PERCHÉ NEWTON RESPINSE LA TRINITÀ
Attraverso i suoi studi scientifici Newton giunse ad avere grande rispetto per il ‘Libro della Natura’ e vide in esso l’evidenza di un Dio progettista, il grande Autore. Credette pure che la Bibbia era la rivelazione di Dio, e che era sempre in armonia con la testimonianza della creazione.
La Bibbia fu la pietra di paragone con cui Newton mise alla prova insegnamenti e dottrine. Discutendo i credi della Chiesa, Newton rese molto chiara questa posizione. In base all’ottavo dei trentanove Articoli inerenti ai Credi niceno, atanasiano e degli apostoli, disse della Chiesa d’Inghilterra:
“Essa non richiede che li riceviamo secondo l’autorità dei Concili generali, e tanto meno secondo l’autorità delle Convocazioni, ma solo perché sono tratti dalle Scritture. E perciò siamo noi autorizzati dalla Chiesa a paragonarli con le Scritture, e a vedere come e in che senso se ne possano dedurre? E se non riusciamo a comprendere come da esse si deducano non dobbiamo affidarci all’Autorità dei Concili e dei Sinodi”.
Le sue conclusioni furono anche più enfatiche:
“Perfino i Concili Generali hanno errato e possono errare in materia di fede, e ciò che essi decretano essere necessario alla salvezza non ha nessuna forza o autorità se non si può mostrare che è preso dalle sacre Scritture”.
La ragione principale per cui Newton respinse la Trinità fu che quando cercò di confermare le dichiarazioni dei credi e dei concili non trovò nella Scrittura nessun sostegno di questa dottrina.
Soppesando queste prove, Newton sostenne fermamente che si deve usare il ragionamento. Il suo argomento era che Dio non ha creato nulla senza scopo e ragione, per cui gli insegnamenti biblici dovevano essere sostenuti da una simile applicazione della logica e della ragione. Parlando degli scritti dell’apostolo Giovanni, Newton disse: “Ho tale stima di lui da ritenere che scrisse cose sensate; per cui il senso migliore è quanto intendeva dire lui”. Quindi, adducendo la seconda ragione per cui respingeva l’insegnamento della Trinità, Newton dichiarò: “L’omousia [la dottrina secondo cui il Figlio è della stessa sostanza del Padre] è incomprensibile. Non fu compresa al Concilio di Nicea, né da allora in poi. Ciò che non si può comprendere non è oggetto di fede”.
Questo stesso aspetto della Trinità è trattato in un manoscritto intitolato: “Queries Regarding the Word Homoousios” (Domande inerenti alla parola homoousios). Esso rivela una terza ragione per cui negò la Trinità. Questo insegnamento non fece parte del cristianesimo primitivo. Le domande da dodici a quattordici mettono tutte in risalto che questa dottrina è priva del carattere originale del primo secolo:
“Domanda 12. Chissà se l’opinione dell’uguaglianza delle tre sostanze non fu avanzata per la prima volta sotto il regno di Giuliano l’apostata [361-363 E.V.], da Atanasio, Ilario, ecc.?
Domanda 13. Chissà se l’adorazione dello Spirito Santo non fu iniziata per la prima volta subito dopo il Concilio di Sardica? [343 E.V.]
Domanda 14. Chissà se il Concilio di Sardica non fu il primo Concilio a dichiararsi favorevole alla dottrina della Trinità consustanziale?”
In un altro manoscritto, conservato ora a Gerusalemme, Newton riassume la sola risposta a tali domande. “Abbiamo il comando dell’Apostolo (2 Timoteo 1:13) di attenerci saldamente alla forma delle sane parole. Contendere per un linguaggio che non fu tramandato dai Profeti e dagli Apostoli equivale a violare il comando e chi lo trasgredisce è pure colpevole dei turbamenti e degli scismi che ne sono provocati. Non basta dire che un articolo di fede si può arguire dalla scrittura. Lo si deve esprimere proprio nella forma di sane parole in cui fu pronunciato dagli Apostoli”.
Quindi in base alla Scrittura, alla ragione e all’insegnamento autentico del cristianesimo primitivo, Newton capì di non poter accettare la dottrina della Trinità. Egli credeva fermamente nella suprema sovranità di Geova Dio e nella giusta posizione di Gesù Cristo, né mancando di riconoscerne l’autorità di Figlio di Dio né elevandolo alla posizione occupata dal Padre suo. Discutendo con John Locke sul passo di Daniele 7:9, scrisse: “Come fai a dire che l’Antico dei Giorni sia Cristo? Siede Cristo da qualche parte sul Trono?”In questo caso la sua stessa conclusione è ovvia, e la chiarezza del suo pensiero circa la relazione tra il Padre e il Figlio è sempre evidente negli scritti di Newton. Altrove egli presenta quindi l’argomento secondo cui si può rivolgere la preghiera a “Dio nel nome dell’Agnello, ma non all’Agnello nel nome di Dio”.
Forse il miglior riassunto degli argomenti scritturali con cui Isaac Newton sostenne il ripudio della Trinità si trova in quattordici ‘Argumenta’, scritti in latino, nei quali cita molti passi biblici a sostegno d’essi. Particolarmente interessanti sono quelli dal quattro al sette:
“4. Dal momento che Dio generò il Figlio in qualche tempo, egli non esisteva dall’eternità. Proverbi 8:23, 25.
5. Perché il Padre è maggiore del Figlio. Giovanni 14:28.
6. Perché il Figlio non conosceva la sua ultima ora. Marco 13:32, Matt. 24:36, Riv. 1:1, 5:3.
7. Perché il Figlio ricevette tutte le cose dal Padre”.
Un esame accurato degli scritti religiosi di Newton non può non colpire il lettore per la loro compiutezza, e renderlo consapevole delle sue lunghe e profonde meditazioni, e della sua dotta competenza e comprensione delle lingue originali della Bibbia. Le sue conclusioni in merito alla Trinità meritano perciò il nostro rispetto e la nostra considerazione, anche se egli non si sentì costretto a renderle pubbliche durante la sua vita.
Oggi che sono disponibili molte più prove di quelle accessibili a Newton dovremmo anche noi vagliare le nostre convinzioni come fece lui, cercando sempre di ragionare in base all’evidenza della Parola di Dio. Questo edificherà in noi una forte fede che sarà in piena armonia con l’insegnamento del cristianesimo originale.
Fonte: w 15/10/77