E10, l’arteria principale delle Lofoten, piuttosto trafficata, dove l’esercizio e’ complicato dal passaggio di camper, pullman e autocarri che coprono il vento all’improvviso… Temo soprattutto l’attraversamento del Gimsoystraumbrua, il piu’ alto ed esposto dei due ponti, ma anche questo si svolge senza incidenti. Il tratto di strada che, allontanandosi dalla E10 porta ad Henningsvaer e’ un continuo saliscendi… un motivo in piu’ per esserselo tolto dai piedi. Henningsvaer e’ descritto come “La Venezia delle Lofoten” dal sito ufficiale del locale ufficio del turismo. Forse perche’ ha un canale… comunque e’ un esempio tipico dei villaggi di pescatori che sono un po’ tutti ugualmente suggestivi (ad esempio Stamsund …). Il Cafe’ dove mi fermo a mangiare serve baccala’ in umido, un piatto la cui ricetta non e’ norvegese (qui’ lo chiamano bacalhau, alla portoghese…), ma la… materia prima si’! Le isole Lofoten sono infatti il luogo di origine, e uno dei principali produttori al mondo, di stoccafisso (di cui l’Italia e’ in assoluto il principale importatore!).


Seconda tappa: Stamsund-Hov-Kabelvag. Km. 100


Veduta di Svolvaer

Il secondo giorno il tempo e’ migliorato anche se resta coperto. Comunque non piove e, soprattutto, non c’e’ vento. Una buona meta’ della tappa di oggi, fino al Gimsoytraumen, si svolge sul percorso di ieri. Visto il miglioramento, decido pero’ di fare una deviazione per visitare l’isola di Gimsoy anche se sono costretto a rinunciare al periplo, perche’ la strada sul lato Ovest e’ sterrata, e preferisco evitare il piu’ possibile di forare... Quella che inizia immediatamente prima dell’ormai familiare Gimsoystraumbrua, e’ invece perfettamente asfaltata. Mi avventuro quindi in direzione della famigerata costa sopravvento…. Nessun problema oggi, un giorno di quasi perfetta bonaccia. Il Gimsoystraumen e’ spettacolare, con le due sponde, quella di Gimsoy dove si snoda la strada, e quella opposta di Austvagoy, che formano due vertiginosi muri, alti 5-600 metri, a picco sull’acqua.



Arrivati all’altezza di Gimsoy (un agglomerato di fattorie sparse, colorate a tinte vivaci), l’isola si apre in una stretta pianura che e’ una delle zone coltivate delle Lofoten. Ci sono mucche e cavalli al pascolo nei prati coperti di fiori, alcune strette spiaggie di sabbia, e, a Hov, un campo da golf (chissa’ se ieri giocavano qui’…). Facendo vela verso Nord da qui’ , il viaggio sarebbe interrotto solo dai ghiacci del Polo! All’orizzonte, verso Ovest, in una serie di picchi acuminati gli ultimi contrafforti del Lofotenveggen confluiscono, senza (apparente) soluzione di continuita’, nella costa delle Vesteralen, l’arcipelago che collega le Lofoten alla costa norvegese all’altezza di Narvik. Un paesaggio, nell’insieme, assolutamente straordinario. L’abbandono percio’ a malincuore, ritorno sui miei passi del giorno prima (non per l’ultima volta…), solo che invece di deviare verso Henningsvaer proseguo sulla E10.


Sulla pista ciclabile a Svolvaer

La strada comincia a salire dritta verso la barriera montagnosa che in questo punto taglia in due l’isola di Austvagoy. La salita pero’ dura poco perche’ a un certo punto la E10 entra in un tunnel (per attraversare il quale devo montare le luci anteriori e posteriori che mi sono portato dietro) per poi discendere, al centro di un impressionante anfiteatro di montagne desolate, verso Kabelvag. Poco prima di raggiungere questa cittadina, senza preavviso, la copertura nuvolosa si dissolve e lascia apparire il sole. La temperatura comincia a salire in maniera sensibile e repentina. Inizio a togliere maglie (a cominciare dal sottomaglia in Pile indispensabile ieri) fino a restare con solo la ciclista a maniche lunghe. Poiche’ sono quasi arrivato tengo la salopette da stagione intermedia (che lascia scoperti i polpacci) anche se con il sole e’ diventata fastidiosa. Il cambiamento e’ impressionante. Vista l’ora, rimangono ancora cinque-sei ore buone di questo sole. La temperatura ricomincia a scendere veramente solo dopo le dieci di sera. Sulla costa sottovento delle Lofoten non si vede veramente il sole di mezzanotte, in quanto prima di quell’ora il sole “tramonta” dietro le ripide montagne. Pero’ in questa serata eccezionalmente limpida posso godere, dal pittoresco porto di Kabelvag, di uno spettacolo altrettanto sensazionale: quello della costa norvegese, distante quasi 200 km., illuminata dal lungo tramonto-alba della mezzanotte artica.


Terza tappa: Kabelvag-Laukvik-Kabelvag. Km. 90


Vilkommen til Laukvik!

Il giorno seguente inizia caldo e soleggiato. La temperatura alle nove del mattino, dopo almeno sette ore di sole pieno, supera gia’ i 20° C. Parto subito con i pantaloncini corti che resteranno la mia divisa fino alla fine del viaggio. Appena cinque chilometri dopo Kabelvag arrivo a Svolvaer, principale centro abitato delle Lofoten (popolazione: meno di 5000 anime…) In un certo senso sono proprio costoro la vera attrazione di Svolvaer: una cittadina dall’aspetto cosi’ totalmente normale che potrebbe trovarsi in qualsiasi parte del Nord Europa (invece che in quella piu’ lontana da tutto e da tutti…) La strada prosegue in direzione nordest e dopo alcuni chilometri arriva in prossimita’ dell’aeroporto. Ma gia’ qui’ le traccia di attivita’ umana rimaste sono veramente poche (un motel, un cartello che indica: aeroporto…) L’orizzonte e’ dominato dalle montagne che sovrastano l’Austnesfjorden, un braccio di mare che penetra profondamente l’isola di Austvagoy tagliandola quasi in due. La parte oltre il fiordo e’ la piu’ selvaggia e spettacolare dell’isola, totalmente disabitata, dominio riservato di escursionisti ed alpinisti (non ci sono strade). Io l’ammiro restandomene di qua’, sulla strada che costeggia il fiordo (e, sulla sinistra, un paio di laghetti da cartolina), lungo la quale comunque si incontrano solo un paio di case fino ad arrivare a Vestpollen, una penisola che si estende nel fiordo nel punto in cui questo si allarga a formare un anfiteatro d’acqua e di rocce.



A Vestpollen svolto a sinistra addentrandomi nella valle del Vatnfjorden, l’unica strada che attraversi l’interno di Ausvagoy per cosi’ dire da un mare all’altro. La strada percorre una stretta vallata dall’aspetto alpino, costeggiando una serie di stretti specchi d’acqua, fino ad arrivare a Laukvik, un piccolo villaggio per il quale la palma di “piu’ remoto” di questo posto remoto sarebbe forse appropriata (Svolvaer dista circa 40 km.). Ed e’ anche il punto nel quale la direzione del mio viaggio si inverte una volta per tutte e dal quale iniziero’ la traversata delle Lofoten (in due giorni e mezzo), fino all’estremita’ sud dell’isola di Moskenesoy (stando alla guida, la strada che prosegue oltre Laukvik in direzione di Fiskebol potrebbe non essere asfaltata, e dopo cominciano i tunnel…).


Quarta tappa: Kabelvag-Ballstad. Km. 90



La maggior parte del percorso di oggi e’ gia’ nota, e tuttavia, ha ugualmente qualcosa di inedito in quanto per la prima volta… l’affronto col sole! Un sole pieno, mediterraneo, mai offuscato dalla minima nuvoletta per 24 ore (presumo, perche’ in realta’ la sera precedente si era tornato a coprire, poi fino alle 8 del mattino io ho dormito…). Oltretutto, oggi e’ domenica. Percorro la E10 fino a ritrovare il Gimsoystraumen (spettacolare in questa giornata di sole), senza praticamente incontrare una macchina. Poi i norvegesi cominceranno ad uscire, tardi, per passare questa assolata domenica sulle spiagge, o sulle sdraio nei cortili dietro casa, in costume da bagno ed occhiali da sole. E’ davvero strano pensare di trovarsi a nord del fatidico, simbolico cerchio, associato di solito a nomi come quelli dell’ammiraglio Byrd (suona un po’ come brrrrrr…), di Nobile con la sua Tenda Rossa, e del cane Armaduk… Ritrovo la strada che percorre la costa di Vestvagoy, trasformata oggi in una corniche da Costa Azzurra. Le insenature che si susseguono sono tutte un luccichio di riflessi, nei fondali bassi l’acqua e’ verde-turchino, e la sabbia di un bianco accecante. Il sole trasforma il porticciolo di Finnhavn da provvidenziale riparo contro le tempeste a luogo di incontri mondani, la selvaggia e tenebrosa valle di Tjorndalen in un ameno paesaggio alpestre, e la chiesa di Valberg da austera Presbiteriana in sincretista cappella caraibica. In lontananza, il campanile di Stamsund luccica come un faro sotto il riflesso del sole. Per me, ad ogni modo, non indica piu’ la direzione da seguire.


Salita con vista su Leknes e il Buksnesfjorden

Questa volta al bivio prendo la direzione opposta, quella per Leknes, e solo per un chilometro e mezzo, per poi svoltare di nuovo a sinistra in direzione di Sennesvikka. La strada ha una splendida veduta, al di la’ di una stretta e lunga insenatura, sul piccolo villaggio di Steine e sullo Steinstinden, la roccia che, dal versante opposto, domina Stamsund. A Sennesvikka la domenica del villaggio e’ al culmine, dietro le staccionate che circondano le colorate casette di legno si intravedono norvegesi in diversi stadi di stravaccamento, e in costume assai poco polare. Qui’ c’e’ l’unica vera salita di tutto il viaggio (ma non vuol dire che sia questa la parte piu’ dura, come si vedra’…), quella dell’ Einangen (altezza 100 mt., pendenza massima attorno al 10%). Dalla cima si gode una veduta spettacolare sul Busknesfjorden, circondato dalle torri delle catene montuose delle due isole piu’ a sud, Flakstadoy e Moskenesoy. Le rive del fiordo sono relativamente popolate. Qui’ si trovano i paesi di Leknes, al centro di una delle principali aree coltivate delle Lofoten, Gravdal, dominato da una grande chiesa di legno dal colore rosso vivo, e, all’imboccatura del fiordo, Ballstad, la mia destinazione. Giunto ai piedi della discesa mi trovo a pedalare con un forte vento contrario in direzione di Leknes. I cinque chilometri che mancano per raggiungere la cittadina richiedono uno sforzo ben maggiore di quello della salita precedentemente affrontata. Fortunatamente da Leknes a Ballstad si procede nella direzione opposta… il vantaggio pero’ e’ un po’ diminuito dalla presenza di molti saliscendi.


Altra vista sul Buksnesfjorden, stavolta verso Gravdal

A Ballstad soggiorno per la prima e unica volta in un Rorbu. Non e’ strettamente vero, perche’ anche gli ostelli a Stamsund e ad A si trovano in Rorbuer, ma in questo, che non e’ un ostello, avro’ una cabina tutta per me (pagando di conseguenza una cifra non indifferente). La decisione e’ dettata dal fatto che Kraemmervikka Rorbuer gestisce l’unico traghetto che trasporta le bici oltre il Nappstraumen, il braccio di mare che separa Vestvagoy dall’isola di Flakstadoy, permettendo cosi’ di evitare il lungo tunnel sottomarino di Napp. Approfitto per dire due (giuro…) parole sui Rorbuer. Un Rorbu e’ una capanna di pescatori, che ospitava gli stagionali che venivano alle Lofoten per la pesca (principalmente ma non esclusivamente) del merluzzo nei tempi quando questa richiedeva molta manodopera. Quei tempi essendo ormai trascorsi, oggi i Rorbuer sono stati trasformati in villaggi per turisti. Il termine rorbu significa in norvegese qualcosa come “abitazione del rematore”: ror significa remare in norvegese ed era comunemente usato come eufemismo per pescare, cosi’ –vai a remare oggi?- ai tempi d’oro della pesca al merluzzo significava chiedere al tizio in questione se intendeva andarsene a pescare. Poiche’ in genere i Rorbuer ospitano da 3 a 6 persone e sono dotati di cucina, per gli standard norvegesi rappresentano un modo economico di passare le vacanze.


Il... ferry per le bici tra Ballstad e Nusfjord


Quinta tappa: Ballstad-Reine-A Km.: 70



Il mattino dopo, approfitto della cabina e del fatto che il battello parte tardi (verso l’una) per dormire piu’ del solito. Arrivare all’ostello entro le 7 del pomeriggio non sembra assolutamente un problema, (questo perche’ non conosco ancora la strada…) Il ferry per le bici e’, come c’era da aspettarsi, un peschereccio che fa’ un secondo lavoro (tutto il mondo e’ paese, in fondo, anche all’ Artico…) Solo che questo particolare battello da pesca non dimentica la sua particolare vocazione, specie quando i passeggeri, tranne il trascurabile sottoscritto, sono tutti norvegesi, e una coppia di anziani signori esprime il desiderio di approfittare dell’attrezzatura. Cosi’, nel bel mezzo del Nappstraumen, il capitano mette in funzione il sonar ed acconsente a lasciare gettare la lenza ai signori in questione. Dentro di me, mi chiedo quanto tempo questo imprevisto intermezzo finira’ per sottrarre alla mia tabella di marcia. La risposta e’: molto poco, perche’ sorprendentemente nel giro di qualche minuto tre o quattro merluzzi, di cui uno di dimensioni rispettose, hanno gia’ abboccato. E questo fuori stagione, ed in un epoca in cui i pesci che popolano le acque del Vestfjorden sono molto diminuiti rispetto all’epoca d’oro in cui la pesca era sufficiente da sola a fare prosperare la popolazione di queste isole e di buona parte della terraferma.


A pesca nel Nappstraumen sul... ferry!

Il nostro peschereccio-traghetto sbarca quindi piu’ o meno in ugual numero bici e pesci a Nusfjord, all’estremita’ meridionale di Flakstadoy. Qui’ ad attendere di imbarcarsi si trova un gruppo di ciclisti molto piu’ cospicuo, che magari hanno ingannato l’attesa tirando accidenti ai pesci (coi quali ha funzionato, anche se non erano loro i colpevoli…), ed al capitano (apparentemente immune, pur essendo il vero responsabile). Cosi’ va’ il mondo, penso -probabilmente perche’ nel frattempo e’ iniziato a piovere… Il cielo si e’ coperto, anche se continua a fare caldo (effetto probabilmente di qualche vento di caduta, anche se io non lo so’ ancora…) Nusfjord e’ l’ennesimo villaggetto di pescatori carino, situato a sua volta in un luogo eccezionalmente bello. La strada per arrivarci si addentra in una gola lunga e stretta, tra le pareti vertiginose dello Stjerntinden, ai cui piedi si trova un pittoresco (immagino… quando c’e’ il sole, oggi appare abbastanza cupo) laghetto. La strada arriva al non meno pittoresco Flakstadpollen (che in questo caso e’ un braccio di mare), dove ritrova la E10, e dove iniziano i guai… Da qui’ e per tutto il resto del percorso, infatti, la E10 e’ praticamente l’unica strada, e il traffico e’ quello che ci si puo’ aspettare in questi casi, salvo che in questo caso particolare e’ composto al 60% da camper. L’unica cosa positiva, per il momento, e’ che la strada e’ abbastanza larga, anche se piena di curve (ma questo, a condizione che facciano attenzione e che non siano sotto l’effetto di qualche sostanza, e’ piu’ un problema per i conducenti dei camper). La strada, dopo aver costeggiato il Flakstadpollen, arriva su un tratto di costa aperto e relativamente pianeggiante, dove si trova il villaggio di Flakstad, e, subito dopo, una delle spiagge di sabbia piu’ ampie delle Lofoten. Sarei quasi tentato di fare il bagno, perche’, anche se il cielo e’ coperto, la temperatura continua ad essere sorprendentemente calda (sto’ pedalando in maniche corte…), ma rinuncio per non dovere perdere tempo ad asciugarmi ecc. Facendo solo bene, considerato quale sara’ la strada da qui’ in poi (non lo so’ ancora, ma sto’ per impararlo).


Ancora la pesca sul ferry per le bici...

Innanzitutto, il motivo del caldo anomalo: appena giunto in vista di Ramberg, dove la strada si addentra nel profondissimo Selfjorden, un vento violento proveniente da sud mi investe dritto in faccia. Con un tipico effetto Venturi, lo Skjelfjorden, altra stretta insenatura, invisibile da qui’, ma separata dal Selfjorden solo da una stretta lingua di terra, concentra il vento nello stretto passaggio tra le montagne che si trovano di qua’ e di la’ dalla lingua in questione e lo proietta a mo’ di manichetta ad alta pressione su’ per il fiordo lungo il quale mi trovo ad avanzare. Impresa che diventa ben presto un vero supplizio di Sisifo… in piu’ la E10 ha (da prima che io venissi da queste parti, lo riconosco…) deciso di attraversare proprio la lingua di terra in questione, poco prima del punto dove una serie di ponti portano al villaggio di Fredvang. Qui’ il vento e’ violentissimo e trasversale, e il procedere diventa decisamente pericoloso, anche perche’ ai camper si cominciano ad aggiungere i pullman gran turismo (sara’ l’orario…?) Per fortuna il tratto e’ breve e successivamente la strada diventa piu’ riparata… ma si trasforma anche in un saliscendi continuo. Supero un dossetto, poi una gobbetta, poi un poggetto, poi due, poi tre’… poi rinuncio a contarli. Tutti abbastanza ripidi, 7-8%, a tratti qualcosa di piu’. Per farla breve, la strada sara’ cosi’ fino ad A, dove grazie al cielo finisce del tutto. In breve, questa e’ stata la tappa piu’ breve del viaggio, ma anche, e di gran lunga, la piu’ dura.


La spiaggia di Flakstad


Sesta tappa: Reine-Hamnoy Km.: 7 (a piedi!)

L’ ultimo giorno intero passato alle Lofoten decido di dedicarlo ad una passeggiata… sia perche’ non ho nessuna intenzione di tabaccarmi di nuovo la strada del giorno precedente (alla fine diventa anche stretta, e il traffico non fa’ che aumentare), sia perche’ la giustamente famosa Reine, con la spettacolare cornice del Kerkfjorden, e gli ugualmente pittoreschi villaggi vicini di Sakrisoy, e Hamnoy, merita di essere visitata a passo… di scarpa (in bici si sarebbe sempre fermi, specie se uno vuole fare anche le foto, e poi ripartire su questi dossi –e sui ponti che sono ugualmente ripidi- dopo un po’ diventa un tormento…). Reine e’, significativamente, classificata patrimonio mondiale dell’umanita’ e, piu’ prosaicamente, ricostruita a Legoland. Per finire, non posso non dire qualcosa anche del villaggio di A, dove sono alloggiato. Innanzitutto il nome: in realta’ si scrive con il cerchietto sopra, anche se io mi ostino ad usare solo caratteri ASCII nei miei testi… Inoltre, Ad A si trova il Museo dello Stoccafisso, sede, fra l’altro… di alcuni dei pochissimi cartelli multilingue nelle isole scritti anche in italiano (in omaggio, evidentemente, al ruolo decisivo svolto dal nostro popolo, in qualita’ di consumatore, nel sostenere l’economia peschereccia delle Lofoten, e anche, spero, a chi ha mostrato veramente al mondo cosa si poteva fare col baccala’…) A e’ anche un esempio accuratamente (e volutamente) conservato di villaggio norvegese dell’800, del quale, a quanto pare, e’ proprietaria un’unica famiglia che gestisce l’ostello, i Rorbuer, il Caffe’, la panetteria, e il ristorante dove ho potuto assaggiare l’autentica Hvalbiff (carne di balena, anche se non ve lo volevo dire…) Per finire (stavolta per davvero…) A sarebbe situata all’estremita’ meridionale delle Lofoten, se non fosse che piu’ a sud ci sono ancora due isole, Vaeroy e Rost, molto piu’ piccole e popolate in maniera preponderante da uccelli marini. Vaeroy si vede anche dal punto, immediatamente dopo A, dove la strada finisce, e, soprattutto, si vede il tratto di mare che la separa da Moskenesoy e che sarebbe il vero, unico e originale Maelstrom, celebrato da E.A.Poe, ma, quando l’ho visto io, deludentemente piatto come uno specchio.


Ad Å

NOTA:
per chi volesse organizzare il suo personale viaggio alle Lofoten, magari da solo (come ho fatto io in questo caso), consiglio l’utilissima pagina di Maurizio Gavarini, una vera miniera di informazioni.


Non ci sono vulcani alle isole Lofoten, ne' barriere coralline, ne' palme da cocco. C'e' tutto il resto: picchi vertiginosi coperti da una vegetazione lussureggiante, spiaggette di sabbia bagnate da un mare verde smeraldo, antichi villaggi di pescatori divenuti oggi villaggi turistici. Persino i prezzi sono da tropici...


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© Testi e Foto di Marco Guizzardi
25/11/2004 20:09
 
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Marco
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Una nota dall'autore dell'articolo...
...per ricordare a chi fosse interessato ad altri resoconti di viaggio come questo, così come ad altre foto relative a questo viaggio, di visitare il mio sito all'indirizzo: www.marcoguizzardi.it
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