Nuova Discussione
Rispondi
 

MEDITIAMO LE SCRITTURE (Vol 3)

Ultimo Aggiornamento: 29/11/2011 08:44
Autore
Stampa | Notifica email    
OFFLINE
02/10/2011 09:40
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

padre Gian Franco Scarpitta
Cristo vitigno, acino e poi VIte

La metafora della vigna è molto eloquente nella Bibbia per esprimere il rapporto di Dio con il suo popolo e nel libro del Profeta Isaia si mostra ricca di fascino e di pedagogia. Vi si esprime il rapporto di Dio con il popolo, questo paragonato ad una vigna sterile che si rifiuta di dare frutto nonostante i continui provvedimenti del suo padrone, le premure e le attenzioni. Il proprietario della vigna ha infatti adottato tutti i sistemi affinché essa recasse i dovuti frutti, giungendo perfino a spendere denaro per edificare una torre e un tino dopo averla dissodata e liberata dai sassi.
Tutti accorgimenti in realtà non necessari per una piantagione che di per sè dovrebbe rendere frutto da sola, spontaneamente, senza l'intervento di nessuno. E' anzi inverosimile che una vigna non produca frutti.
Il padrone della vigna (che da qualche esegeta viene identificato con lo stesso Isaia) dedcide di abbandonare questa al suo destino, lasciando che finisca in preda ai rovi e ai pruni, senza neppure l'interrvento della pioggia.
Poiché a questo giunge il popolo d'Israale quando si mostra refrattario all'amore di Dio, rifiutando la sua premurosa attenzione: decide di smarrire e di esporre se stesso. Come la vigna perderà i favori divini dopo aver ricevuto tante attenzioni, così il popolo sarà abbandonato alla sua stessa presunzione e caparbietà, alle illusioni della sua presunta autonomia.
Nella nuova economia salvifica (nel Nuovo Testamento) Dio si mostra tuttavia ancora più indulgente nei confronti della vigna che è il suo popolo. Egli manifesta di avervi già mandato concreti agricoltori che hanno provveduto alla sua coltura, attraverso la bonifica del terreno, la potatura, le vanghe e tutto quanto sia stato utile allo sviluppo e alla crescita di ciascuna di queste viti.
Nonostante la morte violenta di tutti questi vignaioli, egli vi manda il Figlio di Dio, il Messia, che mostra amore ancora più incondizionato realizzando appieno il progetto iniziale del Proprietario Terriero: egli non solamente si dispone a coltivare la vigna e ad arricchirla di ulteriori bonifiche, ma da perfino la propria vita per essa, accettando anche di essere ucciso.
Gesù è infatti il Verbo incarnato, Dio fatto uomo che si occupa egli stesso con sollecitudine della sua vigna, condividendo ogni cosa con i membri di questa piantagione mostrando l'amore e la misericordia del Padre attraverso le parole e le opere del Regno e accettando di farsi anche uccidere per la causa dell'umanità. E tuttavia la morte non sarà la vittoria di quegli uomini omicidi né avrà l'ultima parola su di Lui, che, come afferma Pietro nella Seconda Lettura, si qualifica come "pietra scartata dai costruttori e tuttavia divenuta pietra angolare": proprio la morte e il disprezzo da parte degli uomini sono per lui cioè opportunità di innalzamento e di priorità, visto che vincerà la morte uscendo vittorioso dal sepolcro per la Risurrezione gloriosa e per il rinnovamento del mondo, ossia della "vigna". Già sulla croce farà scaturire il "Nuovo Israele", cioè la Chiesa e attraverso di essa guiderà definitivamente la sua vigna, così come aveva affermato:"Io sono la vite, voi i tralci"; "chi rimane in me, porta molto frutto poiché senza di me non potete far nulla.
In Cristo Dio si rende sollecito per l'uomo, mostrandosi paziente fino all'inverosimile perché egli porti frutto, avendone tutte le prerogative e le capacità. L'uomo è dotato del potenziale di grazia santificante ed attuale per cui gli è possibile conseguire ogni cosa in vista dell'edificazione del Regno e del progresso suo e degli altri. Egli si sente coinvolto dalla dinamica di collaborazione nell'edificazione del Regno e si lascia condurre dal Padrone della vigna e dal suo Figlio che si rende vitigno e acino prima ancora che vite perché condivide in tutto la nostra piccolezza.
Possiamo recare molto frutto solo se resteremo sempre innestati a Cristo, che è nostra linfa vitale e questo ci viene reso possibile dalla stessa sua presenza di grazia.
Spetta a noi quindi recare il frutto dell'amore intriso di fede e di speranza e riflessivo dello stesso amore che abbiamo ricevuto da Dio; dipende da noi ogni sforzo perché il frutto che altri da noi sperano sia sempre copioso e qualitativo.

OFFLINE
03/10/2011 07:31
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Omelia (03-10-2011)
Eremo San Biagio
Commento su Luca 10,25-28

Ed ecco, un dottore della Legge si alzò per metterlo alla prova e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». Gli disse: «Hai risposto bene; fa' questo e vivrai».
Lc 10,25-28


Come vivere questa Parola?

Anzitutto notiamo l'intenzione tutt'altro che onesta del dottore della Legge: "per metterlo alla prova", dice il testo. Al maestro, conoscitore della Legge, non interessa approfondirla; vuole solo tendere una rete al Signore, farlo cadere in contraddizione. Ma Gesù sta ben fuori da simili tranelli. Lo rimanda alla Legge stessa di cui quel dottore era maestro solo cartaceo, mentre Egli era maestro di vita e nella sua vita. L'interlocutore, dunque, non può che rispondere esattamente: "Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso". Gesù se ne compiace: "Hai risposto bene". E aggiunge un'altra brevissima affermazione: "Fa' questo e vivrai". Come dire: la tua vita sgorga dalla tua osservanza di questi due comandamenti che, in sostanza, sono un solo comandamento: ama. Perché proprio sull'amore (vissuto o tradito o messo nel cassonetto) tu, io, noi, tutti saremo giudicati.

Nella pausa contemplativa ripuliamo bene le orecchie del cuore. Il pericolo è sempre la stanchezza di ciò che è ripetuto più volte, di ciò in cui più volte mente e cuore si imbattono come su una impossibile scommessa. Ma che cosa succederebbe se, per esempio, le nostre vene si stancassero di far scorrere sempre lo stesso flusso di sangue? Non ci sarebbe alternativa, ma morte. Così, nella mia pausa contemplativa, sussurrerò al mio cuore queste parole chiave non solo della Legge e dei profeti, ma del Vangelo e di ogni vita degna di questo nome. Le ascolterò ricevendole in profondità come il flusso stesso che rende verace e alimenta tutto il mio vivere.

Signore Gesù, fammi ripetere spesso quella parola così incoraggiante della prima lettera di Giovanni: Chi ama dimora in Dio e Dio in lui.

La voce di un dottore della Chiesa

Ama ed egli si avvicinerà, ama ed egli abiterà in te.
S. Agostino

OFFLINE
04/10/2011 09:06
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

a cura dei Carmelitani


1) Preghiera

O Dio, che riveli la tua onnipotenza
soprattutto con la misericordia e il perdono,
continua a effondere su di noi la tua grazia,
perché, camminando verso i beni da te promessi,
diventiamo partecipi della felicità eterna.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...



2) Lettura del Vangelo

Dal Vangelo secondo Matteo 11,25-30
In quel tempo, Gesù disse: ?Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te.
Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare.
Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero?.


3) Riflessione

? Oggi, festa di San Francesco, il vangelo mostra la tenerezza con cui Gesù accoglie i piccoli. Lui voleva che i poveri trovassero riposo e pace. Per questo, Gesù fu assai criticato e perseguitato. Soffrì molto! I poveri non ricevono da parte dei cristiani la stessa tenerezza che, in quel tempo, ricevevano da Gesù. Per esempio, tutto il continente africano, il più povero di tutti, è abbandonato dai paesi ricchi dell?Europa e dell?America del Nord che si dicono cristiani.
Il contesto in cui appare questo testo nel capitolo XI di Matteo getta luce sul resto. In esso appare la contraddizione che sta provocando l?azione di Gesù. Giovanni Battista, che guardava Gesù con lo sguardo del passato, non riesce a capirlo (Mt 11,1-15). La gente, che guardava Gesù con finalità d?interesse, non fu capace di capirlo (Mt 11,16-19). Le grandi città attorno al lago, che ascoltarono la predicazione di Gesù e videro i suoi miracoli, non vollero aprirsi al suo messaggio (Mt 11,20-24). I sapienti ed i dottori, che giudicavano tutto partendo dalla propria scienza, non furono capaci di capire la predicazione di Gesù (Mt 11,25). Neppure i parenti lo capirono (Mt 12,46-50). Solo i piccoli capirono ed accettarono la Buona Novella del Regno (Mt 11,25-30).
? Matteo 11,25-26: Solo i piccoli capiscono ed accettano la Buona Novella del Regno. Gesù innalza una preghiera: ?Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te?. I sapienti, i dottori dell?epoca avevano emanato una serie di leggi che imponevano al popolo in nome di Dio. Essi pensavano che Dio esigesse dalla gente l?osservanza di queste leggi. Essi stessi non le osservavano (Mt 23,4). La legge dell?amore, portata da Gesù, diceva il contrario. Ciò che importa, non è cosa facciamo per Dio, ma ciò che Dio, nel suo grande amore, fa per noi! Osservano la legge non per meritare la salvezza, ma per ringraziare per l'amore ricevuto da Dio. La gente capiva il modo di parlare di Gesù e se ne rallegrava. I sapienti pensavano che Gesù sbagliasse. Non potevano capire il suo insegnamento.
? Matteo 11,27: L?origine della nuova Legge: Il Figlio conosce il Padre. Gesù, il Figlio, conosce il Padre. Lui sa ciò che il Padre voleva quando, secoli addietro, consegnò la Legge a Mosè. Ciò che il Padre vuole dirci, lo consegnò a Gesù e Gesù lo rivela ai piccoli, in modo che si aprano al suo messaggio. Anche oggi, Gesù sta insegnando molte cose ai poveri ed ai piccoli. I sapienti e gli intelligenti farebbero bene a diventare alunni dei piccoli! Non è Dio che disprezza ed esclude i sapienti, ma sono loro stessi che si chiudono dinanzi al messaggio di Gesù.
? Matteo 11,28-30: Gesù invita tutti coloro che sono stanchi ad andare verso di lui e promette riposo. E? la gente che vive stanca sotto il peso delle imposizioni e delle osservanze che le leggi della purezza esigono. E dice: ?Imparate da me che sono mite ed umile di cuore?. Molte volte, questa frase è stata manipolata per chiedere alla gente sottomissione, mansuetudine e passività. Ciò che Gesù volle dire è il contrario. Chiede che la gente lasci da parte i professori di religione dell?epoca e cominci ad imparare da lui, da Gesù, che è ?mite ed umile di cuore?. Gesù non fa come gli scribi che si esaltano per la loro scienza, ma è come la gente che vive umiliata e sfruttata. Gesù, il nuovo maestro, sa per esperienza ciò che succede nel cuore della gente e ciò che la gente soffre.
Il modo in cui Gesù attua il Discorso della Missione. Nel modo in cui Gesù annuncia la Buona Novella del Regno si rivela una passione. Passione per il Padre e per la gente abbandonata. Dove trova gente che lo ascolta, Gesù trasmette la Buona Novella. In qualsiasi luogo. Nelle sinagoghe durante la celebrazione della Parola (Mt 4,23). Nelle case degli amici (Mt 13,36). Andando lungo il cammino con i discepoli (Mt 12,1-8). Lungo il mare, sulle rive della spiaggia, seduto in una barca (Mt 13,1-3). Sulla montagna, da dove proclama le beatitudini (Mt 5,1). Nelle piazze dei villaggi e delle città, dove la gente gli porta i malati (Mt 14,34-36). Nel Tempio di Gerusalemme, durante i pellegrinaggi (Mt 26,55)! In Gesù, tutto è rivelazione di ciò che portano dentro! Non solo annuncia la Buona Novella del Regno. Lui stesso è una prova viva del Regno. In lui appare ciò che avviene quando un essere umano lascia che Dio regni ed occupi la sua vita.


4) Per un confronto personale

? Per te, la comunità è fonte di pace o di tensione? Cosa ti dà pace e cosa ti causa tensione? Qual? è il peso che oggi opprime la gente e qual? è il peso da cui oggi la gente si sente sollevata?
? Nella prima parte (vv.25-27) Gesù parla al Padre. Quali sono i motivi che spingono Gesù a lodare il Padre? Come e quando lodo il Padre?



5) Preghiera finale

Benedico il Signore che mi ha dato consiglio;
anche di notte il mio cuore mi istruisce.
Io pongo sempre innanzi a me il Signore,
sta alla mia destra, non posso vacillare.
(Sal 15)

OFFLINE
05/10/2011 08:18
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

padre Lino Pedron
Commento su Luca 11, 1-4

Questa preghiera è un rapporto diretto tra un "Tu" che è il Padre e un "noi" che è il nostro vero io, in quanto siamo in comunione con il Figlio e con i fratelli. La fraternità tra gli uomini si fonda unicamente sulla paternità di Dio. Di conseguenza, non si può stare davanti al Padre separati dal Figlio e dai fratelli: sarebbe negare la sua paternità proprio mentre lo chiamiamo "Padre". Per questo se non amiamo e non perdoniamo i fratelli, non amiamo il Padre e non accettiamo il suo amore e il suo perdono.

Tutto quanto chiediamo con questa preghiera al Padre, ce lo ha già donato nel suo Figlio e, quindi, la preghiera è aprire la nostra persona ad accogliere quanto Dio ha già realizzato per noi.

La preghiera è comunione con Gesù e con i fratelli per vivere la vera fraternità e la vera filialità in Cristo ed entrare nel dialogo di Gesù con il Padre. Nella preghiera troviamo la sorgente della nostra vita, il Padre; per questo, chi prega vive e chi non prega muore, secondo il detto di sant'Alfonso de' Liguori: "Chi prega si salva e chi non prega si danna". E sant'Agostino ci insegna: "Chi impara a pregare, impara a vivere". Si impara a pregare pregando Gesù perché ci insegni a pregare: "Signore, insegnaci a pregare" (v.1). Solamente imparando da Cristo, i cristiani pregano da cristiani, figli del Padre e fratelli di Cristo, e vivono secondo il vangelo.

La preghiera insegnataci da Cristo ci rivela la nostra vera identità di figli nel Figlio. Il Padre ci ama come ama il Figlio; ci ama più di se stesso: "Egli non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi" (Rm 8,32). Avvolti dalla tenerezza di questo amore infinito, possiamo vivere nella serenità e nella fiducia. L'olio e il vino che guariscono le nostre ferite mortali (cfr Lc 10,34) è l'amore di Dio riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito che ci è stato dato (cfr Rm 5,5). Dio sarà sempre nostro Padre, perché il Figlio si è fatto per sempre nostro fratello.

"Sia santificato il tuo nome" significa glorificare la persona del Padre nella nostra vita, dando a lui l'importanza che ha e, di conseguenza, amandolo con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutta la mente e con tutte le forze. Il nome di Dio è santificato quando accogliamo il suo amore e la sua paternità e accettiamo di essere suoi figli senza paura del nostro limite e della nostra morte. Chi rifiuta la paternità di Dio cerca di essere padre a se stesso, glorificando il proprio nome. Da questo rifiuto, che è la radice del peccato, nasce l'orgoglio e l'ansia, la paura che ci allontana da lui e ci divide tra noi, la voracità che ci separa dai fratelli e distrugge il creato. Tutti quelli che cercano la propria gloria, non possono credere in Gesù e quindi rifiutano anche il Padre: "Come potete credere, voi che prendete la gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene da Dio solo?" (Gv 5,44).

"Venga il tuo regno". Il regno di Dio è la liberazione dal potere del diavolo e dalla dannazione eterna; è la sovranità di Dio nostro Padre che ci libera da ogni schiavitù e ingiustizia, da ogni inquietudine e tristezza. Il regno di Dio è già venuto nella persona di Gesù, viene in ogni istante della nostra vita e della storia quando accogliamo Gesù, e verrà nella pienezza della sua gloria quando tutti gli uomini saranno figli del Padre e Dio sarà tutto in tutti (cfr 1Cor 15,28). Il regno di Dio viene ogni volta che accogliamo la misericordia e la compassione di Dio e doniamo ai fratelli la misericordia e la compassione ricevuta da Dio.

"Dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano". Chiediamo al Padre il pane per la vita umana e per la vita divina, per la vita presente e per la vita eterna. Dietro ogni pane c'è la mano del Padre che ce lo porge come dono del suo amore. Il pane "nostro" è dono del Padre per tutti i suoi figli e va condiviso con tutti i fratelli. Chi defrauda l'altro non gli è fratello e non si comporta da figlio di Dio. Dopo il peccato, il pane va guadagnato con il sudore della fronte (Gen 3,19; 2Ts 3,6-13), diversamente è rubato. Il pane di cui l'uomo vive è l'amore di Dio, ed è concesso gratuitamente ad ogni figlio, anche indegno e perverso, perché Dio non ci ama per i nostri meriti ma per il nostro bisogno.

"Perdonaci i nostri peccati". Dio ci ha creato per dono del suo amore e ci ricrea col per-dono della sua misericordia. E questo secondo dono è più grande del primo, è un super-dono. Il cristiano non è e non si crede un giusto, ma un giustificato. San Luca ha centrato giustamente tutto il suo vangelo sulla misericordia del Padre che si manifesta nella vita del Figlio Gesù. Il credente in Gesù perdona perché è stato perdonato da Dio. Chi non perdona, non conosce né il Figlio né il Padre. L'unico peccato imperdonabile è quello di chi non perdona e ritiene di non dover essere perdonato per questo. La cecità di chi si ritiene giusto (cfr Lc 9,41) e non conosce il perdono da dare e da ricevere, è il peccato contro lo Spirito. Il cristiano non è perfetto, ma misericordioso; non è sicuro di non cadere, ma compassionevole verso chi è caduto. Per questo non condanna, ma perdona. La sola condizione per il perdono del Padre è il perdono dato ai fratelli.

"Non c'indurre in tentazione". Non chiediamo a Dio di non essere tentati, ma di non cadere quando siamo tentati. Anche a questo riguardo la parola di Dio ci rassicura: "Dio è fedele e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze, ma con la tentazione vi darà anche la via di uscita e la forza per sopportarla" (1Cor 10,13). La tentazione più grande è quella di perdere la fiducia nel Padre. Il credente è tentato soprattutto dalla mancanza di fede nella misericordia di Dio: non riesce ad accettare che Dio sia così buono, soprattutto nei confronti degli altri. Ma la vittoria che ha vinto il mondo è proprio la nostra fede nell'infinita misericordia di Dio.

OFFLINE
06/10/2011 09:41
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

a cura dei Carmelitani


1) Preghiera

O Dio, fonte di ogni bene,
che esaudisci le preghiere del tuo popolo
al di là di ogni desiderio e di ogni merito,
effondi su di noi la tua misericordia:
perdona ciò che la coscienza teme
e aggiungi ciò che la preghiera non osa sperare.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...



2) Lettura del Vangelo

Dal Vangelo secondo Luca 11,5-13
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: ?Se uno di voi ha un amico e va da lui a mezzanotte a dirgli: Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da mettergli davanti; e se quegli dall?interno gli risponde: Non m?importunare, la porta è già chiusa e i miei bambini sono a letto con me, non posso alzarmi per darteli; vi dico che, se anche non si alzerà a darglieli per amicizia, si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono almeno per la sua insistenza.
Ebbene, io vi dico: Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chi chiede ottiene, chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto.
Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà al posto del pesce una serpe? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione?
Se dunque voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono!?


3) Riflessione

? Il vangelo di oggi continua parlando del tema della preghiera, iniziato ieri con l?insegnamento del Padre Nostro (Lc 11,1-4). Oggi Gesù insegna che dobbiamo pregare con fede ed insistenza, senza venir meno. Per questo usa una parabola provocatoria.
? Luca 11,5-7: La parabola che provoca. Como sempre, quando Gesù ha una cosa importante da insegnare, ricorre ad un paragone, ad una parabola. Oggi ci racconta una storia strana che culmina in una domanda e rivolge la domanda alla gente che lo ascoltava ed anche a noi che oggi leggiamo o ascoltiamo la storia: "Se uno di voi ha un amico e va da lui a mezzanotte a dirgli: Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da mettergli davanti; e se quegli dall?interno gli risponde: Non m?importunare, la porta è già chiusa e i miei bambini sono a letto con me, non posso alzarmi per darteli?. Prima che Gesù stesso dia la risposta, vuole la nostra opinione. Cosa risponderesti: si o no?
? Luca 11,8: Gesù risponde alla provocazione. Gesù dà la sua risposta: ?Vi dico che, se anche non si alzerà a darglieli per amicizia, si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono almeno per la sua insistenza?. Se non fosse Gesù, avresti avuto il coraggio di inventare una storia in cui si suggerisce che Dio aspetta le nostre preghiere con insistenza? La risposta di Gesù rafforza il messaggio sulla preghiera, cioè: Dio aspetta sempre la nostra preghiera. Questa parabola ne ricorda un?altra, anch?essa in Luca, la parabola della vedova che insiste nell?ottenere i suoi diritti davanti al giudice che non rispetta né Dio né la giustizia e che dà ascolto alla vedova solamente perché vuole liberarsi dall?insistenza della donna (Lc 18,3-5). Poi Gesù trae le proprie conclusioni per applicare il messaggio della parabola alla vita.
? Luca 11,9-10: La prima applicazione della Parabola. ?Ebbene io vi dico: Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chi chiede ottiene, chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto?. Chiedere, cercare, bussare alla porta. Se chiedete, riceverete. Se bussate alla porta vi si aprirà. Gesù non dice quanto tempo dura la richiesta, bussare alla porta, cercare, ma il risultato è certo.
? Luca 11,11-12: La seconda applicazione della parabola. ?Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà al posto del pesce una serpe? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione?? Questa seconda applicazione lascia intravedere il pubblico che ascoltava le parole di Gesù ed anche il suo modo di insegnare sotto forma di dialogo. Lui domanda: ?Tu che sei un padre, quando tuo figlio ti chiede un pesce, gli daresti una serpe?? La gente risponde: ?No!? ??E se ti chiede un uovo, gli daresti uno scorpione?? -?No!? Per mezzo del dialogo, Gesù coinvolge le persone nel paragone e, per la risposta che riceve da loro, le impegna con il messaggio della parabola.
? Luca 11,13: Il messaggio: ricevere il dono dello Spirito Santo. ?Se dunque voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono!? Il dono massimo che Dio ha per noi è il dono dello Spirito Santo. Quando siamo stati creati, lui soffiò il suo spirito nelle nostre narici e noi diventammo esseri vivi (Gen 2,7). Nella seconda creazione mediante la Fede in Gesù, lui ci dà di nuovo lo Spirito, lo stesso Spirito che fece che la Parola si incarnasse in Maria (Lc 1,35). Con l?aiuto dello Spirito Santo, il processo di incarnazione della Parola continua fino all?ora della morte in Croce. Alla fine, all?ora della morte, Gesù consegna lo Spirito al Padre: ?Nelle tue mani consegno il mio spirito? (Lc 23,46). Gesù ci promette questo spirito come fonte di verità e di comprensione (Gv 14,14-17; 16,13), un aiuto nelle persecuzioni (Mt 10,20; At 4,31). Questo Spirito non si compra a prezzo di denaro al supermercato. L?unico modo di ottenerlo è mediante la preghiera. Dopo nove giorni di preghiera si ottenne il dono abbondante dello Spirito il giorno di Pentecoste (At 1,14; 2,1-4).


4) Per un confronto personale

? Come rispondi alla provocazione della parabola? Una persona che vive in un piccolo appartamento in una grande città, come risponderà? Aprirebbe la porta?
? Quando tu preghi, preghi convinto/a di ottenere ciò che chiedi?



5) Preghiera finale

Renderò grazie al Signore con tutto il cuore,
nel consesso dei giusti e nell?assemblea.
Grandi sono le opere del Signore,
le contemplino coloro che le amano.
(Sal 110)

OFFLINE
08/10/2011 13:25
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

a cura dei Carmelitani


1) Preghiera

O Dio, fonte di ogni bene,
che esaudisci le preghiere del tuo popolo
al di là di ogni desiderio e di ogni merito,
effondi su di noi la tua misericordia:
perdona ciò che la coscienza teme
e aggiungi ciò che la preghiera non osa sperare.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...



2) Lettura del Vangelo

Dal Vangelo secondo Luca 11,27-28
In quel tempo, mentre Gesù stava parlando, una donna alzò la voce di mezzo alla folla e disse: ?Beato il grembo che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte!?
Ma egli disse: ?Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!?


3) Riflessione

? Il vangelo di oggi è molto breve, ma ha un significato importante nell?insieme del vangelo di Luca. Ci dà la chiave per capire ciò che Luca insegna rispetto a Maria, la Madre di Gesù, nel così detto Vangelo dell?Infanzia (Lc 1 e 2).
? Luca 11,27: L?esclamazione della donna. ?In quel tempo, mentre Gesù stava parlando, una donna alzò la voce in mezzo alla folla e disse: ?Beato il grembo che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte!?. L?immaginazione creativa di alcuni apocrifi suggerisce che quella donna era una vicina di Nostra Signora, lì a Nazaret. Aveva un figlio, chiamato Dimas, che, con altri ragazzi della Galilea di quel tempo, entrò in guerra con i romani, fu fatto prigioniero e messo a morte accanto a Gesù. Era il buon ladrone (Lc 23,39-43). Sua madre, avendo sentito parlare del bene che Gesù faceva alla gente, ricordò la sua vicina, Maria, e disse: ?Maria deve essere felice con un figlio così!?
? Luca 11,28: La risposta di Gesù. Gesù risponde, facendo il più grande elogio di sua madre: ?Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!?. Luca parla poco di Maria: qui (Lc 11,28) e nel Vangelo dell?Infanzia (Lc 1 e 2). Per lui, Luca, Maria è la Figlia di Sion, immagine del nuovo popolo di Dio. Rappresenta Maria modello per la vita delle comunità. Nel Concilio Vaticano II, il documento preparato su Maria fu inserito nel capitolo finale del documento Lumen Gentium sulla Chiesa. Maria è modello per la Chiesa. E soprattutto nel modo in cui Maria si rapporta con la Parola di Dio Luca la considera esempio per la vita delle comunità: ?Beati coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano?. Maria ci insegna come accogliere la Parola di Dio, come incarnarla, viverla, approfondirla, farla nascere e crescere, lasciare che ci plasmi, anche quando non la capiamo, o quando ci fa soffrire. Questa è la visione che soggiace al Vangelo dell?Infanzia (Lc 1 e 2). La chiave per capire questi due capitoli ci è data dal vangelo di oggi: ??Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!? Vediamo come in questi capitoli Maria si mette in rapporto con la Parola di Dio.
a) Luca 1,26-38:
L?Annunciazione: "Si faccia in me secondo la tua parola!"
Sapere aprirsi, in modo che la Parola di Dio sia accolta e si incarni.
b) Luca 1,39-45:
La Visitazione: "Beata colei che ha creduto!"
Saper riconoscere la Parola di Dio in una visita ed in tanti altri fatti della vita.
c) Luca 1,46-56:
Il Magnificat: ?Il Signore ha fatto in me prodigi!?
Riconoscere la Parola nella storia della gente e pronunciare un canto di resistenza e di speranza.
d) Luca 2,1-20:
La Nascita: "Lei meditava tutte queste cose nel suo cuore."
Non c?era posto per loro. Gli emarginati accolgono la Parola.
e) Luca 2,21-32:
La Presentazione: "I miei occhi han visto la tua salvezza!"
I molti anni di vita purificano gli occhi.
f) Luca 2,33-38:
Simeone ed Anna: "Una spada trafiggerà la tua anima."
Accogliere ed incarnare la parola nella vita, essere segno di contraddizione.
g) Luca 2,39-52:
Ai dodici anni, nel tempio: "Non sapevate che devo occuparmi delle cose del Padre mio?"
Loro non compresero la Parola che fu detta!
h) Luca 11,27-28:
L?elogio alla madre:"Beato il grembo che ti ha portato!"
Beato chi ascolta e mette in pratica la Parola.


4) Per un confronto personale

? Tu riesci a scoprire la Parola viva di Dio nella tua vita?
? Come vivi la devozione a Maria, la madre di Gesù?



5) Preghiera finale

Cantate al Signore canti di gioia,
meditate tutti i suoi prodigi.
Gloriatevi del suo santo nome:
gioisca il cuore di chi cerca il Signore.
(Sal 104)

OFFLINE
09/10/2011 10:28
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Commento su Mt 22,1-14

Dalla vigna (il Vangelo di domenica scorsa) al banchetto nuziale: in quella il possesso ottenuto con la rapina spinge all'omicidio del figlio; anche in questo il rifiuto degli invitati è capace di uccidere. Sia la vigna che il banchetto dicono la storia tra il dono di Dio e il nostro rifiuto. Solo la festa delle nozze è capace di strapparci al dramma della solitudine che ha nella morte la sua ultima uscita. Diversa è la morte del Figlio. La sua croce ha portato le nozze tra Dio e l'umanità. Solo un amore così forte da dare la vita è capace di vincere la morte e di apparecchiare il banchetto nuziale.

Per il rifiuto dei servi, il padrone diede la vigna a un altro popolo; per l'assenza dei primi invitati il re convoca altri che non erano stati chiamati. Non conta che siano "buoni o cattivi"; importa che accettino l'invito, che "entrino", anche all'ultima ora. Il segno di questa adesione alle nozze del Figlio è proprio l'abito nuziale, l'essere "rivestiti di Cristo". Non indossarlo è rifiutare il dono.

Il regno dei cieli non è simile a un re, neppure a un banchetto o a una festa di matrimonio. Il regno dei cieli è simile a tutto questo preso insieme: è simile al rapporto fra il re e suo figlio, all'amore del padre che desidera fare festa. Il regno dei cieli non è una cosa, ma una relazione d'amore che apre alla gioia e alla comunione.

I servi mandati dal re sono i profeti durante la storia di Israele, ma sono anche i missionari di oggi e quelli che portano l'invito alla festa dicendo che "il regno dei cieli è vicino". Sono servi obbedienti, perseveranti, fedeli fino al dono della vita. "Tutto è pronto", manca solo la risposta degli invitati, la loro presenza. La festa non dipende dagli invitati, la festa è nel cuore e nella volontà del re e la festa comunque si farà. "Buoni o cattivi" sta per tutti; dunque, tutti hanno diritto all'invito perché tutti sono dentro l'unico amore del Padre.

L'insegnamento è chiaro, e lo fu subito anche ai farisei che ascoltavano e che "si ritirarono in consiglio per vedere di coglierlo in fallo nei suoi discorsi" (v. 15): il Signore dice che c'è una festa - disertata da coloro che erano stati invitati per primi - e che Dio non si stanca di cercare chiunque, buono o cattivo, facendolo degno di stare alla sua mensa. Dio gode della nostra compagnia.

Dalla storia universale del rapporto di Dio con l'umanità, alla nostra storia personale: cerchiamo di presentarci con la veste nuziale al banchetto del re, l'Eucaristia. La veste nuziale è quella del battesimo, ma anche la grazia del sacramento della riconciliazione, il desiderio del bene che ognuno porta in sé.

Commento a cura di don Angelo Sceppacerca

OFFLINE
10/10/2011 08:43
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

a cura dei Carmelitani


1) Preghiera

Ci preceda e ci accompagni sempre la tua grazia,
Signore,
perché, sorretti dal tuo paterno aiuto,
non ci stanchiamo mai di operare il bene.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...



2) Lettura del Vangelo

Dal Vangelo secondo Luca 11,29-32
In quel tempo, mentre le folle si accalcavano, Gesù cominciò a dire: "Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato nessun segno fuorché il segno di Giona. Poiché come Giona fu un segno per quelli di Ninive, così anche il Figlio dell'uomo lo sarà per questa generazione.
La regina del sud sorgerà nel giudizio insieme con gli uomini di questa generazione e li condannerà; perché essa venne dalle estremità della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, ben più di Salomone c'è qui.
Quelli di Ninive sorgeranno nel giudizio insieme con questa generazione e la condanneranno; perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, ben più di Giona c'è qui".


3) Riflessione

? Il vangelo di oggi ci presenta un'accusa molto forte di Gesù contro i farisei e gli scribi. Volevano che Gesù desse loro un segnale, perché non credevano nei segni e nei miracoli che stava realizzando. Questa accusa di Gesù continua nei vangeli dei prossimi giorni. Nel meditare questi vangeli dobbiamo fare molta attenzione a non generalizzare l'accusa di Gesù come se fosse diretta contro il popolo ebreo. Nel passato, l'assenza di questa attenzione, ha contribuito purtroppo ad aumentare in noi cristiani l'antisemitismo che ha causato tanti danni all'umanità lungo i secoli. Invece di alzare il dito contro i farisei del tempo di Gesù, è meglio rispecchiarci nei testi per scorgere in essi il fariseo che vive nascosto nella nostra chiesa ed in ognuno di noi, e che merita questa critica da parte di Gesù.
? Luca 11,29-30: Il segno di Giona. "In quel tempo, mentre le folle si accalcavano, Gesù cominciò a dire: "Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato nessun segno fuorché il segno di Giona ". Il vangelo di Matteo informa che erano gli scribi ed i farisei che chiedevano un segnale (Mt 12,38). Volevano che Gesù realizzasse per loro un segno, un miracolo, in modo che potessero rendersi conto se era il mandato da Dio, come loro lo immaginavano. Volevano che Gesù si sottomettesse ai loro criteri. Volevano inquadrarlo nello schema del loro messianismo. Non c'era in loro un'apertura verso una possibile conversione. Ma Gesù non si sottomise alla loro richiesta. Il vangelo di Marco dice che Gesù, dinanzi alle richieste dei farisei, trasse un profondo respiro (Mc 8,12), probabilmente di disgusto e di tristezza dinanzi a tanta cecità. Perché a nulla serve mostrare un bel quadro a chi non vuole aprire gli occhi. L'unico segnale che sarà dato loro è il segno di Giona. "Poiché come Giona fu un segno per quelli di Ninive, così anche il Figlio dell'uomo lo sarà per questa generazione". Come sarà questo segnale del Figlio dell'Uomo? Il vangelo di Matteo risponde: "Come infatti Giona passo tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, cosi il Figlio dell'Uomo resterà tre giorni e tre notti nel ventre della terra" (Mt 12,40). L'unico segnale sarà la risurrezione di Gesù. Questo è il segno che, nel futuro, sarà dato agli scribi ed ai farisei. Gesù, da loro condannato a morte e ad una morte di croce, sarà risorto da Dio e continuerà a risorgere in molti modi in coloro che credono in lui. Il segnale che converte non sono i miracoli, ma la testimonianza di vita!
? Luca 11,31: Salomone e la regina del Sud. L'allusione alla conversione della gente di Ninive associa e ricorda la conversione della Regina di Saba: "La regina del sud sorgerà nel giudizio insieme con gli uomini di questa generazione e li condannerà; perché essa venne dalle estremità della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, ben più di Salomone c'è qui". Questa evocazione quasi occasionale dell'episodio della Regina di Saba che riconobbe la saggezza di Salomone, mostra come veniva usata in quel tempo la Bibbia. Era per associazione. La regola principale dell'interpretazione era questa: "La Bibbia si spiega con la Bibbia". Fino ad oggi, questa è una delle norme più importanti per l'interpretazione della Bibbia, soprattutto per la Lettura della Parola di Dio, in un clima di preghiera.
? Luca 11,32: Ed ecco ben più di Giona c'è qui. Dopo la digressione su Salomone e sulla Regina di Saba, Gesù ritorna a parlare del segno di Giona: "Quelli di Ninive sorgeranno nel giudizio insieme con questa generazione e la condanneranno; perché essi alla predicazione di Giona si convertirono". La gente di Ninive si convertì dinanzi alla testimonianza della predicazione di Giona e denuncia l'incredulità degli scribi e dei farisei. Perché "ben più di Giona c'è qui". Gesù è più grande di Giona, più grande di Salomone. Per noi cristiani, è la chiave principale per la scrittura (2Cor 3,14-18).


4) Per un confronto personale

? Gesù critica gli scribi ed i farisei che riuscivano a negare l'evidenza, rendendosi incapaci di riconoscere la chiamata di Dio negli eventi. E noi cristiani oggi, ed io: meritiamo la stessa critica di Gesù?
? Ninive si converte dinanzi alla predicazione di Giona. Gli scribi ed i farisei non si convertirono. Oggi, gli appelli della realtà provocano mutamenti e conversioni nei popoli del mondo intero: la minaccia ecologica, l'urbanizzazione che disumanizza, il consumismo che massifica ed aliena, le ingiustizie, la violenza, ecc. Molti cristiani vivono lontani da questi appelli di Dio che vengono dalla realtà.



5) Preghiera finale

Lodate, servi del Signore,
lodate il nome del Signore.
Sia benedetto il nome del Signore,
ora e sempre.
(Sal 112)

OFFLINE
11/10/2011 08:13
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

 


 
  
San Paolo all'inizio della lettera ai Romani ci mostra la disposizione di colui che è mandato, che ha una missione: "Io non mi vergogno del Vangelo". È la sua prima parola, per annunciare ciò che andrà esponendo in tutta la lettera. "Non mi vergogno del Vangelo, poiché è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede, del Giudeo prima e poi del Greco". Paolo è fiero del Vangelo: è la prima condizione perché egli possa compiere la sua missione. Se se ne vergognasse non potrebbe proclamarlo, forse lo custodirebbe nel cuore, ma non andrebbe verso gli altri per chiamarli a credere. Ragioni per vergognarsi ci sarebbero, e in un'altra lettera Paolo stesso dice che il linguaggio della croce è follia per i Greci e scandalo per i Giudei; è dunque un messaggio non gradito all'uomo, che lo disprezza e se ne burla. E follia dire che Cristo è stato vincitore lasciandosi crocifiggere, ed è uno scandalo, per il Giudeo che attendeva miracoli, l'assenza del miracolo al momento della morte di Gesù. Ma Paolo sa che il Vangelo è potenza di Dio, che Cristo ha vinto e che la sua vittoria è trasmessa dalla parola.
È abbastanza stupefacente leggere che il Vangelo è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede. Come può una parola essere una potenza? In altri passi Paolo contrappone parola e potenza, ed è ciò che anche noi facciamo quando diciamo: "Sono solo parole, lasciano il tempo che trovano". Ma il Vangelo è una parola speciale, che ha in sé tutta la potenza di Dio. Lo crediamo davvero? Troppo volte noi lo riceviamo come una parola che ci viene detta affinché mettiamo al suo servizio le nostre forze. Ti viene detto: "Farai questo! " e non è che queste parole te ne diano la forza, anzi ti domandano di usare le tue forze per agire come ti è stato detto.
Paolo dice che il Vangelo non è una parola così, che esige e basta. La parola del Vangelo è potente, deve essere accolta come una forza e non come un comando, perché il Vangelo trasmette la fede e tutta la nostra vita è costruita sulla fede; la forza la attingiamo dalla fede e non dalla fiducia in noi stessi. Per la fede ci apriamo alla potenza di Dio e fondiamo la nostra vita sulla grazia, sul dono gratuito che egli ci fa. Poi vengono le nostre opere, animate dalla grazia che ci è stata data, e non viceversa; prima le nostre opere e poi la grazia divina.
Paolo, nel passo che leggiamo oggi, annuncia la salvezza della fede: "E in esso (nel Vangelo) che si rivela la giustizia di Dio di fede in fede, come sta scritto: "Il giusto vivrà mediante la fede"".
Il seguito della lettura si accorda con questo annuncio per antitesi. San Paolo ha detto: "La giustizia di Dio (giustizia che salva) si rivela nel Vangelo per chiunque crede", e continua: "L'ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà". Qui l'Apostolo annuncia la tesi che svilupperà subito dopo per dimostrare la necessità del Vangelo, potenza di Dio.
L'umanità è in una situazione di angoscia, di miseria e di schiavitù: si è incatenata al peccato ed è meritevole dell'ira di Dio, quindi non ha via di uscita.
Proprio per questo Dio ha stabilito un altro mezzo di salvezza: non le opere dell'uomo, tutte corrotte dal peccato, ma la fede in Cristo. Ecco allora la missione di Paolo: predicare la fede e perciò la salvezza per dono gratuito di Dio, per grazia.
Anche nel Vangelo di oggi, che a prima vista sembra non aver punti di corrispondenza con il grande affresco della lettera ai Romani, Gesù dà lo stesso annuncio: è necessario cambiare mentalità, convertirsi. Egli invita i farisei a passare da una religione di purità esteriore a una religione interiore di misericordia, di umiltà, di comunione. il fariseo che ha invitato Gesù a casa sua si mette subito a giudicarlo, perché non si è lavato le mani prima del pasto. Per i farisei queste abluzioni erano importanti, perché considerate non come un gesto di igiene, ma come una garanzia di purità davanti a Dio. L'ospite di Gesù si stupisce, ma il Signore respinge questo concetto di religione e di purità e dichiara che non queste cose sono necessarie, ma la purezza interiore: "Voi farisei purificate l'esterno della coppa e del piatto, ma il vostro interno è pieno di rapina e di iniquità". Pulire l'esterno è facile, ma purificare il cuore non è possibile all’uomo. Bisogna accogliere la grazia di Dio, cioè rinunciare alla pretesa di salvarsi con le opere e mettersi con umiltà davanti a lui, e contemporaneamente nella misericordia e nella benevolenza verso gli altri, perché Dio non dà la sua grazia se non a chi è disposto a far grazia agli altri.
Gesù continua con una frase che non ci aspetteremmo in questo contesto: "Piuttosto date in elemosina quel che c'è dentro, ed ecco, per voi tutto sarà mondo". Quando il cuore dell'uomo (l'"interno") è rinnovato dalla conversione, diventa buono, generoso, passa da una religione di separazione a una religione di partecipazione, di dono, di comunione.
OFFLINE
12/10/2011 10:00
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

a cura dei Carmelitani


1) Preghiera

Ci preceda e ci accompagni sempre la tua grazia,
Signore,
perché, sorretti dal tuo paterno aiuto,
non ci stanchiamo mai di operare il bene.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...



2) Lettura del Vangelo

Dal Vangelo secondo Luca 11,42-46
In quel tempo, Gesù disse: "Guai a voi, farisei, che pagate la decima della menta, della ruta e di ogni erbaggio, e poi trasgredite la giustizia e l'amore di Dio. Queste cose bisognava curare senza trascurare le altre.
Guai a voi, farisei, che avete cari i primi posti nelle sinagoghe e i saluti sulle piazze.
Guai a voi perché siete come quei sepolcri che non si vedono e la gente vi passa sopra senza saperlo".
Uno dei dottori della legge intervenne: "Maestro, dicendo questo, offendi anche noi".
Egli rispose: "Guai anche a voi, dottori della legge, che caricate gli uomini di pesi insopportabili, e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito!"


3) Riflessione

? Nel vangelo di oggi continua la relazione conflittuale tra Gesù e le autorità religiose dell'epoca. Oggi nella Chiesa avviene lo stesso conflitto. In una determinata Diocesi il vescovo convocò i poveri a partecipare attivamente. Loro accolsero la richiesta e numerosi cominciarono a partecipare. Sorse un gran conflitto. I ricchi dicevano che furono esclusi ed alcuni sacerdoti cominciarono a dire: "Il vescovo fa politica e dimentica il vangelo!"
? Luca 11,42: Guai a voi che non pensate alla giustizia ed all'amore. "Guai a voi, farisei, che pagate la decima della menta, della ruta e di ogni erbaggio, e poi trasgredite la giustizia e l'amore di Dio. Queste cose bisognava curare senza trascurare le altre". Questa critica di Gesù ai capi religiosi di quell'epoca può ripetersi per molti capi religiosi dei secoli seguenti, fino ad oggi. Molte volte, in nome di Dio, insistiamo in dettagli e dimentichiamo la giustizia e l'amore. Per esempio, il giansenismo rese arido il vissuto della fede, insistendo nelle osservanze e penitenze che allontanarono la gente dal cammino dell'amore. La suora carmelitana Santa Teresa de Lisieux crebbe nell'ambiente giansenista che caratterizzava la Francia della fine del XIX secolo. A partire da una dolorosa esperienza personale, lei seppe recuperare la gratuità dell'amore di Dio con la forza che deve animare dal di dentro l'osservanza delle norme. Perché, senza l'esperienza dell'amore, le osservanze fanno di Dio un idolo.
L'osservazione finale di Gesù diceva: "Voi dovete praticare questo, senza lasciare da parte quell'altro". Questa avvertenza fa ricordare un'altra osservazione di Gesù che serve da commento: "Non pensate ch'io sia venuto per abolire la legge od i profeti; io son venuto non per abolire ma per compire: poiché io vi dico in verità che finché non siano passati il cielo e la terra, neppure un iota o un apice della legge passerà, che tutto non sia adempiuto. Chi dunque avrà violato uno di questi minimi comandamenti ed avrà così insegnato agli uomini, sarà chiamato minimo nel regno de' cieli; ma chi li avrà messi in pratica ed insegnati, esso sarà chiamato grande nel regno dei cieli. Poiché io vi dico che se la vostra giustizia non supera quella degli scribi e de' Farisei, voi non entrerete punto nel regno dei Cieli" (Mt 5,17-20).
? Luca 11,43: Guai a voi, a cui piacciono posti d'onore. "Guai a voi, farisei, che avete cari i primi posti nelle sinagoghe e i saluti sulle piazze". Gesù richiama l'attenzione dei discepoli sul comportamento ipocrita di alcuni farisei. Loro provano gusto nel circolare per le piazze con lunghe tuniche, ricevere i saluti della gente, occupare i primi posti nelle sinagoghe e i posti d'onore nei banchetti (cf. Mt 6,5; 23,5-7). Marco dice che a loro piaceva entrare nelle case delle vedove e recitare lunghe preghiere in cambio di soldi! Persone così riceveranno un giudizio molto severo (Mc 12,38-40). Oggi nella chiesa avviene la stessa cosa.
? Luca 11,44: Guai a voi, sepolcri nascosti. "Guai a voi, scribi e farisei, che assomigliate a sepolcri imbiancati: essi all'esterno son belli a vedersi, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni putridume. Così anche voi apparite giusti all'esterno davanti agli uomini, ma dentro siete pieni di ipocrisia e di iniquità" (Mt 23,27-28). L'immagine di "sepolcri imbiancati" parla da sola e non ha bisogno di commenti. Per mezzo di questa immagine, Gesù condanna un'apparenza fittizia di persona corretta, il cui interno è la negazione totale di quello che vuol fare apparire all'esterno. Luca parla di sepolcri nascosti: "Guai a voi perché siete come quei sepolcri che non si vedono e la gente vi passa sopra senza saperlo". Chi calpesta o tocca un sepolcro diventa impuro, anche quando il sepolcro è nascosto sotto terra. L'immagine è molto forte: fuori il fariseo di sempre sembra giusto e buono, ma questo aspetto è un inganno, perché dentro c'è un sepolcro nascosto che, senza che la gente se ne renda conto, sparge un veleno che uccide, comunica una mentalità che allontana da Dio, suggerisce una comprensione errata della Buona Novella del Regno. Un'ideologia che fa di Dio un idolo morto!
? Luca 11,45-46: Critica del dottore della legge e risposta di Gesù: uno specialista nelle leggi prende la parola e dice: "Maestro, dicendo questo, offendi anche noi!" Nella risposta Gesù non torna indietro, bensì lascia apparire con chiarezza che la stessa critica vale anche per gli scribi: "Guai anche a voi, dottori della legge, che caricate gli uomini di pesi insopportabili, e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito!" Nel Discorso della Montagna, Gesù esprime la stessa critica che serve da commento: "Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Quanto vi dicono, fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno. Legano infatti pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente, ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito" (Mt 23,2-4).


4) Per un confronto personale

? L'ipocrisia mantiene un'apparenza che inganna. Fino a dove va la mia ipocrisia? Fino a dove va l'ipocrisia nella nostra chiesa?
? Gesù criticava gli scribi che insistevano nell'osservanza disciplinare delle cose minute della legge, come per esempio la decima della menta, della ruta e di tutti gli erbaggi e dimenticavano di insistere sull'obiettivo della legge che è la pratica della giustizia e dell'amore. Questa critica vale anche per me?



5) Preghiera finale

Beato l'uomo che non segue il consiglio degli empi,
non indugia nella via dei peccatori
e non siede in compagnia degli stolti;
ma si compiace della legge del Signore,
la sua legge medita giorno e notte.
(Sal 1)

OFFLINE
13/10/2011 09:04
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Monaci Benedettini Silvestrini
Sarà domandato conto del sangue dei profeti.

Il Vangelo riporta le due ultime invettive di Gesù, contro gli scribi. Costoro non contenti di imporre agli altri obblighi che essi non osservano, mantengono lo stesso atteggiamento di quelli che in tempi passati non ascoltarono i profeti e li uccisero. "Guai a voi che costruite i sepolcri dei profeti". Sarebbe un onore costruire sepolcri a persone da venerare, ma in Gesù c'è dell'ironia. Se i loro padri hanno ucciso i profeti per non convertirsi, ora loro invece di essere testimoni della sapienza di Dio, portano a consumazione il mistero di iniquità come i loro padri, soffocando la Parola ascoltata. "Per questo la sapienza di Dio ha detto: "Manderò loro profeti e apostoli e ne uccideranno e ne perseguiteranno". La sapienza di Dio da sempre sa di essere perseguitata e uccisa: è la sapienza della croce. "Guai a voi, dottori della legge che avete presa la chiave della scienza! Voi non siete entrati e l'avete impedito a quelli che volevano entrarvi". La chiave è la conoscenza di quel Dio che è misericordia in Gesù, che ora si manifesta loro. Essi non ci sono entrati, perché hanno e danno l'immagine di un Dio senza misericordia. Perciò: "Sarà domandato conto del sangue dei profeti". Questa espressione sottolinea come alla generazione di Gesù, verrà chiesto conto del sangue di tutti i giusti di tutti i tempi. Infatti il mistero del male si consuma nell'ora della sua passione. Questa è l'opera del Signore. "Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno", voce che si fa voce nello Spirito di tutti i profeti, consegnati all'estrema testimonianza. Infatti la Divina Provvidenza dispose di non limitare la sua bontà al suo Figlio diletto, ma di espanderla per mezzo di lui a molte altre creature, perché lo adorassero e lo lodassero per l'eternità insieme a tutti i fratelli. Questa è la chiave che ci è stata riconsegnata.

OFFLINE
14/10/2011 09:28
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Monaci Benedettini Silvestrini
Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati.

Dinanzi ad una moltitudine di persone, che si accalcava attorno a lui per ascoltarlo, Gesù si rivolse anzitutto ai discepoli "guardatevi dal lievito dei farisei, che è l'ipocrisia". Le parole di incoraggiamento di Cristo sono inquadrate in un contesto di persecuzione e di ostilità in cui saranno situati i discepoli. Essi sono incoraggiati a non fare come i farisei, le cui parole non corrispondono a ciò che pensano. Essi sono chiamati a testimoniare la loro fede costi quel che costi, perché "non c'è nulla di nascosto che non sarà svelato". Gesù è venuto a togliere all'uomo i veli della menzogna e ha restituirlo alla sua verità di figlio, infinitamente amato dalla misericordia del Padre. Certo i credenti come uomini provano timore di fronte al pericolo della persecuzione, di una testimonianza difficile. Comunque una sola perdita è irreparabile: "temete colui che dopo aver ucciso, ha il potere di gettarvi nella Geenna". L'atteggiamento fondamentale dei credenti non è fondato sul timore. C'è chi vigila, per difenderli. Dio si prende cura perfino dei passeri. A maggior ragione non dimenticherà i discepoli. "Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati". Questo vuol dire che viviamo in un mondo d'amore e di fiducia. Dio ci ama, ci sostiene con la sua mano forte, come sostenne Gesù sulla terra. Perciò l'ultima parola è sempre il "non abbiate timore".

OFFLINE
15/10/2011 09:30
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Eremo San Biagio


Dalla Parola del giorno
Non preoccupatevi di quel che dovrete dire [...] Sarà lo Spirito Santo a insegnarvi quel che dovrete dire in quel momento.

Come vivere questa Parola?
Oggi, essere veramente cristiano, spesso vuol dire andare contro corrente non solo al posto di lavoro o studio, ma anche nella stessa famiglia. eguire le orme di Gesù, comporta una tale radicalità, che anche senza parole, grida fortemente contro consumismo, egocentrismo, individualismo così invadente oggi. Essere cristiano richiede il coraggio d'essere diverso come il Signore è stato nella sua vita fra noi.
A volte, siamo chiamati ad esprimere in parole quello che crediamo, viviamo. E sentiamo che non ne siamo capaci, non sappiamo abbastanza, non possiamo spiegare bene la nostra fede. Gesù oggi ci dice di non essere preoccupati di quello che dobbiamo dire ma "pubblicamente dichiariamo d'essere i suoi discepoli". Lo Spirito Santo c'insegnerà quello che dobbiamo dire in quel momento.
Si, lo farà se siamo famigliari della Parola, se la meditiamo ogni giorno, se la incarniamo nella nostra vita. Non è una questione di preparare prediche, tesi, dissertazione. Dobbiamo semplicemente vivere la Parola, lasciando che Gesù ci fonda, ci plasmi, ci riempia, ci usi. In questo modo, saremo davvero un canale che lo Spirito Santo può usare per dire parole di speranza, consolazione, gioia, fede oggi.

Nella mia pausa contemplativa, rileggerò queste parole di Gesù chiedendo il coraggio di dichiararlo con la mia vita e la mia parola, confidando nell'aiuto dello Spirito Santo.

Gesù, voglio essere il tuo discepolo sempre e ovunque. Aiutami ad assimilare la tua Parola, lasciando che diventi vita in me.

La voce di un Vescovo
La Buona Novella si trasmette di persona in persona, guardando in faccia. Il rapporto personale e' fondamentale. Non c'e' da teorizzare la fede, ma dobbiamo toccare il cuore di chi ci ascolta. Non e' trasmettere una conoscenza, bensì aiutare la persona a cambiare se stessa.
Vincenzo Paglia

OFFLINE
16/10/2011 10:21
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Ileana Mortari - rito romano
Rendete a Dio quello che è di Dio

Dopo le tre parabole relative allo scontro decisivo con le autorità religiose ebraiche troviamo nel vangelo di Matteo alcune controversie di Gesù con farisei e sadducei, i due gruppi più rappresentativi del giudaismo del tempo.

Gli argomenti sono di grande attualità allora e oggi, come si vede dalla prima questione, oggetto della pericope odierna: il tributo a Cesare, immortalato tra l'altro in varie opere dell'arte cristiana.

Allo scopo di "coglierlo in fallo nei suoi discorsi" (v.15), i farisei mandano a Gesù i loro discepoli insieme ad alcuni erodiani, per porre al Nazareno una questione cruciale del tempo: "E' lecito o no pagare il tributo a Cesare?" (v.17).

La Palestina era diventata dal 63 a.Cr. una provincia dell'impero romano e gli occupanti avevano imposto un pesante regime fiscale, costituito da un'imposta fondiaria per i proprietari di terre ed edifici, nonché una tassa personale sulla ricchezza mobile: è a quest'ultima che si riferisce il quesito posto a Gesù, visto che ogni giudeo adulto e attivo doveva versare all'erario imperiale il "tributum capitis", nella misura di un denaro cadauno, che allora era mediamente la paga giornaliera di un operaio (cfr. Matteo 20,2).

Diverse erano, all'interno del popolo ebraico, le posizioni circa i tributi da versare agli odiosi occupanti: i sadducei, filoromani, non si ponevano il problema; anche gli erodiani, che parteggiavano per Erode Antipa (ligio ai dominatori), erano favorevoli a pagare le tasse. All'opposto gli zeloti, che predicavano la rivoluzione armata antiromana e spesso attuavano colpi di mano, si rifiutavano radicalmente di pagare il tributo a Cesare, per il fatto che, oltre a Dio, non si poteva tollerare alcun sovrano terreno, tanto meno l'imperatore romano che rivendicava una forma di riconoscimento e di "culto", idolatrico e perverso secondo i giudei; infine i farisei, contrari alle rivolte armate e rassegnati al dominio straniero, pagavano le tasse diciamo così "obtorto collo", per evitare il peggio.

Farisei ed erodiani dapprima elogiano ipocritamente Gesù per la sua indipendenza e libertà di pensiero e poi gli pongono l'interrogativo, ma con l'evidente intenzione di farlo cadere in un tranello. Infatti, se egli avesse dato una risposta affermativa, sarebbe stato bollato come cattivo patriota, "collaborazionista" e nemico delle tradizioni dei giudei, e si sarebbe alienato il popolo. Se invece avesse dato risposta negativa, lo avrebbero denunciato alle autorità romane come agitatore politico, ribelle e sovvertitore, avendo così un valido appiglio per farlo condannare. Era un dilemma dal quale sembrava non esserci scampo.

Ma non è così per il Messia, che non solo evita il tranello, ma impartisce un'alta lezione di comportamento civile e religioso; egli non discute astrattamente della liceità o meno del pagamento dei tributi, né fornisce una delle due risposte entrambe compromettenti; ma chiede di mostrargli la moneta del tributo. Gli presentano un denaro, moneta d'argento molto diffusa al tempo di Tiberio, che recava l'iscrizione: "Tiberio Cesare, figlio augusto del divino Augusto, pontefice massimo". La riluttanza degli ebrei a servirsi delle monete romane era dovuta anche al fatto che la raffigurazione su di esse dell'imperatore costituiva una palese violazione del primo comandamento, il quale vietava
ogni riproduzione di esseri viventi, uomini o animali. La questione dunque non era solo politico-civile, ma religiosa.

Farisei ed erodiani posseggono le monete che mostrano a Gesù; dunque è evidente che, aldilà della loro posizione verso gli occupanti, si servono degli strumenti e delle strutture economiche romane per i loro affari e commerci. Per questo Gesù risponde: "Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare".

Senza con ciò legittimare il potere di Roma, Gesù si limita ad una constatazione di fatto: l'imperatore esercita un governo e un'amministrazione e dunque è leale pagare i tributi. Potevano allora farisei ed erodiani accusare il Nazareno di connivenza con gli odiati dominatori? No, perché questa è solo la prima parte della risposta; la seconda è quella che, come dice poi il brano matteano, "sorprende" gli interlocutori (cfr. v.22): "e (rendete) a Dio quello che è di Dio"; li sorprende benevolmente perché, dandole rilievo (come è sempre nella seconda parte di una frase), Gesù inaspettatamente afferma con forza i diritti di Dio che anche ai farisei stavano a cuore e che venivano da loro fieramente difesi contro ogni ingerenza statuale.

Egli non prende una delle due posizioni come volevano i suoi avversari, ma da un lato riconosce l'autonomia della sfera politico-civile-amministrativa, dall'altro ne delimita chiaramente i confini. L'uomo - dice la Bibbia - è stato creato a immagine di Dio (cfr. Gen.1,27), cioè possiede una dignità, una coscienza e una libertà che non possono essere conculcate da nessun potere politico. E proprio Gesù, nella sua umanità di Figlio dell'uomo che serve per amore, ci restituisce il volto di Dio a immagine del quale siamo fatti. Inoltre la collocazione in seconda posizione del riferimento a Dio significa che il "politico" deve essere aperto al "religioso" e non viceversa: qualora Cesare mi impedisse di riconoscere Dio come l'Assoluto, allora sarei obbligato a disubbidirgli, addirittura a ribellarmi, sia pure senza mai far ricorso alla violenza, che è contraria al Vangelo. Così pure bisogna essere pronti a contestare il potere quando esso non difende i più deboli o addirittura calpesta la dignità della persona soffocando quei valori che la coscienza considera come sacri e inviolabili.

Osserviamo ancora che la frase dell'ultimo versetto, diventata celeberrima, sta alla base della definizione della "laicità" dello stato e della politica. Nel 1° secolo a. Cr. ogni struttura politica (dalla polis greca alla monarchia orientale alla teocrazia ebraica) aveva un carattere sacrale, era insieme anche "struttura religiosa": la netta distinzione operata invece da Gesù è una di quelle novità evangeliche che fanno compiere un enorme passo avanti alla coscienza spirituale dell'umanità.

E' evidente che da questa pagina evangelica si possono trarre varie indicazioni pratiche per la vita del cristiano oggi; ne ricordiamo almeno una. Il riconoscere Dio come "Assoluto" non significa svilire o compromettere i doveri verso lo stato: se mai, conferisce loro maggior fondatezza, perché l'ordinamento politico, in quanto "servizio" reso alla civile convivenza, rientra nel piano di creazione voluto da Dio; di conseguenza i credenti devono essere anche cittadini esemplari, rispettando le leggi; quindi, per stare all'argomento della controversia evangelica, "pagare le tasse" non è solo dovere civico, ma morale e religioso. E questo va ben ricordato a tanti, anche cristiani, che disinvoltamente evadono il fisco!

OFFLINE
17/10/2011 08:23
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

a cura dei Carmelitani
Commento Luca 12,13-21

1) Preghiera

Dio onnipotente ed eterno,
crea in noi un cuore generoso e fedele,
perché possiamo sempre servirti con lealtà
e purezza di spirito.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...



2) Lettura del Vangelo

Dal Vangelo secondo Luca 12,13-21
In quel tempo, uno della folla disse a Gesù: ?Maestro, di? a mio fratello che divida con me l?eredità?. Ma egli rispose: ?O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi??. E disse loro: ?Guardatevi e tenetevi lontano da ogni cupidigia, perché anche se uno è nell?abbondanza, la sua vita non dipende dai suoi beni?.
Disse poi una parabola: ?La campagna di un uomo ricco aveva dato un buon raccolto. Egli ragionava tra sé: Che farò, poiché non ho dove riporre i miei raccolti? E disse: Farò così: demolirò i miei magazzini e ne costruirò di più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e datti alla gioia. Ma Dio gli disse: Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato di chi sarà? Così è di chi accumula tesori per sé, e non arricchisce davanti a Dio?.


3) Riflessione

? L?episodio narrato nel vangelo di oggi si trova solo nel Vangelo di Luca e non ha un parallelo con altri vangeli. Fa parte della lunga descrizione del viaggio di Gesù, dalla Galilea fino a Gerusalemme (Lc 9,51 a 19,28), in cui Luca mette la maggior parte delle informazioni che è riuscito a raccogliere rispetto a Gesù e che non si trovano negli altri tre vangeli (cf. Lc 1,2-3). Il vangelo di oggi porta la risposta di Gesù alla persona che gli chiese di essere mediatore nella distribuzione di un?eredità.
? Luca 12,13: Una richiesta per distribuire l?eredità. ?Uno della folla disse a Gesù: Maestro dì a mio fratello di dividere l?eredità con me". Ancora oggi, la distribuzione dell?eredità tra i familiari sopravissuti è una questione delicata e, molte volte, è occasione di dispute e di tensioni senza fine. A quel tempo, l?eredità aveva anche a che fare con l?identità delle persone (1 Re 21,1-3) e con la sopravvivenza (Nm 27,1-11; 36,1-12). Il problema maggiore era la distribuzione delle terre tra i figli del defunto padre. Essendo la famiglia grande, c?era il pericolo che l?eredità si dividesse in piccoli pezzi di terra che non avrebbero più potuto garantire la sopravvivenza di tutti. Per questo, onde evitare il disfacimento o la disintegrazione dell?eredità e mantenere vivo il nome della famiglia, il primogenito riceveva il doppio degli altri figli (Dt 21,17. cf. 2Rs 2,11).
? Luca 12,14-15: Risposta di Gesù: attenzione alla cupidigia. Gesù rispose: "O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi??. Nella risposta di Gesù spunta la consapevolezza che ha della missione. Gesù non si sente mandato da Dio a rispondere alla richiesta di arbitrare tra i parenti che litigano tra di loro per la distribuzione dell?eredità. Ma la richiesta dell?uomo lo spinge alla missione di orientare le persone, poiché ?Guardatevi e tenetevi lontano da ogni cupidigia, perché anche se uno è nell?abbondanza, la sua vita non dipende dai suoi beni?. Faceva parte della sua missione illuminare le persone riguardo al senso della vita. Il valore di una vita non consiste nell?avere molte cose, bensì nell?essere ricco per Dio (Lc 12,21). Poiché, quando il guadagno occupa il cuore, l?uomo non sa come distribuire l?eredità con equità e con pace.
? Luca 12,16-19: La parabola che fa pensare al senso della vita. Poi Gesù racconta una parabola per aiutare le persone a riflettere sul senso della vita: ?La campagna di un uomo ricco aveva dato un buon raccolto. Egli ragionava tra sé: Che farò, poiché non ho dove riporre i miei raccolti?? L?uomo ricco era davvero ossessionato dalla preoccupazione per suoi beni che aumentavano improvvisamente a causa di un raccolto abbondante. Pensa solo ad accumulare per garantirsi una vita senza preoccupazioni. Lui dice: ?Farò così: demolirò i miei magazzini e ne costruirò di più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e datti alla gioia?.
? Luca 12,20: Prima conclusione della parabola. ?Ma Dio gli disse: Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato di chi sarà? Così è di chi accumula tesori per sé, e non arricchisce davanti a Dio?. La morte è una chiave importante per scoprire il vero senso della vita. Rende tutto relativo, poiché mostra ciò che perisce e ciò che rimane. Chi cerca solo di avere e dimentica l?essere, perde tutto nell?ora della morte. Qui è riportato un pensiero assai frequente nei libri sapienziali: perché accumulare beni in questa vita, se non sai dove finiranno i beni che hai accumulato, se non sai cosa ne farà l?erede di quello che tu gli/le lasci? (Eccle 2,12.18-19.21).
? Luca 12,21: Seconda conclusione della parabola. ?Così è di chi accumula tesori per sé, e non arricchisce davanti a Dio?. Come diventare ricco per Dio? Gesù dà diversi suggerimenti e consigli: Chi vuole essere il primo, sia l?ultimo (Mt20,27; Mc 9,35; 10,44); è meglio dare che ricevere (At 20,35); il più grande è il minore (Mt 18,4; 23,11; Lc 9,48) salva la sua vita colui/colei che la perde (Mt 10,39; 16,25; Mc 8,35; Lc 9,24).


4) Per un confronto personale

? L?uomo chiede a Gesù di aiutarlo nella distribuzione dell?eredità. E tu, cosa chiedi a Gesù nelle tue preghiere?
? Il consumismo crea bisogni e sveglia in noi il desiderio del guadagno. Come fai tu per non essere vittima del guadagno dettato dal consumismo?



5) Preghiera finale

Acclamate al Signore, voi tutti della terra,
servite il Signore nella gioia,
presentatevi a lui con esultanza.
(Sal 99)

OFFLINE
18/10/2011 10:31
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

a cura dei Carmelitani
Commento Luca 10,1-9

1) Preghiera

Ci preceda e ci accompagni sempre la tua grazia,
Signore,
perché, sorretti dal tuo paterno aiuto,
non ci stanchiamo mai di operare il bene.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...



2) Lettura del Vangelo

Dal Vangelo secondo Luca 10,1-9
In quel tempo, il Signore designò altri settantadue discepoli e li inviò a due a due avanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: ?La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai per la sua messe. Andate: ecco io vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né bisaccia, né sandali e non salutate nessuno lungo la strada.
In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché l?operaio è degno della sua mercede. Non passate di casa in casa.
Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà messo dinanzi, curate i malati che vi si trovano, e dite loro: È vicino a voi il regno di Dio?.


3) Riflessione

? Oggi, festa dell?evangelista San Luca, il vangelo ci presenta l?invio dei settantadue discepoli che devono annunciare la Buona Novella di Dio nei villaggi e nelle città della Galilea. I settantadue siamo tutti noi che veniamo dopo i Dodici. Mediante la missione dei discepoli e delle discepole Gesù cerca di riscattare i valori comunitari della tradizione della gente che si sentiva schiacciata dalla duplice schiavitù della dominazione romana e dalla religione ufficiale. Gesù cerca di rinnovare e di riorganizzare le comunità in modo che siano di nuovo un?espressione dell?Alleanza, una dimostrazione del Regno di Dio. Per questo insiste sull?ospitalità, nella condivisione, sulla comunione, sull?accoglienza agli esclusi. Questa insistenza di Gesù appare nei consigli che dava ai discepoli ed alle discepole quando li mandava in missione. Al tempo di Gesù c?erano altri movimenti che, come Gesù, cercavano un modo nuovo di vivere e convivere, per esempio Giovanni Battista, i farisei ed altri. Anche loro formavano comunità di discepoli (Gv 1,35; Lc 11,1; At 19,3) ed avevano i loro missionari (Mt 23,15). Ma come vedremo c?era una grande differenza.
? Luca 10,1-3: La Missione. Gesù manda i discepoli nei luoghi dove lui voleva andare. Il discepolo è il portavoce di Gesù. Non è il depositario della Buona Novella. Lui li manda due a due. Ciò favorisce l?aiuto reciproco, poiché la missione non è individuale, bensì comunitaria. Due persone rappresentano meglio la comunità.
? Luca 10,2-3: La corresponsabilità. Il primo compito è pregare affinché Dio mandi operai. Tutti i discepoli e le discepole devono sentirsi responsabili della missione. Per questo devono pregare il Padre per la continuità della missione. Gesù manda i suoi discepoli come agnelli in mezzo ai lupi. La missione è un compito difficile e pericoloso. Perché il sistema in cui vivono i discepoli ed in cui viviamo era e continua ad essere contrario alla riorganizzazione della gente in comunità attive.
? Luca 10,4-6: L?ospitalità. Al contrario degli altri missionari, i discepoli e le discepole di Gesù non dovevano portare nulla, né bisaccia, né sandali. Ma dovevano portare la pace. Ciò significa che devono aver fiducia nell?ospitalità della gente. Perché il discepolo che va senza nulla, portando solo la pace, dimostra di avere fiducia nella gente. Pensa che sarà accolto, e la gente si sente rispettata e confermata. Per mezzo di questa pratica il discepolo critica le leggi dell?esclusione e riscatta gli antichi valori della convivenza comunitaria. Non salutate nessuno lungo la strada significa che non si deve perdere tempo con le cose che non appartengono alla missione.
? Luca 10,7: La condivisione. I discepoli non devono andare di casa in casa, ma rimanere nella stessa casa. Cioè devono convivere in modo stabile, partecipare alla vita ed al lavoro della gente e vivere con ciò che ricevono in cambio, perché l?operaio è degno della sua mercede. Ciò significa che devono aver fiducia nella condivisione. Cosi, per mezzo di questa nuova pratica, riscattano una vecchia tradizione della gente, criticano la cultura di accumulo che caratterizzava la politica dell?Impero Romano ed annunciano un nuovo modello di convivenza.
? Luca 10,8: La comunione attorno al tavolo. Quando i farisei andavano in missione, andavano prevenuti. Pensavano che non potevano fidarsi del cibo della gente che non sempre era ?puro?. Per questo, loro portavano bisaccia e denaro, per potersi procurare il proprio cibo. Cosi, invece di aiutare a superare le divisioni, l?osservanza della Legge della purezza debilitava ancora di più il vissuto dei valori comunitari. I discepoli di Gesù dovevano mangiare ciò che la gente offriva loro. Non potevano vivere separati, mangiando il loro cibo. Ciò significa che devono accettare la condivisione attorno al tavolo. A contatto con la gente, non possono aver paura di perdere la purezza legale. Agendo cosi, criticano le leggi in vigore, ed annunciano un accesso nuovo alla purezza, cioè all?intimità con Dio.
? Luca 10,9a: L?accoglienza degli esclusi. I discepoli devono occuparsi degli infermi, curare i lebbrosi e scacciare i demoni (Mt 10,8). Ciò significa che devono accogliere dentro la comunità coloro che ne sono stati esclusi. Questa pratica solidale critica la società che esclude ed indica soluzioni concrete. E? ciò che oggi fa la pastorale degli esclusi, dei migranti ed emarginati.
? Luca 10,9b: La venuta del Regno. Se queste esigenze vengono rispettate, allora i discepoli possono e devono gridare ai quattro venti: Il Regno è venuto! Annunciare il Regno non è in primo luogo insegnare verità e dottrine, ma condurre verso un nuovo modo di vivere e di convivere da fratelli e sorelle partendo dalla Buona Novella che Gesù ci ha proclamato: Dio è Padre e Madre di tutti noi.


4) Per un confronto personale

? L?ospitalità, la condivisione, la comunione, l?accoglienza degli esclusi: sono pilastri che sostengono la vita comunitaria. Come avviene questo nella mia comunità?
? Cos?è per me essere cristiano o essere cristiana? In un?intervista alla TV, una persona ha risposto così al giornalista: ?Sono cristiano, cerco di vivere il vangelo, ma non partecipo alla comunità della Chiesa?. Ed il giornalista commentò: ?Allora lei si considera un giocatore di calcio, senza una squadra!? E? il mio caso?



5) Preghiera finale

Ti lodino, Signore, tutte le tue opere
e ti benedicano i tuoi fedeli.
Dicano la gloria del tuo regno
e parlino della tua potenza.
(Sal 144)

OFFLINE
19/10/2011 10:05
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Eremo San Biagio

Dalla Parola del giorno
A chiunque fu dato molto, molto sarà richiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più.

Come vivere questa Parola?
Il Vangelo di oggi è un appello alla responsabilità di ogni cristiano, sia come individuo sia come persona chiamata ad un servizio più specifico nella comunità. E' significativo che sia proprio Pietro a chiedere se la parabola precedente sia "per noi o anche per tutti?" Gesù risponde con un'altra parabola che rafforza l'insegnamento: "Chi è dunque l'amministratore fidato e prudente che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito?" Un servo che agisce secondo la volontà del padrone è gradito e sarà da lui messo "a capo di tutti i suoi averi". Però, guai a chi non farà la volontà del padrone.
Nel racconto il padrone è Dio, l'amministratore è, anche se a diversi livelli, ognuno di noi che ha ricevuto il mandato di servire il bene comune. Questo principio va ricordato sia da chi occupa posti di grande responsabilità sia da chi è addetto a più umili mansioni.
Quindi la risposta all'interrogativo di Pietro è ?sì'; la parabola è per tutti, ma si può anche intravedere una sfida particolare per i vescovi e i sacerdoti, a cui è stato affidato un ministero sacro nella Chiesa: quello di "dare la razione di cibo a tempo giusto", cioè di continuare la missione di Gesù spezzando il Pane della Parola e dell'Eucaristia per tutti i fratelli.

Nella mia pausa contemplativa oggi, considererò il mio senso di responsabilità dentro la situazione personale (famiglia, lavoro, gruppo di impegno, parrocchia ecc.).

Signore prego in modo particolare per i sacerdoti, che possano vivere con amore e autenticità il loro ministero di pastori, sperimentando anche la gioia di essere a servizio del tuo popolo. Con il tuo aiuto cercherò di collaborare con loro con fedeltà e prudenza. Aiutami ad essere ?servo fedele' anche negli altri impegni e a sentirti sempre vicino.

La voce di un testimone di oggi
La responsabilità è una virtù, per così dire, globale: coinvolge il singolo in prima persona e nella sua relazione con il mondo intero. E' la virtù di chi sa essere presente con intelligenza e profondità in ciò che accade intorno a noi.
R. Guardini
OFFLINE
20/10/2011 09:48
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Eremo San Biagio


Dalla Parola del giorno
Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso.

Come vivere questa Parola?
Queste sono parole forti che ci sfidano fino in fondo. Gesù è venuto a "gettare fuoco sulla terra". Nella Bibbia il fuoco è un segno della presenza di Dio, come nel roveto ardente di Mosè. Gesù rivela nella sua persona, la presenza di Dio-Amore e rivelandolo, fa accendere sulla terra un fuoco inestinguibile, destinato a rinnovare la faccia della terra.
Gesù arde di un intenso amore per l'umanità ed ogni singolo individuo: "?quanto vorrei che fosse già acceso". Però egli dovrà subire un ?battesimo' che gli sarà causa di profonda angoscia nel giardino di Getsemani e poi nel supplizio della croce.
La passione e la risurrezione di Gesù portano al compimento la missione terrena del Figlio dell'uomo. Segue il tempo della Chiesa sotto la guida dello Spirito Santo, il Fuoco interiore che poi, accompagna ogni persona che accetta e vive il vangelo, fino alla fine dei tempi.
Gesù è sempre segno di contraddizione: "se in una famiglia ci sono cinque persone, si divideranno fino a mettersi tre contro gli altri due e due contro gli altri tre". Questo si verifica anche oggi perché la libertà umana esige che ognuno abbia la possibilità di decidere per o contro Gesù Cristo. Tale scelta è un'opzione per la vita o per la morte, per la realizzazione o meno della grandezza umana.

Nella mia pausa contemplativa oggi, mi metterò accanto a Gesù nel Getsemani: cercherò di entrare nel cuore di Gesù per sentire qualcosa dell'amore che arde per me e per tutti, per comprendere l'angoscia che egli ha sofferto per me e per quelli che non l'avrebbero accettato.

Sacro Cuore di Gesù, vorrei anch'io ardere di amore per te e per tutti i fratelli e sorelle. Fa' che io possa concretizzare nel quotidiano, l'amore che salva e porta alla risurrezione.

Un testimone di oggi
Solo sulla via dell'amore si schiude la ricchezza della vita, la grandezza della vocazione dell'uomo.
Benedetto XVI

OFFLINE
21/10/2011 10:37
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

a cura dei Carmelitani


1) Preghiera

Dio onnipotente ed eterno,
crea in noi un cuore generoso e fedele,
perché possiamo sempre servirti con lealtà
e purezza di spirito.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...



2) Lettura del Vangelo

Dal Vangelo secondo Luca 12,54-59
In quel tempo, Gesù diceva alle folle: ?Quando vedete una nuvola salire a ponente, subito dite: Viene la pioggia, e così accade. E quando soffia lo scirocco, dite: Ci sarà caldo, e così accade. Ipocriti! Sapete giudicare l?aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo? E perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto?
Quando vai con il tuo avversario davanti al magistrato, lungo la strada procura di accordarti con lui, perché non ti trascini davanti al giudice e il giudice ti consegni all?esecutore e questi ti getti in prigione. Ti assicuro, non ne uscirai finché non avrai pagato fino all?ultimo spicciolo?.


3) Riflessione

? Il vangelo di oggi ci presenta l?appello da parte di Gesù per imparare a leggere i Segni dei Tempi. Fu questo testo che ispirò il Papa Giovanni XXIIII a convocare la Chiesa affinché prestasse attenzione ai Segni dei Tempi e percepisse meglio le chiamate di Dio negli avvenimenti della storia dell?umanità.
? Luca 12,54-55: Tutti sanno interpretare gli aspetti della terra e del cielo,... ?Quando vedete una nuvola salire a ponente, subito dite: Viene la pioggia, e così accade. E quando soffia lo scirocco, dite: Ci sarà caldo, e così accade.? Gesù verbalizza un?esperienza umana universale. Tutti e tutte, ciascuno nel suo paese e nella sua regione, sappiamo leggere gli aspetti del cielo e della terra. Il corpo stesso capisce quando c?è minaccia di pioggia o quando il tempo comincia a cambiare: ?Pioverà?. Gesù si riferisce alla contemplazione della natura essendo una delle fonti più importanti della conoscenza e dell?esperienza che lui stesso aveva di Dio. Fu la contemplazione della natura ciò che aiutò a scoprire aspetti nuovi nella fede e nella storia della sua gente. Per esempio, la pioggia che cade sui buoni e sui cattivi, ed il sole sorge sui giusti e sugli ingiusti, lo aiuteranno a formulare uno dei messaggi più rivoluzionari: ?Amate i vostri nemici!? (Mt 5,43-45).
? Luca 12,56-57: ..., ma non sanno leggere i segni dei tempi. E Gesù ne trae la conclusione per i suoi contemporanei e per tutti noi: ?Ipocriti! Sapete giudicare l?aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo? E perché non giudicate voi stessi ciò che è giusto?? Sant?Agostino diceva che la natura, la creazione, è il primo libro che Dio scrive. Per mezzo della natura Dio ci parla. Il peccato imbrogliò le lettere del libro della natura e, per questo, non siamo riusciti a leggere il messaggio di Dio stampato nelle cose della natura e nei fatti della vita. La Bibbia, il secondo libro di Dio, fu scritto non per occupare o sostituire la Vita, ma per aiutarci ad interpretare la natura e la vita e ad imparare di nuovo a scoprire le chiamate di Dio nei fatti della vita. ?Perché non giudicate voi stessi ciò che è giusto?? Condividendo tra di noi ciò che vediamo nella natura, potremo scoprire la chiamata di Dio nella vita.
? Luca 12,58-59: Saper trarre la lezione per la vita. ?Quando vai con il tuo avversario davanti al magistrato, lungo la strada procura di accordarti con lui, perché non ti trascini davanti al giudice e il giudice ti consegni all?esecutore e questi ti getti in prigione. Ti assicuro, non ne uscirai finché non avrai pagato fino all?ultimo spicciolo?. Uno dei punti su cui Gesù insiste maggiormente è la riconciliazione. In quel tempo c?erano molte tensioni e conflitti tra i gruppi radicali con tendenze diverse, senza dialogo: zeloti, esseni, farisei, sadducei, erodiani. Nessuno voleva cedere dinanzi all?altro. Le parole di Gesù sulla riconciliazione che chiedono accoglienza e comprensione illuminano questa situazione. Perché l?unico peccato che Dio non riesce a perdonare è la nostra mancanza di perdono verso gli altri (Mt 6,14). Per questo, consiglia di cercare la riconciliazione prima che sia troppo tardi! Quando giunge l?ora del giudizio, sarà troppo tardi. Quando hai tempo, cerca di cambiar vita, comportamento e modo di pensare e cerca di fare il passo giusto (cf. Mt 5,25-26; Col 3,13; Ef 4,32; Mc 11,25).


4) Per un confronto personale

? Leggere i Segni dei Tempi. Quando ascolto o leggo le notizie in TV o sui giornali, mi preoccupo di percepire le chiamate di Dio in questi fatti?
? Riconciliazione è la richiesta più insistente di Gesù. Cerco di collaborare nella riconciliazione tra le persone, le razze, i popoli, le tendenze?



5) Preghiera finale

Del Signore è la terra e quanto contiene,
l?universo e i suoi abitanti.
È lui che l?ha fondata sui mari,
e sui fiumi l?ha stabilita.
(Sal 23)

OFFLINE
22/10/2011 14:05
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Eremo San Biagio
Commento su Romani 8,9

Voi però non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi.
Rm 8,9


Come vivere questa Parola?

Non spaventiamo né turbiamoci ad oltranza, oggi, S. Paolo ci schiude dinanzi un orizzonte dove domina rasserenate la presenza dello Spirito. L'impotenza a produrre frutti, richiamata dal vangelo odierno, e l'incapacità a perseverare nel bene del brano ai Romani di ieri, è vinta grazie all'opera redentiva di Cristo. Nella misura in cui restiamo innestati in lui, partecipi della stessa linfa vitale che è lo Spirito Santo, anche noi possiamo produrre frutti di santità.

Prendiamo, quindi, sul serio la presenza dello Spirito nella nostra vita di battezzati, apriamoci alla sua azione con docilità, di modo che i desideri della carne cedano il posto ai suoi. Si tratta in una parola da vivere come figli e non solo come servi. Chi identifica la vita cristiana con una fredda osservanza dei comandamenti ha soffocato in sé la voce dello Spirito che grida: Abbà-Padre. Si sente servo, non figlio! Dobbiamo allora rigettare i comandamenti? No, ma leggerli in profondità per quello che sono: espressione del Cuore di Dio che ci chiama a vivere in pienezza. La loro osservanza, l'adesione alla volontà di Dio sarà il rifluire di questo stesso amore, quasi un'onda di ritorno.

Oggi, nella mia pausa contemplativa, mi affiderò all'azione dello Spirito Santo perché liberi in me il "figlio" e mi abiliti a "leggere" l'impronta del Padre nei chiaro-oscuri della vita.

Vieni Spirito Santo, prendi possesso della mia vita, sostituisci il mio cuore di servo con un cuore filiale, sprigiona da esso quel grido che chiama Dio in me e su di me: Abbà-Padre.

Le parole di predicatore della Parola

Dio ha scritto la sua legge nei nostri cuori con lo Spirito Santo; questa legge nuova è l'amore che egli ha effuso nei nostri cuori, nel battesimo, mediante lo Spirito Santo; essa ci rende capaci di mettere in pratica anche le altre leggi; ci permette di camminare secondo lo Spirito, obbedendo al vangelo.
Raniero Cantalamessa

OFFLINE
23/10/2011 16:32
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Gaetano Salvati
Si ama perché si è amati per primi

La Liturgia della Parola di questa Domenica pone l'accento sul più grande dei comandamenti di Dio, l'amore, chiave di lettura sia dell'Antico testamento che del Nuovo. Tale interpretazione è ravvivata attraverso la parola dei profeti e la riflessione dei sapienti. In effetti, quando Paolo parla della comunità di Tessalonica come di un modello da seguire (1Ts 1,6ss), si riferisce alla loro fede che si esprime nella carità. Lo stesso libro dell'Esodo richiama a Israele la misericordia del Signore nei confronti delle classi più deboli: "il forestiero, la vedova e l'orfano" (Es 22,20-22). Per loro, Dio è "scudo, salvezza e baluardo" (Sal 17,3). È amore infinito, e palpabile nella carne di Cristo, verso ogni uomo e donna.
Questo amore è annunciato nel vangelo. San Matteo, infatti, narra che i dottori della Legge d'Israele cercano di mettere alla prova Gesù, domandandogli qual è il più grande comandamento della Legge. Il Maestro risponde che sono due: il primo riguarda l'amore che il credente deve necessariamente rivolgere al Signore (v. 37); il secondo, invece, è l'amore disinteressato che il discepolo deve nutrire verso il suo fratello (v. 39).
Le parole di Gesù, i due testi riguardanti il comandamento dell'amore (Mt 22,37-39), non attuano una sintesi della Bibbia, bensì riportano alla sua originale essenza il desiderio di ogni pio israelita, e di ogni cristiano, di essere fedele all'alleanza stipulata da Dio con Mosè e i patriarchi. Il Maestro afferma che ogni azione di Dio nei confronti dell'uomo, è sempre sostenuta dall'amore infinito del Creatore verso la creatura.
I due comandamenti, allora, formano un'unica realtà, un percorso di fede, che conduce il cristiano verso la piena comprensione del mistero divino. Ma, in che modo il credente riesce ad amare il Signore e i Fratelli? L'amore a cui appella il Maestro è l'imitazione della compassione di Dio nei confronti dell'uomo: il Padre, per amore, non ha esitato a mandare il Figlio sulla terra; il Figlio, per amore, non ha negato il sacrificio supremo di sé sulla croce; lo Spirito, per amore, non cessa di santificare l'umanità e rendere presente, in mezzo ad essa, il Dio vivo. Quindi, il primo comandamento: "amerai il Signore", è la risposta sincera del discepolo di Gesù. Si ama perché si è amati per primi: l'uomo ama il Signore perché è amato da Lui, è ricolmato di beni, di vita eterna. È l'amore verso Dio che assume i tratti di riconoscenza per tutte le meraviglie compiute verso l'umanità, vale a dire, la gratuità del dono della vita, e la gioia della vita nuova instaurata da Cristo nel mattino di Pasqua. Ora, si comprende anche il secondo comandamento. L'amore originario, quello di Dio nei nostri confronti, che dà inizio all'amore della creatura per il Creatore, deve essere rivolto verso gli uomini. Tale amore costituisce la Chiesa. La comunità cristiana è la famiglia umana, chiamata da Dio per testimoniare al mondo l'amore del Signore. L'esortazione di Gesù, perciò, "amerai", "amerai", oltre a spiegare le profondità delle azioni divine sull'uomo, illustra anche quello che i discepoli devono attuare. Come per il primo comandamento, i cristiani rispondono all'amore amando. Infatti, convocando la comunità, lo Spirito invita all'amore, cioè a scorgere in ogni fratello il volto di Dio; ancora, a coltivare sentimenti di pace e di perdono. Nell'amore, ogni fratello appartiene all'altro; per cui, nella Chiesa, non esistono individualismi: ognuno è responsabile dell'altro, custode della fede del prossimo. L'Amore (Dio) non dissolve neppure la persona umana nel collettivo: il discepolo, amato e spinto ad amare, viene indirizzato dallo Spirito verso Dio e con Dio. Verso Dio, poiché l'uomo, accettando liberamente di lasciarsi risollevare da Gesù, viene trasformato in una creatura nuova. Con Dio, poiché l'uomo nuovo non è più da solo, è con Dio e con tutti i fratelli in Cristo. Dunque, la comunità cristiana è l'umanità che ha creduto nell'amore e nel perdono, nella speranza contro le disperazioni del peccato e della morte, nella fede in Gesù Cristo. In Lui, la fede, la speranza e la carità, non rimangono miti, ma eventi che, continuamente, si ripropongono nella nostra vita: in Lui, ogni cristiano cresce nell'amore, rafforza la fede e spera; in Lui, infine, la Chiesa si scopre generata dall'Amore e indirizzata verso di Essa.
Fratelli, non respingiamo l'amore di Dio. Sforziamoci ad amare Dio in ogni sguardo che incrociamo durante il cammino. Al crocevia di ogni incontro e scontro, il nostro Dio, incarnato, vuole essere smascherato. Rimaniamo sensibili, allora, al suo amore, che si manifesta, quasi di nascosto, negli spazi che concediamo o no, ai viandanti della vita. Amen.

OFFLINE
24/10/2011 08:48
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

a cura dei Carmelitani


1) Preghiera

Dio onnipotente ed eterno,
accresci in noi la fede, la speranza e la carità,
e perché possiamo ottenere ciò che prometti,
fa' che amiamo ciò che comandi.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...



2) Lettura del Vangelo

Dal Vangelo secondo Luca 13,10-17
In quel tempo, Gesù stava insegnando in una sinagoga il giorno di sabato. C'era là una donna che aveva da diciotto anni uno spirito che la teneva inferma; era curva e non poteva drizzarsi in nessun modo.
Gesù la vide, la chiamò a sé e le disse: "Donna, sei libera dalla tua infermità", e le impose le mani. Subito quella si raddrizzò e glorificava Dio.
Ma il capo della sinagoga, sdegnato perché Gesù aveva operato quella guarigione di sabato, rivolgendosi alla folla disse: "Ci sono sei giorni in cui si deve lavorare; in quelli dunque venite a farvi curare e non in giorno di sabato".
Il Signore replicò: "Ipocriti, non scioglie forse, di sabato, ciascuno di voi il bue o l'asino dalla mangiatoia, per condurlo ad abbeverarsi? E questa figlia di Abramo, che satana ha tenuto legata diciott'anni, non doveva essere sciolta da questo legame in giorno di sabato?"
Quando egli diceva queste cose, tutti i suoi avversari si vergognavano, mentre la folla intera esultava per tutte le meraviglie da lui compiute.


3) Riflessione

? Il vangelo di oggi descrive la guarigione della donna curva. Si tratta di uno dei molti episodi che Luca narra, senza molto ordine, nel descrivere il lungo cammino di Gesù verso Gerusalemme (Lc 9,51 a 19,28).
? Luca 13,10-11: La situazione che provoca l'azione di Gesù. Gesù si trova nella sinagoga in un giorno di riposo. Obbedisce alla legge, rispettando il sabato e partecipando alla celebrazione con la sua gente. Luca informa che Gesù stava insegnando. Nella sinagoga c'era una donna curva. Luca dice che uno spirito di debolezza le impediva di stare dritta. Era un modo in cui la gente del tempo spiegava le malattie. Erano già diciotto anni che la donna si trovava in quella situazione. La donna non parla, non ha un nome, non chiede di essere guarita, non prende nessuna iniziativa. La sua passività colpisce.
? Luca 13,12-13: Gesù cura la donna. Vedendo la donna, Gesù la chiama e le dice: "Donna, sei libera dalla tua infermità!". L'azione di liberare è fatta dalla parola, rivolta direttamente alla donna, e dall'imposizione delle mani. Immediatamente, lei si mette in piedi e comincia a lodare il Signore. C'è un rapporto tra il mettersi in piedi e lodare il Signore. Gesù fa in modo che la donna si metta in piedi, in modo che lei possa lodare Dio in mezzo alla gente riunita in assemblea. La suocera di Pietro, una volta guarita, si mise in piedi e si mise a servire (Mc 1,31). Lodare Dio e servire i fratelli!
? Luca 13,14: La reazione del capo della sinagoga. Il capo della sinagoga si infuriò vedendo l'azione di Gesù, perché aveva curato un giorno di sabato: "Ci sono sei giorni in cui si deve lavorare; in quelli dunque venite a farvi curare e non il giorno di sabato" . Nella critica del capo della sinagoga la gente ricorda la parola della Legge di Dio che diceva: "Ricordati del giorno di sabato per santificarlo: sei giorni faticherai e farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore tuo Dio: tu non farai alcun lavoro" (Es 20,8-10). Questa reazione è perché la donna non poteva partecipare in quel tempo. Il dominio delle coscienze mediante la manipolazione della legge di Dio era assai forte. Ed era il modo di tenere la gente sottomessa e piegata.
? Luca 13,15-16: La risposta di Gesù al capo della sinagoga. Il capo condannò le persone perché voleva che osservassero la Legge di Dio. Ciò che per il capo della sinagoga è l'osservanza della legge di Dio, per Gesù è ipocrisia: "Ipocriti, non scioglie forse, di sabato, ciascuno di voi il bue o l'asino dalla mangiatoia, per condurlo ad abbeverarsi? E questa figlia di Abramo, che satana ha tenuto legata diciotto anni, non doveva essere sciolta da questo legame il giorno di sabato?" Con questo esempio tratto dalla vita di ogni giorno, Gesù indica l'incoerenza di questo tipo di osservanza della legge di Dio. Se è permesso sciogliere un bue o un asino nel giorno di sabato per dar loro da bere, molto di più sarà permesso sciogliere una figlia di Abramo per liberarla dal potere del male. Il vero senso dell'osservanza della Legge che piace a Dio è questo: liberare le persone dal potere del male e metterle in piedi, affinché possano rendere gloria a Dio e lodarlo. Gesù imita Dio che sostiene coloro che vacillano, e rialza chi è caduto (Sal 145,14; 146,8).
? Luca 13,17: La reazione della gente dinanzi all'azione di Gesù. L'insegnamento di Gesù lascia confusi i suoi avversari, ma la moltitudine si riempie di gioia per le cose meravigliose che Gesù sta compiendo: "La folla intera esultava per le meraviglie da lui compiute". In Palestina, al tempo di Gesù, la donna viveva piegata, sottomessa al marito, ai genitori ed ai capi religiosi del suo popolo. Questa situazione di sottomissione era giustificata dalla religione. Ma Gesù non vuole che lei continui ad essere sottomessa. Sciogliere e liberare le persone non dipende da un giorno determinato. Può essere fatto tutti i giorni, anche nel giorno di sabato!


4) Per un confronto personale

? La situazione della donna è cambiata molto da allora, o no? Qual' è la situazione della donna oggi nella società e nella Chiesa? C'è una relazione tra religione ed oppressione della donna?
? La moltitudine esultò dinanzi all'azione di Gesù. Quale liberazione sta avvenendo oggi e sta portando la moltitudine ad esultare e rendere grazie a Dio?



5) Preghiera finale

Beato l'uomo che non segue il consiglio degli empi,
non indugia nella via dei peccatori
e non siede in compagnia degli stolti;
ma si compiace della legge del Signore,
la sua legge medita giorno e notte.
(Sal 1)

OFFLINE
25/10/2011 08:31
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Eremo San Biagio


Dalla Parola del giorno
Nel timore di Cristo, siate sottomessi gli uni agli altri.

Come vivere questa Parola?
Che cos'è la sottomissione? Ne parla l'apostolo come di un atteggiamento da vivere nel timore (leggi: stupito amore di Cristo). Egli specifica che il marito è in certo senso il capo della coppia. La moglie dovrà tenerne conto ma sempre in riferimento a Cristo che è capo della Chiesa allo scopo di salvarla. D'altro canto il marito, lungi dall'esercitare da despota una sua priorità, è tenuto a circondare di amore la moglie, a farla vivere proprio in forza di un amore che è tale quando, come quello di Cristo per la Chiesa, non è fatto di parole, ma del totale dono di sé.
E allora, ritornando all'incisivo invito di Paolo preso qui in considerazione, la relazione è tutta giocata in quel sottomettere vicendevolmente ora un parere, ora un piacere, ora una possibile decisione. A favore della coppia e dei figli, o, in altro ambito, per il bene della comunità. Come a dire: per il regno di Dio "che solo amore e luce ha per confine"!
Sottomissione, intesa nel vigore della parola di Dio, non è dunque debolezza, difetto nel volere, nel sentire, deficienza di personalità. Vuol dire piuttosto: faccio zittire le pretese del mio orgoglio, della mia volontà di dominio e di possesso, della mia presunzione, perché, nell'umile amore, emerga dal mio cuore quella ricerca del vero bene che è "amore, pace e gioia, benevolenza, mitezza, magnanimità, dominio di sé" come dice Paolo scrivendo ai Galati.

Nella pausa contemplativa lascio, oggi, sedimentare in profondità questo invito di Paolo e lo applico non ad altri ma a me.

Signore, insegnami il ribaltamento completo delle visuali: quella mondana infatti considera un coniglio la persona che sa esercitare la sottomissione voluta per amore; quella evangelica la considera un puro voler somigliare a te che hai detto: Imparate da me che sono mite e umile di cuore.

La voce di un grande Papa
A tutti gli uomini di buona volontà spetta un compito immenso: il compito di ricomporre i rapporti della convivenza nella verità, nella giustizia, nell'amore, nella libertà: i rapporti della convivenza tra i singoli esseri umani; fra i cittadini e le rispettive comunità politiche; fra le stesse comunità politiche; fra individui, famiglie.
Giovanni XXIII

OFFLINE
26/10/2011 14:22
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Il Vangelo di oggi ci dà un'impressione di severità. Gesù non risponde alla domanda che gli è stata rivolta:
"Signore, sono pochi quelli che si salvano?", non dice se sono pochi o tanti, ma esorta: "Sforzatevi di entrare per la porta stretta...". Perché non risponde? Per una preoccupazione d'amore. Chi gli domanda se i salvati sono pochi si mette su un piano teorico, di speculazione, e Gesù non vuol lasciarlo in questa attitudine di staticità, l'attitudine di chi non si dà da fare ma si accontenta di guardare da lontano. Egli vuol mettere i suoi ascoltatori in movimento perché entrino nell'amore di Dio. Invece di domandarsi se saranno pochi o tanti a salvarsi, bisogna ed è questo il desiderio del cuore di Gesù che ognuno si sforzi di entrare nel piano di Dio, di corrispondere all'amore che lo chiama: così quelli che si salvano saranno molti.
"Sono pochi quelli che si salvano?". Se Gesù avesse risposto: "Anzi, sono molti!", si sarebbero messi tranquilli, dicendosi: "I salvati saranno tanti! Non è il caso di prendersela troppo!"; se avesse risposto: "Sì, sono pochi! " sarebbero rimasti bloccati: "Se sono pochi, io non sarò certamente uno di loro!" e avrebbero mancato di fiducia e di generosità. Ora, Gesù non vuole né il primo né il secondo atteggiamento. Egli desidera accendere in noi il fuoco dell'amore e impegnarci a corrispondere con tutte le nostre forze all'amore di Dio.
"Sforzatevi di entrare". È l'inquietudine dell'amore che glielo fa dire; se non desiderasse che tutti entriamo non parlerebbe così. Ed è ancora l'inquietudine dell'amore che gli fa usare parole severe, che lo spinge a farci conoscere quale rischio corriamo se non siamo fedeli ai suggerimenti dello Spirito in noi. Egli ci fa vedere quello che accadrebbe, proprio perché non accada. E alla fine si direbbe che Gesù lasci traboccare dal suo cuore il suo ardente desiderio, che vede realizzato:
"Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio". Ecco dunque: anche nella severità di questo Vangelo noi riconosciamo Gesù, il suo amore, il desiderio della nostra salvezza, per la quale è venuto a morire.
Nella lettera di Paolo ai Romani contempliamo il disegno divino: "Quelli che egli da sempre ha conosciuto li ha anche predestinati ad essere conformi all'immagine del Figlio suo". Così si esprime la traduzione, ma il senso vero è: "Destinati ad assomigliare al Figlio suo".
È il suo Figlio prediletto, nel quale Dio ha posto tutto il suo amore, tutte le sue compiacenze, e vuole che noi gli assomigliamo per poterci amare, per amarci in Cristo e con lui. E tutto è ordinato al compimento di questo disegno: "Tutto concorre al bene di coloro che amano Dio", che sono chiamati secondo il suo disegno di amore. E un pensiero di Dio stabilito da sempre: egli ci ha "predestinati", vale a dire destinati dal principio ad assomigliare al Figlio. "Quelli che ha predestinati li ha anche chiamati; quelli che ha chiamati li ha anche giustificati; quelli che ha giustificati li ha anche glorificati". Ecco il disegno di Dio per noi. Un disegno che deve suscitare la nostra ammirazione, la nostra meraviglia e diventare in noi sorgente di fiducia e di generosità costanti. Dio ci ama, vuole che siamo perfetti, santi, uniti a lui in comunione strettissima. E fa tutto quello che è necessario perché il suo progetto diventi realtà. Sempre Dio pensa a questo suo disegno e ci ispira quello che dobbiamo fare per progredire in questa via, ci dà la forza, ci dà la luce, ci dà il desiderio di corrispondere ai suoi doni.
Un progetto così grandioso è evidentemente al di fuori di ogni possibilità umana: noi non possiamo pretendere di realizzare in noi la somiglianza con Gesù. Ma Dio ci dà il desiderio e lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza per esprimere questo anelito: "Lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili". Così incomincia a realizzarsi la nostra santità, quando ci rendiamo conto che è al di là delle nostre capacità e lasciamo che lo Spirito Santo gema in noi, perché siamo deboli, perché siamo poveri, ma con grande fiducia che Dio, il quale ci ha predestinati ad assomigliare al Figlio, vuol lavorare in noi attraverso la sofferenza del desiderio e poi nella generosità del compimento.
Ringraziamo il Signore del suo meraviglioso disegno a riguardo di ciascuno di noi e siamo pieni di gioia e di fiducia che egli lo compirà se ci abbandoniamo a lui.
OFFLINE
27/10/2011 09:39
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

padre Lino Pedron
Commento su Luca 13,31-35

Probabilmente Erode si serve dei farisei per impaurire Gesù e allontanarlo dal suo territorio. E' meglio che questa persona scomoda si trasferisca nella zona di competenza del suo nemico, Pilato. Questi, a sua volta, glielo invierà e gli restituirà il favore. In tale scambio diverranno amici (Lc 23,6-12).

La volpe è un'animale immondo. Con questo titolo Gesù bolla l'immoralità di Erode. Gesù lo tranquillizza, illustrandogli la propria attività. Non entra in concorrenza con lui. Non gli insidia il trono. Il suo potere è quello di servire l'uomo liberandolo dal male interno (demoni) ed esterno (malattie). Questa è l'attività di Gesù compiuta in pieno giorno.

L'attività di Gesù è compiuta nell'"oggi" della sua vita terrena. La sua vita volge al tramonto: darà pensieri ad Erode ancora per poco tempo. Il terzo giorno è quello definitivo della risurrezione.

Il viaggio di Gesù non è mosso dalla paura di Erode, ma dalla volontà del Padre che lo vuole a Gerusalemme dove si compirà il mistero della salvezza.

La triplice ripetizione del nome di Gerusalemme è l'espressione di un amore e di una tenerezza infiniti. Gesù non piange sulla propria sorte, ma sulla sua città (Lc 19,41; 23,28 ss).Gli reca più dolore il male dell'amata che non la propria uccisione che avviene per mano dell'amata. E' la manifestazione suprema del suo amore. E' l'amore dello Sposo che piange il male della sposa che l'uccide. E' importante la rivelazione anticipata di questo amore che, pur prevedendo il peggio, si offre senza condizioni. La vista di un Dio che ci ama fino a morire per noi sarà l'offerta estrema d'amore che rende possibile la conversione (Lc 23,48; Gv 12,32).

L'immagine che Gesù dà di sé, paragonandosi a una chioccia, è la più umile e la più bella di tutte. Richiama le parole di Dio del Sal 91,4: "Ti coprirà con le sue penne, sotto le sue ali troverai rifugio". Esprime la forza della sua tenerezza: l'aquila potente che salva (Dt 32,11) qui si fa' chioccia. L'amore materno di Dio è tanto forte da renderlo debole, tanto sapiente da renderlo stolto, fino a dare la vita per noi: "Egli infatti fu crocifisso per la sua debolezza" (2Cor 13,4).

L'ultima frase di questo capitolo lascia ancora aperta la possibilità al ravvedimento. Queste parole si riferiscono all'ingresso di Gesù in Gerusalemme (Lc 19,38), ma soprattutto all'ultimo ritorno di Cristo alla fine dei tempi. Anche i giudei saluteranno questo ritorno, perché allora saranno convertiti (Rm 11,25-31).

OFFLINE
28/10/2011 10:03
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Eremo San Biagio


Dalla Parola del giorno
Voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio.

Come vivere questa Parola?
A S.Paolo, innamorato di Cristo che ha afferrato pienamente la sua vita nella luce, importa una cosa sola: rendere consapevoli quelli di Efeso e noi della nostra splendida identità.
Incomincia col dire quello che non siamo: "né stranieri, né ospiti", ossia persone a cui porgi attenzione e di cui hai cura, però senza profondi legami d'intimità. Poi ecco che S.Paolo svela al nostro cuore quello che, in realtà noi siamo: "concittadini dei santi e familiari di Dio".
Spesso, nell'immaginario del popolo, i santi sono quelli raffigurati con tanto di aureola, quelli a cui, se gli dedichi un coroncino o una novena di preghiere propiziatorie, ti sganciano la grazia che cerchi: guarire da qualche malanno, vincere la causa intentata col vicino di casa o cose simili. Ma i santi sono ben altro, per fortuna! Sono gente che ha camminato come noi coi piedi ben piantati a terra, ma con gli occhi del cuore in cielo. Non sono quelli che hanno "pagato la tassa" della messa domenicale, ma quelli che hanno creduto di essere immensamente amati. Sì, alla fine della vita, ci sarà chiesto se abbiamo imparato ad amare con cuore vivo e mani operanti il bene o se siamo stati refrattari all'amore come la chiave arrugginita alla toppa.
E familiari di Dio significa proprio questo: imparare, giorno dietro giorno, a voler bene a tutti, a fare del bene a tutti, con quella letizia del cuore di cui è simbolo l'uccello che vola alto nel sole.

Nella mia pausa contemplativa, oggi, sto lì a guardarmi nello specchio della Parola. E mi chiedo: sono contento di essere anch'io chiamato a una vita santa? E vivo l'intimità con Dio?

Signore, tu sei più intimo a me di me stesso. Rendimene sempre più consapevole e fammi vivere di conseguenza.

La voce di una beata
La santità è amore, è corrispondenza alla grazia, è trionfo, è vittoria su di noi e sul mondo, è l'ideale di Gesù per noi.
Beata Madre Maria Candida dell'Eucaristia

OFFLINE
29/10/2011 09:23
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

a cura dei Carmelitani


1) Preghiera

Dio onnipotente ed eterno,
accresci in noi la fede, la speranza e la carità,
e perché possiamo ottenere ciò che prometti,
fa' che amiamo ciò che comandi.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...




2) Lettura

Dal Vangelo secondo Luca 14,1.7-11
Un sabato Gesù era entrato in casa di uno dei capi dei farisei per pranzare, e la gente stava ad osservarlo. Gesù, vedendo come gli invitati sceglievano i primi posti, disse loro una parabola: "Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più ragguardevole di te e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: Cedigli il posto! Allora dovrai con vergogna occupare l'ultimo posto.
Invece quando sei invitato, va' a metterti all'ultimo posto, perché venendo colui che ti ha invitato ti dica: Amico, passa più avanti.
Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato".



3) Riflessione

? Contesto. La Parola di grazia che Gesù rendeva visibile con il suo insegnamento e le sue guarigioni rischia di essere soppressa; per Gesù si avvicina sempre di più l'evento della morte, come tutti i profeti che l'hanno preceduto.. Tale realtà a cui Gesù va incontro mostra con chiarezza il rifiuto dell'uomo e la pazienza di Dio. Rifiutando Gesù come il primo inviato, l'unica Parola di grazia del Padre l'uomo si procura la propria condanna e chiude quella possibilità che il Padre gli aveva aperto per accedere alla salvezza. Tuttavia la speranza non è ancora spenta: è possibile che un giorno l'uomo riconosca Gesù come «colui» che viene dal Signore e ciò sarà motivo di gioia.. La conclusione, quindi, del cap.13 di Luca ci fa comprendere che la salvezza non è un'impresa umana, la si può solo accogliere come un dono assolutamente gratuito. Vediamo, dunque, come si avvera questo dono della salvezza, tenendo sempre presente questo rifiuto di Gesù come l'unico inviato di Dio.
? L'invito a pranzo. Di fronte al pericolo di essere ridotto al silenzio era stato suggerito a Gesù di fuggire e, invece, accetta un invito a pranzo. Tale atteggiamento di Gesù fa capire che egli non teme i tentativi di aggressione alla sua persona, anzi non lo rendono pauroso. A invitarlo è «un capo dei farisei», una persona autorevole. Tale invito cade di sabato, un giorno ideale per pranzi di festa che di solito venivano consumati verso mezzogiorno dopo che tutti avevano partecipato alla liturgia sinagogale. Durante il pranzo i farisei «stavano ad osservarlo» (v.1): un azione di controllo e vigilanza che allude al sospetto circa il suo comportamento. In altri termini lo osservavano aspettando da lui qualche azione inammissibile con la loro idea della legge. Ma in fin dei conti lo controllano non per salvaguardare l'osservanza della legge quanto per incastrarlo su qualche suo gesto. Intanto di sabato, dopo aver guarito dinanzi ai farisei e dottori della legge un idropico, esprime due riflessioni risolutive su come bisogna accogliere l'invito a tavola e con quale animo si deve invitare (vv.12-14). La prima è chiamata da Luca «una parabola», vale a dire, un esempio, un modello o un insegnamento da seguire. Innanzitutto bisogna invitare con gratuità e con libertà d'animo. Spesso gli uomini si fanno avanti, si propongono per essere invitati, invece, di ricevere l'invito. Per Luca il punto di vista di Dio è il contrario, è quello dell'umiltà: «Ha rovesciato i potenti dai troni e ha innalzato gli umili». La chiamata a partecipare alla «grande cena» del Regno ha come esito una maggiorazione del livello di vita per chi è capace di accogliere con gratuità l'invito della salvezza.
? L'ultimo posto. É vero che cedere il proprio posto agli altri non è gratificante, ma può essere umiliante; è una limitazione del proprio orgoglio. Ma ancor più umiliante e motivo di vergogna quando si deve compiere il movimento verso l'ultimo posto; è un disonore agli occhi di tutti. Luca, da un parte, pensa a tutte quelle situazioni umilianti e dolorose in cui il credente si può trovare, dall'altra al posto riservato per chi vive questi eventi davanti agli occhi di Dio e al suo regno. Gli orgogliosi, coloro che cercano i primi posti, i notabili, si gratificano della loro posizione sociale. Al contrario, quando Gesù è venuto ad abitare in mezzo a noi, «non c'era posto per lui» (2,7) e ha deciso di rimanervi scegliendo il posto tra la gente umile e povera. Per questo Dio lo ha elevato, lo ha esaltato. Da qui il prezioso suggerimento a scegliere il suo atteggiamento, privilegiando l'ultimo posto. Il lettore può rimanere disturbato da queste parole di Gesù che minano il senso utilitaristico ed egoistico della vita; ma a lungo andare il suo insegnamento si rivela determinante per l'ascesa in alto; il cammino dell'umiltà conduce alla gloria.



4) Per un confronto personale

? Nel tuo rapporto di amicizia con gli altri prevale il calcolo dell'interesse, l'attesa di ricevere un contraccambio?
? Nel relazionarti con gli altri al centro dell'attenzione c'è sempre e comunque il tuo io, anche quando fai qualcosa per i fratelli? Sei disposto a donare ciò che sei?




5) Preghiera finale

Come la cerva anela ai corsi d'acqua,
così l'anima mia anela a te, o Dio.
L'anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente:
quando verrò e vedrò il volto di Dio?
(Sal 41)

OFFLINE
30/10/2011 10:13
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

mons. Gianfranco Poma
Voi siete tutti fratelli

La Liturgia della domenica XXXI del tempo ordinario ci fa leggere l'inizio del cap.23 (vv.1-12) del Vangelo di Matteo, capitolo che contiene una serrata denuncia degli Scribi e dei Farisei e che costituisce l'introduzione dell'ultimo grande discorso di Gesù, il discorso escatologico, raffinata costruzione di Matteo. Dopo le discussioni, i confronti, gli scontri di Gesù con gli scribi, i Farisei, i Sadducei, i dottori della Legge dei capitoli precedenti, Matteo presenta una risposta sintetica del pensiero di Gesù, del suo modo di concepire la Legge e i Profeti, di ascoltare la Parola di Dio e di viverla. Si tratta di una pagina intensa, dura, con i sette richiami: "Guai a voi, Scribi e Farisei ipocriti", che fanno da contrappunto a ciò che Gesù ha proclamato nelle Beatitudini. La Liturgia ci fa leggere solamente i versetti introduttivi di questo capitolo, ritenendo forse eccessivamente ostile il seguito. E' evidente, da quanto Gesù dice dal v.8, che le sue parole sono ormai rivolte alla comunità cristiana, ed è opportuno che, al termine dell'anno liturgico, le sentiamo rivolte a noi, come richiamo forte alla serietà con cui dobbiamo chiederci se davvero siamo suoi discepoli. Il Vangelo di Matteo è tutto incentrato sulla novità cristiana e sull'identità della comunità cristiana in rapporto all'ebraismo. La domanda che Gesù pone a noi è proprio questa: se noi abbiamo scoperto questa novità e questa identità e se la viviamo senza ipocrisia. E Gesù provoca noi, con la durezza appassionata del profeta, perché abbandoniamo tutto ciò che appesantisce la novità e oscura l'identità cristiana. Gesù ci chiede dunque un coraggioso esame di coscienza e una concreta decisione di coerenza di vita.
Gesù ha appena proclamato il primo e grande comandamento dell'amore di Dio e il secondo, che è simile al primo, dell'amore del prossimo: "da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti". Sarebbe superficiale contrapporre l'amore alla Legge: tutto il Vangelo di Matteo dimostra che Gesù non disprezza per nulla la Legge, come pensano gli Scribi e i Farisei e non intende sostituire l'amore alla Legge, come tendono a pensare i cristiani a cui Matteo si rivolge. L'amore è il compimento della Legge: senza l'amore la Legge muore e il Profeta si spegne. Ma l'amore non è un sentimento vuoto e superficiale, non trascura la Legge, la vive in pienezza: non si accontenta di non dire il falso, cerca la verità; non si accontenta di non uccidere, dona la vita; non solo non ruba, ma viene incontro alla necessità dei fratelli.Questa pagina del Vangelo esprime la passione di Gesù per la Legge, non come serie di precetti da mettere in pratica, ma come i Profeti hanno continuamente richiamato, come espressione della cura con cui Dio come pastore guida il suo popolo nel cammino verso la libertà. L'amore di Gesù per la Legge mostra che egli vive totalmente in ascolto della Parola di Dio: questo è il segno del suo essere il Figlio di Dio che conosce interiormente la volontà del Padre. Solo partendo dall'esperienza interiore di Gesù che ascolta la Parola del Padre e la vive incarnandola, si può capire la novità con cui Gesù ama la Legge, come il farsi concreto della volontà di Dio, che solo l'amore filiale impedisce che si riduca a vuoto e disumano legalismo, ma la rende strumento di autenticità e di libertà.
Il Vangelo di Matteo, avviandosi alla conclusione del cammino pedagogico con cui ha accompagnato i nuovi discepoli di Gesù verso la maturità, intende precisare e non lasciare spazi ad equivoci.
"Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli Scribi e i Farisei". Lo sguardo di Matteo è rivolto alla comunità cristiana che si sta organizzando, la sua attenzione è rivolta in modo particolare a chi, nella comunità esercita una autorità, familiare, religiosa, civile o politica: gli Scribi sono coloro che studiano la Legge; i Farisei sono una setta impegnata nell'osservanza fedele della Legge.
"Qualsiasi cosa, dunque, vi dicano, praticatela ed osservatela": Gesù non contesta il loro insegnamento, che consiste nel dire con precisione la Legge; invita, anzi, come spesso risulta dal Vangelo, ad una osservanza precisa di quanto insegnano. Con parole dure, che non sono maledizioni, come spesso vengono definite, ma invettive e lamenti, espressioni piene di collera e di sofferenza che manifestano il dolore per l'amore tradito, Gesù denuncia situazioni intollerabili. Sono situazioni presenti nella prima comunità cristiana, che ritroviamo, tutte, nelle nostre comunità: "nessuna esclusa, da quelle ridicole, ma non per questo meno pericolose: i paludamenti, i titoli, i posti di onore, a quelle più gravi: l'intellettualismo, il verbalismo, il proselitismo, la casistica, il ritualismo, la persecuzione dei profeti quando sono vivi e la strumentalizzazione quando sono morti" (V.Fusco). Gesù denuncia anzitutto l'ipocrisia di chi con tanto impegno "dice e poi non fa": dice e poi si astrae dalla realtà, non partecipa della fatica della vita, riducendo la Parola di Dio ad un astratto sistema di principi etici da imporre agli altri e praticando l'autorità come potere e non come servizio. Denuncia poi la vanità di chi vuol attirare su di sé l'ammirazione della gente e di chi si ritiene importante e ha il gusto e il desiderio di onori e di titoli: tutto ciò che può pure avere un senso, diventa semplicemente ridicolo o drammaticamente negativo quando devia l'attenzione dall'ascolto della Parola di Dio e dai veri valori che la persona è chiamata a testimoniare.
Questo forte richiamo di Gesù che deve stimolare, oggi, le nostre comunità e ciascuno di noi ad una sincera revisione, è solo la premessa per la proposta di un modo nuovo di relazioni e di vita.
"Ma voi non fatevi chiamare "Rabbì". non chiamate nessuno "Padre" sulla terra.non fatevi chiamare "Guida". E', questa, una delle frasi predilette da San Tommaso d'Aquino, che vede in essa il progetto per una vita comune bella e felice: non è una società anarchica, ma una società nella quale i suoi elementi costitutivi hanno un senso nuovo, che deriva da Gesù Cristo. Egli vive della vita del Padre, ascolta la sua Parola e la annuncia agli uomini assumendo fino in fondo la dimensione umana. Gesù non si arroga il possesso della Parola del Padre: è servo di Dio e servo degli uomini. Nelle parole di Matteo risuona l'eco di quelle di Giovanni: "Io sono la via, la verità e la vita". Gesù "insegna con autorità", ma la sua autorità sta nello scomparire per lasciare trasparire quella del Padre: "Chi vede me, vede il Padre". Nella Chiesa l'autorità è solo servizio, è l'identificazione con Cristo, che si annienta per lasciarsi vivere dal Padre, che condivide per poter parlare agli uomini come uno che conosce le gioie e i dolori. ".Uno solo è il vostro Maestro.uno solo è il vostro Padre, quello che sta nei cieli.uno solo è la vostra Guida, il Cristo". La novità sta nel fatto che nella comunità dei discepoli di Cristo, la forza dell'autorità sta nell'essere trasparenti di Lui, sta nella meravigliosa esperienza dell'essere fratelli. "Tutti voi siete fratelli": con Cristo condividiamo la vita del Padre, ascoltiamo la sua Parola e la mettiamo in pratica. San Tommaso sottolinea che solo tra fratelli, tra amici che hanno gustato l'esperienza di Colui che innalza chi ha avuto il coraggio di svuotarsi del proprio orgoglio, si può esercitare un'autorità, una paternità, una guida, che non domina, non schiaccia, ma libera, perché è solo trasparenza di Amore.

OFFLINE
31/10/2011 09:37
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Eremo San Biagio
Commento a Fil 2,2

Dalla Parola del giorno
?Rendete piena la mia gioia con l?unione dei vostri cuori.?

Come vivere questa Parola?
?Padre che siano uno? è la richiesta insistente con cui Gesù sembra voler far pressione sul cuore del Padre. Una meta, un punto fermo di qualunque cammino spirituale che voglia qualificarsi come cristiano. Ed è verso questa meta che Paolo vuole far convergere la tensione dei Filippesi, anzi di chiunque si ponga alla sequela di Cristo. Non ricorda egli, in altre lettere, che il sacrificio di Gesù ha fatto cadere tutte le barriere così che non c?è più né Greco né Giudeo, né schiavo né libero, né uomo né donna, ma siamo tutti uno in Cristo, fino a ricreare in seno alla Chiesa la stessa compagine del corpo? L?unità non è un optional ma un punto nevralgico su cui non è possibile sorvolare con leggerezza. La disunione che regna nella Chiesa e in ogni ?frammento di essa?, cioè nel grembo delle famiglie delle comunità sia religiose che parrocchiali nelle associazioni?, è una penosa contraddizione che rende meno credibile il messaggio cristiano.
Dovremmo sentire il bruciore di questa ferita inferta a quel ?Corpo? di cui ciascuno di noi è membro. E invece, talvolta si corre il rischio di passarci sopra con disinvoltura.
Difficoltà, certamente reali, sfociano, quasi naturalmente, nei divorzi. Non parlo solo di quelli tra marito e moglie: si divorzia anche in comunità, tra parenti amici colleghi? e si continua come se nulla fosse, dimenticando che l?unità è il grande anelito del cuore di Cristo, il frutto del suo sacrificio che io tranquillamente calpesto.

Oggi, nella mia pausa contemplativa, mi porrò la domanda: non sto forse consumando un ?divorzio?, magari solo nell?intimo del cuore, per qualche contrasto con questa o quella persona? E prenderò la risoluzione di ?ricucire? subito lo strappo per impedire che laceri il tessuto della comunione fraterna.

Donami, Signore, di sentire il ?bruciore? delle ferite che vengono inferte al tuo Corpo mistico, soprattutto quando ne sono stato io la causa e dammi il coraggio di riallacciare al più presto i rapporti con chi ho avuto qualche contrasto.

Le parole di un autentico Pastore
Vedendo la bellissima collana, come in un sogno ammirai, soprattutto, il filo che univa le pietre e si immolava anonimo, perché tutte formassero una unità.
Hèlder Camara

OFFLINE
01/11/2011 09:12
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

don Alberto Brignoli
I Santi, nostri concittadini

La ricorrenza che ogni anno ci fa incontrare con le figure e le vite dei Santi nella loro totalità è, per noi credenti, anche motivo di interrogativi, oltre che di preghiera e di riflessione.
I Santi sono senza ombra di dubbio figure da invocare, come intermediari di Grazie presso Dio, e quest'oggi in modo particolare; ma non possiamo rinunciare a farci delle domande su queste figure di eroi nella fede che ci appaiono sempre come molto potenti e capaci di ottenerci da Dio ciò di cui più abbiamo bisogno.
E la domanda che ci poniamo oggi è fondamentalmente una: perché questi sono "Santi"? Perché li chiamiamo così e li veneriamo come tali? In definitiva, che cosa significa essere Santi? Sono convinto che ogni anno, in questa circostanza, cerchiamo di avvicinarci alle figure dei Santi delineandone atteggiamenti e comportamenti che ce li facciano sentire più vicini, più prossimi a noi di quando li vediamo rappresentati da un dipinto, da una statua, oppure di quando li troviamo rinchiusi in un piccolo reliquario o tra le pagine di un libro agiografico.
Vorrei anch'io, quest'oggi, cercare di capire qualcosa di più delle loro vite, per cogliere quanto loro possano essere stati simili a noi. E vorrei farlo "in negativo", ossia non cercando di capire cosa significhi essere santi, cosa che poi ci potrebbe frustrare, nel nostro tentativo di imitazione, ma di comprendere cosa "non" significa essere santi; perché purificare le nostre idee da un immaginario idealista che sempre costruiamo intorno alle loro figure, a mio avviso contribuisce a farceli sentire più simili a noi di quanto possiamo pensare.
E ne abbiamo maggiormente la percezione quando viene elevato alla gloria degli altari qualcuno che abbiamo avuto modo di conoscere di persona. Ho avuto la fortuna, molti anni fa, di stringere la mano, come chissà quante altre persone, a Giovanni Paolo II e a Madre Teresa di Calcutta: ma mentre lo facevo non avevo assolutamente l'impressione di avere davanti a me due corpi di santi, ma certamente di due grandi personalità, eppure semplici persone come noi.
Cosa non significa, quindi essere santi? Innanzitutto, non significa essere perfetti: né di carattere, né tantomeno nel comportamento. Perché i Santi, perfetti non lo erano e non avevano neppure la percezione di esserlo.
Non significa essere pacifici e mansueti, altrimenti gente come l'attaccabrighe Girolamo o il poco affabile Padre Pio non rientrerebbe nella schiera dei santi.
Non significa essere seri e compassati, altrimenti Filippo Neri sarebbe tutt'altro che un santo.
Non significa nemmeno essere calmi e pazienti: ne sa qualcosa un cuore irrequieto come quello di Agostino d'Ippona.
Ma la perfezione dei santi non è neppure assoluta fedeltà a Cristo: chiedetelo al principe degli apostoli, Pietro, che promette all'amato Maestro di seguirlo sulla croce e poi lo rinnega.
Non parliamo della coerenza di vita, perché Paolo di Tarso non ebbe sin dall'inizio un grande amore verso il messaggio di Cristo.
E cosa dire dei comportamenti morali irreprensibili, se Maria di Magdala si è dovuta far guarire da "sette demoni", come dice il Vangelo?
E della rigidità di Ignazio di Loyola e dell'intolleranza dei Figli di Zebedeo?
Essere santi non significa nemmeno stare tutto il giorno in preghiera o rinchiudersi in un convento, oppure ricercare a tutti i costi la povertà e l'abnegazione rinunciando ad una vita di onori, altrimenti non avremmo re, principi e regine tra di loro?
Di certo, a tutto questo è facile obiettare dicendo che non dobbiamo guardare alla loro vita anteriore, ma a quella che ne consegue dalla scoperta e dall'incontro con Cristo. Mentre io sono assolutamente convinto del contrario, ovvero che la loro santità è tale perché non rinnega la loro vita passata, il loro carattere, il loro temperamento, i loro limiti comportamentali, le loro debolezze.
Certamente hanno avuto anche qualcosa di eroico, che rappresenta ciò per cui li ricordiamo e li veneriamo. Ma stiamo attenti a collocarli su dei piedistalli per non toglierli mai più da lì, perché faremmo loro un grande torto.
Ciò che fa di loro dei santi e quindi dei modelli è fondamentalmente la Misericordia: quella sperimentata, innanzitutto, per tutte le volte che si sono lasciati incontrare dal perdono di Dio che dava loro la possibilità di rialzarsi e di ricominciare da capo; e poi, di conseguenza, quella offerta ai fratelli come risposta alla grazia e all'amore ricevuto da Dio.
Allora i santi diventano nostri concittadini e nostri compagni di vita: quando ci mostrano la grandezza della normalità, l'eroicità dell'ordinario, la straordinarietà delle cose semplici.
Quanti santi vivono al nostro fianco la vita di ogni giorno senza che nessuno mai li eleverà alla gloria degli altari!
Quanto santi possiamo e dobbiamo essere pure noi, nonostante, anzi, a partire dalla consapevolezza delle nostre debolezze: perché è nella nostra debolezza che si manifesta la potenza di Dio, l'unico Santo tra Tutti i Santi.

Nuova Discussione
Rispondi
TUTTO QUELLO CHE E' VERO, NOBILE, GIUSTO, PURO, AMABILE, ONORATO, VIRTUOSO E LODEVOLE, SIA OGGETTO DEI VOSTRI PENSIERI. (Fil.4,8) ------------------------------------------
 
*****************************************
Feed | Forum | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra | Regolamento | Privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 15:04. Versione: Stampabile | Mobile - © 2000-2024 www.freeforumzone.com