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Roma violenta

Ultimo Aggiornamento: 03/01/2024 09:53
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Post: 29.534
Città: ROMA
Età: 52
Sesso: Maschile
25/07/2011 13:41
 
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Incendio alla stazione Tiburtina, furto di rame o guasto elettrico le piste privilegiate



ROMA - Se alla Stazione Tiburtina si respirava solo con una mascherina davanti alla bocca, nella sede dell’unità di crisi, in piazza della Croce Rossa, la tensione si tagliava con il coltello. Momenti lunghissimi, decisioni da prendere all’istante. Con l’Italia spezzata in due e i treni pronti a infilarsi in un imbuto. La prima preoccupazione è stata superare l’emergenza, riaprire cioè almeno due binari, evitare l’effetto domino. La seconda scoprire le cause del rogo. «Non possiamo entrare e fare le verifiche perché i locali sono ancora troppo surriscaldati», urlavano nei cellulari i tecnici agli ingegneri riuniti intorno a Mauro Moretti, l’amministratore delegato di Ferrovie dello Stato che alle 5 era sul posto.

In assenza di certezze le parole vanno misurate col contagocce. Dodici comunicati passati ai raggi x, fino a che non ha prevalso la convinzione che a sviluppare il gigantesco rogo potesse essere stato un «banale» - si fa per dire - furto di rame o di alluminio. Tanti cavi rubati giorno dopo giorno, uno stillicidio elettrico, fino a mandare in tilt la centrale operativa e provocare un corto circuito di proporzioni abnormi. L’asportazione dei cavi anche in tempi differiti può provocare incidenti di questo genere. Brucia tutto, interruttori, cavi, congegni.

Riuniti intorno allo stesso tavolo, Mauro Moretti, Vincenzo Soprano, ad di Trenitalia, Michele Elia ad di Rfi, e Franco Fiumara, responsabile della Security, hanno iniziato a ricomporre il puzzle. Alle 8 di sera la decisione, sia pure scontata: istituire una commissione di inchiesta per appurare le cause del rogo.

Si partirà dalla ricostruzione dei fatti. La prima segnalazione intorno alle 4 del mattino. Il personale di servizio che rileva la presenza di fumo nero negli impianti tecnici di comando e controllo del segnalamento ferroviario. L’assenza di segnali premonitori. Nessuna spia accesa, nessuna presenza sospetta, nessun allarme.

Incendi di questa portata possono verificarsi - si spiega nel comunicato di Rfi - prevalentemente per tre casi diversi: 1) fulmini che si abbattono su cavi elettrici per scariche atmosferiche; 2) contatti diretti su apparecchiature o parti di impianto di segnalamento a bassa tensione causata dalla caduta di linee elettriche; 3) manipolazioni o asportazioni di cavi in rame o alluminio.

Scartati i primi due, l’analisi delle cause ha preso in considerazione essenzialmente la terza ipotesi. Del resto, i furti di rame sono abbastanza frequenti, specie in certe zone della città. L’ultimo di una certa proporzione risale a pochi giorni fa. Un business per nomadi specializzati. Nel giro di pochi anni il fenomeno è raddoppiato. E con i furti sono aumentati i problemi seri alla mobilità. In alcuni casi le linee che formano l’anello ferroviario della capitale sono rimaste bloccate lasciando i pendolari ore e ore sui treni. Scollegati anche loro.

Inizialmente non si è esclusa anche una quarta ipotesi. Che potesse trattarsi, cioè, di un atto di sabotaggio. Ma nulla lo faceva pensare, mentre sul sito dei No Tav, quando il fumo era ancora alto sulla Stazione, era apparsa una nota per chiarire che non si trattava di una loro «azione di disturbo».

Obiettivo sensibile, dunque. Ma ai furti. Questa è la convinzione che si è fatta strada mano a mano che passavano le ore tra i componenti dell’unità di crisi. Ipotesi comunicata anche al ministro dei Trasporti Altero Matteoli che si è tenuto costantemente in contatto.

A stabilire la verità ufficiale sarà comunque una commissione. Qualora dovesse prendere sempre corpo la terza ipotesi, quella del rame, qualcuno potrebbe tirare un sospiro di sollievo. Più grave sarebbe stato un attentato, un atto di sabotaggio o un incendio doloso. Eppure resta da chiarire come sia stato possibile nel cuore della Stazione Tiburtina, in un punto nevralgico della mobilità ferroviaria, rubare ripetutamente, una moltiplicazione di furti e cavi, fino a provocare il collasso e l’esplosione elettrica. Chi doveva vigilare sulla sicurezza dei viaggiatori?

È un altro degli elementi che andranno chiariti per fare piena luce. Ma l’unità di crisi non smobiliterà. Già alle sei del mattino il vertice delle aziende, caschetto e mascherina, sarà sul posto. In casi gravi come questo tutti gli altri impegni passano in secondo piano. La firma del verbale di accordo per la realizzazione del Terzo Valico dei Giovi, era prevista domani alla Fiumara, slitterà perciò di qualche giorno. Per tagliare i nastri c’è sempre tempo.


[Modificato da Sound72 25/07/2011 13:41]
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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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