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San Galgano

Ultimo Aggiornamento: 17/04/2005 13:55
17/04/2005 13:52
 
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Nato nel 1148 a Chiusdino, oggi nella provincia di Siena ma all’epoca facente parte del territorio del Vescovo di Volterra, Galgano è una delle più interessanti figure storiche italiane.
Figlio della piccola nobiltà terriera, in gioventù segue quello che oggi chiamiamo il mestiere delle armi, finchè, a seguito di un sogno in cui San Michele lo invita a seguirlo e a lasciare la via della spada, decide di infiggere la sua spada nella roccia e a dedicarsi alla vita contemplativa.
La conversione avviene, secondo la testimonianza della madre, nel piccolo colle di Montesiepi, dove il cavallo lo ha condotto, poco dopo il sogno. Qui, nel Natale del 1180, Galgano infigge la spada nella roccia e si ritira a vita eremitica. Questo periodo durerà 11 mesi, durante i quali Galgano andrà a Roma da papa Alessandro III (anche se le fonti parlano erroneamente del II) forse nel tentativo di farsi approvare una nuova regola monastica, avrà rapporti con religiosi vicini e spirerà il 30 novembre 1181, alla presenza degli abati cistercensi di Fossanova e Casamari, che transitavano casualmente per quei luoghi tornando dal Capitolo Generale dell'Ordine. L'eremita viene sepolto accanto alla spada e il luogo diviene subito meta di fedeli. Pochi anni dopo la sua scomparsa, nel 1185, dal 4 al 7 agosto, una commissione di prelati presieduta dal cardinale-vescovo della Sabina, Corrado di Wittelsbach, viene incaricata da papa Lucio III di accertare l'effitiva esistenza di miracoli e la presunta santità dell'eremita. In occasione dei lavori della commisione viene anche consacrata e completata la Rotonda, sorta sull'eremo, la cui costruzione era iniziata nel 1183 per volere del vescovo di Volterra, Ugo, che non fece in tempo a vederla ultimata essendo deceduto nel 1184. Toccò quindi al suo successore, Ildebrando Pannocchieschi, il compito di consacrarla e aprirla al culto. Ombre dense nascondono gli anni immediatamente successivi. I cistercensi si insediano ufficialmente alla Rotonda nel 1191, ottengono privilegi imperiali nel 1196 e, nello stesso anno, appare anche il primo priore Bono. Parte dei primi discepoli del santo, in disaccordo con i nuovi arrivati, abbandona la Rotonda e fonda nuovi eremi. Nel 1218 iniziano i lavori di costruzione della grande abbazia nella pianura sottostante mentre nello stesso periodo tutta la zona è divenuta dominio senese.
Spesso viene detto che Galgano si chiamasse di cognome Guidotti, ma nessun documento coevo riporta questo dato, che probabilmente è frutto di leggende successive.
17/04/2005 13:53
 
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Di seguito le testimonianze del processo di canonizzazione, che in assoluto è il primo di cui si abbia notizia.

Dionisia, madre del beato Galgano, affermo', sotto giuramento, che suo figlio Galgano, prima della conversione le aveva rivelato le visioni da lui avute. Nella prima di queste san Michele arcangelo lo richiedeva a sua madre, per farne un soldato. E a lui parve di seguire l'angelo, al quale la madre lo aveva affidato.
Destatosi, racconto' a sua madre cio' che aveva visto in sonno. La madre, dopo aver riflettuto in silenzio, colma di grande felicita' disse: Questa visione e' buona, figlio mio, ed e' per te portatrice di un messaggio di immensa gioia. Noi infatti, io vedova e tu orfano, saremo affidati a san Michele, al quale molto devotamente si dedico' tuo padre.
Dopo un certo numero di anni, nei quali sovente Galgano si era fermato a riflettere su questa importante visione, il principe degli angeli, Michele, gli apparve in sonno e gli disse: Seguimi. Ed egli, subito alzatosi, lo segui', camminando con lui fino ad un certo fiume, sopra il quale vi era un grandissimo ponte, che non poteva essere attraversato senza una grande difficolta' e sotto il ponte gli sembro’ di vedere un mulino. Dopo aver attraversato il ponte giunsero in un bellissimo prato delizioso, coperto di fiori bellissimi, che diffondevano un profumo meraviglioso.
Dopo che ebbero attraversato il prato, gli sembro’ di entrare in una caverna sotterranea e di giungere a Monte Siepi. Li’ incontro’ dodici apostoli, che attendevano in una casa rotonda colma di profumo e lavorata in modo mirabile. Essi lo misero in mezzo a loro, dandogli un libro, percehe’ leggesse. Egli allora, non sapendo leggere, “allegavit”. Avendo poi volto lo sguardo verso il cielo, vide una certa immagine e chiede agli apostoli che cosa fosse.
Gli risposero che era una certa immagine e una specie di maesta’ divina e poiche’ si accorsero che guardava attentamente la raffigurazione e l’edificio dissero:
Farai anche tu qualcosa di simile. Costruici qui una casa in onore di Dio, della santa Maria e di san Michele Arcangelo e dei dodici Apostoli. E starai qui, per moltissimi anni. Lui allora resto’ a lungo in travaglio, ma quando lo diceva a diversi amici, dicevano: Tu vuoi raccogliere denaro e truffare. Vattene oltremare. Avendo alloraraccontato questa visione meravigliosa alla madre per ispirazione, chiese a lei di accompagnarlo in quel luogo con maestri d’opera che, nel luogo stesso, costruissero l’edificio. Al che la madre: Figlio mio, il freddo e’ eccessivo, la fame intensa, il luogo quasi inaccessibile: come vi andremo? Alla madre che gli chiedeva se avesse raccontato la visione a qualcuno, confesso’ di averla confidata ad alcune brave persone. Avendo infine domandato la madre, in che modo lo stesso Galgano fosse riuscito a raggiungere il luogo nel quale si era stabilito, lui disse che un giorno, mentre andava in quel castello che e’ detto Civitella, sul cammino steso il cavallo si era fermato. Avendolo lui spronato con i tallonsenza riuscre a farlo andare avanti, ripiego’ sulla pieve detta di Luriano e vi pernotto’. Il giorno seguente quando giunse al medesimo luogo e non pote’ proseguire col cavallo, lascio’ le briglie libere sul collo del cavallo e prego’ con grande devozione il Signore, perche’lo conducesse nel luogo nel quale avrebbe riposato per sempre. E Galgano in verita’, quando scese da cavallo, trovo’ riposo nello stesso luogo dove in visione, tramite gli apostoli, aveva avuto la rivelazione e dalle loro mani aveva accolto il libro aperto. E sguainata la spada, non essendo in grado di fare una croce dal legno, pianto’ subito la stessa spada in terra, come croce. Ed essa, per virtu’ divina, si saldo’ in modo tale che ne’ lui ne’ altri, con qualunque sforzo, fino ad ora poterono mai estrarre.
Ed avendo lui tentato, una prima, una seconda ed una terza volta, di ritornare e di recarsi a casa sua, per annunciare la sua rinuncia a quelle cose che il mondo gli aveva dato, la terza volta udi’: Ferma il tuo piede, Galgano, perche’ questo e’ il tuo luogo, qui il tuo riposo. Egli si sottomise al comando di colui che lo guidava.
Dopo queste vicende, essendosi lui recato ai piedi di papa Alessandro secondo, alcuni, mossi dalle fiamme dell’invidia, giunsero al luogo dov’era la spada. Non riuscendo ad estrarla, con gran fatica, asportarono la terra con sacchi. Ma non essendo riusciti neppure cosi’ a raggiungere la punta della spada, la spezzarono. E, non essendo in grado di asportarla da quel luogo, la abbandonarono li’. Ma essi, per punizione divina, finirono male, come essa apprese dai racconti di molti. Lui, poi, essendo tornato alla propria dimora, e non trovando la spada come l’aveva lasciata, comincio’ a dolersi e ad essere triste. Ma il Signore, volendo consolarlo, gli parlo’ una prima, una seconda e una terza volta, dicendogli di mettere la spada ancora nello stesso luogo, perche’ sarebbe stata infissa ancor piu’ solidamente di prima. E fu questo che egli fece, e come disse, cosi’ che fino ad oggi appare. Inoltre afferma di aver sentito dal suo stesso figlio, che una notte, mentre era nel bosco e siriparava fra due carpini, udi’ il diavolo che veniva contro di lui. Volendo che quello non lo opprimesse in quel luogo, usci’ fuori da li’ per affrontarlo coraggiosamente. E il diavolo, vedendo la tenacia dell’uomo, si allontano’ da lui con un ululato, lascando una grande trave sul terreno.

Nel medesimo documento si indicavano altri testi, sentiti sotto giuramento.
Giovanni da Chiusdino, sotto giuramento, disse che poco tempo dopo la conversione del sant’uomo ando’ a cercarlo e , avendolo trovato, il santo Galgano gli diede tre pezzi di pane grasso e gli disse di di darlo ai primi tre poveri che incontrasse. Egli, non avendone trovati, li porto’ a casa e, la sera, li diede alla moglie, che li pose in un armadio, dopo averli avvolti in un pano pulito, dicendo di darli a ter poveri, il giorno dopo. Essa, andandoli a riprendere il mattino dopo, trovo’ sei pezzi di pane, di altro colore e sapore, come ebbe a constatare. Quelli del borgo, avedolo saputo, vennero con passi concitati e, ammirando una cosa tanto grande, ne presero tutti coloro che poterono.
Girardino di Bindo, sotto giuramento, racconto’ che, avendo suo figlio le gambe e le braccia contratte, si reco’ dal beato Galgano, ancor vivente, chiedendogli se avesse potuto ristabiliresuo figlio. Dopo una breve attesa, gli disse: Figliolo, confida nel Signore: tuo figlio sara’ liberato e lavorera’ ancora con le sue mani. Dopo la morte del sant’uomo, lo stesso fanciullo si voto’ a Dio e al beato Galgano, dicendo che se il Signore lo avesse liberato per intecessione del beato galagano, per tutto il tempo della sua vita, per quanto in cosceinza, non avrebbe lavorato nel giorno di sabato.Il padre lo pose su di un asino e lo condusse fino al poggio sul quale e’ costruita la chiesa in onore del beato Galgano. Tirandlo giu’ dall’asinello il padre gli disse:
Prova se riesci ad andare fino alla tomba del sant’uomo. Egli, fiducioso dell’aiuto divino, si avvio’ lieto verso il sepolcro e ancor piu’ felice torno’ a casa sul medesimo asino. Rinnovato in seguito il voto, dal suo borgo, che dista due miglia dalla chiesa, rimesso in piedi, vi si reco’ e, dopo aver pregato, ritorno’, riacquistata completa salute, per misericordia divina.
Pietruzzo da Montarrenti, sotto vincolo di giuramento, disse che il suo figlioletto di otto anni cadde in acqua e rimase sooto talmente a lungo che il padre suo, allontanatosi da lui per tirare con l’arco, torno’, e non riuscendo a trovarlo, un altro tento’ che, toccando i piedi, disse: E’ qui. Il padre lo estrasse come morto e, con la madre, si affido’ a san Galgano, fidando nel fatto che per i meriti del santo Galgano sarebbe stato salvato. Il padre, interrogato sul fatto che avesse usato qualche medicamento, confesso’ di averlo fatto.
Viviano socio da Tegona. Disse soto giuramento che il suo padrone Alberico lo fece prendere e gettare in una cassa, con le mani legate con una striscia di cuoio dietro la schiena. Lui, mentre era chiuso nel baule, si racomando’ a Dio e a san Galgano. Il suo padrone, avendolo trovato libero, poco dopo, di nuovo lo lego’ nella medesima cassa e, ripetuta l’invocazione al santo, fu liberato. Allora lo mise, legato piu’ saldamente, in un’altra cassa, chiusa con un catenaccio. Invocato per la terza volta l’aiuto del santo, inizio’ ad uscire dalla cassa, stappando chiavistello e catenaccio. E una donna che lo vide uscire, mossa da pieta’, gli libero’ le mani.
Martino da Gualtra disse, sotto giuramento, che il socio Guidone lo prese, quando brucio’ Bungiano, e, legato saldamente, lo condusse a Castronovo, affidato a due custodi, ordinando loro di custodirlo attentamente, legati i piedi e le mani sotto le cosce. Mentre era cosi’ legato, una fanciulla gli disse: San Galgano ti aiuti e i custodi, dopo averla maledetta, iniziarono a custodirlo piu’ attentamente. Subito si raccomando’ a san Galgano e in sonno udi’ una voce: Sorgi, Martino e liberati. Si alzo’ e non sentiva dolore, ma fidando in Dio e in san Galgano, muovendo le mani le libero'.
In seguito, avendo trovato per caso un coltellini, con cui incise appena i legacci dei piedi, raggiunse sollecitamente il recinto esterno dei nemici, aperto il quale lievemente, con l’aiuto di Dio e di san Galgano, usci’.
Martino da Fogali disse, sotto giuramento, che i Teutonici, catturatolo e messo in un sacco con le mani legate dietro la schiena, lo diedero a un custode. Lui, raccomandatosi a san Galgano, rotto il sacco, usci’ di notte, credendo di essere stato liberato per intercessione di Dio e di san Galgano.
Guido da Canneto disse, sotto giuramento, che Boninsegna, suo signore, lo imprigiono’ e lo pose in una cassa chiusa con chiavistello, mettendogli sopra tre grosse tavole e un ceppo. Qui rimase per un giorno e una notte ma avendo invocato tre volte san Galgano, subito udi’un rumore di serratura rotta e la cassa si apri’ da sola; egli ne usci’ e trono’ a casa libero.
Andrea da Mulaziano, sotto giuramento, disse che era stato afflitto per lungo tempo dlla febbre; si reco’ al sepolcro del beato Galgano e si affido’ a Dio e al sant’uomo. Recuperata, dopo breve tempo, la salute integrale, per lungo tempo resto’ li a servizio: era convinto di essere ritornato rapidamente in saluteper intercessione di san Galgano.
Giovanni da Montepulciano, sotto giuramento, disse , avendo la gola molto gonfia circa per dieci anni, avendo sentito la fame di san Galgano, ando’ al suo sepolcro e si affido’ a Dio e al santo Galgano, promettendo di rimanere al suo servizio per un anno se lo avesse liberato. E cosi’ essendo stato liberato totalemnet dopo un mese, rimase a servizio di quel luogo, per il tempo stabilito.
Ermanno da Frosini, sotto giuramento, disse che aveva un suo figlio, di nome Raniero, ormai in fin di vita, avendo gia’ perso la lingua e con gli occhi gia’ stravolti come moro, avendo i sacerdoti gia’ raccomandato la sua anima. Lui si raccomando’ a Dio e a san Galgano, dicendo chese il Signore lo avesse guarito, avrebbe cinto con un filo argenteo l’altare. Poco tempo dopo il voto inizio’ a parlare e torno’ sano. Dice di aver udito dal santo Galgano stesso, vivo, che l’imperatore sarebbe venuto nel luogo dove lui sarebbe stato sepolto: cosa che i fatti dimostrarono.
Ato da Montepulciano, sotto giuramento, disse che dalla festa di san Giovanni Battista fino a quella di san Michele era rimasto con le gambe cotratte, da non potersi muovere se non lo portavano. Avendo sentito della fama del sant’uomo, si raccomando’ a lui, promettendo che, se lo avesse guarito, sarebbe stato al suo servizio per un anno. Essendo guarito dopo otto giorni, come aveva promesso, ricambio’ il favore divino.
Pagano da Nocezia disse che, Galgano vivente, conversando con lui, piu’ e piu’ volte lo vide mangiare solo erbe crude e bere acqua, eccetto il giorno dell’Epifania, in cui bevve il vino mandato dal priore da Montciano, ma subito fece penitenza. Dice anche che giaceva solo sulla terra nuda, con veste di sola lana, ogni giorno, tranne domenica, in cui digiuna dal vespro al vespro. Dice anche che vide alcune donne, provenienti dalla zona di Arezzo, conducendo seco una fanciulla con le mani contratte, come dicevano loro e lui constato’. Avendola presentata al sant’uomo, comando’ di stendere le dita di entrambe le mani e di raccogliere tre denari e un pezzo di candela. Poi disse alle donne di pregare per la fanciulla vicino alla spada. E il mattino del giorno dopo la trovarono risanata.Della spada disse che tento’ tre volte di estrarla davanti a lui ma non riusci'’
Girardino da Castiglione, sull’Umbrone, sotto giuramento disse che una donna piacentina, con le mani contratte per circa otto anni, tanto da avere le unghie fuori pelle, avendo visitato molti sedi di santi senza beneficio, essendo a Roma udi’ i sogno di doversi far curae dal beato Galgano. Fiduciosa si reco’ al suo oratorio e fu da lui curata, con l’aiuto di Dio.
Guglielmo da Laverona, sotto giuramento, disse che si affido’ a Dio e a san Galgano, perche’, se lo avesse salvato dalle mani dei suoi nemici, avrebbe visitato l’oratorio di san Galgano, offrendo qualcosa di suo. E tornando dall’oratorio cadde nelle mani dei suoi nemiciche con spada e lancialo colpirono ripeturamente, come appariva dagli indumenti, ma non lo ferirono se non in una mano, con la spada, e all’inguine, con la lancia, senza che uscisse una goccia di sangue. Crede di essersi liberato da tutti loro per le preghiere e i meriti del beato Galgano.
Paganello da Monticiano, sotto giuramento, disse che, sofferente di febbre terzana gia’ da cinque mesi, si raccomando’ a Dio e a san Galgano, dicendo che lo avrebbe visitato, facendo un’offerta. Recatosi al suo sepolcro e prostratosi, si rialzo’ risanato e torno’ a casa sano, sostenuto dall’aiuto divino.
Ghiottone da Chiusdino, sotto giuramento, dice che quando la spedizione dei Teutonici ando’ a Campiglia e passo’ per la sua terra, fu imprigionato e trattenuto in modo miserabile per tre giorni da alcuni. Non potendo liberarsi, invoco’ il nome di Dio, della beata Maria e del beato Galgano, confidando moltissimo sui suoi meriti e le sue intercessioni. Le sue mani furono subito liberate e con gli stessi legacci si reco’ senza difficolta’ alla dimora del predett uomo, per ringraziare Dio. A testimonianza di cio’ nel suo oratorio ancor oggi pendono i legacci.
Il venerabile Strinato, converso ed eremita della chiesa di san Galgano dice, in verita’, che Sibilla, di Massanacome seppe dalla testimonianza di coloro che l’accompagnavano, fu tormentata, per sette anni dal demonio. Recatasi da san Galgano, si raccomando’ a Dio e al santo. Se il signore l’avesse liberata con le sue preghiere, per tutto il tempo della sua vita avrebbe preso l’abito di eremita. Dopo di che, per le preghiere del beato Galgano di otto mesi prima, ritorno’ prontamente in salute e, preso l’abito eremitico, torno’ alle proprie buone attivita’ e rimase in quell’abito finche’ visse. Dice anche che un lebbroso di Marittima, giunto all’oratorio del beato Galgano con una statua di cera molto deforme, mentre era sul posto il venerabile vescovo Ugo Volterrano (da tutti onorato e venerato come santo per la vita passata e per l’umilta’ della parola) fu da lui interrogato con diligente attenzione, sul perche’ la portasse. Egli disse che era stato a lungo segragato dalla collettivita’ per una lebbra che lo aveva completamente aggredito e infettato. Ma dopo aver invocato il sant’uomo aveva avvertito un senso di liberazione. Aveva percio’ deciso di recarsi da lui come devoto e, in segno della grave infermita’ che aveva soffero, di portare ed offrire quella stessa immagine.
Isacco sacerdote ed eremita della medesima chiesa, parlo’ della medesima liberazione e situazione della Sibilla indemoniata di cui aveva detto lo Strinato.
Enrico d’Orcia disse, sotto giuramento, che dopo essere andato a dormire, una sera, sanu e allegro, svegliandosi al mattino, aveva la bocca assai contorta. Avendo vergogna di presentarsi in pubblico, desisderava morir piuttosto che vivere cosi’. Mentre si trovava in questi ravagli, si affido’ a Dio e al beato Galgano, fatta la qual cosa la bocca torno’ subito a posto e fu sostenuto dal favore dell’abituale salute.
Io, Dionisia, interrogata da voi delegati del sommo pontefice, sulla vita e le azioni di Galgano, sui miracolo da lui compiuti in buona fede prima a dopo la morte, per volonta’ divina, giuro di fronte ai santi Evangeli di esporre in consapevolezza la verita’, e per quanto mi accingo a dire non ricevetti compenso, ne’ lo ricevero’, ne’ alcunche’ mi e’ stato promesso, ne’ ad alcuno in nome mio, per quanto io sappia o faccia. Cosi’ Dio mi aiuti, e questi santi Evangeli.
17/04/2005 13:54
 
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1 - San Galgano è un santo piuttosto singolare: secondo le tradizioni più comuni, Galgano (Guidotti), fondatore di un ordine monastico di tipo francescano - anche se precursore del Poverello d'Assisi di almeno vent'anni - era stato cavaliere di ventura e, persino a suo dire, non aveva condotto un vita proprio esemplare. Ma non è questa la principale stranezza della sua vicenda: esistenze dissolute, violente e libertine abbondano nelle storie dei santi, prima della loro radicale conversione religiosa. Ciò che, invece, lascia assai perplessi è l'estrema brevità del suo processo di beatificazione, durato secondo i resoconti dell'epoca (vedi sopra) appena tre giorni. Un vero record! Non solo: dopo la sua morte, avvenuta nel 1181 - che coincide, peraltro, con la nascita di San Francesco - attorno a Montesiepi ed al luogo ove egli aveva infisso in una roccia la sua spada di ex cavaliere convertito al saio, iniziarono a svolgersi eventi ed episodi mai del tutto chiariti, a cominciare dalla costruzione della stessa piccola chiesa circolare, che custodisce, al suo centro, una piccola buca contenente il frammento di roccia con lo spadone ancora conficcato in una fessura. Questa chiesa è, anzitutto, anomala nella sua stessa struttura, ossia è a pianta circolare che rappresentava, nel Medio Evo, un chiaro riferimento all'architettura della Moschea di al-Aqsa, costruita sopra la Basilica del Santo Sepolcro, e quindi alle strutture templari. Inoltre, la volta interna dell'Eremo è dipinta a cerchi concentrici, bianchi e neri in alternanza, che richiamano addirittura emblemi e decorazioni d'origine celtica. D'altronde, il simbolo della spada nella roccia, a prescindere dalle vicissitudini e dai travagli mistici di Galgano (Guidotti), rimanda, fin troppo chiaramente, alla saga di Re Artù, al mago Merlino, al ciclo bretone, ai Cavalieri della Tavola Rotonda e, senza molti sottintesi, alle ormai accertate componenti celtiche di tali leggende. Alcuni studiosi ipotizzano che la vita e la santificazione di Galgano racchiudano in sé delle presenze, dei rituali e delle rinascite dei culti pagani provenienti dalla Bretagna o dalla Provenza che qualcuno volle nuovamente ripristinare, a mille anni dalla conquista romana e, per giunta, in un oscuro anfratto della Toscana. Ed ecco il dato ancor più inquietante: la storia di San Galgano (il cui nome, per inciso, è quasi identico a quello di Galvano, uno dei più noti cavalieri di Artù) precede di ben 20/25 anni la compilazione della primissima versione del ciclo del Graal, stilata da Chrétien de Troyes (vedi 3d sul Graal) e con riferimento a fatti e miti della Bretagna, cioè a luoghi e personaggi lontani qualche migliaio di chilometri!

Tenendo conto, allora, della semplice cronologia, verrebbe da pensare che la Spada nella Roccia abbia costituito un simbolo (e una leggenda) "esportata" da Montesiepi in terra bretone, e non viceversa. 0, comunque, che possano esservi stati rapporti di continuità tra quanto era accaduto nella località senese e l'avvento, su scala europea, della fortuna letteraria della ricerca del santo Graal e dalle gesta dei Cavalieri della Tavola Rotonda. Ma perché proprio Montesiepi e Galgano?
Il nome del luogo, "Monte-siepi" allude, con molta evidenza, ad un luogo alto (sacro, in sé, nell'antichità), con "siepi", ossia con recinti che delimitano il perimetro destinato a riti e sacrifici, e che ne nascondono il contenuto al profano ("oltre la siepe"). In secondo luogo, è bene ricordare che il più antico nome di Montesiepi era Cerboli, che rimanda al Cervo, animale totemico di molte culture antiche, tra le quali quella celtica. Inoltre in un luogo vicinissimo a Montesiepi v'è il paesino di Brenna, il quale, oltre il richiamo a Brenno ("capo" in lingua gallica) e a Bran (eroe fondatore celtico), è l'esatto nome del principale sacrificio umano usato dai druidi (il "brenna") consistente nell'annegamento rituale della vittima designata. Si possono ipotizzare collegamenti, che approfondiremo successivamente.
Galgano, per un certo periodo, fu eretto a patrono di Siena: cosa che non durò a lungo tanto che fu ben presto degradato, e le sue spoglie traslate (e dimenticate per centinaia d'anni) nell'omonima chiesa, posta all'estrema periferia della città. L'Abbazia, costruita alla base della collinetta dove si trova l'eremo e "vigilata" dai Cistercensi (ordine notoriamente gemello e simmetrico a quello dei Templari) ha avuto una storia, a sua volta, molto sofferta. Infatti, venne edificata ed in seguito crollata a causa di un non meglio precisato "terremoto".

Sempre per inciso: l'Abbazia risulta, com'è ancora osservabile, composta da due corpi posti trasversalmente. Più semplicemente, esisteva all'inizio una piccola chiesa (tipo pieve o tempio più antico): successivamente, fu edificato il corpo che fungeva da navata (pianta a croce, di modello romanico), e la chiesetta originale divenne il transetto dell'Abbazia. Certamente, i misteri di San Galgano (sul cui teschio, si diceva, crescevano capelli biondi, tanto da assumerlo a protettore dei calvi) esprimono una complessità ben più ampia della "leggenda" di un singolo vissuto individuale, sia pure eccentrico.

E, forse, occorrerebbe ripartire proprio dall'Eremo dove, al di là della Spada nella Roccia, sarebbe esistito un vano sotterraneo nel quale lo stesso Galgano avrebbe "visto" in sogno i Dodici Apostoli/Cavalieri, il Crocifisso palpitante/Graal/Coppa con il Sangue di Cristo, e la Tavola dell'Ultima Cena/Tavola Rotonda di Re Artù. Ma qui usciamo dalla storia...
17/04/2005 13:54
 
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2 - Collegamenti col Ciclo Arturiano

La figura di San Galgano sembra rappresentare un punto centrale della sua epoca. Da san Bernardo di Chiaravalle, combattente per la fede che guida le crociate, si passa per Galgano, cavaliere che rinnuncia alla violenza conficcando la spada nel terreno, per arrivare al misticismo di san Francesco, nato nell’anno in cui Galgano muore.
Dopo il processo di canonizzazione (1185), della figura e del mito di San Galgano si appropriano i cistercensi, i quali si installano dapprima nella roronda, quindi erigono dal 1218 la vicina abbazia.
In questo modo essi ricondussero nell’ambito ufficiale della Chiesa un culto eremitico che in quelle zone era già forte anche per la presenza di un altro eremita, San Guglielmo, morto nel 1157 nella vicina Malavalle.
I trovatori, che portarono in europa le leggende arturiane, trovavano mecenatismo soprattutto nella corte di Aquitania. Guglielmo X d’Aquitania, trovatore egli stesso, nel 1137 sparì durante un pellegrinaggio. Molte biografie assicurano che egli si trasformò proprio in Guglielmo di Malavalle, l’eremita, installatosi in quella zona tredici anni più tardi.
Guglielmo X era padre della celebre Eleonora d’Aquitania, che fu prima sposa a re Luigi VII di Francia e poi, ripudiata per non avergli dato un erede maschio, moglie di Enrico d’Inghilterra. Con Enrico, Eleonora divenne madre di otto figli ( tra i quali Riccardo Cuor di Leone e Giovanni Senza Terra ).
Sembra probabile che la linea che congiunge San Galgano al ciclo Arturiano passi quindi per la figura di Guglielmo.
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3 - San Galgano e i cavalieri Templari

L’aspetto ascetico-gueriero della figura di Galgano, incentrato sulla Croce-Spada che costituisce il simbolo proprio della Cavalleria celeste, fa nascere connessioni con l’Ordine cavalleresco che per eccellenza rappresentò nel Medioevo questo superiore aspetto della Cavalleria: l’Ordine dei Poveri Cavalieri di Cristo, ossia l’Ordine del Tempio.
Pssibili indizi sono:

1) la presenza dei Templari nel contado di Frosini, a pochi chilometri da Montesiepi, in una zona in cui anche i monaci di Galgano avevano possedimenti fin dai primi anni di fondazione della Rotonda;
2) il ritrovamento di una croce di tipo cavalleresco su di una lapide di marmo, ora murata presso la soglia d’ingresso della Cappella;
3) la presenza di due capitelli nella vicina abbazia di Montesiepi su cui sono scolpite croci di tipo particolare.

1 - Frosini

Su una roccia che domina lastrada che da sud sale verso Siena si erge il castello di Frosini, che ancora conserva tra le sue mura ornate di merli ghibellini una piccola porta difesa da una torre che guarda verso la rotonda. Nel 1229 i conti di Frosini avevano donato o venduto terre e diritti sui beni delle loro tenute ai monaci di San Galgano.
Circa l’epoca in cui i Templari si stabilirono nel senese non ci sono notizie certe, sappiamo però che nel 1148 possedevano già una casa a Siena presso Porta Camollia: tra gli insediamenti templari in Italia questo è da annoverarsi tra i primi, essendo preceduto solo da Messina (1131), Milano (1134, Santa Maria del Tempio, non ancora individuata, altro mistero) e Roma (1138). Tra i loro possedimenti in provincia di Siena si ha notizia di una “Mansio Templi de Fruosina”.
L’abbazia di San Galgano era proprietaria di terreni limitrofi e dal 1269 ne acquistò diverse volte direttamente dai Templari di Frosini; quando l’Ordine venne soppresso nel 1312 l’intero complesso passò in mano ad alcuni feudatari che nel 1323 lo rivendettero all’abbazia.

2 - La lapide della Rotonda

Si tratta di una piccola lastra di marmo di circa 35x20 centimetri, recante quattro linee incise in gotico, e, sotto l’ultima, una piccola ceoce a otto punte con braccio inferiore fittile. La lapide è situata a sinistra di chi entra nella Rotonda, cementata nel pavimento: la croce a otto punte di tipo fittile è riscontrabile presso i principali Ordini cavallereschi, ma data la vicinanza della Rotonda con un possedimento templare è lecito supporre che essa provenga dalla “Mansio Templi de Fruosina”. Sulla croce è scritto:

Quisquis ades qui morte
Cades me respice petram
Quam cum morieris
Capiti substratam habebis.

Chiunque tu (sia che qui) entri che per morte
Cadrai, guarda me, la pietra,
La quale quando morrai
Posta sotto la testa avrai

Una croce di questo genere è anomala in un contesto abbaziale, mentre è tipica dell’Ordine Templare.

3 - I capitelli dell’Abbazia

La seconda e la terza colonna del lato destro della navata maggiore dell’abbazia a partire dal transetto presentano figure insolite: palme stilizzate sormontate da una spada gigliata, simile a quella che spesso si trova nelle decorazioni e nei sigilli Templari.
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