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BUONE NOTIZIE

Ultimo Aggiornamento: 07/12/2019 11:25
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02/10/2012 22:27
 
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Crescono del 10% i ragazzi che vanno all’oratorio

A pochi giorni dalla fine delle vacanze e con la riapertura delle scuole, l’edizione nazionale delCorriere, prendendo spunto dalla conclusione del primo happening nazionale degli oratori organizzato dal FOI (il Forum degli oratori italiani), ha restituito una immagine di queste struttureancora più interessante di quella proposta su questo portale.

Svoltosi dal 6 al 9 settembre 2012«H¹O», il primo happening nazionale degli oratori ha registrato la partecipazione attenta di circa 1.500  partecipanti, provenienti da 500 oratori di tutta Italia. “La realtà degli oratori – ha commentato mons. Nicolò Anselmi, Responsabile del Servizio Nazionale per la pastorale giovanile – è profondamente radicata e ancora assai vivace in tutto il territorio italiano. L’incontro fra le diverse tradizioni oratoriane, dal nord al sud del Belpaese, può rappresentare una grande ricchezza: per questo si è deciso di organizzare un meeting nazionale”. La necessità di una maggiore integrazione e raccordo tra gli oratori è stata ben illustrata da don Marco Mori, Presidente del citato Forum degli Oratori Italiani, che ha affermato come “Gli oratori in Italia fanno moltissime attività, ma devono imparare a pensare e a camminare sempre più insieme”.

Maggiore coordinamento nelle iniziative ma anche la necessità di avvalersi di operatori che sappiano coniugare entusiasmo e preparazione:  a tale scopo, risulta significativa laqualificata presenza durante i lavori di docenti universitari di psicologia, pedagogia, e scienze sociali. Il tutto a supporto delle attività istituzionali del Forum che mirano a “sostenere e coordinare l’azione educativa degli oratori per la crescita umana e cristiana delle giovani generazioni; promuovere la ricerca pedagogica e metodologica, e individuare strutture adeguate; presentare le istanze degli oratori italiani e favorire il raggiungimento dei loro obiettivi nelle istituzioni locali, nazionali e internazionali”. Don Marco Mori ha meglio precisato le linee programmatiche del FOI per i prossimi anni: «Nuove sfide, nuove tecnologie, nuove frontiere. Per sfide intendo l’integrazione, tema sul quale noi adulti abbiamo tantissimo da imparare dai bambini che, è probabile, ci aiuteranno a superare pregiudizi e blocchi mentali. L’oratorio è uno straordinario, privilegiato punto d’osservazione».

Concludiamo con i numeri, eloquenti e non bisognosi di chiarimento alcuno, che rendono bene l’idea di cosa significhi la realtà degli oratori in Italia. Nei 6.500 oratori sparsi in tutto il territorio sono passati durante l’estate 2012 ben un milione e mezzo di piccoli e adolescenti, assistiti da un entusiasta esercito di 200.000 volontari, con una crescita percentuale del dieci per cento causata/agevolata dalla crisi – si riprende volutamente in questo articolo l’esatta dizione usata dal Corriere.

Di certo la sfavorevole congiuntura causata dall’inasprirsi della pressione fiscale in uno con la recessione ha inciso parecchio sulle abitudini delle famiglie italiane, ma non è affatto improbabile supporre che il ricorso alla consolidata esperienza degli oratori, capaci di garantire la permanenza dei loro piccoli ospiti in molti casi anche nelle ore pomeridiane, abbia pesato non poco nelle scelte educative. In fondo l’oratorio conserva sempre il suo carattere di gratuità, eccetto sopportabili quote d’iscrizione. Anche gli oratori del Sud, che storicamente parlando non hanno una tradizione così consolidata, hanno fatto registrare  numeri importanti, dalla Sicilia alla Campania, come similmente c’è stato fermento nell’Italia centrale, tra Lazio e Umbria.

A conferma del fatto, ammesso che servano ancora conferme, che le strutture educative della Chiesa restano insostituibili per il loro ruolo educativo capaci come sono di adeguarsi alle mutate esigenze delle nuove generazioni, senza per questo svalutare l’essenziale del loro messaggio.

Salvatore Di Majo

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12/10/2012 20:25
 
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Progetto SCORE per la creazione di micro-imprese

Ambasciatore DeLisi

L’Ambasciatore americano Scott DeLisi, insieme con la moglie Leija, il Capo della Missione USAID Leslie Reed, il Direttore del Center for Disease Control and Prevention dell’UgandaTadesse Wuhib, hanno visitato lo scorso 17 settembre le attività e incontrato le persone sostenute dal progetto SCORE nella città di Gulu, Uganda. Gli ospiti sono stati accompagnati da Massimo Lowicki-Zucca, Responsabile del progetto SCORE, Richard Okello Nixon, il Responsabile dell’Area Nord SCORE, e alcuni membri dell’Acholi Education Initiative, partner AVSI nella realizzazione del progetto.

Il progetto SCORE (Sustainable, Comprehensive Responses for vulnerable children and their Families) è un programma della durata di cinque anni finanziato da USAIDe realizzato dalla Fondazione AVSI, in collaborazione con le organizzazioni CARE,TPO e FHI360 e decine di partner locali in 35 distretti dell’Uganda.

Una delle componenti principali del progetto sono i gruppi di risparmio nei villaggi che propongono un metodo di micro-finanza auto-gestito e auto-capitalizzato i cui partecipanti sono membri della comunità che mettono in comune i loro risparmi e altre risorse per fornire maggiori opportunità di credito, di risparmio e di assicurazioni per tutti gli altri membri che hanno difficoltà di accesso alle istituzioni bancarie formali.

Durante la visita, l’Ambasciatore ha avuto la possibilità di dialogare col Pito Kic Tek(“prendersi cura degli orfani è dura”), uno dei gruppi di risparmio sostenuti da SCORE. Nonostante sia nata da poco, l’associazione ha iniziato a prestare somme di denaro a membri del gruppo che ne avevano bisogno. I risparmi consentono ai nuclei familiari di gestire le emergenze economiche e di pianificare le spese future. Le somme risparmiate permettono, inoltre, di avviare attività generatrici di reddito per migliorare le loro condizioni socio-economiche.

L’Ambasciatore ha poi incontrato alcuni giovani che, attraverso SCORE, stanno perfezionando le competenze che permetteranno loro di impegnarsi in attività economiche e aumentare così il flusso delle entrate del nucleo familiare. Questi ragazzi non hanno potuto frequentare la scuola per difficoltà economiche ed ora hanno la possibilità di avere accesso ad un apprendistato al termine del quale avranno le capacità per avviare piccole attività generatrici di reddito.

L’Ambasciatore ha osservato che una volta sostenuti e responsabilizzati, gli individui di una qualsiasi comunità sono in grado di prendersi cura di se stessi e provvedere a ciò di cui hanno bisogno. Gli sforzi della comunità nel risparmiare e aumentare i propri guadagni vanno in tal senso: le persone dimostrano di potere affrontare le sfide e di prendersi cura di sé. Inoltre, l’Ambasciatore ha sottolineato che i giovani sono la vera forza per la ricostruzione del Nord e i loro sforzi per apprendere nuove competenze e diventare giovani imprenditori parlano di un “nuovo Nord”, una regione con una grande speranza in oggi e nel domani.

 

 

 
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22/10/2012 20:54
 
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Sorprendente aumento delle vocazioni in Scandinavia

Paesi nei quali, come ci insegna la storia più recente, la prospettiva laica è decisamente maggioritaria mentre le confessioni cristiane riformate si trovano in una situazione di disagio per analoghi processi di secolarizzazione e di distanza dalla pratica della fede. E’ pur vero che 250.000 cattolici sparsi in 5 nazioni non costituiscono un grande numero, ma l’aumento del numero dei candidati al sacerdozio – 60, quasi uno ogni 4.000 cattolici, restituisce l’immagine di una chiesa che non è affatto in disarmo e che, anzi, guarda all’immediato futuro con una buona dose di ottimismo tanto da voler pianificare una vasta opera di evangelizzazione unitamente ad un forte impegno ecumenico.

Dinanzi a questi dati è lecito mostrare stupore e magari provare a dare una spiegazione. Nel fare ciò, tuttavia, è opportuno non abbandonarsi ai facili trionfalismi, così come è meglio non enfatizzare troppo l’intervento della Provvidenza che, in ogni caso, non cessa mai di far mancare i suoi doni alla Chiesa.

Per questi motivi, lasciando magari ad un sociologo delle religioni la responsabilità di una spiegazione improntata a criteri di scientificità, riteniamo in prima battuta che quanto avvenuto in questi paesi sia l’anticamera di quello che sicuramente accadrà nei prossimi anni: di fronte all’assottigliarsi del numero complessivo dei cattolici praticanti, le chiese divenute numericamente minoritarie in contesti culturali indifferenti o addirittura ostili alla fede religiosa, dovranno per forza di cose impegnarsi nel restituire una immagine complessiva forte e decisa di fedeltà al Vangelo e di perseveranza nel rispetto dei valori essenziali (non negoziabili).

Convinzione la nostra che si fa più forte anche con riferimento al documento che abbiamo citato all’inizio, laddove nella parte conclusiva afferma che “L’ambiente più favorevole alla vocazione al sacerdozio è ogni comunità cristiana che ascolta la parola di Dio, che prega con la liturgia e testimonia con la carità”.

Nulla di nuovo, verrebbe da dire, ma ciò non è affatto scontato e la storia della Chiesa in 2000 anni ha dimostrato, e continuerà a farlo anche nel futuro, che ogni nuova partenza, in fondo, ha inizio sempre con l’essenzialità di ciò che Cristo le ha detto di fare: “Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”. (Matteo 28, 19)

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24/10/2012 14:46
 
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Più di un miliardo di persone nel mondo soffre la fame. L’aumento dei prezzi costringe più di 70 milioni di persone a vivere nell’estrema povertà. E molti di più a morire di fame.

In occasione del World Food Day, che si è celebrato il 16 ottobre, AVSI racconta le esperienze e i progetti nel mondo che evidenziano come il problema della fame sia strettamente legato a quello educativo, un’educazione alla libertà come possibilità di crescita e di sviluppo.

In Nord Uganda AVSI promuove la realizzazione degli orti scolastici all’interno di diversi progetti tra cui il programma finanziato da De Agostini e il progetto Fondazioni 4 Africa.

Lo scopo degli orti scolastici è quello di insegnare ai bambini a vivere la pratica agricola con entusiasmo, scardinando la convinzione che lavorare nei campi rappresenti una punizione. La terra ed i suoi prodotti sono una grande risorsa ed i bambini che studiano nelle scuole seguite da AVSI vengono accompagnati a comprendere che l’agricoltura è un mezzo di sussistenza per il presente ed il futuro. Inoltre gli orti scolastici hanno un grosso potenziale nel diffondere una cultura di differenziazione del raccolto affinché la dieta dei bambini diventi più nutriente ed al contempo si possano creare meccanismi di produzione e trasformazione alimentare.

Alla fine della stagione, i bambini con i loro insegnanti raccolgono quanto seminato e poi il raccolto viene venduto per comprare beni di prima necessità per la scuola (divise scolastiche, cartoleria, piccole riparazioni..), oppure per integrare la dieta nelle proprie case, dato che a ciascun bambino che ha partecipato al progetto Orti Scolastici, è regalata parte del raccolto. Non bisogna dimenticare infatti che uno dei problemi in Nord Uganda nelle scuole elementari è che tutti i bambini che hanno il rientro al pomeriggio camminano anche mezz’ora per tornare a casa in pausa pranzo o si cibano di frutti raccolti occasionalmente dagli alberi intorno alla scuola.

Ogni anno verso la fine del mese di Agosto, AVSI organizza una serie di eventi per ciascuna scuola chiamati ”Junior Farmer Field Days – Le giornate degli Orti Scolastici”, con lo scopo di fare conoscere a tutti l’esperienza degli orti: genitori, insegnanti, autorità politiche e religiose convergono nella scuola per ascoltare l’esperienza dei bambini che raccontano come hanno risolto i problemi incontrati durante le varie fasi di implementazione dell’orto, che cosa hanno prodotto, quanto hanno raccolto e soprattutto cosa hanno imparato dall’esperienza degli orti scolastici.

Inoltre quest’anno si è dato il via ad una serie di attività correlate agli orti, come per esempio le formazioni ai genitori sui diritti alla terra, che promuovono un modo pacifico di risoluzione dei problemi di confini ed eredità terriere. In collaborazione con l’Ospedale St. Joseph di Kitgum e con l’Ospedale Lacor di Gulu si sono svolte una serie di formazioni sul tema della nutrizione, in cui si è spiegato alle mamme dei bambini che partecipano agli Orti Scolastici come preparare un piatto nutriente per i loro bambini utilizzando le risorse locali.

Si è realizzata anche una serie di corsi di formazione in merito al tema del risparmio energetico, coinvolgendo i genitori nella creazione di “energy saving stoves – stufe a risparmio energetico”: la maggior parte della popolazione dell’Uganda prepara da mangiare utilizzando come fonte di calore la legna o il carbone. Dato che per il momento non vi sono alternative, si è pensato di rendere più conveniente il consumo della legna, costruendo delle stufe che trattengono più a lungo una maggiore quantità di calore.

Naturalmente alla base di questo programma c’è una forte motivazione educativa, poiché ciò che i bambini imparano è mantenuto vivo grazie al rapporto che essi hanno con i loro insegnanti, genitori e con gli operatori.

 

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28/10/2012 08:38
 
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FREE

La campagna FREE che racconta 10 anni di lotta all’Aids in Uganda, 10 anni di bambini nati senza l’HIV, è stata presentata a Gulu in Uganda il 24 ottobre.

AVSI da 10 anni include nei propri progetti sanitari la componente di prevenzione materno-fetale (denominata PMTCT), sostenendo i maggiori ospedali e centri sanitari dell’Uganda. Questo programma, prevede la somministrazione di farmaci antiretrovirali alla madre durante le doglie e a lei e al neonato entro 72 ore dal parto così come il monitoraggio delle modalità di allattamento.

Tutto questo permette di ridurre almeno del 70% la possibilità di trasmissione del virus dell’HIV da madre a figlio, ossia la seconda principale modalità di infezione.

Partita nel 2002 con l’attività di PMTCT in due ospedali in Uganda, AVSI copre oggi 4 ospedali e 37 centri sanitari. Qui, in 10 anni, i servizi sanitari pre-parto sono stati garantiti per oltre 197.343 mamme. 4.713 figli di madri sieropositive sono nati sani; la percentuale di accettazione del test dell’HIV tra le madri è del 94%; 43.441 uomini hanno avuto accesso a servizi di prevenzione dell’AIDS. La percentuale di coinvolgimento dei partner è del 73%. Tutto il sistema sanitario è migliorato grazie a un sostegno a 360°.

Una pubblicazione e un filmato documentario che illustrano i risultati del programma sono stati presentati a Gulu, Uganda, il 24 ottobre per mostrare i volti e le storie dei protagonisti. Tra i relatori c’erano Lawrence Ojom, Direttore dell’ospedale St Joseph’s di Kitgum, Ketty Opoka, Coordinatrice del Meeting Point-Kitgum, Esiru Godfrey, Coordinatore Nazionale della PMTCT, Aceng, Direttore Generale Servizi Sanitati, e John Makoha, AVSI Country Representative, che ha introdotto l’evento. AVSI era rappresentata da Luciana Bassani, che ha lavorato in Uganda per molti anni con la Fondazione e che insieme al marito Filippo Ciantia ha dato un contributo fondamentale per dare avvio ai primi programmi AVSI di PMTCT.

Tra i partecipanti all’evento vari distretti locali (Gulu, Kitgum, Pader, Agago, Lamwo, Nwoya, Amuru), rappresentanti dei partner come United Nations Children’s Fund (UNICEF), United States Agency for International Development (USAID), African Medical and Research Foundation (AMREF),Save the Children, e lo sfaff AVSI.

Il 25 ottobre, inoltre, c’è stata l’apertura del nuovo ufficio di AVSI a Gulu alla presenza dell’Ambasciatore Italiano, l’Ambasciatore UE e l’Arcivescovo di Gulu, John Baptist Odama.

Guarda le foto!

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05/11/2012 08:18
 
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In Francia rinascita della fede cattolica,
in particolare tra gli intellettuali

Nell’aprile scorso divulgavamo un articolo apparso sul “New York Times” circa un fenomeno di “ritorno religioso” nel mondo degli intellettuali, in particolare atei e agnostici. Sembra si stia facendo largo, infatti, una frangia sempre più ampia di miscredenti intenzionata ad abbandonare l’ascia di guerra contro i credenti, abbracciando un confronto civile e rispettoso sulla scia del filosofo ingleseAlain De Botton.

In un recente articolo comparso su “Avvenire”ci si è concentrati sulla situazione francese evidenziando un trend abbastanza simile, ovvero «un rigoglio della trasmissione evangelica a livello culturale, educativo», in particolare tre «opinionisti e studiosi».

Qualcuno lo aveva già notato durante la recente campagna elettorale, dove Dio era stato messo al centro di essa, proprio nella terrà della laicità più negativa e oscurantista. Dopo i numerosi tentativi di sradicare il cristianesimo nella storia francese, in particolare durante i secoli bui illuministi, oggi  «la cappa di piombo è ormai saltata e la cultura francese riscopre, spesso con autentico entusiasmo, la sua antica anima cattolica». Molti intellettuali cattolici e cristiani della prestigiosa Académie française hanno acquisito sempre più peso, come René GirardMichel SerresMarc FumaroliJean-Luc MarionMax Gallo, Jean d’OrmessonMichel Tournier e Didier Decoin. Molto brillanti anche le leve più giovani esaltate dalla critica, come Christian BobinSylvie GermainFabrice Hadjadj e Alexis Jenni. Anche diversi artisti hanno recentemente esternato la loro fede, come Juliette BinocheGérard Depardieu, Anouk Aimée e la cantante Camille. Ancora non è calato, inoltre, il successo del film “Uomini di Dio”, la pellicola sulla testimonianza spirituale dei monaci di Tibhirine che ha conquistato la copertina dei settimanali e l’attenzione dei sociologi. “Avvenire” ha anche sottolineato come il quotidiano più letto del Paese, “Ouest France” (800 mila copie), si rivendichi fieramente fedele alla dottrina sociale della Chiesa e come le scuole private cattoliche non riescano più a rispondere alle richieste, dato il costante aumento da anni degli iscritti (oltre 2 milioni di studenti).

Anche le aggressioni anticlericali sembrano spegnersi in contemporanea, è da sottolineare ad esempio che “L’Express”, primo ed autorevole settimanale d’informazione, poche settimane fa ha irriso ancora una volta il noto “new atheist” Michel Onfrayscrivendo che «i suoi libri sono davvero troppo scadenti». Il noto filosofo anti-teista era già stato preso duramente di mira nel marzo scorsoe ne i mesi scorsi è stato accusato di antisemitismo dopo aver fatto un parallelo davvero pericoloso tra ebraismo e nazismo.

L’augurio del quotidiano cattolico italiano è che questa «rinnovata effervescenza sociale e culturale» possa essere «un viatico per le vocazioni e per una riscoperta dei sacramenti, oltre che per un ridimensionamento della laïcité di Stato». Il laicismo è così tanto la religione di Stato che i cattolici, ancora una volta, si sono dimostrati gli unici difensori del vero concetto di laicità.

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14/11/2012 18:30
 
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IRAQ, DOPO 17 SECOLI SUONANO LE CAMPANE NELLA CITTA' SANTA DELL'ISLAM

Nel cuore dell’islam sciita, a Hira, si torna a celebrare la messa in una antica chiesa cristiana. La cerimonia officiata dall’inviato del Papa, mons Lingua

REDAZIONE
ROMA


Dopo 17 secoli di silenzio le campane di "una chiesa cristiana" hanno risuonato nel cuore dell'Islam sciita: la città santa di Najaf in Iraq. Dell'eccezionale evento dà notizia oggi con grande risalto la tv satellitare saudita al Arabiya. L'antico luogo di culto che si trova all'interno del convento "Abdal Massih" (dall'arabo "Servo di Cristo") si trova a Hira, antica città cristiana scoperta di recente a due passi da Najaf.


A celebrare la messa, secondo quanto riporta l'emittente araba, è stato l'inviato del Papa Benedetto XVI in Medio Oriente, il Nunzio Apostolico, Monsignor Giorgio Lingua. Alla cerimonia religiosa ha preso parte una nutrita delegazione di sacerdoti e vescovi cristiani come il vescovo armeno cattolico Emmanuel Dabbaghian e Raad Kachaci, presidente dell`ufficio governativo per i cristiani e le altre religioni. La delegazione è stata ricevuta dalla massima autorità religiosa dell'Islam sciita nel mondo: il grande ayatollah Ali al Sistani.



Un incontro durante il quale cristiani e musulmani hanno tenuto a sottolineare quanto i primi siano parte integrante e antichissima del tessuto sociale iracheno."Lo scopo della visita a Najaf era quello di visitare i luoghi cristiani scoperti in quella città" sono le parole di Mons. Lingua, come ha riferito il sito web di al Arabiya.


Interpellato sull'evento, ritenuto una "eccezionale testimonianza della convivenza tra le religioni", il direttore dell'Ente archeologico della città, Mohammed Hadi al Maiyali, ha affermato che "una volta 'Hira' era il Vaticano degli antichi cristiani e non è strano quindi che finora siano stati scoperti dagli
archeologi oltre 33 conventi, luoghi di culto e chiese nella terra di Najaf".


Al Hira, fu un importante centro urbano del periodo arabo preislamico. Originariamente accampamento militare (hirta), nel V-VI secolo divenne capitale della dinastia araba dei Lakhmidi. Secondo lo storico Hassan al Hakim, nel quarto secolo dopo Cristo, la città fu cristiana o fortemente influenzata dal Cristianesimo: e questo perchè nel 420 d.c al Numaan alMundhir I, principe lakhmide di al Hira aveva abbracciato la fede cristiana.

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16/11/2012 10:56
 
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Siria

“Basta violenze in Siria”aveva invocato il Papa nel febbraio 2012 durante l’Angelus. AVSI, condividendo le parole del Santo Padre e accogliendo l’appello del Custode di Terra Santa Fr. Pierbattista Pizzaballa per l’emergenza in Siria ha cominciato a svolgere attività a sostegno della popolazione in fuga dall’emergenza in Libano e Giordania, e della popolazione che vive nel conflitto in Siria, aiutando i monasteri francescani che diventano luoghi di accoglienza e aiuto.

 

In Giordania

A margine del vertice Euromed (Euro-Mediterranean Partnership che promuove l’integrazione economica e la riforma democratica in Nord Africa e Medio Oriente), tenutosi ad Amman in Giordania dal 17 al 19 ottobre, Luca Jahier, Presidente del Gruppo IIII del Cese – Comitato economico e sociale europeo, organo consultativo dell’UE, ha incontrato Simon Suweis, responsabile AVSI in Giordania, che ha illustrato i progetti in corso, in particolare a favore dei profughi siriani.

Secondo un rapporto delle Nazioni Unite, in questi ultimi mesi in Giordania si è registrato un  sensibile aumento di rifugiati siriani in tutta la regione. I primi ad arrivare nel Paese sono state le famiglie che hanno parenti in Giordania o giovani che hanno partecipato all’opposizione contro il regime siriano.

Al momento, si stima che ci siano circa 120.000 profughi siriani non tutti registrati presso UNHCR, l’Alto Commissariato per i Rifugiati, e il numero aumenta ogni giorno. Molti di questi giovani sono analfabeti o hanno una preparazione scolastica molto carente; questo li porta ad essere esclusi dal mercato del lavoro in Giordania e quindi spesso a creare gravi problemi all’interno della comunità locale che li ospita.

AVSI ha avviato il progetto “Educazione e Formazione  per Giovani Siriani e scuola estiva nell’area di Mafraq”, con il coinvolgimento di giovani per migliorare la loro integrazione e le loro capacità culturali offrendo uscite ricreative, momenti di dialogo e confronto. Vengono inoltre realizzate campagne di formazione per le famiglie su salute, igiene e nutrizione, date le circostanze di precarietà in cui si trovano a vivere.

Il progetto prevede inoltre corsi professionali di piccolo artigianato per giovani e attività ricreative e  sportive per bambini e ragazzi per aiutarli nel percorso di integrazione con la comunità locale giordana.

Inoltre AVSI, grazie alla collaborazione con Caritas, supporta i rifugiati durante la stagione fredda attraverso la distribuzione di generi di prima necessità nelle città di Amman, Irbid e Mafraq.

 

In Libano

Il numero dei rifugiati siriani in Libano aumenta rapidamente ogni giorno, circa 400 persone  arrivano ogni settimana nel nord del paese. I siriani che ricevono protezione e assistenza in Libano sono quasi 120.000 di cui circa 85.000 sono registrati presso l’ UNHCR. 

Nel campo profughi di Delhamiya, nel villaggio di Talabaya, nella valle della Bekaa, e a Terbol ci sono 200 famiglie che arrivano dalla zona di Homs, in Siria.  Sono in maggioranza donne e bambini, tutti musulmani. Sono famiglie che vivono in tende di fortuna costruite con stracci e in condizioni igieniche drammatiche.

I bambini non vanno ancora a scuola e i genitori lavorano saltuariamente come operai agricoli giornalieri, senza riuscire a guadagnare il minimo per sopravvivere. Nonostante il Ministero dell’Educazione libanese permetta ai bambini rifugiati siriani di accedere alle scuole pubbliche, il processo di integrazione è lungo e complicato. Il grande problema è che il modello didattico libanese e quello siriano sono molto differenti: in Libano certe materie (scienze, matematica, geografia) vengono studiate in francese o inglese mentre in Siria si studia tutto in arabo, questo causa difficoltà di integrazione e apprendimento.

 

Due sono le aree principali di intervento di AVSI attraverso l’ausilio di un’equipe dedicata all’urgenza: la prima  si basa sul supporto ai rifugiati durante la stagione fredda con interventi di distribuzione di generi di prima necessità come coperte, stufe, gasolio e vestiti. Ad oggi AVSI ha censito 2250 profughi bisognosi di un intervento.

La seconda area di intervento è l’educazione : la decennale esperienza di AVSI in questo settore ha permesso di eseguire un « in-depth assessment » in 21 scuole pubbliche nei distretti di Marjeyoun, Bent-Jbeil e Hasbaya che ospitano circa il 20% di bambini siriani rifugiati in Libano. Di queste, ne sono state selezionate 13 che ospitano 3.288 bambini di cui 569 siriani (18%) e 2719 libanesi. Per sostenerli, vengono proposti corsi di recupero scolastico, alfabetizzazione, attività socio-educative e psicosociali.

Inoltre AVSI insieme a CARITAS ha predisposto una Clinica Mobile, divenuta immediatamente un punto di riferimento per migliaia di persone, specialmente per quei profughi che non possono o non vogliono registrarsi presso i canali ufficiali. L’idea è semplice quanto efficace: un’equipe socio-sanitaria segue un percorso regolare e conosciuto e di villaggio in villaggio incontra le persone bisognose.

 

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16/11/2012 10:59
 
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Pubblicata il 12 novembre 2012

Nuova immagine (29)

In Congo Brazzaville la Fondazione AVSI, in partnership con ENI, dà il via al Progetto Integrato Hinda che prevede come primo intervento la ristrutturazione della Scuola Primaria di Tchtondi.

La scuola è una delle più vecchie del paese e dovrebbe accogliere fino a 700 alunni mentre attualmente ne ospita meno di 400 in aule sovraffollate. Inoltre non è dotata di un servizio mensa e gli alunni sono costretti ad andare a casa, spesso percorrendo tragitti lunghissimi, per consumare un pasto durante la pausa pomeridiana. Alcuni vivendo troppo lontano restano a digiuno tutto il giorno o, una volta raggiunte le case, non tornano per la lezione pomeridiana. La scuola si trova nel villaggio di Tchitondi a 10 km del sito industriale di Mboundi nel Distretto di Hinda, con una popolazione di circa 3.480 persone.

L’obiettivo del progetto è il miglioramento generale della qualità dell’educazione attraverso la ristrutturazione delle infrastrutture scolastiche, la formazione degli insegnanti, l’acquisizione delle norme di base per l’igiene da parte delle famiglie degli alunni e l’aumento della partecipazione dei genitori alle attività proposte.

Questo progetto attraverso la ricostruzione della scuola opera per la tutela del diritto all’istruzione dei bambini in un paese in cui moltissimi sono ancora analfabeti, inoltre la struttura rinnovata e l’aumento di materiale didattico aiuta la regolare frequenza e la riduzione dell’abbandono scolastico.

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01/12/2012 15:41
 
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L’ex blogger atea Leah Libresco
ha ricevuto il battesimo cattolico

E’ giusto seguire le belle notizie fino in fondo: la popolare blogger americana, Leah Libresco, ha ricevuto ilbattesimo domenica 18 novembre, entrando così ufficialmente nella Chiesa cattolica.

Filosofa laureata a Yale e collaboratrice dell’Huffington Post, la sua storia ha scosso la blogsfera quest’estate, in quanto fino a poche settimane prima la Libresco era una militante atea, star del “Patheos Atheist Portal” e proprio da questo blog ha annunciato la sua conversione e quindi il suo trasferimento su Patheos Catholic channel”. 

Ciò che l’ha portata alla conversione è stata l’evidenza che «non potevo più nascondere che il cristianesimo dimostrasse meglio di ogni altra filosofia quello che riconoscevo già come vero: una morale dentro di me che però il mio ateismo non riusciva a spiegare». Ha capito che il cattolicesimo era la «religione che sembrava essere più promettente per raggiungere quella Verità vivente».

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10/12/2012 08:58
 
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Successo del Papa anche su Twitter:
7mila follower al secondo

Pochi giorni fa abbiamo informato del nuovo successo di Benedetto XVI e del suo ultimo librosull’infanzia di Gesù, il quale dopo pochi giorni dalla pubblicazione, è risultato essere già in testa alle classifiche dei libri più venduti.

«Il volume è in una posizione di evidenza sul nostro store ma c’è in generale un grande interesse per quello che il Papa e la Chiesa hanno da dire in un momento storico come questo. Lo dimostra anche il sesto posto dell’ebook di Luigi Giussani, “All’origine della pretesa cristiana”»ha commentato Vittorio Ravaioli, e-commerce manager di LibreriaRizzoli.it.

Vatican Insider ha confermato le sue parole rivelando che tutta l’editoria religiosa è in crescita (al contrario della crisi che invece ha colpito i libri di altre tematiche), lo dimostrano i dati Istat: dal 2000 al 2007 la crescita del numero dei lettori di libri religiosi (almeno un testo l’anno) in Italia è stata del 2% annuo, ma dal 2007 al 2010 la percentuale è cresciuta fino al 6%. Il dato finale è che nel decennio 2000/2010 i lettori di un libro religioso sono cresciuti di 900.000 persone. È la fascia di età fra i 18 e 54 anniche registra una maggiore crescita, cioè persone che esercitano nel proprio ambito di azione anche un ruolo di decision maker. Tutto questo lo si nota anche dalla forte attenzione al libro religioso da parte degli editori laici.

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14/12/2012 23:54
 
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UN LENZUOLO PER L'AMICO

Qui la carità si fa spazio a metri quadri

di Paolo Perego

12/12/2012 - Una coppia con una valigia piena, un'anziana con il suo "Questo ho e questo do". E l'imprenditore che di biancheria nuova ne regala a bancali. Il Banco Building "sbanca" anche all'Artigiano in Fiera...

E adesso rischiano di esplodere. Per il Banco Building portare l’iniziativa “Un lenzuolo per l’amico” alla kermesse “L’artigiano in Fiera 2012” è stato un successo inaspettato.«Abbiamo fisicamente raccolto in totale 2.903 pezzi di biancheria», fanno sapere Silvio Pasero, Giorgio Medici, Massimo Barbieri e gli altri amici della onlus che dal 2009 raccoglie “eccedenze” soprattutto dal settore edile (tutto quello che può servire per la costruzione di edifici - scuole, oratori, orfanotrofi - e infrastrutture di prima necessità) per ridistribuirlo a enti che ne hanno bisogno. 
“Un lenzuolo per l’amico” è un progetto nato per far fronte all’emergenza del terremoto in Emilia della scorsa primavera. Poi le richieste sono proseguite, per altre emergenze e per opere che manifestavano un bisogno. 

Quelli di Banco Building sono arrivati così alla Fiera di Milano all’inizio di dicembre. E oggi ringraziano, per quelle centinaia di migliaia di metri quadrati di lenzuola donate, che dicono «che quando la gente vede una proposta chiara, se può, ci sta. Certo, in questi giorni abbiamo fatto mille e mille volte l’esperienza dell’indifferenza. Ma siamo contenti perché abbiamo visto Dio all’opera. E si è servito di uomini normali». Come la coppia di non vedenti con un trolley carico per aver sentito parlare della raccolta in radio, o l’anziana che è andata in fiera solo per portare il suo corredo. 
Ma non solo. «Tanti ci hanno chiesto i recapiti per concordare ritiri post fiera. Se solo il 10% di questi contatti va in porto, esplodiamo», dicono ancora al Banco Building.

Rischio scongiurato, per fortuna. Ieri, a neppure 24 ore dal termine dell'“Artigiano in Fiera”, tutto il raccolto era già stato consegnato al Piccolo Cottolengo di don Orione e al Family Home Movement, un’associazione che gestisce case famiglia per ex bambini soldato in Sierra Leone. E al Banco non possono che ringraziare «per averci consentito di fare questa esperienza umana. Per averci consentito di fare Carità».

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17/12/2012 11:59
 
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RIAPRE LA CATTEDRALE DI BAGDAD DEVASTATA DAI TERRORISTI NEL 2010. i «AL QAEDA HA PERSO, I CRISTIANI RESTANO»

Dicembre 17, 2012 Redazione
«Al Qaeda non è riuscita a sradicare i cristiani dall’Iraq»: riapre la cattedrale siro-cattolica di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso di Baghdad, teatro il 31 ottobre 2010 di una strage compiuta da un commando di Al Qaeda.

(tratto da Avvenire.it) «Le Chiese e i discepoli del Signore possano rimanere là dove li ha posti per nascita la divina Provvidenza; là dove meritano di rimanere per una presenza che risale agli inizi del cristianesimo e durante la quale si sono distinti per un amore incontestabile e inscindibile alla propria fede, al proprio popolo e alla propria terra». Usando queste parole del Papa il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, ha riaperto al culto la restaurata cattedrale siro-cattolicadi Nostra Signora del Perpetuo Soccorso di Baghdad, teatro il 31 ottobre 2010 di una strage compiuta da un commando di Al Qaeda in cui morirono due sacerdoti e circa 50 fedeli. Del resto – sono le parole del Papa – «un Medio Oriente senza o con pochi cristiani non è più il Medio Oriente, giacché i cristiani partecipano con gli altri credenti all’identità così particolare della regione». Oggi la riconsacrazione della cattedrale.

CRISTIANI RESTINO IN IRAQ.
I paesi europei e occidentali «devono aiutare i cristiani iracheni a rimanere nella propria terra, piuttosto che investire risorse in programmi d’assistenza che di fatto incoraggiano la loro fuga». A denunciare le politiche che accelerano l’emorragia dei cristiani dall’Iraq è stato l’arcivescovo caldeo di Kirkuk, monsignor Louis Sako.

«Al Qaeda non è riuscita a sradicare i cristiani dall’Iraq», ha commentato il primo ministro iracheno Nuri al Maliki partecipando alla cerimonia di riapertura. «Gruppi estremisti religiosi come al Qaeda e i gruppi ad essa affiliati hanno attaccato cittadini iracheni di tutte le confessioni religiose, senza risparmiare alcuno», ha ricordato Maliki, ribadendo di avere chiesto personalmente ai Paesi europei di non incoraggiare i cristiani a lasciare l’Iraq e riconoscendo che il Vaticano ha raccolto e si è unito a questo appello.
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18/01/2013 07:05
 
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Pubblicata il 8 gennaio 2013

Mozambico

Nell’insediamento informale di Chamanculo C, quartiere storico di Maputo in Mozambico con 26.000 abitanti, vivono 6.300 giovani dai 15 ai 24 anni. Circa 1.250 non hanno alcuna formazione. Altri 2.400 hanno frequentato solo la scuola primaria. Circa 3.000 sono disoccupati. Il progetto “Il mondo del lavoro: nuove sfide per i giovani disoccupati delle baraccopoli di Maputo” vuole dare speranza a questi ragazzi.

Secondo i dati dell’Istituto Nazionale di Statistica (Censimento 2007), il tasso di disoccupazione in Mozambico è pari a circa il 17%. La città di Maputo costituisce una delle aree più problematiche con circa il 40% della popolazioneattiva che non possiede un impiego formale o informale.

Ma è nei contesti periferici che la disoccupazione raggiunge il suo drammatico apice:il 48% dei giovani tra 15 e 24 anni non lavorano o studiano. Proprio per rispondere a questa situazione il progetto proposto da AVSI, co-finanziato dall’Unione Europea, ha come obiettivo il miglioramento delle possibilità di impiego di 3.000 giovani tra i 15 ed i 24 anni senza lavoro né formazione del bairro di Chamanculo C, uno dei quartieri periferici più disagiati della capitale mozambicana, supportandone l’entrata nel mercato del lavoro attraverso una formazione integrale adeguata: professionale ed umana.

Il progetto è realizzato in partnership con i Missionari Salesiani, Khandlelo, Associazione mozambicana per lo sviluppo giovanile, Asscodecha, Associazione per lo sviluppo comunitario di Chamanculo C, il Consiglio municipale di Maputo – Assessorato Educazione, Assessorato Attività economiche, Cesal, organizzazione non governativa spagnola e in associazione con INEFP, Istituto Nazione Impiego e Formazione Professionale, Ministero del Lavoro del Mozambico.

Varie le attività realizzate: studio del mercato del lavoro in Maputo per identificare i profili professionali più richiesti; corsi di formazione  ed aggiornamento professionale; equipaggiamento aule e miglioramento manuali didattici; sensibilizzazione della responsabilità sociale delle imprese; corso diformazione umana integrale trattando i temi della scoperta e valorizzazione della propria identità individuale, della motivazione personale, dell’importanza del lavoro, dell’educazione civica, dell’igiene personale e delle tecniche di ricerca di impiego; realizzazione e funzionamento di un Centro di orientamento alla ricerca di impiego all’interno del quartiere dove i giovani potranno scrivere e stampare i loro cv, essere supportati nella risposta ad annunci e concorsi, consultare le offerte di lavoro on-line, incontrare le aziende per capire cosa fanno e cosa chiedono ai collaboratori, essere accompagnati da assistenti sociali ed esperti del mondo del lavoro; corsi di alfabetizzazione.

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26/01/2013 07:49
 
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Nigeria

In Nigeria, preoccupati dagli effetti di una tubercolosi scarsamente curata in comunità densamente popolate, il St. Kizito Primary Healthcare Centre e la Ilasan Housing Estate di Lagos hanno chiesto a tutta la comunità di collaborare per affrontare efficacemente la malattia infettiva.

AVSI, all’interno di un seminario svoltosi nel mese di dicembre a Lagos, ha raccontato il programma di intervento che sta realizzandoin collaborazione con Chevron Nigeria Limited nell’area di Eti-Osa per la cura della tubercolosi sottolineandone la riemergente epidemia e presentando i servizi gratuiti di assistenza sanitaria offerti al Centro Directly Observed Therapy.

È stato rivelato durante il seminario che annualmente circa 150 nuovi casi di tubercolosi sono riscontrati presso il Centro. Il Dottor Ndidi Nwosu della Clinica St. Kizito ha sottolineato come il vero pericolo derivi dal fatto che ogni caso non rilevato infetta almeno 10 persone ogni anno in zone povere di risorse e densamente popolata di Lagos.

È quindi fondamentale il lavoro dell’intera comunità per rispondere all’epidemia con misure di prevenzione e la promozione di un buon igiene. “Gli episodi di tosse prolungata devono essere segnalati al centro sanitario più vicino, mentre i membri della famiglia dei pazienti devono essere incoraggiati a far sì che il trattamento sia rispettato” ha detto il Dr. Ndidi Nwosu.

Il Direttore medico Alda Gemmani ha mostrato la struttura del centro, il quale dispone attualmente di un laboratorio per i test della tubercolosi, dei macchinari specifici, un ambiente che accoglie e fa sentire a proprio agio il paziente e del materiale informativo e didattico per il pubblico.

Sottolineando che l’impianto attuale e il centro nel suo complesso sono stati progettati per servire la comunità e promuovere l’educazione sanitaria, Gemmani ha invitato la popolazione a usufruire dei servizi di assistenza medica per il trattamento di disturbi, in particolare quelli legati alla tubercolosi, coinvolgendosi in prima persona.

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03/02/2013 07:36
 
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Pubblicata il 28 gennaio 2013

Albania Rozafa

“Il microcredito è un sistema concreto basato sulla fiducia delle persone. In questo modo non solo si migliora la loro vita, ma si stimola l’economia del paese” così racconta Muhammad Yunus, vincitore del premio Nobel per la Pace nel 2006 e ideatore del Social Business Movement of Albania, un’iniziativa promossa dal Yunus Social Business per dare avvio e aiutare la crescita di attività sociali in tutta l’Albania, tra cui quella realizzata dalla Fondazione Rozafa, partner di AVSI e SHIS.

Alla Giornata del Business Sociale in Albania, organizzata dal Yunus Social Business e l’Agenzia per la promozione di Business Sociali, svoltasi il 22 gennaio a Tirana, hanno partecipato, oltre a numerosi rappresentanti di istituzioni pubbliche, università, organizzazioni internazionali, ong e media, anche lo stesso premio Nobel e Sali BerishaPrimo Ministro dell’Albania, che ha evidenziatol’importanza del microcredito nell’aiutare il più possibile le fasce più svantaggiate della popolazione.

Basandosi sugli sforzi realizzati da Yunus nel sostenere lo sviluppo economico e sociale dei più poveri attraverso la creazione di imprese sociali, il Primo Ministro ha sottolineato che l’Albania 20 anni fa era tra i paesi più poveri del mondo con il più basso reddito pro-capite. Grazie a riforme e a corrette politiche il paese è riuscito a rialzarsi. Proprio per questo c’è un continuo bisogno di nuove opportunità come quella data dal programma del premio Nobel Yunus.

Quest’ultimo ha selezionato, tra gli altri, anche l’attività svolta dalla Fondazione Rozafa per la produzione di oggetti d’artigianato realizzati da donne albanesi. Le donne artigiane hanno da sempre svolto per tradizione e cultura, attività puramente femminili, quali il ricamo, la tessitura, il cucito. Tali attività sono state trasformate in lavoro con l’intervento del progetto nell’ambito della qualificazione professionale delle tecniche di lavoro. I laboratori coinvolgono donne appartenenti a fasce sociali svantaggiate e sono situati in aree rurali e suburbane depresse, da Nord a Sud del territorio dell’Albania. Questa attività rappresenta un progetto di promozione ed incentivazione della microimprenditoria femminile in Albania.

In occasione della Giornata del Business Sociale il premio Nobel Yunus ha visitato due dei centri di artigianato coinvolti nell’attività per conoscere più da vicino il lavoro concreto delle donne, le attività di Rozafa, le difficoltà del contesto e le possibilità di crescita, apprezzando quanto fatto finora a favore delle donne. Durante la visita la presidentessa di Rozafa Aida Ndrevataj ha raccontato l’origine e la storia della Fondazione. Riconoscendo l’importanza di questa realtà, Yunus ha deciso di sostenere con il suo programma l’attività di Rozafa affinché possa continuare a crescere, favorendo la nascita di ulteriori centri di donne artigiane, così che il business sostenibile diventi una via per aiutarle nel loro presente e futuro.

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04/02/2013 07:49
 
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GIORNATA DI RACCOLTA DEL FARMACO

Storie "al di là" del Banco (Farmaceutico)

di Lucia Supino

31/01/2013 - Oltre tremila farmacie in tutta Italia coinvolte il 9 febbraio per sostenere 1.449 opere di carità. "Il mondo di Joele", per esempio, che aiuta donne in difficoltà. Come Celestina, del Kenya, mamma di due gemelli...

La Giornata Nazionale di Raccolta del Farmaco si avvicina. Il prossimo 9 febbraio, per il tredicesimo anno consecutivo, si raccoglieranno i farmaci da banco in più di 3.200 farmacie. 
Sono 1.449 gli enti convenzionati in tutta Italia che aspettano di ricevere questi farmaci. Opere di carità, per la maggior parte, luoghi in cui si dà assistenza anche sanitaria a persone che non possono provvedersele da sole per tantimotivi, soprattutto per difficoltà economiche. Gli esempi sono tanti: dall’Opera San Francesco, che si occupa dei poveri, alle comunità per ex tossicodipendenti, passando dalle case di accoglienza per persone in difficoltà.

Tra questi c’è Il mondo di Joele. Joele è il nome del primo bimbo africano accolto in via Saluzzo a Torino, nel cuore pulsante di San Salvario. L’associazione è nata nel 2007, per aiutare donne e mamme, soprattutto straniere, a inserirsi nel contesto della città. Federica, volontaria presso il centro, racconta le numerose iniziative che di volta in volta, a seconda delle situazioni che si presentano, danno vita: corsi di alfabetizzazione, di cucina, di preparazione per le badanti, corsi per le mamme. «Stare vicino alle mamme - dice Federica - è stato fin dall’inizio il nostro scopo principale. Cercare di fornire un aiuto concreto, grazie alla generosità di molti, a chi ne ha bisogno. Capi di abbigliamento, cibo e assistenza sanitaria avvalendoci di pediatre e ginecologhe volontarie e di educatrici tutte altamente specializzate. Grazie al Banco Farmaceutico possiamo fornire anche farmaci, ma la richiesta è enorme e specifica, per questo per noi la Giornata di Raccolta del Farmaco è un momento importante perché possiamo richiedere i tipi di farmaci di cui abbiamo più bisogno». 

C’è anche un baby parking multirazziale aperto a bambini che possono pagare ma che accoglie anche quelli che non possono e che vengono a titolo gratuito. Ci sono mamme che si sono rivolte al centro, che hanno fatto dei corsi di preparazione e che ora sono nello staff de Il mondo di Joele, come Celestina, arrivata dal Kenya nel '97 e costretta a lasciare il lavoro alla nascita di Davide e Angelica, i suoi 2 gemelli. «Non mi avevano preso i bambini alla scuola materna», spiega. «Non riuscivo a pagare le spese e ho saputo che qui potevano aiutarmi. Ho fatto un corso durato 6 mesi e ora sono qui cinque ore al giorno, allo sportello accoglienza. Tutti i giorni sono a contatto con una realtà difficile, qui a San Salvario la povertà è all’ordine del giorno e arrivano mamme che non riescono a comprare neanche le medicine più semplici per i loro bambini. Sono tantissime e davvero le medicine non bastano mai».

Le mura di questi centri conoscono davvero tante storie. Sempre di più sono storie di italiani. Da Milano arriva la testimonianza di Alessandra, 45 anni. È una donna con un figlio di 12 anni, Dennis.
Per vivere fa la domestica badante part-time, mentre il resto della giornata è dedicato al figlio. Da quattro anni, frequenta il Centro San Fedele: «Non mi sono mai trovata in una situazione simile, ma quattro anni fa, dopo la separazione, ho cominciato ad avere grossi problemi economici. Con un bambino piccolo e senza alcun aiuto da parte del mio ex marito. Poi ho saputo del San Fedele», racconta. «La prima volta sono venuta per fare un certificato medico per mio figlio, che frequenta un’associazione sportiva, e che non avrei potuto pagare. Grazie a loro ho avuto la possibilità io stessa di avere gli occhiali e i controlli oculistici e tutte le volte che ho bisogno posso venire a prendere i farmaci. Se non riuscissi ad ottenerli in maniera gratuita non saprei proprio come fare. Sono tante le donne italiane che incontro qui, sempre di più, donne che non ce la fanno ad arrivare alla fine del mese, pensionate o giovani madri in situazioni difficili».

Marco Malinverno, direttore della Fondazione Banco Farmaceutico dice che «ci sono uomini, donne e bambini in difficoltà, ai margini della società, che vivono situazioni critiche d’indigenza e violenza. Le persone, senza l’assistenza che ricevono in questi centri, non avrebbero speranze e vivrebbero una condizione di solitudine mortificante e poi ci sono donne e uomini che offrono volontariamente il proprio tempo, partendo da un’esperienza di pienezza di se stessi e che rendono possibile un lavoro quotidiano di amore al prossimo. Donare un farmaco è un atto d’amore verso chi ne ha più bisogno ma soprattutto verso se stessi. Si tratta di un importante gesto di gratuità e condivisione che aiuta e che ridesta chi vi partecipa, generando un soggetto nuovo».

 
 
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09/02/2013 07:42
 
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Dacheline

Dacheline è nata nove anni fa a Torbeck in Haiti, quartogenita di otto bambini. La sua famiglia ha dovuto affrontare molti problemi, insicurezza e povertà prima, terremoto e colera, infine qualche mese fa la casa inondata dopo l’uragano. Prima i problemi sembravano insormontabili, poi con la consapevolezza di non essere soli il coraggio, l’impegno, la ricostruzione.

Anche Dacheline ha mostrato coraggio nell’affrontare le sue sfide. A causa dei momenti difficili vissuti quando era più piccolina, ha sempre avuto difficoltà a parlare. Molto introversa non solo non riusciva a giocare e ridere con gli altri ma nemmeno a lasciarsi andare ad un pianto liberatorio. Fisicamente era come un “robot”: aveva una postura rigida, era bloccata nei movimenti e non muoveva le braccia normalmente.

I traumi vissuti si riflettevano anche da un punto di visto fisico. Compiuti 3 anni e raggiunta l’età scolare, i genitori non hanno reputato importante iscriverla a scuola.Perché impegnarsi a superare le difficoltà economiche per pagare le tasse scolastiche ad una bambina che manifestava disturbi fisici e psicologici?  Fortunatamente un paio di anni più tardi Dacheline è entrata a far parte del progetto di Sostegno a distanza e dopo che gli assistenti sociali hanno sensibilizzato la famiglia sull’importanza dell’educazione, ha iniziato ad andare a scuola. Ha trascorso un anno in classe normale, con tutti gli altri bambini poi è stata integrata in una classe speciale con un insegnante di sostegno specializzato.

Dopo 2 anni di frequenza scolastica ha iniziato a parlare e poco a poco a socializzare con gli altri bambini. Oggi grazie agli interventi degli operatori sociali,Dacheline parla e gioca con gli altri bambini normalmente e soprattutto i genitori non la guardano più per quello che non riesce a fare ma per quella che è.

Senza l’aiuto degli amici italiani che la sostengono a distanza Dacheline non avrebbe avuto la possibilità di andare a scuola, di fare un percorso per superare i traumi, non avrebbe mai conosciuto il significato della felicità e il gusto della vita.

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18/02/2013 10:56
 
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VENEZUELA

Anche nel black-out, si riaccende il desiderio

di Alejandro Marius

12/02/2013 - La fede che diventa intelligenza della realtà: ecco un'altra testimonianza che lo documenta. È la storia di Alejandro, che qualche anno fa ha fondato l'impresa sociale "Trabajo y Persona", che è arrivata fin nel cuore della Guajira...

A Maracaibo mi accoglie una fresca mattina di gennaio, il che significa 30 gradi già prestissimo, che segnano l'inizio di giorni assai intensi. Il mio amico Pablo viene a prendermi all'aeroporto. È un sacerdote salesiano che dirige un Centro di Apprendistato Agricolo nella Guajira venezuelana. «Mi accompagni a cercare delle cose che ci hanno regalato?». La risposta è ovvia: «Sono venuto per te, facciamo quel che vuoi». 
Dopo un giro a Maracaibo, ci siamo messi in viaggio verso la frontiera con la Colombia e in tre ore abbiamo superato per lo meno sei posti di controllo della Guardia Nacional, con militari armati fino ai denti. Vedendo il camion con la grande scritta “Centro de Aprendizaje Agrícola Don Bosco” ci fermano per salutarci e ci chiedono di benedirli. Io non sono sacerdote, ma padre di quattro figlie, e ho benedetto ugualmente i militari. 
Viaggiamo fino alla frontiera con la Colombia nel territorio guajiro: «Sei matto, perché vai fin là!», mi diceva un'amica pochi giorni prima. La popolazione è aborigena, vive in grande povertà e in una zona piena di conflitti: lotte tra etnie, presenza di gruppi di guerriglieri, il contrabbando l’attività economica più redditizia, per citare solo i problemi più gravi. 
Nel Municipio indigeno della Guajira abbiamo incontrato un amico di Pablo, responsabile di un gruppo di produttori rivoluzionari che vivono nella zona. Ha dimostrato anche verso di me lo stesso affetto che aveva per Pablo. 
Siamo arrivati nel Centro all'ora di pranzo, per mangiare con la comunità salesiana. Quel luogo è come un faro nell'oscurità, per la bellezza e la proposta educativa. Di sera mi hanno chiesto di parlare del mio lavoro ai 400 ragazzi dai 13 ai 19 anni che studiano nell'internato per diventare tecnici agrari e provengono da cinque diverse etnie indigene. Anche solo la loro presenza è il primo richiamo a fare memoria del motivo per cui mi trovo lì. Non è la prima volta che devo intervenire in un progetto rurale e lavorare con la comunità, già nel 2011 abbiamo iniziato a operare in una scuola a El Parchal, nello stato di Lara. Lavoravo con il mio amico Andrés, insegnante di agricoltura alla Scuola Bolivariana della zona e in collaborazione con il Consiglio Comunale locale abbiamo sviluppato diversi progetti educativi e agricoli.

Non è un segreto che negli ultimi anni il Venezuela si sia polarizzato dal punto di vista politico e sociale, quindi una persona come me, un professionista della capitale, che ha lavorato in aziende internazionali, biondo e con gli occhi chiari, non ha senso che faccia questi viaggi e venga in questi posti, a meno che non nasconda qualcosa. «Cosa vuoi tu qui, catire (così chiamano i biondi)? Di che partito sei?», mi hanno domandato molte volte in zone rurali e popolari, perché un interesse umano e non politicizzato verso le persone sembra alquanto strano. Dopo molti viaggi ed esperienze alla fine ho scoperto che la migliore risposta è la verità della mia vita: «Ho incontrato Qualcuno che mi ha amato come nessun altro e non posso fare a meno di seguire ciò che mi indica e mi offre a ogni istante».
Una ragazzina che mi ascoltava in quei luoghi mi chiamava Padre Alejandro, altri adulti lo pensavano e non lo dicevano, finché un giorno ho portato lì in vacanza mia moglie e le quattro figlie e tutto è stato chiaro. È qualcosa di poco comune, ma che in fondo spiega tutto.

Ho vissuto la stessa esperienza con i dirigenti delle aziende, proponendo collaborazioni nei progetti di formazione al lavoro e alla piccola impresa che abbiamo sviluppato in questi ultimi tre anni, da quando ho rinunciato al mio lavoro in una multinazionale e ho deciso di dare inizio all'impresa sociale che si chiama “Trabajo y Persona”. In particolare uno di questi dirigenti mi ha prestato alcuni libri su Pierre Toussaint, uno schiavo haitiano e cattolico morto a New York, in fase di beatificazione per le numerose opere sociali che ha creato. La sua impresa non solo vuole finanziare il nostro progetto per “Imprenditrici della Bellezza”, ma il suo Direttore Generale addirittura insiste: «Vorrei che anche i miei collaboratori avessero una tale coscienza del lavoro: potrebbero lavorare come volontari in questi programmi?». Il programma che gli proponiamo è destinato a donne con pochi mezzi, che mantengono la famiglia: nel 2012 abbiamo diplomato il primo gruppo nell'aula magna dell'Università Monteávila (università promossa dall'Opus Dei) grazie al sostegno di Joaquín (Rettore) e Rafael (Decano dell'Amministrazione) che sono amici miei.
La stessa cosa è successa con dirigenti di altre imprese multinazionali; Carlos, di un'azienda di produzione di legname, che ci ha chiesto di aiutarlo nella formazione a livello nazionale di giovani imprenditori del mobile, e poi è venuto a sapere che sono anche consulente per l'innovazione e mi ha chiesto di organizzare un laboratorio per il suo gruppo di lavoro; Ana María, di un'azienda di telecomunicazioni, ci chiede di aiutare i giovani a entrare nel mondo del lavoro, perché sa che sono consulente esterno della sua azienda per l'innovazione e questo non genera conflitto, ma aumenta il valore; Claudia, della banca di microcredito più importante del Paese, ci chiede di organizzare seminari e offrire accesso al credito al nostro gruppetto di persone qualificate; e molti altri casi. Ma non capita soltanto a me: a Germán, Mariloly, Elizabeth e al resto della squadra che lavora più direttamente con me succede la stessa cosa, e anche al gruppo di insegnanti che collaborano con noi per accompagnare i partecipanti nel processo di formazione.

Che cosa fa la differenza, perché una Ong si rivolga alle imprese non per chiedere denaro, ma per collaborare nello sviluppo di progetti che aiutino la società venezuelana e aumentino il valore delle sue imprese? È vero che è necessario come requisito avere una professionalità seria, ma anche se ce l'hai, deve essere caratterizzata da un'esperienza umana che permetta di porsi di fronte alla realtà in modo aperto, abbracciando tutto, senza pregiudizi. Da qui nasce un'intelligenza nuova, che non è originariamente mia, ma è una conseguenza del dono della fede e del riconoscere come questa si faccia carne e si possa seguire con fedeltà. È questo il motivo che mi ha fatto iniziare e il perché continuo a sviluppare “Trabajo y Persona”. Questa origine mi mantiene in tensione, rendendomi sempre più consapevole del lavoro che faccio, ma più di tutto dell'opera che creo insieme con i miei collaboratori.
In un Paese pieno di ricchezze come il Venezuela, all'interno di un processo “rivoluzionario” in cui la speranza si volge verso progetti politici di un colore o di un altro, dove sembrano già una prassi consolidata la mancanza di alimenti di base, i black-out elettrici e la violenza (20mila omicidi nel 2012), esiste sempre un punto su cui ricominciare. Il cuore di ogni uomo desidera un'altra cosa, l'origine di ogni politica o programma sociale deve partire dal prendere sul serio questa condizione strutturale dell'uomo: il desiderio infinito della felicità, di essere veramente un Essere Umano.

A partire da questo sono nate amicizie che mi aiutano a considerare più seriamente il lavoro che faccio sia nell'Associazione “Trabajo y Persona”, sia nel lavoro di consulenza e formazione nella nascente Scuola d'Impresa per l'America Latina. Osservando come vive un gruppo di insegnanti e studenti amici che organizzano l'Happening che si fa tutti gli anni nell'Università Cattolica Andrés Bello (gestita dai gesuiti), ho potuto incontrare persone con cui sta nascendo una grande amicizia e stima: Tito e Genny, che sono ricercatori in ambito sociale; Henry, direttore dell'Istituto di Ricerca di Ingegneria; o Bernardo, che porta avanti il Parco Sociale dell'Università. Il rapporto con loro è caratterizzato dalla stessa esperienza, fino a condividere una familiarità dell'altro mondo, per niente prevista, ma molto concreta in questo mondo e che mi aiuta a fare meglio il mio lavoro. Comincia una rete di relazioni che partono da un incontro umano e si sviluppano come qualcosa di buono per la mia vita, se ho la semplicità di seguirlo e di essere fedele a Lui.
Tutto questo non solo mi fa porre in modo meno teorico e formale di fronte al quotidiano, ma mi aiuta ad avere coscienza della Grazia che sto ricevendo: la Presenza di Cristo che esaudisce i desideri del mio cuore, che mi aiutano a stare nella realtà così com'è. Questo sorprende tutti, a cominciare da me stesso, e mi dimostra che non esiste condizione di crisi o di conflitto in cui un'esperienza cristiana autentica non generi una vita più umana. 
Ora capisco anche la frase che ho sempre sentito: «Più umana, ossia più cristiana». Questo è l'unico cammino possibile e percorribile che conosco, non solo per la mia felicità, ma anche per il bene della mia famiglia, dei miei amici, di un Paese come il Venezuela e del mondo intero.

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24/02/2013 07:35
 
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Pubblicata il 20 febbraio 2013

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Progettato per coinvolgere e accompagnare le comunità e le famiglie nel percorso di crescita e rafforzamento del loro ruolo per la protezione e la cura dei bambini, il programma SCORE (Sustainable Comprehensive Responses for Vulnerable Children and their Families), finanziato da USAID e realizzato da AVSI Uganda e un consorzio di ong che include CARE, TPO e FHI360, sta sviluppando i rapporti interni alle comunità legandoli al sistema di riferimento locale e alle iniziative di governo, piuttosto che concentrarsi sul “distribuire” beni o servizi.

Tra le storie di successo degli oltre 16.000 nuclei familiari che hanno preso parte al programma nel primo anno troviamo quella di Josephine, madre trovatasi solo a mantenere la sua casa: “La mia famiglia riusciva a fare un unico pasto al giorno, ma ora grazie a SCORE e al nostro orticello di carote e un piccolo raccolto  possiamo mangiare due volte”. Ci sono altre centinaia di storie come questa. Le famiglie infatti sono invitate a partecipare ai gruppi di risparmio nei villaggi (VSLA, Village Savings and Loan Association), ad avviare attività generatrici di reddito, e vengono accompagnate nel migliorare l’accesso ai servizi sanitari, nel prender parte a scuole agricole, corsi di nutrizione e molte altre attività basate sui bisogni delle persone coinvolte.

Il numero totale di nuclei familiari coinvolti nel primo anno del programma (16.923) è aumentato del 7% rispetto all’iniziale target definito, con la volontà di accrescere ulteriormente il numero di famiglie aiutate fino ad arrivare a 20.000 nel secondo anno. Fedele al suo impegno di partire dalla reale situazione e di “adattare il progetto alle persone”, SCORE ha utilizzato un’analisi approfondita dei dati generati dal progetto stesso per migliorare e aggiornare le attività, le strategie e i target. In linea con il suo approccio multisettoriale e centrato sulla famiglia, SCORE ha raggiunto un totale di 58.084 persone e ha sostenuto la creazione di 626 gruppi di risparmio nei villaggi coinvolgendo 16.762 membri. Oltre 1.000 giovani sono stati identificati dai partner di SCORE come bisognosi di lavoro e 863 hanno trovato un posto.

SCORE ha dato sostegno grazie ad attività agricole, attraverso le Farmer Field School e corsi di formazione di orticoltura, a un totale di 14.232 famiglie. Queste attività si sono rivelate molto utili in realtà sia rurali che urbane come strategia di diversificazione alimentare e promozione di attività di risparmio o generazione di reddito. Si stima che circa 69.000 persone hanno beneficiato del cambiamento di abitudini in materia di nutrizione e preparazione dei cibi. Circa 2.500 membri della comunità, responsabili del Consiglio locale, ufficiali di polizia, operatori sanitari e insegnanti sono stati formati su questioni riguardanti la protezione infantile in relazione alla loro area di riferimento chiamandoli a dare il loro contributo.

Nelle aree coinvolte dal progetto SCORE, 302 scuole hanno partecipato a iniziative per promuove la sicurezza, la protezione, lo sviluppo e il benessere dei bambini. I partner del programma hanno realizzato oltre 20.138 visite presso le abitazioni delle famiglie coinvolte. SCORE ha attivamente coinvolto 18.412 famiglie, sia beneficiarie che non, della stessa comunità in incontri e workshop con lo scopo di potenziare le loro conoscenze e abilità in varie aree (come nelle competenze genitoriali, educative, dell’igiene, della sanità, della protezione e dell’acqua).

SCORE ha mantenuto uno stretto coordinamento con il Ministry of Gender, Labor and Social Development (MGLSD) con la presenza permanente di un rappresentante MGSLD nel Comitato Tecnico Direttivo di SCORE e una regolare partecipazione dei rappresentanti MGSLD in attività di monitoraggio attraverso incontri zonali SCORE. Inoltre, le partnership e il coordinamento con altri progetti realizzati da USAID o altri attori della zona hanno contribuito a sfruttare al meglio le risorse, riducendo al minimo le duplicazioni e le sovrapposizioni

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02/03/2013 17:55
 
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Pubblicata il 22 febbraio 2013

Dadaab

La domanda di insegnanti in Africa Subsahariana continua a crescere in quanto sempre più bambini africani hanno la possibilità di andare a scuola. L’UNESCO stima che l’Africa abbia bisogno di 2.4 milioni di nuovi insegnanti entro il 2015 per poter offrire un’istruzione di qualità agli studenti dell’intero continente.

La prevalenza degli insegnanti è maschile, mentre le donne rappresentano meno del 40% delle nuove assunzioni. Questo aspetto crea un problema legato all’educazione femminile: meno insegnanti donne portano ad avere meno bambine iscritte nelle scuola e quindi un’attenzione inferiore verso lo sviluppo e la crescita della figura femminile in contesti dove oggi alla donna non è riconosciuto un adeguato valore sociale.

Proprio per questo, AVSI sta formando un gruppo di giovani donne somale, migrate nel campo profughi di Dadaab in Kenya, perché possano diventare educatrici e insegnanti. Clara Broggi, formatrice del Permanent Centre of Education, racconta l’umanità nuova nata tra le 50 insegnanti donne che hanno preso parte ad un corso nell’ambito del programma.

Dal 18 al 20 febbraio 2013 si è svolto un corso sul tema del valore della persona in relazione ai problemi psicosociali, organizzato da AVSI in collaborazione con il Permanent Centre for Education di Kampala (Uganda). In un contesto dove alla donna è riconosciuto uno scarso valore sociale, il corso è stato indirizzato alle insegnanti donne (che nelle scuole sono in assoluta minoranza rispetto agli uomini) con lo scopo di renderle coscienti della loro dignità e di prepararle ad individuare e affrontare i problemi psicosociali delle loro alunne.

Per la prima volta nella ventennale storia di Dadaab, 50 insegnanti donne (provenienti da 3 campi diversi) si sono così riunite per partecipare ad un corso di 3 giornate, organizzandosi autonomamente per il trasporto e affrontando la resistenza dei mariti che le volevano di ritorno a casa in tempo per preparare il pranzo per loro e per i figli. Ciò che ha stupito di più gli organizzatori (soprattutto quelli che da tempo vivono a Dadaab e conoscono bene la situazione) è stata la serietà assolutamente inusuale delle partecipanti, in termini di puntualità, di presenza costante al corso, di partecipazione e di coinvolgimento.

 

Poichè una delle insegnanti era sorda, è stata chiamata una traduttrice keniota specializzata nel linguaggio dei segni che, al termine del corso, ha commentato così: “Voi forse non vi rendete conto della grandezza di quello che avete fatto. Io come traduttrice partecipo a molti corsi e non ho mai visto un’attenzione come ho visto in questo giorni; i temi erano così interessanti, che queste donne sono venute sempre, sono rimaste nell’aula anche al pomeriggio quando faceva molto caldo e hanno cominciato ad esprimersi, a dire il loro parere e a parlare dei loro problemi. E’ un miracolo! Sono sicura che porteranno nei campi quello che hanno vissuto in questi giorni.”

Durante i 3 giorni ci sono stati sensibili cambiamenti anche dal punto di vista umano e sociale: il primo giorno durante i vari intervalli le insegnanti si riunivano a seconda del campo da cui provenivano, il terzo giorno non smettevano più di abbracciarsi e salutarsi e chiedere di poter avere altri momenti insieme; il primo giorno l’unica insegnante non musulmana era da sola nel suo banco e nessuna delle altre voleva sedersi con lei, il terzo giorno i due posti vicino a lei erano occupati da donne sorridenti e cordiali.

Condurre questo corso non è stato facile a causa delle differenze culturali e sociali tra loro e me ma, ancora una volta, quello che ha predominato è stato il fatto che il cuore della persona va al di là di tutte le barriere e, quando è toccato nel suo punto originale, non può non creare unità e un’umanità nuova.”

Clara Broggi

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10/03/2013 06:38
 
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Sostegno a distanza in Kosovo: un angelo con le mani sporche di fango

Pubblicata il 5 marzo 2013

Floriani

Gli angeli sono al nostro fianco, anche se spesso non ce ne accorgiamo. Se ne trovano perfino a Bec, uno dei villaggi più poveri della regione di Gjakova, in Kosovo dove AVSI in collaborazione con il suo partner locale Shpresa e Jetes sostiene i bambini e le famiglie più bisognose attraverso numerose attività educative e sanitarie. E proprio da Bec Donika Cakaj educatrice del progetto Sostegno a distanza racconta l’incontro con i volti di 20 bambini del villaggio.

Nell’ottobre 2011 ho iniziato la mia collaborazione con Shpresa e Jetes per guidare l’attività di recupero scolastico di un gruppo di bambini del progetto del Sostegno a distanza, presso la scuola del villaggio di Bec. Era la mia prima esperienza come insegnante, davanti avevo i volti di 20 bambini, e la mia preoccupazione era quella di riuscire a dare il massimo. Nel mio cuore sentivo che tutto sarebbe andato bene, ma quegli occhi rivolti a me sembravano chiedermi qualcosa di molto grande, e mi sentivo molto piccola nei loro confronti.

Ed è proprio tra i bambini di questo gruppo che ho incontrato anche l’angelo di cui voglio parlarvi: Gashi Florian, un bambino con i vestiti strappati e con le mani sporche di fango, che non riusciva a stare seduto al banco due minuti senza dire qualcosa o disturbare gli altri; tanto che gli insegnanti della scuola lo ritenevano  un caso senza speranze. A un primo sguardo anch’io ho avuto difficoltà a riconoscerlo ma poi, facendo attenzione, mi sono accorta di avere davanti il bambino più innocente che avessi mai incontrato.

Sembrava che le circostanze avessero causato in lui un atteggiamento negativo verso tutto, ed io mi sentivo chiamata ad introdurre in lui un nuovo sguardo sulle cose. Ma come fare per riscoprire ogni volta l’angelo che si nascondeva dietro quell’aspetto così contraddittorio? Ho capito che non era poi così difficile: bastava guardare anche lui come ciascun altro bambino.

Ogni giorno nel lavoro che facevo con il gruppo, trattavo Florian e gli altri bambini avendo in mente ciò che mi era stato insegnato: valorizzare e valutare usando come misura l’affetto che avevo per loro. A poco a poco tutto è diventato naturale, Florian rispondeva sempre di più e con positività. Oggi è uno dei bambini più presenti nel gruppo e anche il suo risultato a scuola è migliorato molto, ma soprattutto è riuscito a combattere tutti i pregiudizi che erano nati nei suoi confronti.
Gli angeli sono al nostro fianco, anche se spesso non ce ne accorgiamo: dipende dal nostro sguardo”.

Donika Cakaj – educatrice nel progetto Sostegno a distanza 

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24/03/2013 17:55
 
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Rwanda

In occasione dell’Anno Internazionale dell’Acqua e della Giornata Mondiale a essa dedicata, che si celebra il 22 marzo, istituita dalle Nazioni Unite nel 1992 per sensibilizzare alla promozione di un uso consapevole della risorsa maggiore e più importante per gli esseri umani, AVSI racconta le storie di persone incontrate e coinvolte nei progetti nei diversi paesi del mondo che hanno riscoperto l’acqua come veicolo di educazione e possibilità di crescita.

Dyna Yankurije è una giovane donna ruandese di 23 anni sposata da un anno. Ha sempre vissuto a Nyamiyaga nel Gicumbi District,  con la madre, suo padre infatti le ha presto abbandonate. Non potendosi permettere gli studi Dyna non ha avuto la possibilità di completare la scuola elementare. Ha cercato per alcuni anni un impiego per potersi guadagnare da vivere ma senza risultato. Poi la svolta quando ha avuto inizio il progetto di AVSI e MLFM “Acqua, sorgente di vita!” che prevede la riabilitazione dell’acquedotto di Rutare, coinvolgendo la popolazione come manodopera non qualificata e fornendo veicoli e attrezzature tecniche. Nel progetto viene così coinvolta anche Dyna che trova finalmente un’occupazione e una speranza in più per sé e per il proprio futuro.

Dyna era responsabile della gestione delle fontanelle che venivano costruite gradualmente. Poi le sue grandi abilità l’hanno portata a far parte del team che aveva a cura la costruzione della stazione di pompaggio dell’acqua. Qui ha avuto l’opportunità di imparare un mestiere, di acquisire nuove competenze nel settore delle costruzioni. Nel 2012 è diventata a tutti gli effetti una muratrice con un contratto e uno stipendio più alto.

Grazie al progetto, oggi, Dyna vive a due minuti dalla fontana, mentre prima doveva camminare per tre ore per andare a prendere l’acqua, un’acqua che non era nemmeno pulita. Inoltre, attraverso il suo nuovo lavoro è ora in grado di mettere da parte un po’ soldi  per dar vita a progetti personali: ha acquistato tre capre, una mucca che ha dato alla luce un vitello, eha contribuito alla costruzione della casa in cui vive ora con il marito. È molto orgogliosa di raccontare che la pavimentazione della loro casa è stata tutta opera sua!

Attraverso il suo incontro con AVSI e MLFM Dyna ha avuto una seconda possibilità nella vita. Ha stima in sè, sa che grazie al suo lavoro e impegno può costruire un futuro per la sua famiglia. La storia di Dyna ci racconta che niente è impossibile! Era una bambina povera, senza istruzione e abbandonata dal padre.Ora è una donna orgogliosa e felice, una risorsa essenziale non solo per sé ma per l’intera comunità.

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07/04/2013 00:23
 
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AVSI Rwanda by Luca Rossetti 2008 (60)

AVSI opera in Rwanda dal 1994, anno del tristemente famoso genocidio tra le comunità Hutu e Tutsi di cui ancora oggi sono presenti le conseguenze. Da allora molto è stato fatto e le elezioni politiche del 2010 sono un ulteriore segno di voglia di risollevarsi promuovendo l’economia e puntando ad una governance efficace e trasparente.

La Fondazione AVSI, attualmente presente nei distretti di Kamony, Ruhango, Nyanza, Gatsibo and Gicumbi, è riuscita a realizzare numerosi progetti nel settore educativo per garantire ai bambini, giovani poveri e orfani la possibilità di avere un’istruzione, cure mediche, supporto psicologico e una vita dignitosa.

In questi tre video si raccontano tre realtà di vita: un gruppo di donne che sono diventate autonome grazie ad una piccola attività di risparmio e microcredito, un giovane che grazie al sostegno di AVSI è riuscito ad andare all’Università, una famiglia di 5 bambini orfani che grazie ad AVSI riesce a vivere dignitosamente e continuare ad andare a scuole.

Storie differenti tra loro ma accomunate da un grande desiderio di rinascita e di riscoperta della vita!

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16/04/2013 21:11
 
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I libri più venduti sono quelli di Papa Francesco

EditoriaEravamo abituati ad osservare l’immediata scalata dei libri diPapa Benedetto XVI delle varie classifiche dei volumi più venduti, possiamo dire che Papa Francesco ha raccolto anche questa particolare eredità.

Non ha pubblicato nessun libro, ma sono stati da poco ri-editati suoi libri scritti da arcivescovo, oppure instant booksu di lui che vanno a ruba nelle librerie di tutta Italia.

Addirittura Papa Bergoglio occupa da settimane (anche quiben quattro delle dieci posizioni dei libri più acquistati in Italia per Panorama. I titoli sono: “Papa Francesco, il nuovo papa si racconta”, l’intervista realizzata da Sergio Rubin e Francesca Ambrogetti (Salani); “Aprite la mente al vostro cuore” (Rizzoli); “Umiltà, la strada verso Dio” (Editrice Missionaria Italiana) e Il cielo e la terra (Mondadori), conversazione interreligiosa fra Bergoglio e il rabbino di Buenos Aires Abraham Skorka su temi quali la famiglia, l’eutanasia, le unioni gay, il confronto con l’ateismo. Su TuttoLibri la situazione non cambia.

Lo stesso sta avvenendo anche in Spagna e verosimilmente in tutti gli stati occidentali (e non solo). Ma in generale, se l’editoria è in forte crisi, quella religiosa è l’unica a tenere e addirittura sta maturando una nuova stagione di espansione, tanto da avere attratto, da ormai diversi anni, anche le case editrici laiche. Su tutte citiamo, e ringraziamo, la casa editrice Lindau e Piemme.

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20/04/2013 16:22
 
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Contribuire allo sviluppo economico sostenibile della popolazione e sostenere i giovani nella ricerca di opportunità professionali è una scelta decisiva nella realtà di oggi. Nasce così in Brasile il nuovo progetto finanziato dall’Unione Europea “Semeando Ciência na Juventude da Região Metropolitana de Salvador”, Piantare i semi della scienza fra i giovani delle aree metropolitane di Salvador, lanciato lo scorso 11 marzo a Salvador Bahia.

Realizzato dal Governo di Salvador, attraverso SEDES – Secretaria de Desenvolvimento Social e Combate à Pobreza, insieme con AVSI, il progetto vuole offrire ai giovani nuove opportunità per la creazione di attività generatrici di reddito, oltre che corsi di formazione, prestando particolare attenzione alla parità tra uomo e donna e promuovendo l’inserimento nel mondo del lavoro.

Le attività del progetto si inseriscono nel quadro della lotta contro la povertà già avviato dal Governo (Secretaria de Segurança Pública, Secretaria de Desenvolvimento Social e Combate à Pobreza, Secretaria de Educação, Secretaria de Ciência e Tecnologia do Estado da Bahia).

Il lancio del nuovo progetto è stato anche l’occasione per la consegna dei diplomi ai 186 giovani che hanno frequentato corsi di formazione in video-making (44 studenti), sviluppo di software (41 studenti) e helpdesk (101 studenti) in un precedente intervento della durata di 3 anni realizzato da SEDES, AVSI e l’ong OAFI per promuovere la formazione professionale e le attività generatrici di reddito tra i giovani di Salvador.

L’evento ha visto la partecipazione di circa 400 persone tra studenti e le loro famiglie,  istituzioni e gli enti locali coinvolti nel progetto, come Denise Verdade, Rappresentante della delegazione dell’UE in Brasile, Angelo Maria Biccire, Console d’Italia, Maria Moraes Mota di SEDES – Secretaria de Desenvolvimento Social e Combate à Pobreza, Kaura Damasceno di SERINTER – Secretaria para Assuntos Internacionais e da Agenda Bahia, Jabes Soare, Coordinatore del programma “Baianos Jovens”, Alberto Piatti, Segretario Generale della Fondazione AVSI, Fabrizio Pellicelli, Direttore AVSI Nordeste.

Denise Verdade ha sottolineato: “La formazione professionale e ilpotenziamento delle capacità di generare reddito sono i veicoli per introdurre i giovani nel mercato del lavoro e permettere loro di costruire il proprio futuro”.

Alberto Piatti ha invece ricordato che “al di là della formazione professionale un altro seme deve essere coltivato, in quanto l’essere umano è fatto per un ideale, per qualcosa che valga la pena vivere. Senza un ideale, cosa possono esprimere le tecnologie professionali? Ciascuno ha bisogno di esprimere se stesso. Ogni giorno, l’obiettivo del nostro lavoro è quello di farvi capire che c’è un altro seme, quello di una vita piena e dignitosa “.

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24/04/2013 15:21
 
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5×1000

Per far sorridere molti. Anche tu firma il 5×1000 ad AVSI:

81017180407.

Firma per dire che il tuo cuore è grande come il mondo.

Anche quest’anno puoi destinare il 5xmille delle tue imposte ad AVSI, in quanto ONLUS e ONG senza fini di lucro regolarmente iscritta all’Albo dell’Agenzia delle Entrate.

 

 

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25/05/2013 10:23
 
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Multicash con AVSI per il Sostegno a distanza

L’azienda Multicash di Teramo, dal 2008, sostiene 15 bambini del Kenya, seguiti dalle Suore Evangelizzatrici di Maria che hanno avviato il programma ESM di promozione umana per i bambini più poveri della Contea di Kajiado.

Nello slum di Kware, a circa un’ora da Nairobi, aiutano molti bambini bisognosi, dall’asilo fino alla scuola secondaria, offrendo loro anche un sostegno psico-sociale, le necessarie cure mediche e il cibo quotidiano, di cui beneficiano anche le loro famiglie.

AVSI ha cominciato la sua collaborazione con le suore nel 2005 e attualmente aiuta, tramite il Sostegno a distanza, circa 200 bambini nel loro percorso educativo, donando loro la reale possibilità di una vita più dignitosa. Il lavoro delle Suore Evangelizzatrici rappresenta un punto di positività e speranza per i bambini e le famiglie che vivono nella baraccopoli, i cui desideri vengono a volte infranti dalla povertà e dall’emarginazione.

I dirigenti e i dipendenti di Multicash hanno da subito stretto un rapporto particolare con i bambini sostenuti. Ogni Natale pubblicano nella Newsletter aziendale le foto e le letterine, per mostrare come crescono i bambini ed i passi in avanti grazie al loro impegno.

Quest’anno gli amici di Multicash hanno chiesto di poter incontrare i bambini attraverso Skype. Lo staff del Kenya ha deciso di trasformare questo desiderio della Multicash in una festa per tutti i bambini e le loro famiglie. La festa è iniziata con la messa per l’inaugurazione del nuovo capannone blu, dove Suor Mary, la direttrice dell’ESM, con gli educatori David e Fides, aiutano i bambini con corsi di recupero ed attività ricreative, incontrano periodicamente i genitori per parlare dell’accesso al microcredito, dell’avvio di piccole attività e per corsi di prevenzione sull’AIDS. Multicash ha donato la somma mancante per il completamento della struttura socio-educativa. I bambini hanno gioiosamente animato la messa con danze e canti in Kswaili.

 

 

 

 

 

 

Intanto l’emozione dei bambini, che sono timidissimi, saliva alle stelle: per la maggior parte di loro era la prima volta che usavano Skype ed avevano la possibilità di poter vedere finalmente il volto degli amici italiani che hanno cambiato la loro vita.

Sotto un bel sole africano, uno ad uno si sono presentati ed hanno raccontato i loro desideri: diventare infermieri, piloti o dottori per aiutare i bambini malati dei loro villaggi. Il momento più commovente, dopo i canti tradizionali, è stato quando Dennys, a nome di tutti, ha ringraziato gli amici della Multicash per il loro prezioso aiuto, promettendo che saranno più buoni e che studieranno ancora di più. La festa si è concluda, sempre grazie alla Multicash, con un regalo ad ogni bambino ed il pranzo per tutti i familiari.

E’ stata una grande emozione per tutti e ha fatto nascere il desiderio di incontrarsi nuovamente, perché l’amicizia non può avere confini geografici, né essere ostacolata dalla lontananza. Un’amicizia così bella è un’esperienza che riempie la vita e la rende più lieta e più vera, e di cui tutti abbiamo bisogno.

Ringraziamo gli amici di Multicash per il loro prezioso aiuto, ma ancora di più li ringraziamo perché tra i tanti impegni di lavoro, hanno voluto trovare lo spazio ed il tempo per un’amicizia dell’altro mondo.

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16/06/2013 08:00
 
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Centro MEO Lino Lava

“E’ un grande giorno questo per tutto lo staff del Centro MEO Lino Lava – racconta Monica Treu, rappresentante AVSI in Burundi, in occasione dell’evento avvenuto il 7 maggio – in quanto la coordinatrice dei progetti dellaFondazione d’Harcourt, Maddalena Occhetta, è  in visita in Burundi, per vedere con i propri occhi la realizzazione del progetto finanziato dalla Fondazione, iniziato nell’agosto 2012.

Siamo al round finale del progetto “I nostri bambini di valore” finanziato dalla Fondazione d’Harcourt che terminerà il 30 luglio 2013 e  i cui risultati  sono stati presentati nel corso dell’evento del 7 maggio. In particolare l’obiettivo è quello di migliorare la qualità di vita dei bambini e ragazzi in condizioni difficili attraverso interventi in ambito psico-sociale, educativo–ricreativo e medico–sanitario.

Presenti un centinaio di persone tra cui Giampaolo Silvestri, Direttore Operativo di AVSI, Sara Pedersini, responsabile AVSI per Burundi, Rwanda e RdCongo, partner locali e internazionali come il VIS e l’ong C.C.M i bambini e le mammesostenuti dal progetto.

La cerimonia è stata  introdotta dai giovani tamburiners burundesi che, con grande maestria e agilità, hanno dato spettacolo per i presenti. Quindi gli invitati sono stati condotti all’interno del Centro, dove è stato proiettato il documentario curato da Brett Morton sulle attività realizzate grazie al progetto.

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05/07/2013 08:20
 
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Pubblicata il 3 luglio 2013

AVSI

3 luglio 2013 – #10forSyria dona ora!

Da La Stampa.it

«Mamma Ghaussaoun e papà Omar sono lieti di annunciare la nascita di Riyad, nato in un ospedale della valle della Bekaa lo scorso 25 giugno alle 4.09 del mattino. E’ un maschietto in salute e pesa 3 chili e 850 grammi». Dietro questo annuncio dei volontari di AVSI, ci sono tutto il dramma e tutta la speranza dei rifugiati siriani che affollano i campi di accoglienza in Libano. In questi giorni a prevalere è purtroppo ancora una volta l’aspetto drammatico, per la pericolosa carenza di acqua che affligge le aree che ospitano i profughi.

Ghaussaoun e Omar sono due giovani genitori siriani di Idlib, fuggiti dopo il crollo della loro casa in seguito all’esplosione di un’autobomba e vivono in una tenda ai piedi delle alture del Golan. La famiglia aveva appena saputo di aspettare un bimbo e per mettere in salvo anche il piccolo hanno contattato dei cugini già arrivati in Libano da qualche mese e sono fuggiti dalla Siria.

Non avendo legalmente lo status di rifugiati, la famiglia non avrebbe potuto accedere all’agevolazione dei costi per le cure primarie per l’assistenza al parto. Ma AVSI è intervenuta con la collaborazione della Fondazione St. Camille e ha contribuito al pagamento per il ricovero della madre. Come tanti altri profughi, anche Ghaussaoum e Omar hanno sempre manifestato paura nel chiedere esplicitamente l’aiuto dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR).

Ora Ghaussaun la pensa però diversamente: «Grazie agli assistenti sociali di AVSI che vengono a visitarci due volte a settimana e ci supportano, inizio a pensare che potrebbe essere una buona cosa chiedere aiuto. Mio marito lavora solo tre giorni a settimana come agricoltore e i risparmi che ci siamo portati dalla Siria li abbiamo finiti già da alcune settimane».

La storia di Ghaussaoun e Omar è solo una delle tante che si incontrano camminando tra le tende dei campi, Marco Perini responsabile AVSI Libano, ne conosce tante e a chi lo interroga circa i bisogni più urgenti risponde: “Acqua immediatamente e cibo, ma poi anche far giocare i bambini. E non dimentichiamoci che è meglio iniziare oggi a programmare il rientro a scuola e l’arrivo dell’inverno».

«La crisi siriana – aggiunge Perini – non sembra ridurre il suo impatto devastante, aumentano i morti e aumentano i profughi. I dati ufficiali parlano di milioni di persone che hanno abbandonato le loro case e il rischio continuo che da un momento all’altro l’emergenza si allarghi anche al Libano o alla Giordania. In questo contesto AVSI oramai da diversi mesi sta lavorando per portare un po’ di sollievo alle popolazioni profughe scappate. Quello che sta succedendo da queste parti sembra interessare pochi, ma abbiamo bisogno di aiuto perché ogni giorno la situazione peggiora e naturalmente colpisce principalmente i più deboli a cominciare dai bambini».

Su quale sia la primissima necessità in un elenco tutto urgente, è presto detto:“Oggi ci sono 38 gradi e nelle prossime settimane il caldo aumenterà’” dice Perini dal Libano. «Acqua, abbiamo bisogno di acqua, di tanta acqua! Se le statistiche dicono che servono almeno una decina di litri al giorno a persona qui i profughi ne hanno molti di meno e sovente neanche uno per bere».

Come nel campo profughi di Marj el Kok, nel Sud del Libano dove più di mille persone vivono in tende ordinate sulle creste di 2 collinette: in tutto il campo si vedono due serbatoi da 1000 litri che qualcuno ha rattoppato dai buchi, ma che comunque non hanno perdite perché di soldi per comperare l’acqua non ce ne sono. Chiara Nava, dello staff di AVSI, è determinata: «Ci servono subito almeno 11 cisterne da 10mila litri ciascuna e una volta piazzate dobbiamo fare un accordo con un’autocisterna perché ogni 5 giorni venga a riempirle. Solo così in questo campo potranno bere, lavarsi e condurre una vita quasi normale».

Chiara non lo dice, ma in giro per il Libano e la Giordania con l’arrivo del grande caldo si teme anche il colera mentre per le patologie minori il danno è già stato fatto: problemi alla pelle per le persone che non si lavano, pidocchi nella testa dei bambini e disturbi intestinali per tutti.

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