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4 maggio 1949 - La leggenda del grande Torino

Ultimo Aggiornamento: 05/05/2011 20:02
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Post: 25.819
Città: TERNI
Età: 48
Sesso: Maschile
CAFFETTIERA FAN
04/05/2011 21:41

oggi nell'anniversario della tragedia di Superga,mi piace ricordare una delle squadre più leggendarie di tutti i tempi.

fonte www.ilgrandetorino.net

Nessuna squadra al mondo ha mai rappresentato per il calcio tutto ciò che è riuscito al Grande Torino.
L'Italia in quegli anni era reduce da una guerra perduta, avevamo poca credibilità internazionale e furono le gesta dei nostri campioni a rimetterci all'onore del mondo: Bartali, Coppi, il discobolo Consolini, le macchine della Ferrari e appunto il Grande Torino che, essendo una squadra,


dimostrava a tutti come un popolo di individualisti come gli italiani sapessero far fronte comune per dare vita al più bel complesso di calcio mai visto e mai più comparso su un campo di calcio.
La Juventus del Qinquennio, il Real Madrid, il Santos, la Honved, l'Inter di Herrera, l'Ajax e il Milan degli olandesi hanno rappresentato, è vero, eventi tecnici straordinari, ma nessuno ha pareggiato il Grande Torino.

I granata, guidati da Valentino Mazzola, il capitano dei capitani, hanno record strabilianti e assolutamente irripetibili. Bastava, per esempio, uno squillo del trombettiere del Filadelfia perchè si scatenassero. Leggendaria, per esempio, una partita romana quando il Grande Torino, in svantaggio di un gol nel primo tempo contro i giallorossi, stabili negli spogliatoi, durante il riposo, che non si doveva più scherzare. Fu così che vennero segnati 7 gol a dimostrazione che quella squadra vinceva come e quando voleva.



Non per nulla l'11 maggio del 1947, Vittorio Pozzo, il commissario tecnico della Nazionale, vestì dieci granata d'azzurro per una partita disputata a Torino contro l'Ungheria.

I nostri eroi naturalmente vinsero. E avrebbero continuato a vincere su tutti i fronti se non fosse sceso in campo il destino più tragico per fermarli. Ma non per batterli. Perchè quella squadra di grandi uomini e di grandi campioni è passata direttamente alla leggenda.



I campionissimi uno per uno



Valerio Bacigalupo
Nato a Vado Ligure (Savona) il 12 Marzo 1924. Portiere.
Arriva dal Savona, dopo aver giocato nel Genoa il campionato di guerra 1944. É subito inserito nell'undici titolare e dopo qualche comprensibile incertezza, diventa presto un elemento di sicuro affidamento. Dotato di grandi risorse atletiche, è uno dei primi portieri sistemisti del calcio italiano, indispensabile per una squadra costantemente votata al gioco d'attacco, dove spesso è costretto all'uscita temeraria e all'intervento spericolato. Doti queste ultime che in virtù anche del carattere aperto e di un'innata simpatia, ne fanno un autentico beniamino del Filadelfia. Scattante, concentrato e dotato di naturale colpo d'occhio sa comandare la difesa.
Vince lo scudetto nel 1946, 1947, 1949.
É 137 volte granata.



Aldo Ballarin
Nato a Chioggia (Venezia) il 10 gennaio 1922. Terzino.
E' l'uomo più pagato nel mosaico di Novo, che nel 1945, per il suo cartellino paga agli alabardati 1,5 milioni. Dotato di gran temperamento. Buon colpitore di testa.
Carriera:
1935-36 1936-37 Clodia giovanili
1937-38 Rosolina terza divis.
1938-39 Adriese prima divis.
1939-40 1940-41 Rovigo Serie C
1941-42 1942-43 Triestina serie A
06/04/1942 debutto nazionale giov.
1944-45 Venezia Campionato Alta Italia
11/11/1945 debutto nazionale
1945-46 1946-47 1947-48 1948-49 Torino
Vince lo scudetto nel 1946, 1947, 1948 e 1949.
É granata 148 volte, 4 i gol.



Dino Ballarin
Nato a Chioggia (Venezia) il 23 Settembre 1923. Portiere.
Se ne parla piuttosto bene, è già considerato qualcosa in più di una semplice promessa. Fratello di Aldo. Nella scala dei valori di quel grandioso Torino è in ogni caso il terzo portiere. Il viaggio che lo porta a Lisbona è un tragico premio, che gli preclude ogni possibilità di mettersi in luce e di trovare spazio nella storia del calcio Italiano.
Carriera:
1935-36 1936-37 Clodia giovanili
1937-38 Rosolina terza divis.
1938-39 1939-40 Adriese prima divis.
1940-41 Clodia prima divis.
1941-42 Triestina B
1944 ROVIGO Campionato Alta Italia
1945-46 CLODIA prima divis.
1946-47 CLODIA serie C
1947-48 1948-49 Torino



Emile Bongiorni
Nato a Boulogne Billancourt (Francia) il 19 marzo 1921. Centravanti.
Nell'immediato dopoguerra si mette in luce nella capitale francese con il Racing, dopo essere cresciuto nel Cercle Athletic Paris. Non molto alto, fisico robusto, irruente e difficilmente controllabile, eccelle nel dribbling stretto ed è dotato di un tiro potente e preciso. In Francia ha grosso credito, tanto da conquistare la maglia della nazionale (che indossa in cinque occasioni). Arriva a Torino nell'estate del 1948: nei programmi di Novo è un investimento per il futuro in vista di un eventuale addio dell'ormai trentatreenne Gabetto.
Vince lo scudetto nel 1949.
E' otto volte granata, 2 i gol.



Eusebio Castigliano
Nato a Vercelli il 9 febbraio 1921. Mediano.
Uno degli ultimi campioni forniti al calcio italiano dalla scuola vercellese, nel cui vivaio si è formato. La consacrazione arriva nello Spezia; e dopo aver giocato con Biellese e Vigevano, approda al Torino nella stagione 1945-46. Interno in origine, con la maglia granata, arretra a mediano. Infaticabile, dotato di gran temperamento, il suo inserimento completa un quadrilatero che fa paura. E' sicuramente il mediano più completo e possente espresso dal nostro campionato. Forte di testa, non gli fanno difetto né tecnica né presenza fisica e sa sfruttare con abilità le esperienze vissute in prima linea, mettendo in vetrina un tiro micidiale dalla media e lunga distanza.
Vince lo scudetto nel 1946,1947,1948 e 1949.
E' 116 volte granata, 35 i gol.



Rubens Fadini
Nato a Jolanda di Savoia (Ferrara) il 1 giugno 1927. Mediano.
Un buon triennio con la Gallaratese e nell'estate del 1948, il Torino. Chiuso dagli inarrivabili Grezar e Castigliano si ricava comunque qualche spazio sostituendo ora l'uno ora l'altro, dimostrando gran duttilità, si disimpegna anche al centro della linea mediana. E' un giovane di talento e di sicuro avvenire: sul campo ha un atteggiamento misurato e stile impeccabile, eccelle nella costruzione del gioco e malgrado la scarsa esperienza, dimostra già la sicurezza di un veterano. Qualità che ne fanno un futuro protagonista del Grande Torino.
E' 10 volte granata, un gol.



Guglielmo Gabetto
Nato a Torino il 24 febbraio 1916. Centravanti.
Per divergenze con la società lascia la Juventus nell'estate del 1941. E' ormai affermato e sulle sue traccie ci sono numerose società: la spunta il Torino, che lo porta in granata in compagnia di altri due bianconeri: Bodoira (portiere detto pinza) e Borel II (centravanti detto farfallino). Ha caratteristiche inconfondibili: in area, grazie ad un inimitabile repertorio di finte, guizzi e un gran fiuto del gol, è spesso incontenibile. Veloce nelle triangolazioni, agile negli scambi, il suo pezzo forte è il gioco in acrobazia. Un autentico giocoliere.
Vince il campionato nel 1943 (e la coppa Italia), 1946,1947, 1948 e 1949.
E' 199 volte granata, 107 i gol.



Ruggero Grava
Nato a Claut (Udine) il 26 aprile 1922. Ala e centravanti.
Scuola francese. Si mette in luce nelle fila del Roubaix, squadra con la quale vince il campionato transalpino nel 1947. Razza friulana, deciso combattente, ha buoni fondamentali e volontà da vendere: in un Torino ricco di attaccanti di valore non ha però molte possibilità dimettersi in mostra. L'unica opportunità a Genova, il 26 dicembre 1948, quando un'undici granata, privo di molti titolari e in formato natalizio, è battuto dai rossoblu con un severo 3-0.
Vince lo scudetto nel 1949.
E' una volta granata.



Giuseppe Grezar
Nato a Trieste il 25 novembre 1918. Mediano.
Dalla Triestina, dove è cresciuto, al Torino, per la stagione 1942-43. Abbina ad una classe purissima, uno spiccato senso tattico. Di stile sobrio, sicuro sul pallone, è l'elemento d'ordine della squadra granata, al servizio della quale, con la semplicità che gli deriva da una tecnica di primordine, traccia geometrie e calibra lanci precisissimi. Ambidestro, in possesso di un buon tiro, realizza anche qualche gol. E' un punto di riferimento costante per i compagni.
Vince lo scudetto nel 1943 (e la coppa Italia), nel 1946,1947,1948,1949.
E'159 volte granata, 19 i gol.



Ezio Loik
Nato a Fiume (Istria) il 26 settembre 1919. Mezzala.
Fiumana, Milan, Venezia e, a partire dal 1942, finalmente il Torino. Sempre in movimento, utile sia nella fase di copertura, sia nel sostegno dell'attacco. E' il "motore" del Grande Torino: mezzofondista infaticabile, coriaceo, potente e indispensabile uomo che mantiene i collegamenti tra i reparti della squadra. Sa segnare con continuità: possiede un tiro imperioso e preciso che esplode, spesso da fuori area sia con il destro sia con il sinistro. Faticatore per antonomasia, generoso, altruista e correttissimo. Un campione vero, sul campo stimato da compagni e avversari.
Vince lo scudetto nel 1943 (e la coppa Italia), 1946, 1947, 1948 e 1949.
' 165 volte granata, 64 i gol.



Virgilio Maroso
Nato a Crosara di Marostica (Vicenza) il 26 Luglio 1925. Terzino.
Capostipite della squadra granata del dopoguerra, è anche il solo protagonista del Grande Torino che Novo si è costruito in casa. Dopo il campionato di guerra (in prestito all'Alessandria) rientra al Filadelfia ed è subito titolare. Calciatore elegante, palleggiatore raffinato dalla coordinazione naturale e dal tocco limpido e deciso. Dal pacchetto difensivo granata, benchè giovanissimo, è forse la figura più luminosa. Un autentico virtuoso: dotato di una tecnica purissima di un potente colpo di testa, di uno scatto e anticipo, predilige le giocate sulla palla (anziché sull'uomo) e non disdegna l'inserimento nell'azione offensiva, ostentando la disinvoltura di un veterano.
Vince lo scudetto nel 1946, 1947,1948,1949.
E' 103 volte granata, 1 gol.



Danilo Martelli
Nato a Castellucchio (Mantova) il 27 Maggio 1923. Mediano e mezz'ala.
Dopo le esperienze con Marzotto e Brescia raggiunge il Torino nel 1946. Giovane di talento, nei programmi di partenza è destinato al ruolo di riserva. E' tuttavia ben presto prezioso per la facilità che dimostra nel presidiare ogni zona del campo. Grazie alla rara duttilità, che ne fa un jolly per eccellenza, raccoglie un gran numero di gettoni, anche in ruoli propriamente difensivi. Un gregario di lusso, un faticatore dai piedi buoni: addirittura proverbiali i recuperi sull'uomo, discreto tiratore.
Vince lo scudetto nel 1947, 1948, 1949.
E' 72 volte granata, 10 i gol.



Valentino Mazzola
Nato a Cassano d'Adda (Milano) il 26 gennaio 1919. Mezz'ala.
Esperienze giovanili nella Tresoldi di Cassano d'Adda e nella squadra aziendale dell'Alfa Romeo di Milano. Al Venezia nel 1939 e al Torino nel 1942. A tutte le caratteristiche del fuoriclasse: accomuna un talento senza eguali, gran combattività e una sagacia tattica di prim'ordine. Uomo squadra. Con Mazzola il Torino fa il balzo di qualità, che lo porta al primo scudetto del quinquennio. E' ancora ricordato il suo gesto che in mezzo al campo lo vede rimboccarsi le maniche della maglia: un atto rivolto ai compagni per spronarli e invitarli alla riscossa. Proprio in quel momento prendeva avvio un quarto d'ora di gioco nel quale ai granata era impossibile porre argine. Stilisticamente perfetto, goleador, animatore e condottiero, Valentino Mazzola è il simbolo del Grande Torino.
Vince lo scudetto nel 1943, 1946, 1947, 1948, 1949.
E' 175 volte granata, 102 i gol



Romeo Menti
Nato a Vicenza il 5 settembre del 1919. Ala.
Vicenza, Fiorentina e poi nel 1941, il Torino, dal quale si separa, temporaneamente, durante il periodo bellico. Carattere schivo poco incline alle chiacchiere, è ala di stampo classico. Sulla fascia destra, spesso incontenibile, va diritto allo scopo: ficcante, incisivo, dà concretezza alla manovra che spesso conclude, grazie ad un tiro potente e preciso che esplode all'improvviso. Sono in ogni caso i cross tesi e calibrati a farne un elemento prezioso per i compagni della pria linea. Del Grande Torino è il rigorista ufficiale (è uno dei primi a battere senza rincorsa), e spesso gli sono affidati anche i calci piazzati. Un professionista nel vero senso della parola: correttissimo, nel suo repertorio non trovano spazi né proteste né invettive.
Vince lo scudetto nel 1943, 1946, 1947, 1948, 1949.
E' 133 volte granata, 53 i gol.



Pietro Operto
Nato a Torino il 20 dicembre 1926. Terzino.
Dal Casale al Torino nell'estate 1948. Ha l'ingrato compito di sostituire il più tecnico dei difensori dell'epoca, Maroso spesso vittima d'infortuni muscolari. Deciso, potente, di buona tecnica, non soffre il salto di categoria. Non ha purtroppo il tempo di mettere in mostra tutte le sue possibilità.
Vince lo scudetto nel 1949.
E' 11 volte granata.



Franco Ossola
Nato a Varese il 23 Agosto 1921. Ala e centravanti.
Dal Varese al Torino nel 1939. E' il primo tassello di quello che sarà il Grande Torino. Appena diciottenne, prima rincalzo di Ferraris II, le sue presenze si fanno via via sempre più frequenti grazie alla disinvoltura con la quale occupa tutti i ruoli della prima linea. In apparenza fragile, è tuttavia inesauribile. Stilisticamente perfetto, controllo di palla "sudamericano", sa calciare con entrambi i piedi. Attaccante completo, predilige l'assist e la sua intesa con Gabetto è perfetta. Segna a ripetizione.
Vince lo scudetto nel 1943 (e la coppa Italia), 1946, 1947, 1948,1949.
E' 158 volte granata, 77 i gol.



Mario Rigamonti
Nato a Brescia il 17 dicembre 1922. Centromediano.
Nel 1941 il Toro lo acquista dal Brescia, in granata arriva comunque solo a guerra finita. Gioca al centro della linea mediana, rispetto all'epoca è un innovatore: il gioco praticato dai granata ("il sistema") ne fa l'antesignano degli stopper. Difensore roccioso e caparbio,
buon colpitore di testa, è un severo mastino dell'area che si esalta nella battaglia. Dotato di scatto bruciante, ottimo in acrobazia, di rendimento elevato e soprattutto costante, predilige il gioco d'anticipo: non ama gli inutili preziosismi. Indispensabile per la sua concretezza nel disimpegno. Una garanzia.
Vince lo scudetto nel 1946, 1947,1948, 1949.
E' 140 volte granata, un gol



Julius Shubert
Nato a Budapest (Ungheria) il 12 dicembre 1922. Mezzala.
Nel caos dell' Europa centrale nell'immediato dopoguerra abbandona il calcio ungherese e si trasferisce in Cecoslovacchia dove indossa la maglia della nazionale. Arriva al Toro dal Bratislava. Scuola danubiana, in possesso di innato talento, nel suo primo anno in granata (nel ruolo di capitan Valentino) a poco spazio a disposizione. Lo sfruttò per mettere in vetrina un buon tiro e lo stile inconfondibile di una tradizione, che diede all'Europa il meglio del calcio negli anni 30- 40.
Vince lo scudetto nel 1949.
E' 5 volte granata, 1 gol.

Oltre ai giocatori sono periti nella strage anche i giornalisti, dirigenti e tecnici.

Giornalisti

Renato Casalbore

Aveva 57 anni, e dal 1913 viveva per Io sport, giusto allora essendo entrato quale direttore sportivo alla Gazzetta del Popolo di Torino. Critico equilibrato, dalla prosa garbata, dallo spunto signorile, era competentissimo in ogni ramo di sport: ma sovra tutti prediligeva il calcio che egli stesso aveva intensamente praticato negli anni giovanili. Sempre rimasto allo stesso giornale. Se ne staccava solo nel 1941 quando fondava Tuttosport assumendone la direzione e portandolo presto ad un posto di avanguardia per esattezza di cronache, per spirito d'iniziativa, per tempestività di critica. Era sposato ed aveva una bambina

Luigi Cavallero
Capo dei servizi sportivi del quotidiano «La Stampa» di Torino, Cavallero aveva 42 anni. Veniva, giornalisticamente, dalla gavetta, poichè aveva cominciato - attorno al 1925 - a collaborare con qualche pezzo ai giornali sportivi di allora, ancora non pensando di poter fare del giornalismo sportivo la fonte della sua vita. Nel 1926 passava redattore a «Il Paese Sportivo», collaborava quindi con assiduità al «Guerin Sportivo» e nel 1929 era assunto da «La Stampa». Era ammogliato e padre di tre figli.

Renato Tosatti
Sempre allegro e sempre indaffarato, lavoratore instancabile, sentiva la sua responsabilità di marito e padre di tre figIi degnamente crescere. Contava quarantanni, Genovese, aveva cominciato a farsi conoscere con talune sue corrispondenze al «Guerin Sportivo», da lui argutamente firmate con lo pseudonimo di «Totò»: al «Guerino» collaborava tuttora, così come collaborava a «Tuttosport» con la firma di «Kid». Ed era ora ai servizi sportivi di «Gazzetta del Popolo» e di «Gazzetta Sera». Aveva seguito il «Torino» a Lisbona desideroso di prendersi una breve licenza.

Dirigenti

Agnisetta
«Gli occhi non rimangono asciutti se penso ad Agnisetta, sportivo di gran razza; quando era alla Lega Regionale e talvolta gli andavo a chiedere qualche giusta provvidenza per certe squadre di provincia, andava di persona a vedere, si metteva in quattro, rendeva giustizia o soccorreva i bisognosi senza far strappi alla legalità, perchè aveva cuore, ma per tutti, ed era uomo d'ordine, e amava le cose giuste...».
Questo quanto ha scritto «Carlin» per il rag. Rinaldo Agnisetta. direttore generale del «Torino». Rinaldo Agnisetta era tra le più conosciute ed apprezzate figure di quella sportivissirna Torino che tanti autorevoli uomini di sport può vantare. Contava 56 anni, e da almeno quaranta primavere si dedicava allo sport, spesso assumendone ruoli di estrema responsabilità. Cosi come quando, agendo con suprema energia, si era trovato a sanare una dura crisi economica del «Torino» stesso. Ebbe allora tatto e tenacia, fermezza e intelligenza; mostrò nella contingenza virtù straordinarie di risanatore e seppe vincere.
Per il «Torino» la perdita di Agnisetta è una perdita irreparabile; il sodalizio granata gli doveva molto... e lui ha voluto andarsene, col suo «Torino», nel momento in cui Ia società alla quale tanti tesori di energia e di intelligenza egli aveva dedicato, aveva raggiunto il massimo fulgore.
Non sembrerà vero, quando il «Torino» avrà saputo superare anche il durissirno colpo odierno, che alla immancabile rinascita non abbia potuto contribuire anche Rinaldo Agnisetta.

Civalleri
Ippolito Civalleri, «Civa» come lo chiamavano affettuosamente, negli ambienti del «Torino», ha lasciato pure lui, per sempre, Ia società granata. Era l'accompagnatore ideale, capace di rendere tutti di buonumore, ritenendo - davvero non a torto - che le lotte più difficili bisogna saperle vincere avvicinandosi ad esse col sorriso sulle labbra. Era ad un tempo il custode ed il protettore dei suoi giocatori, che particolarmente a lui ubbidivano e di lui temevano Ie sfuriate rarissime... ma che comunque c'erano quando, qualcuno, Ia faceva davvero grossa. Non era più giovane, coi suoi 66 anni; ma lo spirito era quello dei ventanni. Usava dire che i capelli grigi glie Ii aveva fatti venire il «Torino».

Cortina
Insuperabile manipolatore di muscoli, in uno col fisico Ottavio Cortina sapeva curare più volte il morale dei giocatori affidati alle sue cure; di animo buono, generosissimo, gli atleti del «Torino» avevano trovato in iui il loro confessore, quegli che poi - senza darne a vedere - s'interessava per sistemare situazioni, per pianificare eventuali dissidi. Ed oltre a tutto, in sua serietà professionale che lo portò, infine, a divenire massaggiatore ufficiale della stessa squadra nazionale.
I giocatori volevano gran bene a Ottavio Cortina; si fidavano di iui e di quelli ch'egli chiamava i suoi «cinquantun anni di esperienze, spesso dure e molte volte difficili, nella vita e nello sport».

Tecnici

Lievesley
Nato in Inghilterra 37 anni fa, nonostante la giovane età Lievesley era già noto nell'ambiente calcistico di tutto II mondo per le sue rare virtù di allenatore. Fra i tanti scesi l'anno scorso in Italia dall'Inghilterra, Lievesley, forse unico fra tutti, non aveva deluso; una volta ancora, anche in questo delicato settore di direzione, i tecnici del Torino avevano avuto la mano felice. Non era ancora entrato in piena conoscenza con Ia lingua italiana, eppure sapeva egualmente farsi intendere dai giocatori ch'erano alle sue cure. Ed aveva avuto un gran merito, a differenza di altri suoi colleghi britannici: quello, cioè, di non applicare il sistema d'allenamento inglese agli atleti italiani troppo dissimili per temperamento e per le stesse caratteristiche fisiche da quelli inglesi; ma di saper plasmare lo stesso metodo britannico sulle esigenze dei giocatori torinesi.
Cosi gli era stato dato conservare in pieno Ia «forma» dei suoi campioni che pure erano tra quanti sostenevano Ie maggiori fatiche in quanto, a diversità degli altri italiani, non riposavano certo quando il calendario presentava qualche partita internazionale.
Si era trovato bene a Torino, ed in ragione di ciò aveva fatto scendere dall'lnghilterra Ia moglie e la figlia, deciso a restare per Iungo tempo in Italia dove aveva trovato piena cordialità e cornprensione per le sue particolari necessità. Quando dai giornali gli accadeva di leggere un riconoscimento alle sue innegabili qualità, si commuoveva; ritagliava il pezzetto e Io inviava agli altri suoi parenti rimasti in Inghilterra. Si diceva fiero di appartenere al «Torino» e di poter collaborare ai suoi successi.
La particolare sua competenza gIi era riconosciuta negli stessi ambienti del nostro calcio azzurro; ed anche qui, in qualche occasione, era stato richiesto con successo pieno l'apporto della sua competenza indiscutibile.

Erbstein
Egri Erbstein, nato a Budapest cinquant'anni fa, era già noto fra noi Italiani ancor prima che in Italia scendesse in veste di allenatore; egli era, infatti, stato uno dei più valenti giocatori d'Ungheria, e come tale più volte chiamato a vestire la maglia di quella rappresentativa. Cosi, tanti anni fa egli aveva avuto modo di allinearsi di fronte alla nostra nazionale in cavalleresche e combattute contese.
Disporre di Egri Erbstein significava disporre di un elemento sicuro: rapido nei giudizi, ma non mai avventato, serviva particolarmente al «Torino» in occasione dell'ingaggio di nuovi elementi; se si considera quanti ottimi acquisti abbia saputo portare in porto il «Torino» degli ultimi anni, basta tale solo fatto per riconoscere di quale qualità Erbstein poteva disporre e quanto egli potesse rendersi utile alla società che aveva Ia fortuna di ascoltarne i consigli.
Ma Erbstein non si limitava a ciò: vera enciclopedia di competenza calcistica egli era anche capacissimo istruttore. Lo sanno benissimo in Ungheria (ed in parte lo sappiamo anche noi Italiani) quanti giovani campioni sono sorti dalle sue attente cure, che vivevano sotto un alone di paterna severità. E la riconoscenza di questi atleti da lui creati era piena: lo si è visto ai funerali di Torino quando Fabian, venuto da Lucca, si lasciò disperatamente andare sulla bara del suo «maestro».
Vi è da notare un particolare: Egri Erbstein non amava viaggiare in aereo, e ogni volta che si presentava una trasferta del genere diceva che si sarebbe rifiutato energicamente di seguire la squadra. Era stato così anche in occasione dell'ultimo volo...





[Modificato da =Koji Kabuto= 04/05/2011 21:42]




03/12/1972
05/05/2011 14:23

per par condicio aspetto un tuo topic sulla Grande Juventus.

no dai a parte tutto, in una gita alle medie ero andato a visitare superga. anche se non è una tragedia dei nostri tempi faceva comunque effetto. onore e rispetto per grandi calciatori.
[Modificato da BoY.DuKe 05/05/2011 14:25]
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05/05/2011 14:30

Re:
BoY.DuKe, 05/05/2011 14.23:

per par condicio aspetto un tuo topic sulla Grande Juventus.

no dai a parte tutto, in una gita alle medie ero andato a visitare superga. anche se non è una tragedia dei nostri tempi faceva comunque effetto. onore e rispetto per grandi calciatori.




c'è mai stata una grande juventus onesta????????



detto ciò,ho sempre portato rispetto a gente come Scirea o Fortunato,anche se in passato con altri morti(vedi Curi,Filippini,Dattoma quelli dell heysel ecc) ci ho scherzato su,e di ciò me ne vergogno come un ladro.




03/12/1972
05/05/2011 14:53

Re: Re:
=Koji Kabuto=, 05/05/2011 14.30:




c'è mai stata una grande juventus onesta????????




ehh quando la volpe non raggiunge l'uva....

=Koji Kabuto=, 05/05/2011 14.30:



detto ciò,ho sempre portato rispetto a gente come Scirea o Fortunato,anche se in passato con altri morti(vedi Curi,Filippini,Dattoma quelli dell heysel ecc) ci ho scherzato su,e di ciò me ne vergogno come un ladro.




vabbè dai, alla fine gli scherzi non si fanno mai con cattiveria. penso.
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05/05/2011 20:02

Re: Re: Re:
BoY.DuKe, 05/05/2011 14.53:




vabbè dai, alla fine gli scherzi non si fanno mai con cattiveria. penso.




rientra tutto nell'ottica della goliardia ultras,ma poi pensi che stai ridendo di gente che non c'è più




03/12/1972
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