Ciao a tutti, ed eccomi qui, finalmente, dopo tanto tempo in cui volevo farlo... ecco la mia candidatura come mannaro
NOME DEL PG: Alphard
RAZZA: Mezzelfo
LIVELLO: 12
BG ALPHARD MANNARO
0.0 Adulterio e Maledizione.
Accadde ancora prima di nascere, per dei gesti non suoi, bensì, per i gesti di sua madre. Si. Un'adultera. Ambigua femmina umana che si legò ad un uomo per i suoi beni e la sua mollezza di carattere. Occupando spesso il proprio letto, con calori di uomini, elfi e mezz'elfi diversi da suo marito. Un Omuncolo insipido, e devoto. Così lo definiva. Un'adepta di Faeriy. Subdola, e falsa. Fino a quando, tra tutti, spiccò un elfo della notte, gendarme dell'esercito elfico e nobile delle terre elfiche. Era sposato e aveva già una figlia da cui tornare, eppure, la fascinosa donna dai capelli rossi e dalle forme prosperose riuscì ad ammaliarlo, attirandolo a sé e facendogli commettere alto tradimento contro sua moglie, la sua famiglia, la sua vita. Eppure lui era innamorato, e per una volta nella sua vita lo fu anche lei, comprendendo assieme all'amore e alla gioia anche il dolore e la vergogna che aveva inflitto a "Quell'omuncolo insipido". Decise di liberare il fardello di quell'uomo sparendo nella notte con l'elfo dopo un'ultima spedizione che fece nelle terre attorno al lago di Dalsida. Non fece mai più ritorno, portando la donna in uno stato di angoscia costante. Facendola crollare in un vortice di dolore e apatia che la rese cieca delle proprie condizioni, che via via divennero palesi anche agli occhi dei cittadini di quel piccolo villaggio di falegnami arroccato sopra Dalsida. Impossibile fosse di suo marito. I tempi, infatti, non potevano coincidere in quanto lui aveva passato l'intera stagione dei tagli nei boschi assieme agli altri uomini per poter riportare il materiale del loro sostentamento a casa.
Per l'uomo fu troppo. Convocò un consiglio per condannare la moglie di Adulterio ed insieme a lui decisero di riunire degli adepti del duplice per poter maledire la progenie della donna, prima di esilare lei e il figlio che le stava crescendo in grembo dal villaggio e dalle terre di Dalsida.
0.1 Il Rito
Una grotta buia. Le pareti umide dalla pietra levigata e calcarea, un odore di muffa e salsedine derivata da un rigagnolo di acqua stagnante che marciva in quell'anfratto che dava verso il lago. Fu allestito tutto con delle candele, degli specchi che riflettevano la luce e le immagini della grotta e dei frammenti di vetro colorati, che posizionati in uno specifico calderone innanzi alle torce creavano delle immagini caleidoscopiche e inquietanti che danzavano sulle pareti. In centro, vi era lei. L'Adultera. I polsi legati ad un ceppo, costretta in piedi da delle catene tese legate allo stesso, il ventre ormai gonfio di quello che veniva visto come il più empio degli abomini. Il volto della donna, sudato, raccoglieva ciuffi di capelli rossi ribelli. Un vestito, minimale, evidenziava le sue forme ancor più invitanti dallo stato di ormai avanzata gravidanza. Era lì da giorni. In attesa del responso del Consiglio. E del rituale.
Un vociare sommesso, dal cunicolo di accesso a quell'ansa di grotta si espanse, suggestivo, rimbalzando tra quelle pareti insane, divenendo onnipresente, assordante. Ombre oblunghe presero spazio tra quell'ipnotizzante caleidoscopica luce, Un forte odore di Oppio, si espanse nell'aria ed il respiro della donna divenne più pesante. La cantilena sempre più alta, nell'innalzare formule e preghiere al Duplice, donando a lui in sacrificio non solo una vita, ma due. Maledicendo, in primis, la creatura che la donna stava crescendo in grembo "Condannandola a divorare dal grembo stesso, sua madre, e a vivere segnata dai capricci del Duplice, in attesa che lui raccolga il suo ultimo tributo". La vita della donna, fu così segnata.
Una volta finito il rituale, la donna, drogata e debole, fu abbandonata fuori dalle terre di Dalsida, esiliata per sempre. Fu raccolta da una carovana e curata, ma da li a breve le sue forze vennero meno, fin quando non diede alla luce il bambino. Una femmina dagli occhi incredibilmente dorati. Si spense, colta da un profondo terrore per quello sguardo d'infante dannato.
1.0 Infanzia "Caos"
La sua infanzia, segnò la sua vita nella più totale caoticità, senza dimora fissa seguiva le carovane di zingare che le insegnarono a mentire, a giocare d'azzardo, a lanciare i coltelli e a rubare. Divenne prestissimo un'abilissima ladra. Cresceva più lentamente degli altri bambini e per questo veniva spesso denigrata e umiliata, ma era più veloce, agile, e furba. Imparò presto ad evitare le angherie e a schivare gli eventuali attacchi dei monelli più grandi di lei. Un'infanzia priva di giochi se non quelli dettati dall'allenamento. Un'infanzia priva di legami, se non quelli che aveva con i suoi coltelli, o per alcuni ninnoli che rubava. E per il denaro. Quello, si, lo imparò presto come legame. Per il denaro le stavano insegnando di poter offrire qualunque cosa, anche anima e corpo. Divenne Abilissima come ingannatrice, lavorava sporadicamente in alcune locande ammaliando e addolcendo i commensali per derubarli, creava zuffe, cantava, e ballava, cosa che amava terribilmente fare. E non era nemmeno tanto male nel farlo. Anima macchiata di falsità e indecenza ma in fondo, al mondo, si mostrava come una fanciulla ingenua e sognatrice, capace di ridere forte e saltare sui tavoli, e svuotare le tasche tra le risate della folla.
1.1 Adolescenza "Prigionia"
Una corsa tra le vie di Asarn, fredda città del nord. Una lastra di ghiaccio, una caduta ed un semplice furto, si è trasformato presto in un omicidio. Il suo primo omicidio. In ginocchio, con le mani sporche del sangue di un bambino del posto, trafitto accientalmente dal coltello da lancio che teneva in mano. Dietro di lei, le guardie non fermarono la loro corsa, raggiungendola, con le mani nel sacco. Una borsa colma di refurtiva, il pugnale ancora in mano e lo sguardo terrorizzato sul corpo inerme di quel ragazzino. La voce non fece in tempo a uscire dalla gola, che un colpo sordo alla testa la fece scivolare nell'oscurità più totale e zittire quel brusio sommesso che le si agitava in petto. Facendola fuggire, fortunatamente, dalla consapevolezza e dall'orrore che in fondo quella sensazione di viscosità calda nelle mani, il senso d'ebrezza e di onnipotenza nel vedere spegnere la vita di una creatura per mano sua, le era piaciuto.
Si risvegliò in catene. Nessuno reclamò la sua persona, le carovane avevano già lasciato la città da giorni quando lei li menzionò come sua famiglia. Abbandonata al suo destino. Era ancora troppo giovane per essere giustiziata, alle porte dei vent'anni umani, lei però ne dimostrava solo una quindicina, lei, non smentì mai.
E se ne pentì, amaramente da lì a breve. Fu venduta come schiava, per risarcire la famiglia del bambino ucciso, e saldare i debiti con la città di Aasarn. L'acquirente era un mercenario dal cuore gelido che la sfruttò per le più misere commissioni e mestieri, e man mano che riempiva le forme di donna, come personale divertimento nelle nottate più fredde a scaldargli le lenzuola, o come semplice diletto. Man mano che il tempo passava, il suo corpo raccoglieva segni di abusi, frustate, e le più disparate voglie che non solo lui, ma anche altri nobili e soldati riversavano su di lei andando via via a spezzarla, prosciugando ogni sorriso e speranza. Questo fin quando, oltre che la sua anima, si spezzò anche il suo corpo, smettendo di nutrirsi e di regaire in alcun modo. Fu data per morta, e buttata nella fossa comune di uno dei tanti campi che calzavano razziando villaggi, o depredando carovane.
Era una notte di gelo quando accadde, si risvegliò nuda, con la luna piena e il corpo martoriato da ferite vecchie e nuove. Parte del campo era in fiamme, gli uomini all'interno di esso urlavano, e si muovevano concitati per spegnere l'incendio urlando a squarcia gola ordini e avvisi riguardo alcuni omicidi. Non si soffermò oltre, corse, corse via, raccogliendo solo qualche straccio inciampando in qualche cadavere in un villaggio da loro appena svuotato, e continuando a correre. Erano passati anni. L'immagine di quella ragazzina gioviale, rumorosa e ladra, era stata totalmente spazzata via, lasciando spazio ad un'ibrida ormai adulta, dallo sguardo spento e dal sorriso timido. Nella memoria, solo ed esclusivamente un ciondolo che aveva sempre avuto da che ne aveva memoria, un abbraccio tra il sole e la luna.
1.2 Maturità "Frammenti"
Si ritrovò ai piedi di Heliriel, dove fu accolta, curata, e seguita. Da lì, man mano le sue ferite guarirono e sentendosi al sicuro la sua mente si riaprì su stralci del passato angoscianti e dolorosi, riempiendo man mano quei vuoti che aveva dal primo giorno che si presentò alle porte della città dei ghiacci. Entrò nell'esercito elfico, abbagliata dal senso di appartenenza ad un qualcosa, all'ordine che potesse darle la disciplina dell'esercito e... dal calore della sorella che ritrovò, da parte di padre, grazie al ricordo di quel ciondolo, che altro non fu che l'araldo della famiglia Galanodel. Aveva un nome, un posto, ed una famiglia.
Un bell'assaggio di ciò che potrebbe donare una vita normale. Successe tutto velocemente, una missione in copertura, una lite con un superiore e lo schiaffo a lui con il guanto d'arme. L'affronto fu fatto pubblicamente. Finì in catene per diserzione, e perse tutto. Sua sorella, dopo aver dato alla luce una figlia, abbandonò le terre conosciute sparendo nel nulla.
Lei una volta liberata abbandonò totalmente le città elfiche, seguendo un gruppo mercenario molto conosciuto, sotto la guida del "Lupo". Iago Mc Fherius. e l'Araldo del Giglio. Da qui, la sua vita fu un costante altalenarsi di gioie e dolori, di perdite e conquiste, seguì la voce dettata dal martello di Khorr, seguì il cantico saudente di Morwell, servendo sotto Varna, divenendo Accolita guerriera fin quando un terribile attacco da parte di alcune creature non la riportò in fin di vita, riesumando antichi shock che le fecero nuovamente nascondere la coscienza ed i ricordi dietro ad un vuoto di memoria. Dovette ricominciare a saper vivere, camminare, parlare e tutto sotto le mani amorevoli di un nano, che le diede un nuovo nome: "Alphard", e fece le da padre accudendola e curandola in nome di sua figlia che perse anni prima assieme alla moglie in un brutto incidente. Lì imparò a coltivare la sua natura fanciullesca, divenendo una ragazza gioiosa, priva di inibizioni ed ingenua, dal sorriso facile e dalla voglia di ballare e cantare ogni volta che qualche artista strimpellava in qualche locanda. E Lì, a Narvick, conobbe la Signora di Conca, affascinata forse dal suo comportamento altalenante di eccessi, dalla sua totale inesperienza della vita e dei limiti che la stessa impone, cominciò a prenderla sotto la sua ala, assieme ad altri nobili di Conca del Tuono, mentre quell'uomo buono che le fece da padre, ormai piegato dalla vecchiaia, si spense, facendole prendere la decisione di muoversi al seguito della Signora nelle terre del Sagreal, accolta nella cittadella a braccia aperte da lei e dagli altri . Qui conobbe Faeriy e le sue affascinanti trame. Avvicinandosi inesorabilmente alle sue braccia e alle sue spire. Di lì a breve, nel suo tempio, ricevette il "dono" dei suoi antichi ricordi, infettando la personalità di Alphard e calzandoci di forza quella ormai perduta di Raisha.
Alphard iniziò a traballare sotto le scosse emotive che derviano dai ricordi invadenti di Raisha, e Raisha risvegliatasi da un lungo sonno cominciò a subire la fragilità emotiva di Alphard, trascianando entrambe in un vortice di coesistenza travagliata e dolorosa, caotica ed in bilico, spesso sull'orlo della follia. Rabbia, dolore, paura, gioia, allegrezza, curiosità, amore, odio ribollirono altalenanti in lei, rievocando antichi tumulti in cui Raisha aveva imparato a rifugiarsi, trovando un precario equilibrio tra i suoi tormenti, spezzato dall'immaturità e dalla freschezza emotiva di Alphard, impetuosa, irrequieta, selvaggia.
2.0 Oggi "Calma Apparente"
La lotta, in apparenza, è stata definitivamente vinta dalla personalità di Raisha, forte, arrogante, arrabbiata, e consapevole. Si, consapevole dei dolori che continuamente la vita riserva ai mortali, e quindi più preparata a resistere alla perdita della loro donna, e al riaffiorare sempre più frequente di ricordi di eventi dolorosi, perdite, tradimenti, sconfitte, che aveva effettivamente già affrontato, al contrario di Alphard, che si arrese, sopendosi dietro lo scudo e la forza dell'antica personalità che abitava infine quel corpo segnato da numerose cicatrici.
Oggi, Ha ripreso la sua vita mercenaria, rimanendo a capo della milizia di Conca del Tuono, pure servendo nuovamente l'araldo del Giglio sentendosi, finalmente, nuovamente a casa. E' conscia dell'altalenarsi della vita ed ha imparato a conoscere le trame di Faeriy, delle sue burle e dei suoi trabocchetti. Non si aspetta più nulla da quella sua vita, avendo trovato ora quell'equilibrio che aveva da tanto perso. Essendo libera di vivere la vita per come la rappresenta, segnata ormai irrimediabilmente dalla dualità del duplice, ma forte, ancora nel tentativo di combatterla a testa alta con la sua solita arroganza e testardaggine, nel tentativo di poter finalmente costruire qualcosa. Essere qualcuno. E, finalmente, appartenere a qualcosa.
Psicologia di Raisha:
La sua psicologia è alquanto frammentata da traumi di diversa natura, ha subito molto dal prossimo, tra cui abusi fisici e psicologici. Tradimenti, inganni, ed abbandoni. E' fondamentalmente una persona costantemente alla ricerca di un senso di appartenenza, non solo di un luogo, ma anche di un gruppo di persone che possano accettarla, e vederla per la persona che è a prescindere delle sue corazze, delle sue insicurezze e del suo cinismo.
Ha una naturale propensione alla leadership, ma che non ama coltivare se non in situazioni di reale necessità per l'incolumità del gruppo in cui si trova.
Ha imparato ad affezionarsi molto lentamente.
Ha imparato a sedare i suoi tumulti emotivi con un forte lavoro su se stessa e sull'auotocontrollo dei suoi istinti, che ne dettano spesso molte decisioni, e che conduzono ogni gesto che la muove in battaglia. Ha trovato un forte appiglio per la confusione dei suoi sentimenti, grazie ad una logica ferrea con cui combatte appunto il proprio istinto in ogni istante, cercando di dosare sapientemente l'uno, o l'altro, causando spesso e volentieri, in vero diversi casini, specie a livello affettivo, o personale.
Ogni tanto, La forza emotiva dell'ingenuità e inesperienza della vita di Alphard, ritornano a scombinarle l'animo, causandole spesso sbalzi di umore che possono vederla in attimi di euforia, o profonda depressione, che tende spesso a celare isolandosi.
Si trova già in un forte conflitto interiore da praticamente tutta la vita, il trasformarsi sicuramente le causerà un picco emotivo derivante dal rinforzarsi degli istinti, andando probabilmente a ledere gli appigli di logica che si era costruita per poter superare al meglio d eterminate situazioni, prevarranno sbotti di nervosismo, e paura di ferire il prossimo, probabilmente verrà rinsaldato il bisogno di appartenenza, vista la sua natura, ad un gruppo coeso. Aumenteranno a dismisura gli sbalzi di umore, facendo saltare più spesso fuori la parte selvaggia di sé.
4. Forma bestiale desiderata in caso di idoneità (foto, dimensioni, ecc.)
La forma prescelta è quella del lupo, animale affine con il suo carattere riservato, diffidente, guardingo e beffardo. Una dualità che rappresenta il predatore più temuto del mondo, e la preda più braccata. Si muove tra la gente osservando le interazioni di una società che le resta fondamentalmente stretta, nel suo tumulto selvaggio pregno di puro istinto. Selettiva, nello scegliere i suoi compagni. Fedele fino all'ultimo respiro ai suoi ideali e alla gente che considera "famiglia". Crea pochissimi legami, ma quelli che crea sono indissolubili, al pari di un lupo con il proprio branco.
Descrizione Mutazione: La mutazione completa, prende le sembianze di un grosso lupo dalla fulva pelliccia e dallo sguardo giallo. Zampe lunghe, petto stretto, alta e snella più che robusta, elegante ed aggraziata. Le orecchie son ben proporzionate e attaccate al cranio in maniera equilibrata, arrotondate. Sguardo obliquo e vicino, magnetico. Coda corta, maschera bianca ben definita, quando arriccia il muso enfatizza l'espressione. Le zampe in proporzione sono grandi e sporgono verso l'esterno. Pesa 70 kg ed al garrese misura 90 cm. Ha dei ciuffi di bianco nel pelo sulla schiena che rispecchiano le cicatrici che tiene in forma umana.
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