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Apocalisse Laica
 
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credere o non credere

Ultimo Aggiornamento: 23/11/2010 21:25
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22/11/2010 17:10
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differenza fra credenti e non credenti


Pensate che sia il fatto di essere dei credenti a fare degli individui delle persone migliori?

Per alcuni a quanto pare si!

Per alcuni il fatto che altri smettano di aderire ad un'organizzazione religiosa perchè delusi dal cattolicesimo e dal geovismo è sinonimo di presunzione e di ignoranza.

Posso chiedervi quale è il vostro pensiero in merito?

Mi ripeto: E' forse il fatto di credere in Dio a fare dell'individuo una persona migliore di una non credente?



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[Modificato da testone. 22/11/2010 17:13]



www.randallwatters.com/

Se studiate la storia della società Watchtower, una cosa dovreste aver chiara nella mente: la dottrina è irrilevante. Cambia continuamente, dato che il Corpo Direttivo riscrive la loro storia e si riscrivono nella Bibbia, come se fosse stata scritta per loro e soltanto per loro. Potete studiare teologia finché vi fuma il cervello. Potete conoscere la Bibbia parola per parola. Ma, a meno che capiate come la manipolano per arrivare ai loro fini, rimarrete sprovveduti sul come contrastarli. Vi rideranno in faccia. Se imparate il loro sistema e mettete a nudo il loro metodo, non vi sfideranno più. Come nella novella ‘Il mago di Oz’ fu sorpreso a esercitarsi dietro la tenda, così tireranno la tenda dell’illusione al suo posto. Imparate le loro tecniche piuttosto che la loro teologia. (di Randall Watters, dalla sua esperienza pluriennale alla Betel di Brooklyn)
22/11/2010 20:25
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Principi umani......
Carissimo.... ho conosciuto personalmente gente che si è dichiarata atea e ti posso garantire che sono persone ineccepibili!
Hanno nei loro principi, un rispetto, una morale e un'educazione "spirituale" che a volte danno dei punti ache ai miglior cattolici!

Fermo restando che ogni uomo ha un proprio carattere e una propria individualità, io credo che il non credere in Dio o smettere di crederLo, non influisca affatto sulle qualità umane!

Io per esempio, sebbene ho smesso di avere fede e non preghi più perchè lo trovo inutile, non sono diventato uno sbevazzatore, un immorale, un bestemmiatore! Non so tu, ma mi pare che siamo anzi migliori oggi che nel passato quando avevamo una fede collettiva, non ti pare?

Sperando di averti risposto... ti auguro una buona serata. Shalom.


22/11/2010 22:07
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 Piccola parte tratta da:

 

L’IRRAZIONALE CREDULITÀ NELLESISTENZA DI DIO

 

FERNANDO LIGGIO

 

 

 



Le religioni chiedono all’uomo la  fede  proprio perché l’uomo [a differenza degli altri animali] possiede la ragione […]; ma poi esigono che  non usi la ragione, esigono che la fede sia “cieca”, esigono che la ragione sia tacitata, sacrificata, annullata.  


Ma che avrebbero da temere dalla ragione se fossero “davvero sicure” di essere veritiere?


E non conviene invece sollecitare l’indagine della ragione quando si è in possesso della verità?


E non è proprio la ragione la sola facoltà che può e sa riconoscere, confermare ed esaltare la verità?


Perché dunque temono la  ragione?  […]. 


L’esistenza  “contemporanea”  di  tante  religioni è  dunque  un’evidente dimostrazione del fatto che nessuna di esse ha mai prodotto e neppure oggi produce prove inconfutabili.


Dunque, le religioni sono tutte opinabili [cioè, basate su congetture]. […].


Le religioni insomma  debbono pur concedere che fino a quando non saranno spontaneamente abbandonate e, quindi, scomparse   ovviamente, tutte meno una ,  vorrà dire che nessuna di esse avrà prodotto, circa la sua veridicità, una o più prove veramente probanti e definitivamente convincenti. […].


[Non si può] accettare e avvallare così  supinamente, così acriticamente l’enorme congerie di miti, di favole, di dogmi, di miracoli, di precetti, d’incongruenze, di contraddizioni, di paradossi, di cui la religione è costituita e di cui alcuni sono manifestamente incredibili, altri indubbiamente offensivi per la ragione, ed altri ancora chiaramente annientatori della medesima?


In altre parole, come può, una “mente superiore”, credere acriticamente in Dio  e osservare supinamente una qualsiasi delle religioni  esistenti?  […];  se  almeno  qualcuna  delle  tante  prove,  che  le  religioni  asseriscono  di possedere circa la loro veridicità, sia degna d’essere ritenuta probante […].


Ne consegue che la fede in Dio fa pensare e vivere necessariamente in un “certo” modo, ossia badando molto più all’aldilà che  all’aldiqua;  mentre  la  mancanza  di  fede  fa  pensare  e  vivere  in  modo,  se  non  opposto, notevolmente e sostanzialmente diverso, ossia badando “esclusivamente” all’aldiqua.


E un’entità che, se accettata, fa vivere in un modo, e che, se rifiutata, fa vivere in modo notevolmente diverso, è [comunque] alla base dell’esistenza […].


Tutti coloro che ritengono di essere convinti credenti e dei praticanti  in  regola  e  che  poi,  in  verità,  vivono  badando  più  all’aldiqua  che  all’aldila,  più  al contingente che all’eterno, non  s’illudano […].


Perché se si crede in Dio, nel suo giudizio e nel conseguente premio o castigo, occorre  vivere in un certo modo: modo che per un non credente, ovviamente, è almeno in parte insensato.


Perché non è ragionevole sperare in un giudizio favorevole da parte di Dio, se mentre si vive non ci si cura di risolvere con convinzione il problema che Egli rappresenta, essendo chiaramente preferibile da parte di Dio un  “onesto” e attento non credente anziché uno che crede freddamente e “distrattamente”.


Perché la religione è una forza così potente, ma anche così avversata  e specialmente da alcuni decenni in qua  che non ci si può sottrarre al dovere di rafforzarla, se la si ritiene veridica, o d’indebolirla, se si ritiene che non abbia ragione d’essere.


Perché è da insensati non preoccuparsi seriamente e urgentemente di appurare se la vita duri solo alcuni decenni o tutta l’eternità.


E perché ignorare la soluzione del problema di Dio, o meglio non prendere partito circa questo problema è certamente la più seria forma d’incertezza e d’inconsapevolezza alla quale l’essere umano possa soggiacere.


Insomma se si crede in Dio si crede di essere totalmente nelle sue “mani”, mentre se si prescinde da Dio si crede di essere totalmente nelle “proprie” mani.


Naturalmente, l’unico Dio che può interessare l’uomo è un Dio giudice, che premia o castiga per l’eternità a seconda dei meriti o dei  demeriti del giudicando. […].


È il Dio delle religioni, insomma, e non un’entità metafisica “imprecisata”; un’entità, cioè, a sestante, che ignora l’uomo e che perciò merita sia l’ignoranza che l’indifferenza dell’uomo […].


I filosofi hanno sempre cercato Dio, e tutt’ora lo cercano.


A parte il fatto che dopo “migliaia” di anni di ricerche non sono ancora approdati a nulla di concreto (il che dovrebbe metterli in serissimo sospetto), non sono proprio loro che definiscono Dio inimmaginabile, incomprensibile, inconoscibile e totalmente altro


E  come  è  possibile  trovare  un  quid  che  non  si  può  in  alcun  modo  immaginare,  o comprendere, o  conoscere? […].


Si rendono “davvero” conto, i filosofi, dell’inutilità di questa ricerca e quindi della grave incoerenza che essa rappresenta?


Inoltre, come mai essi non avvertono che il loro ostinarsi a ricercare Dio non fa altro che perpetuare nell’uomo la speranza di poterlo un giorno trovare; speranza che   come essi dovrebbero sapere sarà sicuramente delusa, giacché non  è  oggettivamente  possibile  immaginare   l’inimmaginabile  e  definire  l’indefinibile? 


Non avvertono essi che  “l’unica”  possibilità  che  l’uomo ha  di  conoscere  Dio  è  che  Dio  stesso,  se esistesse, gli si manifestasse e gli dicesse come stanno le cose? […].


Come si vede, all’origine della convinzione che l’uomo senta “per natura” il bisogno di Dio c’è anzitutto una palese inadeguatezza filosofica circa il problema a tutti i livelli. […].


Inconsapevole dei reali poteri della ragione di cui è dotato, l’uomo non se ne fida come potrebbe e dovrebbe; e non fidandosene dispera.


Ma chi dispera della ragione finisce, prima o poi, col dover sperare in Dio.


Ecco come e perché l’uso “inadeguato”

22/11/2010 23:01
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RE

Non penso che ci siano significative differenze visibili fra un credente e un ateo nell'operare correttamente nella vita.
Solo magari che il credente si sente più realizzato nella sua fede,ma questo è un fatto personale interiore e non visibile.
Questo è il mio pensiero.

omega [SM=g27998]
23/11/2010 12:38
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Credo che diventeremo persone migliore nella misura in cui si tende a considerare gli altri come esseri divini. E quindi trattiamo gli altri migliori e naturalmente anche noi stessi.

Chi vive la fede in Dio, vive l'amore che è in realtà l'essenza di Dio, e che non può essere altro che migliore.

Credere in Dio significa di svilupparsi spiritualmente e questo sviluppo richiede tempo, ce la possiamo vedere a noi stessi e dalla reazione delle altre persone quanto meglio siamo diventati.

Non voglio dire esplicitamente che siamo migliori di altri, ma ci saremo migliore per noi e per gli altri.

Questa è la mia opinione personale.

un saluto da
searose


23/11/2010 14:35
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testone., 22.11.2010 17:10:



Pensate che sia il fatto di essere dei credenti a fare degli individui delle persone migliori?





Non credo che l’essere credente “migliori” automaticamente una persona. Ma sicuramente aiuta e migliora una persona tendenzialmente tortuosa.

Per esempio se uno è disonesto e nello stesso tempo non credente, sarà spinto ad agire sempre più disonestamente a causa dell’insensibilità della sua coscienza.

Mentre il disonesto credente, cercherà di frenare questo desiderio criminoso, perché la coscienza lo fa sentire in colpa.

Ma anche in quest’altro caso la coscienza si fará sentire solo le prime volte. Con il risultato che a forza di agire disonestamente, anche se è credente, la sua coscienza non lo giudica.

L’unica sua preoccupazione è quella di non uscire allo scoperto. Ma non per questo lo renderá una persona “migliore” solo perché è credente.

Sono convinto che per chi sia “migliore” credere o non credere non gli cambia assolutamente nulla.

Poi c´è un’organizzazione a livello mondiale con oltre 7.000.000 di adepti (non ricordo il nome) che crede e insegna che i non credenti siano morti che camminano, altro che migliori.

Forse, visto che “nella moltitudine dei consiglieri c´è la riuscita” loro hanno ragione, e chi la pensa diversamente, ha torto.
Mah!

[Modificato da brian67 23/11/2010 14:36]
23/11/2010 21:25
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Tratto da :

La basilica di sant'apollinare e dei credenti di elvis de pedis
in the memphis



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