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COMMENTO AL VANGELO DI GIOVANNI

Ultimo Aggiornamento: 04/06/2019 15:05
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09/01/2012 21:39
 
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PRIMA CONCLUSIONE ( 20,30-3 1 )


Molti altri segni fece Gesù in presenza dei suoi di­scepoli, ma non sono stati scritti in questo libro.

Quanto è stato scritto in questo Vangelo è tutto ciò che ha fatto Gesù? No di certo. È stato scritto unicamente quanto serviva a manifestare la grandezza di Gesù, la sua uguaglianza con il Padre, il suo amore e la sua divina carità, l’essenza e la missione. Chi è veramente Gesù, da chi è stato mandato e perché è stato mandato.

Tutto il resto è stato tralasciato, omesso, non perché non vero, ma perché attraverso quanto è stato scritto, la fede in Gesù è perfetta e ad essa non manca niente. Quando la testimonianza è completa, quando la Parola ha rivelato tutto su Gesù, ogni altra cosa potrebbe essere solo di riempitivo e quindi di intralcio a ritenere la verità.

Questa metodologia di Giovanni ci porta all’essenziale. Egli non vuole che i suoi lettori confondano essenziale e secondario, importante e meno importante, vitale alla fede e ciò che vitale non è. Per questo dona al lettore quelle parole e quelle opere, o segni, o miracoli, che manifestino tutta ed interamente l’essenza e la vocazione di Gesù, la sua missione, il suo compimento, i frutti di essa.

Questo fatto, il resto può essere tralasciato, altrimenti il rischio è assai grande; il lettore potrebbe confondersi, infastidirsi, tralasciare anche la verità essenziale e non soltanto le verità secondarie o di complemento alla verità della fede.

Que­sti sono stati scritti, perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

Viene qui chiaramente promulgato il motivo del testo giovanneo. Tutto quanto è scritto nel suo libro, Giovanni lo ha scritto perché attraverso la testimonianza e i segni personali di chi annunzia, colui che deve aprirsi alla fede, possa credere con certezza che Gesù è il Messia di Dio. Lo ha scritto perché solo in questa fede si ha la vita nel nome di Gesù.

La vita, che poi è Gesù stesso, si ottiene attraverso la fede in Gesù, Messia e Figlio di Dio. Tommaso lo aveva proclamato Signore e Dio, ora si aggiunge a quella confessione di fede la messianicità e la figliolanza divina. Gesù è il Signore, è Dio, è il Messia, è il Figlio di Dio. Questa la verità cui vuole far pervenire tutti coloro che ascolteranno la predicazione del Vangelo ed accoglieranno la Parola di Gesù come Parola di vita eterna.

È una fede formata, perfetta, completa in Gesù, nulla le manca. È una fede però che deve essere adesione di vita a Gesù che è il Cristo, il Messia, il Figlio di Dio, il Signore. Quando un testimone di Gesù perviene a creare nel cuore di un suo ascoltatore una fede così perfetta, egli ha raggiunto lo scopo della sua missione. Può veramente ringraziare il Signore.


Nel seno del Padre

Hanno portato via il Signore. Senza la Parola, la storia rimane muta, essa diventa un pensiero, una congettura dell’uomo. Gesù era risorto, aveva lasciato il sepolcro, le donne trovano vuoto il luogo dove Gesù era stato deposto, pensano che qualcuno lo abbia portato via. La storia ha bisogno della Parola e con essa ogni manifestazione della vita dell’uomo; l’intera vita di ogni uomo deve essere illuminata dalla Parola, altrimenti essa non esprime alcun significato, non la si comprende nella sua essenza, di essa non si conosce la verità. Ma noi abbiamo la Parola di Gesù, le donne avevano la Parola di Gesù e della Scrittura, esse non hanno saputo applicarla a Gesù. Anche quando manca la retta, giusta applicazione della Parola alla storia, questa resta muta, non parla, non esprime speranza, non si apre verso un futuro diverso che non può essere in se stessa, ma fuori di sé: in Dio e nella sua Parola.
Vide e credette. Giovanni invece applica alla storia la Parola di Gesù e della Scrittura e nel suo cuore nasce la fede. Ha avuto bisogno, tuttavia, di vedere la storia recente, gli è stato necessario osservare quanto era avvenuto nel sepolcro. In lui storia, segno e parola producono la fede nella risurrezione di Gesù. Ancora non siamo nella fede perfetta, la quale nasce solo dalla Parola. Quando la fede sarà interamente il frutto della Parola, allora essa è veramente perfetta. È quanto avviene in Maria Santissima. Ella non è al sepolcro, era presso la croce; non è al sepolcro perché a lei il sepolcro vuoto non serviva per la nascita della fede nella risurrezione di Cristo Gesù. C’era già la Parola di Gesù e la Parola della Scrittura e questa è essenziale, sufficiente; con questa si può e si deve costruire la fede nella risurrezione di Gesù.
Dal sepolcro alla Scrittura. Maria Santissima procede dalla Parola alla fede, Giovanni invece cammina ancora attraverso la via del sepolcro, del segno. Dal segno egli passa alla Scrittura. C’è ancora in lui un passaggio di troppo, un passaggio che dovrà essere abbandonato, altrimenti la fede non sarà mai perfetta in lui. Tuttavia questo ulteriore passaggio è consentito che avvenga, purché da esso scaturisca quella fede genuina, semplice, pura, forte, tenace nella risurrezione di Gesù.
Maria di Magdala. Maria di Magdala invece necessita della visione, dell’ascolto della voce di Gesù per aprirsi alla fede. Ancora in lei la fede è semplicemente incipiente, in lei regna il grandissimo amore, ma l’amore, anche se grandissimo, non può aiutare lo spirito in tutto, può aiutarlo a non smarrirsi in momenti come questi, e difatti Maria non si smarrisce, non si arrende, ma neanche perviene alla fede nella risurrezione di Gesù attraverso il sepolcro vuoto, come Giovanni. Questo deve indicare una via pastorale che deve essere sempre di equilibrio tra fede ed amore.
Amore e fede. La fede da sola non basta a riconoscere sempre Gesù; neanche l’amore da solo basta a rimanere ancorati nella storia di Gesù, che spesso passa attraverso vie così misteriose che è difficile poterlo riconoscere. Cuore e mente devono per questo essere preparati e si preparano educandoli ad una fede forte e ad un amore altrettanto forte e tenace. In questa duplice via, della fede e dell’amore, troviamo Maria Santissima; ella crede senza vedere ed ama senza incontrare il Figlio suo, lo sa nella dimensione eterna e secondo questa dimensione lo ama, lo vuole, lo accoglie. Questo è il motivo per cui nel Vangelo non si parla mai di Gesù che è apparso alla Madre sua. Agli altri è apparso e lo si dice, di Maria invece nulla si dice. La sua fede è perfetta ed il suo amore anche. Ella diviene così l’immagine perfetta dei credenti, sul suo modello dobbiamo costruire ogni fede nella risurrezione di Gesù Signore.
La prima missione. La prima missione è quella che Gesù affida alla Maddalena; essa deve dire ai suoi discepoli che Gesù è risorto, deve annunziare loro il suo nuovo mistero, il mistero che ormai avvolge interamente la sua vita. Questa è anche la missione di ogni discepolo del Signore; egli deve dire al mondo che Gesù è veramente risorto ed è il vivente, il giudice dei vivi e dei morti, il Signore della storia, colui che è il Redentore ed il Salvatore dell’uomo.
La pace di Gesù. Gesù è venuto per recare agli uomini la pace di Dio; questa non è uno stato esterno, o esteriore all’uomo, una condizione ambientale, sociale, civile, economica, o altro di questo genere. La pace è una sola: è il dono all’uomo del suo nuovo essere, della sua nuova vita, che è rigenerazione, ricomposizione, nuova nascita. Posto l’uomo nel possesso di sé, egli trova la pace, gusta la gioia, sente il suo cuore pieno, perché in esso c’è Dio che è la fonte di ogni bene per l’uomo. Con Dio nel cuore l’uomo non manca di nulla, è in pace.
Come il Padre. Gesù è il missionario del Padre; egli è stato inviato da Lui sulla terra per compiere la missione della sua glorificazione e attraverso la glorificazione del Padre anche la salvezza dei suoi fratelli, assieme alla glorificazione del suo corpo e di tutta intera la sua vita. La stessa missione che Gesù ha ricevuto dal Padre egli la dona ai suoi discepoli. Costoro dovranno andare nel mondo ad insegnare ad ogni uomo, come Gesù ed in lui, come si glorifica il Padre e dovranno farlo alla stessa maniera con cui l’ha fatto Gesù: offrendo interamente la loro vita per la glorificazione del Padre, la salvezza delle anime, la glorificazione del loro corpo nella risurrezione dei giusti, in Cristo, con Cristo, per Cristo.
Alitò su di loro. Dio Padre aveva alitato su Adamo e questi era divenuto un essere vivente. Gesù alita sugli apostoli e costoro divengono nuove creature, uomini nuovi. Nel cenacolo avviene la nuova creazione dell’uomo, per rigenerazione, per ricomposizione, per rifacimento ad opera dello Spirito Santo, alitato da Gesù sui suoi discepoli. Questa la meraviglia che si compie nel giorno di Pasqua nel cuore dell’uomo. Questo nuovo alito di vita è anche il principio di ogni altro alito di vita che dovrà essere alitato nell’uomo; non sarà più Gesù ad alitarlo, saranno i discepoli, ma costoro per poterlo alitare efficacemente dovranno farlo da risorti assieme a Gesù. Il nuovo alito di vita deve essere alitato da chi è risorto ed è risorto chi si è lasciato interamente permeare dalla Parola di Gesù, che lo costituisce uomo nuovo, vivente nella vita nuova, portata da Gesù sulla terra. Un alito di vita alitato da un uomo che è nella morte, fuori del sacramento, non produce effetto alcuno di vita. Poiché l’annunzio della Parola è il primo alito di vita che l’umanità intera dovrà ricevere, se chi annunzia la Parola non è uomo nuovo, egli non potrà alitare sugli altri lo Spirito del Signore, che è il nuovo alito della vita e l’altro resterà nella sua morte.
La remissione dei peccati. La remissione dei peccati è la via della rigenerazione dell’uomo, la via per alitare sull’uomo il nuovo alito della vita. Essa non è solamente perdono di quanto l’uomo ha fatto; è prima di tutto creazione dell’uomo nuovo, è morte dell’uomo vecchio, è rigenerazione a vita nuova dell’uomo nato secondo la carne che ora rinasce secondo lo Spirito, oppure dell’uomo che è nato secondo lo Spirito e che poi è ritornato a vivere secondo la carne. Tutto è nella remissione dei peccati, perché solo da questa nasce l’uomo nuovo. Il nuovo pericolo, la nuova eresia, la più perniciosa e letale, è quella di far credere all’uomo che lui non ha bisogno della remissione dei peccati, o che se ne avesse veramente bisogno, può in ogni caso attingerla direttamente in Dio. La remissione dei peccati non è l’opera di Dio, è l’opera di Gesù, ma Gesù la esercita attraverso i suoi discepoli e senza i discepoli non c’è remissione dei peccati e l‘uomo resta nella sua vecchia umanità. Ma anche il discepolo deve credere che questa è stata l’opera che il Signore gli ha affidato; questa è la sua opera, dovrà lui trovare metodi, vie e forme perché la possa sempre esercitare, vivere; dal suo esercizio, dal suo compimento nasce la vita nuova sulla terra.
Il giorno del cenacolo. Per la Chiesa la storia deve essere sempre come il giorno del cenacolo, il giorno della risurrezione di Gesù. Essa dovrebbe vivere ogni sua relazione con gli uomini sempre come se fosse in questo luogo. Per vivere questo giorno essa si deve sempre ricordare che ci sono gli altri giorni di Gesù che devono essere vissuti, quelli della predicazione costante, quelli dei segni e dei prodigi, soprattutto quelli della passione e morte. La vita di Gesù deve essere tutta vissuta dai discepoli del Signore, mai ci potrà essere il giorno del cenacolo, se non c’è il giorno della passione e della morte, se non c’è il giorno della predicazione e dell’annunzio della Parola del Padre. La Chiesa ha un unico modello cui ispirarsi e questo modello è Cristo Gesù nella sua vita intera.
Tommaso. Tommaso ha bisogno di vedere e di toccare, di incontrare il Maestro risorto; vederlo solamente non gli è sufficiente per aprirsi alla fede; lui deve vedere e riscontrare, deve riscontrare cioè se quello che è risorto è lo stesso di colui che è morto. Solo così egli potrà credere. Questa è una via ed una modalità non concessa a nessun uomo. Nessuno potrà pensare di arrivare alla fede percorrendo la via di Tommaso. Gesù tuttavia concede a Tommaso quanto lui ha chiesto, lo concede però solo come fondamento e principio di ogni ulteriore fede, perché nessun dubbio regnasse nel collegio dei discepoli, perché la loro fede in lui fosse perfetta in ogni sua parte e in tutti loro. Ora che la fede in loro è perfetta, sarà il loro annunzio, la loro azione corale il fondamento della fede nella risurrezione di Gesù, perché saranno loro i responsabili della nascita della fede nel mondo. Ormai chi vorrà credere lo dovrà per la loro parola, la loro testimonianza, la loro azione sacramentale, il loro annunzio della Parola di vita, la loro morte e la loro risurrezione, la loro vita in tutto conforme alla vita del Maestro. Con Tommaso cessano i dubbi sulla risurrezione di Gesù, con lui nasce la nuova via della fede in Gesù risorto: questa via è la Parola degli Apostoli.
La beatitudine della fede. Gesù concede una particolare beatitudine a tutti coloro che crederanno senza vedere Lui, fisicamente come Tommaso. Per credere in lui morto e risorto, tuttavia, si ha sempre bisogno di vedere risorto assieme a Cristo il discepolo di Gesù. Risorto il discepolo assieme a Gesù, tutto il mondo risorge assieme a lui. Questa è la forza che travolge il mondo e lo salva: la risurrezione del discepolo nella risurrezione di Gesù. Senza questa forza il mondo continuerà a vivere la sua morte, non crederà alla risurrezione di Gesù, perché chi l’annunzia come vera, vive come se essa non fosse mai avvenuta, vive come se Gesù non fosse veramente morto e non fosse veramente risorto. Chi parla della risurrezione e della morte di Gesù senza che essa venga compiuta nel proprio cuore, vive ed annunzia una verità fuori dell’uomo, ma anche fuori della storia dell’uomo e tutto ciò che non è incarnazione non è via di salvezza, neanche la risurrezione di Gesù.
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Filippo corse innanzi e, udito che leggeva il profeta Isaia, gli disse: «Capisci quello che stai leggendo?». Quegli rispose: «E come lo potrei, se nessuno mi istruisce?». At 8,30
 
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