Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re:
MauriF, 26/10/2010 10.17:
Ed il giorno della sua morte, in giorno del suo giudizio particolare, vedrà giudicate le sue opere...così come il metallo viene purificato col fuoco, dove ogni cosa sporca viene a galla e viene poi scartata.
Non ci azzeccano nulla le prove della nostra fede...
Si sta parlando di un giorno preciso, il giorno del nostro giudizio particolare. In tal caso un giudizio che si risolverà comunque per la nostra salvezza...sia che finiamo direttamente in Paradiso, sia che dovremo passare in Purgatorio).
Ciao!
Mauri
Caro MauriF, leggo solo oggi il tuo post, dopo tre giorni di assenza dal forum, come avevo già preavvertito.
Come vedi, ho focalizzato due soli punti specifici (che si riassumono effettivamente in uno) del tuo scritto. E lo sai perchè? Perchè l' evidenza mette in luce l' errore di fondo della teologia della tua CCR (di cui ti fai fedele e zelante portavoce...): un errore che annulla completamente l' intera interpretazione che la CCR fa del passo di 1 Corinti 3:10-15 ( e, di conseguenza, anche di Matteo 5:25-26, la cui “lettura” della CCR è talmente bislacca, per usare un...eufemismo, che non varrebbe neppure la pena di commentare...).
Caro MauriF, nella teologia della tua CCR esiste il “nostro giudizio particolare”, mentre nella Parola di Dio esiste il giorno del giudizio, punto e basta. Quando verrà il giorno del giudizio? In Gv. 12:48, Gesù lo mette in relazione con l' “ultimo giorno”. L' “ultimo giorno” è forse il giorno della nostra vita? Ovviamente no, basta solo leggere con cuore completo, ad esempio, un passo come Gv. 11:23-24. Rivelazione/Apocalisse 11:17-18 ci informa che il giudizio dei morti avverrà dopo che Dio avrà “assunto il potere e avrà cominciato a regnare” sul “regno del mondo”, insieme al suo Cristo (si confronti Rivelazione/Apocalisse 11:15). Nel millennio successivo alla “guerra del gran giorno dell' Iddio Onnipotente”, si confrontino Rivelazione/Apocalisse 16:14; 20:4-6, i “re e i sacerdoti” coeredi celesti di Cristo giudicheranno insieme a Cristo medesimo (si confronti Rivelazione/Apocalisse 2:26 e Matteo 19:28).
Ed è proprio in questo contesto che si parla sia della risurrezione che del giudizio dei morti. Pertanto, il giorno del giudizio equivale al regno millenario di Cristo. Quale sarà la base del giudizio? “E libri furono aperti e un altro libro fu aperto, che è (il libro) della vita, e furono giudicati i morti dalle cose scritte nei libri secondo le loro opere”, traduco direttamente dal testo greco di Rivelazione/Apocalisse 20:12. I morti non saranno quindi giudicati in base alle opere che avranno compiuto nella vita precedente. Un altro passo biblico, collegabile direttamente con Rivelazione/Apocalisse 20:12, lo renderà a mio parere chiaro. Ma la tua CCR da una “lettura” (a mio parere completamente errata!) del tutto differente del libro di Apocalisse, per cui quelle che ti riporto sono parole inutili; imbevuto come sei, della teologia della tua CCR, certamente non accetterai mai (una precisazione: sono parole inutili per i cattolici “fondamentalisti” come te, non per la maggioranza [un abbondante 90%] dei tuoi correligionari, con cui ho modo di parlare OGNI GIORNO, e di studiare con loro la Bibbia nel mio ministero cristiano. La maggioranza di essi non comprende un piffero dell' astrusa e cervellotica teologia della tua CCR, e sono molto più disposti di te a considerare queste cose, non essendo grondanti fino al midollo della teologia della tua CCR come lo sei tu. Dico questo senza offesa, ovviamente...).
Ma torniamo al dunque. Ti accennavo di un passo biblico particolare, ed è quello di Romani 6:7 (che, nel contesto di Romani 6:1-7, assume comunque una doppia valenza).
Il testo greco di Romani 6:7 legge: “ho gar apothanon DEDIKAIOTAI apo tes hamartias”, alla lettera “Infatti l' essente morto è stato liberato dal peccato”; avendo, con la morte, pagato il salario del peccato stesso (Romani 6:23).
Il verbo greco qui usato è “dikaioo”, che significa “giustificare, dichiarare giusto, liberare”.
Prendiamo ora ciò che è scritto in Rivelazione/Apocalisse 20:5, dal testo greco:
“hoi loipoi ton nekron ouk ezesan achri telesthei ta chilia ete”, letteralmente “I restanti dei morti non vennero alla vita finchè furono compiuti i mille anni”.
Qui, il verbo greco usato è “zao”, che significa “vivere”. In Rivelazione/Apocalisse il provvedimento divino per la vita è raffigurato come un “fiume d' acqua di vita”, e “bevendone” costoro potranno giungere alla perfezione (Rivelazione/Apocalisse 22:1-2). Fino a quel momento, Dio non li considererà come “pervenuti alla vita” nel senso più pieno del termine. Ecco perchè Rivelazione/Apocalisse 20:5 può tradursi, in base al testo greco: “Il resto dei morti non VENNE ALLA VITA finchè i mille anni non furono finiti”.
La morte quindi “paga il salario” del peccato, e i peccati di quella persona, commessi durante la sua vita precedente, non testimoniano più contro di lei.
Un ultima considerazione sul giorno del giudizio. In Atti 17:31 si legge che il giorno del giudizio (già stabilito da Dio, e che avverrà “con giustizia per mezzo di Cristo”) riguarderà quelli che vivono sulla “terra abitata”, poiché qui viene usato il sostantivo greco “oikoumene”(che nel corpus neotestamentario significa solo ed esclusivamente “terra abitata”). Pertanto, il giorno del giudizio contribuirà alla realizzazione del proposito originale e immutabile di Dio per gli esseri umani e la terra espresso in Genesi 1:28.
Con questo in mente, qual' è dunque il significato di 1 Corinti 3:10-15? Nel contesto di 1 Corinti capitolo 3, l' apostolo sviluppa complessivamente due illustrazioni. Nell' illustrazione del campo (1 Corinti 3:5:9), l' apostolo delle genti spiega che la crescita dipende dal piantare, dall' innaffiare e dalla benedizione di Dio:
“Io piantai, Apollo innaffiava, ma Dio faceva crescere” (1 Corinti 3:6). Subito dopo aver detto ciò, con un' altra illustrazione, Paolo afferma che il cristiano è responsabile per ciò che succede alla sua opera di edificazione:
“Ma ciascuno continui a guardare come vi edifica sopra” (1 Corinti 3:10). Il fondamento è Cristo (1 Corinti 3:11), ma se qualcuno edifica sul fondamento “oro, argento, pietre preziose, materiali di legno, fieno, stoppia” (come si vede, il contrasto è tra materiali di qualità e non...), la nostra opera sarà vagliata dal “fuoco” (1 Corinti 3:13).
Che cosa simboleggia il “fuoco” nella Parola di Dio? Indica IL RAFFINAMENTO, LA PROVA. L' apostolo Pietro, ad esempio, parla delle prove come di un “fuoco” che dimostra la qualità della fede del cristiano, e paragona la persecuzione a un incendio (1 Pietro 1:6-7 ; 4:12-13).
Nella sua illustrazione, Paolo mette in rilievo l' importanza di edificare nel modo migliore sul fondamento basilare del Cristo, con materiali eccellenti. E tuttavia l' opera di edificazione che compiamo la compiamo anche per noi stessi, e non solo per gli altri: infatti, in un altro passo biblico, Giuda scrisse: “Voi, diletti, edificandovi nella vostra santissima fede, e pregando con spirito santo, mantenetevi nell' amore di Dio (Giuda 20-21). Sia in 1 Corinti 3:10, 12 che in Giuda 20-21 viene usato il verbo greco “epoikodomeo” (“sopraedificare”). Attenzione, perchè questo è un punto piuttosto importante, che andrò a riprendere in seguito.
Se vogliamo edificare in altri qualità che resistano al “fuoco”, dobbiamo edificare con “oro, argento, pietre preziose”. Paolo disse: “Se l’opera che alcuno vi ha edificato sopra rimane, egli riceverà una ricompensa; se l’opera di qualcuno è bruciata completamente [perché, evidentemente, ha edificato male, non avendo usato materiali resistenti al “fuoco”], egli subirà una perdita [vale a dire, ciò che avrà edificato andrà perduto nel “fuoco”], ma egli stesso sarà salvato; e, se lo sarà, sarà come attraverso il fuoco” (1 Corinti 3:14-15).
Qual' è la “ricompensa”? Paolo non pensava al premio della vita eterna, perchè dice che colui che ha edificato male perde la ricompensa, pur essendo salvato lui stesso se riesce a passare attraverso il “fuoco”.
Che cos’è allora questa “ricompensa”? In 1 Tessalonicesi 2:19-20, l' apostolo delle genti scrisse: “Qual è la nostra speranza o gioia o corona di esultanza — sì, non siete infatti voi — dinanzi al nostro Signore Gesù alla sua parousìa? Voi siete certamente la nostra gloria e gioia”.
Ciò indica che Paolo quei tessalonicesi, pur avendo subìto la persecuzione, rimanevano saldi. La ricompensa di Paolo era la gioia di vederli perseverare nonostante l’opposizione, e ciò dimostrava che Paolo aveva edificato bene, cioè con “oro, argento, pietre preziose”.
E la nostra ricompensa? Se abbiamo edificato con “materiali di legno, fieno, stoppia”, perderemo la ricompensa, cioè la gioia che provò Paolo con quei cristiani di Salonicco. Ma saremo salvati se riusciremo a passare “come attraverso il “fuoco”, indicando cioè una prova, un raffinamento attuale, e non post mortem.
Cioè, anche perdendo la ricompensa, quella gioia che provò Paolo, ci salveremo “come attraverso il fuoco”, che equivale a dire che saremo stati “raffinati” a causa della perdita che abbiamo subito. Non dimenticando infatti che, edificando altri, edifichiamo anche noi stessi, come ho avuto modo di dire sopra!
E' questo, e solo questo, il senso reale dell' illustrazione paolina.
Poche parole su Matteo 5:25-26.
Gesù esorta di nuovo ( lo aveva già fatto nei versetti precedenti, il 23 e il 24) a risolvere “subito le questioni con chi si lamenta contro di te in giudizio......”.
Gesù adduce quindi una ragione pratica per la pronta soluzione delle questioni, aggiungendo: “Affinché chi si lamenta non ti consegni in qualche modo al giudice, e il giudice alla guardia, e tu non sia gettato in prigione”.
Una volta che la faccenda era giunta davanti alla corte, se l’imputato era trovato colpevole e non poteva pagare il suo debito, il giudice poteva consegnarlo a una ‘guardia’. Questa, a sua volta, avrebbe gettato il colpevole in prigione.
“Difatti io ti dico, certamente non ne uscirai finché non avrai pagato l’ultima moneta di minimo valore”. Se qualcuno non pagava il debito del prigioniero, questi poteva rimanere in prigione per un lungo periodo.
L’apostolo Paolo disse: “Sia piuttosto questa la vostra decisione, di non mettere davanti al fratello pietra d’inciampo o causa per incespicare” (Romani 14:13). Se sorgeva tale pietra d’inciampo, il cristiano doveva ricordare le parole di Gesù e ‘risolvere subito la questione’. Nella Parola di Dio, per tradurre carceriere, viene usato il sostantivo basanistès, che significa “aguzzino, tormentatore”.
Il carceriere sovente infliggeva crudeli torture ai prigionieri, e perciò era chiamato basanistès. Per esempio i debitori che non pagavano il dovuto erano a volte gettati in prigione, dove il carceriere poteva flagellarli e torturarli, e non sarebbero stati rimessi in libertà finché, come disse Gesù, non avessero “pagato l’ultima moneta di minimo valore”. Questo era messo in risalto anche nella parabola dello schiavo spietato. Quando il padrone seppe cosa aveva fatto lo schiavo ingrato, “lo consegnò ai carcerieri [ basanistès], finché non avesse pagato tutto ciò che doveva” (Matteo 18:34)!
Ecco l' unica spiegazione del passo in questione. Una spiegazione pratica, dove non vi è nessun recondito senso “teologico”.
Pertanto, vedere il “purgatorio” in questo passo (“NEL CASO AD UN TORTO NON SI SIA POSTO RIMEDIO...CI SI TROVERÀ A SCONTARE IN "PRIGIONE" (PURGATORIO) FINO ALL'ULTIMO SPICCIOLO.
POI SI USCIRÀ...SOLO UNA VOLTA CHE SI SARÀ PAGATO”. SONO PAROLE TUE, CHE HO TRATTO DA UN TUO POST PRECEDENTE) significa dare interpretazioni teologiche, mi si consenta, del tutto gratuite.
Grazie a ciao.
Aquila 58.
(POST SCRIPTUM)
....caro MauriF, dimenticavo, che sbadato....
In altro post, che ho avuto modo di leggere (seppur di sfuggita), tu scrivi quanto segue:
MauriF, 27/10/2010 15.46:
Ehm...guarda che il purgatorio è qualcosa che c'è fra la morte fisica (separazione dell'anima dal corpo) e QUEL GIORNO in cui tutti quanti risorgeranno per il giudizio universale.
E' inutile che mi parli del giorno del giudizio universale...è OT.
Caro MauriF, biblicamente parlando, non esiste alcuno "stato intermedio",
inteso (FAI ATTENZIONE!) nel modo in cui l'intende la tua CCR,
ergo, la separazione di un' "entità disincarnata immortale e cosciente" dal corpo al momento della morte, che perpetua la personalità del defunto in qualche luogo etereo (o in una determinata "condizione"...), e che si ricongiunge successivamente al corpo (un corpo "glorioso") nell' "ultimo giorno".
La triste realtà (per te) è che non esiste uno straccio di Scrittura che attesti tutto ciò, anzi, se ne conosci una, segnalamela (ho detto una o due al massimo alla volta, poichè sono abituato a dare risposte capillari e approfondite su obiezioni di carattere scritturale. Per cui, se mi presenti cinquanta passi scritturali, non avrò il tempo di analizzarli tutti per bene. Ti chiedo quindi un passo o due al massimo).
Per cui, ciò che dici non ha senso, e parlare del giorno del giudizio è tutto meno che O.T.
Ciao.
Aquila 58