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LA LEGGENDA DI LYLLIAN - racconto RealFantasy

Ultimo Aggiornamento: 25/06/2011 10:40
25/06/2011 10:40
 
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La leggenda di Lyllian



PROLOGO




Da un'ora ormai la giovane donna riversava nelle pazienti orecchie della zia tutte le pene del suo cuore. Era arrivata al mattino e l'aveva raggiunta nel piccolo giardino dove stava sarchiando le aiuole e curando l'amato roseto.
- Sono stanca, zietta! - esclamò la nipote alla fine del suo sfogo, cercò una posizione più comoda sullo sgabello che aveva portato accanto alla zia, impegnata nella sua occupazione giornaliera, e fissò corrucciata la testa china.
- Non credo più a nessun uomo! Non ne vale la pena. Son tutti bambini viziati, narcisisti egocentrici, afflitti da deliri d'onnipotenza oppure creature fragilissime che bisogna soccorrere e trattare con i guanti. Sono bugiardi e traditori. In tutti i casi sono incapaci d'amore. - concluse e trasse un gran sospiro sconsolato.
- Proprio tutti? Davvero? - chiese la zia e si chinò di più per liberare una piantina dalle minacce della gramigna.
La nipote esitò, con una piccola smorfia scrollò le spalle.
- Beh, diciamo quelli che io ho avuto la disgrazia di conoscere, allora. Ah, zia... sono tanto infelice! -
La zia girò il capo per guardarla in viso.
- Sei certa d'avere amato fino ad ora? -
La strana domanda lasciò la giovane interdetta, fissò gli occhi stanchi dell'anziana donna che la guardavano serenamente.
- Ma non mi hai ascoltato, allora! Non hai sentito una parola di quel che ti ho detto! - sbottò spazientita.
Lei non rispose, continuò ad osservarla in silenzio.
La nipote s'agitò inquieta, accavallò le gambe ed accese una sigaretta.
- Zia... - disse poi - possibile che non mi sia spiegata nemmeno un po'? Ho amato con tutto il cuore almeno due volte. Ho ricevuto torti e delusioni a non finire, te l'assicuro! Eppure non credo d'essere stata una sciocca superficiale... So di non aver mai cercato la prestanza fisica o la ricchezza in un uomo, mentre molte lo fanno! Quegli uomini sembravano adorabili, invece si son rivelati mostri d'egoismo e d'insensibilità. Non capisco come mai l'amore sia così difficile! Ce n'è troppo o mai abbastanza! -
Tacque pensierosa osservando il movimento delicato e preciso delle vecchie dita nella terra scura.
- Di solito è mal distribuito! - riprese ad un tratto - Mi chiedo perché noi donne siamo così desiderose di cacciarci nei guai! L'amore... bah! A volte penso sia una punizione per colpe sconosciute. Saremmo più felici se potessimo farne a meno! -
Sotto la tesa del cappello di paglia la zia sorrise, senza rispondere sarchiò attorno all'ultima piantina dell'aiuola, posò gli attrezzi sul panchetto vicino e si raddrizzò.
- Per oggi basta giardinaggio! - disse portando una mano a sostenere la schiena indolenzita.
Sorrise alla nipote - Vieni, andiamo a sederci sotto il portico, berremo una bibita e ti racconterò una storia. -
- Una storia? - chiese la nipote che non sapeva più cosa pensare della strana accoglienza ricevuta dalle sue confidenze, la zia era stata sempre così comprensiva con lei...
- Una storia, sì. - confermò la zia prendendola per mano, la condusse sotto il portico e la fece sedere sui comodi cuscini della seggiola di vimini.
- Aspetta qui, vado e torno. -
Poco dopo, infatti, era di ritorno con bibita e bicchieri, posò tutto sul tavolino ed offrì la bevanda ristoratrice alla giovane che la fissava incerta. Sedette ed esclamò:
- Suvvia, non guardarmi con tanto stupore. Vedi, io non voglio darti risposte o portarti la mia esperienza! Penso che ognuno di noi faccia esperienza sulla propria pelle e non serve più di tanto agli altri. Invece vorrei raccontarti una storia. -
- Ma... ha a che fare con quanto ti ho confidato poco fa? - chiese allora la nipote.
- Si parlava d'amore, mi pare. - sorrise la zia.- Non ti farò discorsi sugli uomini o sulle ingiustizie in amore. Nella nostra famiglia ci si tramanda la storia di una donna, una leggenda, mia madre me la raccontò tanto tempo fa, poiché la tua mamma non c'è più a te la narrerò io. Questa storia ti viene consegnata così com'è, non ti darò interpretazioni. Devi soltanto ascoltare, riceverla ascoltando, tutto qui. In ogni caso non t'avrà fatto male conoscerla. Prendila come un'eredità arrivata a te dalle nebbie del tempo. -
Allora la nipote annuì e la zia tacque raccogliendo i pensieri, quindi, guardando lontano davanti a sé come a contemplare un panorama conosciuto, cominciò a raccontare.
- E' la storia di una donna vissuta molto tempo fa, una donna singolare, particolare... però sempre donna era! E a quel tempo la terra era un luogo popolato da presenze molto particolari, fossero persone o altre creature. -




LA LEGGENDA DI LYLLIAN




Molto tempo fa, quando tu ed io eravamo ancora solo un lontano pensiero nel progetto di Chi Tutto Sa e Tutto Conduce, sulla terra gli uomini condividevano l'esistenza con molte strane creature, oggi in apparenza scomparse. Erano esseri generati dalle Tenebre e si nutrivano del Male, ogni loro azione era volta a diffonderlo ed essendo molto potenti, poiché le Tenebre possiedono una forza terribile ed il Male la comunica alle sue creature e a chi lo serve, mietevano vittime in ogni dove e gli esseri umani non conoscevano pace.
Molti cuori nobili e valorosi perdevano la vita sui campi di battaglia e ovunque le schiere del Male sferrassero apertamente i loro attacchi od insidiassero con mezzi subdoli l'esistenza stessa del Bene. Questi valorosi erano Cavalieri d'alto lignaggio, erano re e figli di re, duchi, conti e baroni, ma anche uomini e donne d'altro ceto, dotati d'animo nobile, si ribellavano alle forze del Male ed insorgevano partecipando alla lotta con il loro sangue e, sin troppo spesso, spargendo tutte le loro lacrime. La vera nobiltà non viene dal blasone ma dal cuore.

In una fredda regione del Nord, popolata dalle Forze Oscure e governata dagli Spiriti della Vita, nella casa di un Cavaliere nacque un giorno una bimba.
Da tempo nella città e nei villaggi vicini era continua battaglia e gli abitanti in costante agitazione correvano da una casa all'altra, da una capanna ad una stalla, da una bottega ad un'osteria per prodigarsi nel tentativo di spegnere incendi e di strappare vittime alla Morte.
Perciò non fu un giorno di completa felicità quello in cui nacque la piccola Lyllian! La madre, provata da lunga sofferenza, ebbe appena il tempo di posare un bacio sulla testolina bruna, affidò la piccina alla nutrice e reclinò il capo chiudendo gli occhi per sempre.
Fu inviato un mésso per portare al padre entrambe le notizie ed il pover'uomo, straziato dal dolore, là, di fronte al campo di battaglia cosparso dei corpi esanimi di tanti suoi soldati e di nemici abbattuti, alzò le braccia al cielo brandendo ancora la spada insanguinata e la sua voce, aspra e rauca, si levò in una supplica ardente.
- Non vinca il dolore ciò che non poté uccidere il nemico! Proteggete o Spiriti della Vita la vita oggi nata nella mia casa. Se tanto, oh così tanto, oggi ho perduto non perderò la mia speranza! Sia pure questo l'ultimo grido dal mio petto, non m'importa, ch'esso giunga a voi e vi strappi uno sguardo benigno per la mia creatura. Privata di tutto arricchitela di Tutto, datele il vostro dono più grande, in modo che il Male in lei non vinca! -
Il silenzio accolse quello che fu davvero l'ultimo grido di quel nobile cuore straziato.
Il cielo parve rispondere con l'intensità dell'ultimo bagliore del sole che tramontava, i morti sembrarono sfiorati da un brivido e quando la freccia, scoccata dall'ombra del bosco, lo raggiunse al petto, il cavaliere cadde al suolo, muto.

Non vi fu occhio umano a vedere quando, quella notte, gli Spiriti della Vita si chinarono sulla bimba addormentata tra le braccia della nutrice.
Nulla ne rivelò la presenza, ma essi impressero il loro dono in lei e quando, anni dopo, ella abbandonò la sua terra desolata, devastata da tanti anni di guerra e dove ormai era minacciata la sua stessa libertà, sapeva ciò che aveva ricevuto, conosceva il dono depositato nel suo cuore ed impresso invisibilmente sulla sua fronte.
Gli Spiriti della Vita, accogliendo l'ultima preghiera del valoroso caduto nella lotta contro le Forze Oscure, posero nel cuore della figlia 'Oceano d'Amore' ed impressero sulla sua fronte il loro sigillo, 'Forza della Vita'. Il primo dono la rendeva capace d'amore immenso, il secondo le avrebbe donato energie insospettate in ogni necessità, esso recava con sé anche la capacità di sconfiggere ogni Forza del Male e persino la Morte, in situazioni particolari.


Viaggiò a lungo cercando un luogo dove fermarsi, per molto tempo vagò di terra in terra. Era sola ma non inerme, era stata cresciuta dal fedele scudiero del padre che l'aveva iniziata ben presto all'arte di maneggiar la spada ed era ormai una valente spadaccina. Era benissimo in grado di difendersi e di attaccare, all'occorrenza, eppure non ricorse mai alla lama appartenuta al padre e che portava appesa al fianco sotto il mantello.
S'accompagnò a vagabondi in cerca di un tozzo di pane, s'unì per qualche tratto di strada a compagnie di teatranti girovaghi, accettò di condividere il dorso d'un cavallo con qualche reduce di ritorno dalla guerra, più spesso proseguì sola fermandosi di tanto in tanto a bussare all'uscio d'una casa o d'una capanna per chiedere breve ospitalità ad una famiglia. Dove veniva accolta ricambiava il favore dell'asilo ricevuto curando i malati, se ve n'erano, mediante rimedi che preparava raccogliendo erbe e radici medicamentose ed i feriti guarendoli con il tocco delle mani. Lyllian, infatti, era dotata del dono singolare di guarigione, bastava che la sua mano toccasse una ferita perché questa si chiudesse subito, perfettamente rimarginata.

In tutto questo tempo non dovette ricorrere alla spada paterna, stranamente nessuno le mancò di rispetto.
Però una notte il campo di nomadi presso i quali s'era fermata fu invaso da un manipolo di mercenari, erano degli sbandati e Lyllian comprese che si trattava di disertori in cerca di bottino e di donne.
Tra le risa sguaiate degli assalitori e le grida di spavento dei nomadi Lyllian rimase in silenzio osservando la scena orribile. Si mosse quando vide che, dopo aver depredato gli zingari del poco che avevano, si rivolgevano alle donne. Uno di loro agguantò la giovane seduta accanto a lei, il lezzo di vino e di sporcizia ammorbava l'aria e le urla di raccapriccio delle donne si confondevano con le voci schiamazzanti dei mercenari ubriachi. Con un balzo afferrò l'uomo che aggrediva la giovane zingara e lo strappò dal corpo che teneva schiacciato al suolo sotto al suo. Non ebbe che il tempo di esclamare:
- Lasciala stare, cialtrone! - e già veniva immobilizzata da un altro sciagurato che la stringeva da dietro, mentre un compagno, subito accorso per dargli man forte, le percorreva il corpo con mani lubriche. Trovata subito la spada che portava al fianco gliela tolse e la buttò ai compagni sghignazzando.
- La colombella porta artigli da sparviero! Attenti compagni! -
Lyllian approfittò del momento di distrazione e con uno strattone si liberò balzando di lato. Fu un istante di terrore istintivo, le mani avide degli ubriachi già si protendevano verso di lei, guardò con sgomento la spada ormai lontana, roteava squarciando i miseri involti dei beni degli zingari, mentre sul carro un gigante la impugnava barcollando e tirava fendenti a dritta e a manca.
Indietreggiò d'un passo, si eresse di fronte agli aggressori e li fissò fieramente.
Mentre li guardava, squallida marmaglia pericolosa, provò d'un tratto una grande pena.
- 'Oh, Spiriti della Vita' - mormorò - 'Spiriti di Saggezza e d'Amore! Dov'è mai l'orma vostra in queste creature?' - il suo sguardo esprimeva dolore e compassione e d'improvviso gli aggressori esitarono, il ghigno sui loro volti divenne una smorfia amara, ma durò un momento, uno di loro spalancò la bocca in un urlo orrendo e bestemmiò slanciandosi verso di lei.
La mano della giovane donna si portò sul fianco ed afferrò la spada lucente apparsa all'istante dove prima c'era il vuoto. La sollevò davanti a sé all'altezza del viso e ne posò l'elsa sulla fronte. Raggi di luce azzurra s'irradiarono attorno a lei e i miserabili, pronti a ghermirla, s'immobilizzarono stupefatti, lo spavento li fece tremare, ma ancora una volta le Forze Oscure animarono uno di loro che di nuovo mosse un passo tendendo le mani ad artiglio e biascicando minacce oscene.
La spada puntò alla gola del disgraziato che retrocesse incespicando e cadde all'indietro.
Lyllian gli toccò il basso ventre con la punta acuminata.
- Forse vuoi perdere i tuoi gioielli di famiglia, gaglioffo? - chiese severamente.
Tutti la fissavano atterriti, la sua figura era circondata da azzurre fiamme guizzanti che li abbagliavano e bianche lingue di fuoco a tratti li lambivano.

Se ne andarono, finalmente se ne andarono tutti fuggendo nei boschi, spaventati e sbigottiti sapevano d'aver assistito alla manifestazione di Forze che essi avevano rinnegato, sarebbero potuti finire annientati. Fuggirono e presto scomparvero inghiottiti dalla notte.
Anche Lyllian si dileguò prima che gli zingari l'attorniassero, curiosi. Non amava mostrare i poteri ricevuti con il dono 'Forza della Vita', essi potevano anche dare la morte e prima di quella notte non vi era ancora mai ricorsa.


Il viaggio proseguì per molto tempo ancora, l'Amore che portava in sé le consentiva di sollevare le condizioni miserevoli di tanti infelici che incontrava, a volte guarendo malanni e ferite del corpo, altre volte dell'anima.
Non si fermò a lungo in nessuna delle città o dei villaggi che attraversò. Molti cercarono di trattenerla non avendo mai incontrato prima una persona come lei. E' vero che tutti sapevano dell'esistenza di presenze magiche e fatate, esse s'aggiravano tra gli uomini assumendo diversi aspetti e spesso non disdegnavano quello umano, ma quella donna non era una fata né una maga, non era un folletto e nemmeno una ninfa dei boschi e non apparteneva a nessuna delle altre numerose speci dotate di straordinari poteri benefici.
Quale essere umano aveva mai avuto così tanto amore in sé da poter liberare un corpo dal potere delle Forze Oscure e, ad esempio, ridare occhi limpidi come quelli di un fanciullo ad un uomo inaridito, scansato da tutti per l'orribile carattere, per i costumi degradanti o per deformità ripugnanti?
Avrebbero voluto averla più a lungo tra loro, ma Lyllian sentiva che la strada la chiamava, non poteva fermarsi in quel luogo, non era ancora il momento di mettere radici profonde.
Soprattutto, però, ella fuggiva la curiosità della gente, pur comprendendola. Questa le procurava sovente parecchio disagio per l'invidia che prima o poi nasceva nell'animo di qualcuno, poiché le Forze Oscure erano sempre in agguato.
Forse per la singolare vita condotta fino ad allora, senza aver mai conosciuto l'affetto rassicurante di una madre, benché affabile con chiunque era di temperamento schivo, però non aveva vanità e non si riteneva migliore degli altri. Sapeva d'essere depositaria di doni che in realtà non le appartenevano, essi dovevano essere tutelati con rispetto ed elargiti ovunque avesse incontrato un bisognoso.
Sovente, però, avvertiva un'inquietudine profonda sulla quale preferiva non interrogarsi.
La strada la chiamava e, spinta da una forza misteriosa, raccoglieva le sue poche cose e nottetempo lasciava la città, o il villaggio.

Proseguendo il suo cammino, spesso solitario, a volte rifletteva sulla sua strana vita, le erano stati dati doni che beneficavano il prossimo, eppure pareva che non ne potesse condividere le gioie, non aveva famiglia, non conosceva la felicità e il dolore d'essere madre. Giunta a questo punto, però, nasceva naturale una considerazione: non aveva ancora conosciuto l'amore, non sapeva che cosa fosse l'amore di un uomo. Ne aveva visto gli aspetti più brutali in molte occasioni, ma quello non poteva certamente chiamarsi amore, si diceva.
Eppure esisteva, ne aveva intravisto i tratti tra le pareti di alcune ricche abitazioni come anche tra quelle di povere capanne, l'aveva scorto nella calda luce degli occhi di qualche contadino o di un ricco mercante quando si posavano su un certo viso femminile, sulla figura di donna cui andavano, attratti irresistibilmente. L'aveva sentito nelle voci velate di accorata nostalgia quando gli uomini cantavano attorno al fuoco dei bivacchi pensando all'amata lontana. L'aveva visto nell'ardore dello sguardo degli zingari che suonavano gli strumenti mentre le donne danzavano in mezzo a loro seduti in cerchio e la tenerezza ridente, e la passione degli occhi femminili splendevano in gara con le stelle, infiammando ancor più quelli dei loro uomini. L'aveva visto anche sui volti straziati dal tormento di chi aspettava fuori dall'uscio di una camera mentre all'interno una donna urlava per i dolori del parto, e che dire dell'amore trafitto dal dolore sul volto di chi vegliava la moglie ammalata o aveva dovuto chiuderle gli occhi?
Eh sì, esisteva l'amore, quel genere d'amore che lei ancora non aveva conosciuto!




*****



Così, lungo il cammino, cominciò a chiedersi, sempre più di frequente, se avrebbe dovuto continuare a condurre un'esistenza tanto raminga, senza trovare luogo dove sentirsi di rimanere per sempre, se avrebbe mai incontrato qualcuno con cui condividere la sua vita, se avrebbe, prima o poi, amato un uomo e ne sarebbe stata riamata. Cominciò, con questi pensieri, a riconoscere la propria inquietudine, avrebbe sempre continuato così? Sarebbe vissuta sola, conoscendo soltanto le gioie e le miserie altrui con l'unico conforto di vedersi strumento d'aiuto per molti?
Perché 'Oceano d'Amore' non avrebbe dovuto riguardarla più personalmente, più intimamente?
Camminando, o sostando lungo la via, cominciò a rivedere i sorrisi, gli sguardi, a riascoltare nel ricordo gli inviti che tante volte le erano stati rivolti più o meno apertamente. Era forse colpa sua se non aveva ancora conosciuto un amore, perché non aveva accolto nessuno nel profondo del cuore, preferendo ignorare quell'aspetto della vita? No, si rispondeva sempre alla fine, non avrebbe potuto anche volendo, nessuno degli uomini incontrati aveva fatto parlare il suo cuore, non in quel modo.
Qualche volta, però, era accaduto che porgesse l'orecchio ad una frase lusinghiera, che indugiasse per un po' con lo sguardo su di un volto, colta da turbamento, ma ogni volta l'aveva presto distolto, per un motivo o per l'altro sentiva nell'intimo di non poter dar seguito alla cosa e, più tardi, se n'era rallegrata.
Avrebbe soltanto voluto trovare sincerità e lealtà in quei cuori maschili, ma qualche cosa le faceva scorgere l'impronta delle Forze Oscure e il loro comportamento veniva puntualmente a confermarlo. Lyllian scoteva il capo ricordando i fatti cui aveva assistito.
Non aveva potuto liberarli dal Dominio Oscuro, c'erano casi nei quali sembrava che 'Forza della Vita' e 'Oceano d'Amore' si rifiutassero d'agire. Forse non era ancora il momento di liberarli, forse non lo sarebbe stato mai, lei non avrebbe saputo dirlo. Era però sicura che Chi Tutto Conduce conosceva il Tempo Per Ogni Cosa e presto o tardi il Bene avrebbe vinto.
Chissà se e quando sarebbe venuto per lei il momento dei frutti maturi nella stagione d'amore!




*****



Giunta in una terra rigogliosa Lyllian si fermò per qualche tempo in una grande cittadina dove la Legge era amministrata con rigore, per consentire una relativa sicurezza agli abitanti, e tuttavia fervente di svariate attività: fiorivano l'arte ed il commercio, s'addestravano i soldati, si favorivano iniziative benefiche.
Offrì il proprio aiuto ove vi fosse stato bisogno e così trascorse le sue giornate continuando ad occuparsi del prossimo.

Per tutto quel tempo ebbe modo d'osservare altre molteplici forme del potere delle Forze Oscure, benché i residenti del luogo non indicassero con questo nome il terribile nemico, essi gliene davano molti altri, ma per Lyllian era evidente di che cosa si trattasse mentre assisteva ai piccoli e grandi drammi quotidiani e quando era chiamata a portare soccorso. Non le sfuggiva la presenza del Male e tutta la sofferenza, spesso nascosta, che procurava insinuandosi all'interno delle menti e deturpando i cuori, diffondendo malanimi e gelosie, sospetti e rancori, persuadendo con astuzia gli animi meno accorti all'inganno, ai soprusi, al tradimento, spargendo ovunque i semi della discordia attraverso l'invidia e la brama di possesso e di potere.

Soltanto con se stessa ammise la tentazione che lei pure a volte provava davanti alle manovre insidiose e subdole del Potere delle Tenebre, era un essere umano e vi era esposta come chiunque altro.
No, nemmeno lei sfuggì alla lotta, tutt’altro, e proprio perché portava in sé i doni degli Spiriti della Vita gli attacchi del Male furono durissimi. Riportò ferite, non era invulnerabile, ma questo, invece di prostrarla, l'aiutò a comprendere ancor meglio le battaglie, le ferite o le sconfitte altrui.
Imparò che 'Oceano d'Amore' era un privilegio, pur se da lei non richiesto, che esigeva un alto prezzo, ma che valeva la pena di pagare.
La supplica del nobile cuore di suo padre, che per lei aveva invocato la salvezza, era stata accolta e Lyllian conobbe la fragilità umana, e perciò provò grandi dolori, ma non il trionfo del Nemico. "Che il Male in lei non vinca!" aveva invocato il padre nell'ultimo suo respiro e così fu.

Una notte uscì dalla città e non vi fece più ritorno. Non passò molto tempo prima che si cominciassero ad udire strane storie che la riguardavano, vi fu chi disse d'averla riconosciuta, al di là delle Grandi Acque, in una donna solitaria che raccoglieva pietre insolite dalle viscere della terra e poi le lucidava con pazienza facendole brillare alla luce dell'ultimo sole, quindi le lasciava cadere nel pozzo profondo dell'Oblìo. Vi fu chi disse d'averla invece vista nell'atto di richiamare la vita nel corpo esanime di un Cavaliere, colpito a morte dal Potere delle Tenebre; altri affermarono non poter essere che lei la figura straordinaria, avvolta di luce azzurra e da lingue di fuoco, che brandiva una spada lucente mentre sbaragliava le truppe nemiche che avevano assalito un villaggio di pescatori, ultimo baluardo del Bene in una lontana regione. Altri ancora diffusero la voce che era stata riconosciuta in una donna che s'accompagnava ad un Vampiro nella Foresta Inesplorata al di là delle Grandi Montagne e, certo protetta dai suoi doni, a lui avesse donato il suo amore, commossa dalla sua immensa solitudine.

In realtà non si seppe più nulla di lei. Nessuno poté dire con certezza dove fosse e se trovò l'amore anche per sé, ma i cantastorie, narrando di lei di contea in contea, cantarono di una donna che seguiva il suo destino forgiandolo secondo il modello depositato nel suo cuore: il volto del dono che portava in sé.




*****




Epilogo



La zia tacque, la storia era finita e la nipote restò con lei in silenzio, poi le prese la mano e la strinse forte, con affetto.
- Grazie..! - mormorò - Questa storia resterà in me, zia, ed ora ho molto su cui riflettere. -
La zia annuì, ma nessun commento uscì dalle sue labbra e, come preannunciato, non fornì alcuna interpretazione e non diede saggi consigli.
- Vado. - disse la giovane donna alzandosi in piedi, guardò l'orizzonte dove si stagliavano nitide le montagne illuminate dal sole, alto nel cielo. - Mi accompagni alla porta? -
- Ma certo! - rispose la zia e la seguì nel vestibolo dove l'abbracciò stretta e la baciò in fronte.
Scostandosi appena la guardò negli occhi luminosi e riflessivi, in silenzio la sua mano lieve le sfiorò la guancia in una breve e tenera carezza.
- Guida piano, - disse infine - questa è ora di punta. C'è gran traffico sulla statale, lo sai. -
Per alcuni istanti la giovane tacque ricambiando lo sguardo, poi assentì con un cenno del capo.
- Non temere, zietta, non sono più agitata né inquieta. - affermò con un risolino, baciò affettuosamente la gota della zia cui voleva un gran bene e che non la lasciava mai abbandonata a se stessa. - Ci sentiamo presto, ti telefono. -

Ferma sull'uscio la seguì con sguardo pensoso salire nell'auto parcheggiata sulla strada, oltre il muretto di cinta.
Levò una mano a salutarla mentre s'allontanava.
- Ciao... - mormorò con un sorriso - Buona fortuna, piccola Lyllian! -





_______________________



________Fine___




di Aurora Ageno - 20 febbraio 2004



_________Aurora Ageno___________
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