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COMMENTO AL VANGELO DI GIOVANNI

Ultimo Aggiornamento: 04/06/2019 15:05
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09/01/2012 13:34
 
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Rinnegamento di Pietro.

Intanto Simon Pietro se­guiva Gesù insieme con un altro discepolo. Questo di­scepolo era conosciuto dal sommo sacerdote e perciò entrò con Gesù nel cortile del sommo sacerdote; Pie­tro invece si fermò fuori, vicino alla porta.

Siamo ancora in casa di Anna. Questi è chiamato comunemente il sommo sacerdote, anche se non è lui ufficialmente, lo è però realmente, in quanto suo genero Caifa, gli consentiva di operare quel che voleva. È dato rilievo invece a quanto compiono due dei discepoli di Gesù, Simon Pietro con un altro discepolo.

Questi due discepoli seguono Gesù, vogliono sapere cosa accadrà di lui. Arrivano alla casa del sommo sacerdote. Poiché l’altro discepolo era conosciuto dal sommo sacerdote, è potuto entrare nel cortile della casa; Pietro che non era conosciuto, è stato costretto a rimanere fuori.

Non sappiamo a quale titolo l’altro discepolo conoscesse il sommo sacerdote; sappiamo tuttavia che molte cose in questo mondo si fanno per conoscenza. Se c’è conoscenza si entra, se non c’è conoscenza si resta fuori. Anche questo è un male della storia. C’è tanta discriminazione tra gli uomini a causa dei rapporti che alcune persone favoriscono, altre escludono. Pietro viene qui escluso dai favori, l’altro discepolo invece se ne può servire con facilità estrema.

Tuttavia Pietro non si abbatte, resta vicino alla porta. Sa che prima o poi Gesù dovrà uscire e quindi l’attende. Sapere aspettare con pazienza e con animo mite è quanto ci è chiesto in ogni situazione difficile, di discriminazione, di ingiustizia. Anche questo è volontà di Dio.

Allora quell'altro discepolo, noto al sommo sacerdote, tornò fuori, parlò alla portinaia e fece entrare anche Pietro.

Le conoscenze contano e si possono sempre sfruttare per fare del bene. È quanto compie l’altro discepolo, il quale usa la sua conoscenza per far sì che Pietro possa entrare nel cortile.

Usare le conoscenze per fare del bene sì può, a condizione che esse non violino nessuna norma di giustizia. Usare le conoscenze per togliere i diritti degli altri è grave peccato contro la dignità della persona umana, la quale conserva sempre i suoi diritti ed è obbligo di giustizia ridarglieli se le sono stati tolti, e questa legge è senza limiti di tempo. L’ingiustizia non diventa mai giustizia se non facendo rientrare l’escluso nei suoi diritti inalienabili.

Il peccato regna nel cuore, quando in esso regna e dimora l‘ingiustizia. Per togliere il peccato, bisogna prima levare l’ingiustizia. La riparazione di ogni ingiustizia è obbligo grave ed obbliga sempre, altrimenti non si può rientrare nella giustizia, non si può accedere al perdono di Dio. L’ingiustizia è perdonabile a condizione che sia riparata, che la si voglia riparare. Ciò che non è nostro, mai potrà diventare nostro, neanche per un atto di perdono da parte di Dio. Dio perdona ad una sola condizione, che si ridia all’altro ciò che è dell’altro.

E la giovane portinaia disse a Pietro: « Forse anche tu sei dei discepoli di quest'uomo? ».

Gesù lo aveva detto, Pietro in questa notte avrebbe rinnegato il Maestro. Di quelle parole ascoltate sicuramente se ne era dimenticato. Ma la storia è sempre all’appuntamento con la Parola di Gesù e subito la giovane portinaia del sommo sacerdote chiede a Pietro se per caso anche lui fosse dei discepoli di Gesù.

È una domanda di una giovane portinaia, non siamo nel sinedrio, non siamo in giudizio. Pietro avrebbe potuto benissimo riconoscere la sua identità e rispondere con naturalezza, con semplicità, affermando di esserlo.

Egli rispose: « Non lo sono ».

Invece Pietro nega. Lui non è dei discepoli di quell’uomo. Quell’uomo per lui è un estraneo. Lui quell’uomo non lo conosce, non sa chi sia. Nel cenacolo c’è l’entusiasmo e lui è pronto a dare la vita per Gesù. Qui invece c’è la paura, il timore dell’uomo e afferma di non essere un discepolo di colui che era stato legato, catturato e condotto da Anna.

Intanto i servi e le guardie avevano acceso un fuoco, perché faceva freddo, e si scaldavano; anche Pietro stava con loro e si scaldava.

Ma ancora la Parola di Gesù non si è del tutto compiuta. Pietro forse neanche ha fatto caso a quanto era avvenuto tra lui e la giovane portinaia. Ma si ricordava della Parola di Gesù, ascoltata nel cenacolo?

Sappiamo che quella notte faceva freddo e che i servi del sommo sacerdote avevano acceso nel cortile un fuoco per riscaldarsi e che anche Pietro si era unito alla compagnia. Scaldarsi non è fare del male e ci si può scaldare con chiunque e assieme a chiunque. Ignora che proprio da questo stare insieme con gli altri, nasce per lui la tentazione e quindi la successiva negazione.

A Pietro manca attualmente il governo della sua storia, egli è ignaro di quanto gli sta per accadere. La differenza con il suo Maestro è sostanziale ed abissale. Gesù in ogni momento sa cosa sta per accadergli e lo evita o si lascia coinvolgere dall’avvenimento se questa è volontà del Padre suo. Pietro invece nulla conosce di quanto sta per accadergli e quindi sarà sommerso dalla storia; non è in suo potere poterla dirigere e governare.

Quando un uomo non riesce a dirigere e a governare la storia secondo la volontà di Dio, è solo perché egli non è nella volontà di Dio, vive senza di essa, ancora non è sufficientemente formato nella conoscenza del volere del Signore. Senza conoscenza miseramente si cade, ci si profonda nella tentazione che può avvenire anche solo per caso, perché si è lì, assieme ad altri a scaldarsi, perché c’è un fuoco acceso e perché in quella notte fa freddo.

Allora il sommo sacerdote interrogò Gesù riguardo ai suoi discepoli e alla sua dottrina.

Il sommo sacerdote vuol sapere chi è Gesù, chi sono i suoi discepoli, qual è la sua dottrina.

Il sommo sacerdote sa però che la testimonianza di Gesù non è valida in giudizio e quindi commette una ingiustizia palese ed evidente. Anche questo è un male della storia: agire contro la legge, agire per legge propria.

Possiamo dire che questo è il male di chi esercita l’autorità in mezzo al popolo, sia esso civile, sia anche religioso. Nessuno, se ama l’uomo, ma l’uomo si ama solo se si ama Dio, può agire facendo divenire la sua volontà legge all’occorrenza, né tanto meno è consentito che la volontà divina sia soppiantata dalla volontà umana, anche in via di legiferazione.

La volontà umana può solo adeguarsi alla volontà divina, che deve sempre ricercare con somma oculatezza e provata prudenza e saggezza. Se poi la legge già prescrive la via della giustizia, questa legge deve essere osservata scrupolosamente.

Anna non osserva la legge, egli è ingiusto nel suo giudicare, egli commette un reato grave. Vuole prendere in fallo un uomo dalle parole uscite dalla sua bocca e questo non è consentito a nessuno. La via legale invece è sempre quella della testimonianza, del riscontro storico ed è su questa via che Anna avrebbe dovuto impostare il suo giudizio.

Gesù gli rispose: « lo ho parlato al mondo apertamente; ho sempre insegnato nella sinagoga e nel tempio, dove tutti i Giudei si riuniscono, e non ho mai detto nulla di nascosto.

Gesù si appella a questa legge, alla legge del riscontro storico e quindi afferma solennemente dinanzi al sommo sacerdote la sua condotta integra e onesta. Quanto egli ha detto lo ha detto pubblicamente, lo ha anche detto ufficialmente, nel tempio e nella sinagoga, quindi in luoghi di pubblica manifestazione della fede, dinanzi a molti testimoni. Di nascosto non ha mai detto nulla. Questa la verità storica che riguarda la sua vita.

Questa affermazione di Gesù, oltre che per lo svolgimento regolare del processo, serve ai cristiani, i quali hanno l’obbligo di parlare apertamente, mai segretamente, poiché essi sono stati mandati a predicare nel mondo, dinanzi ad ogni uomo, in ogni luogo dove gli uomini si riuniscono e convengono. La Parola di Gesù non teme il giudizio del mondo, anzi è il mondo che teme il suo giudizio. Se non si predica dinanzi al mondo, la Parola di Gesù non è luce che brilla in questo mondo, che viene in questo mondo. Non è luce ufficiale, è luce privata e la luce privata non è di Gesù.

Gesù è luce universale, luce da accogliere e da rifiutare, luce che comunque coinvolge sempre la persona, o nell’opposizione ad essa, o nel lasciarsi rinnovare ed illuminare da essa di vita eterna.

Perché interroghi me? Interroga quelli che hanno udito ciò che ho detto loro, ecco, essi sanno che cosa ho detto ».

Gesù richiama quindi il sacerdote ad un suo preciso dovere. Egli non deve essere interrogato, devono invece essere interrogati tutti coloro che lo hanno ascoltato. Costoro sanno cosa lui ha detto ed è suo dovere chiamarli per farsi dire da loro quanto Gesù ha insegnato, come lui si è sempre presentato loro e chi sono i suoi discepoli, conosciuti da tutti.

Richiamare l’altro al suo dovere, quando ciò che vogliono che noi facciamo è contro legge, è obbligo di coscienza, perché è osservanza della legge e a nessuno è consentito violare la legge, poiché la violazione della legge non è mai a beneficio della persona. Chi viola la legge pecca contro la legge, anche se è invitato a farlo in forma ufficiale in un giudizio.

Sapere sempre ciò che è legge, ciò che compete a noi da ciò che compete ad altri, ciò che si può fare da ciò che non si può fare e conservare la grande libertà di farlo o di non farlo, è grande saggezza. Gesù è il saggio, è il giusto, è colui che cammina sempre con la legge di Dio nel cuore e la osserva, dichiarando anche il motivo della sua osservanza della legge.

Aveva appena detto questo, che una delle guardie presenti diede uno schiaffo a Gesù, dicendo: « Così rispondi al sommo sacerdote? ».

Una guardia si assume una responsabilità che non le compete. Essa giudica cattiva, quindi peccaminosa la risposta di Gesù al sommo sacerdote e gli dona uno schiaffo, richiamandolo all’attenzione. Colui al quale egli ha dato una tale risposta, non è un uomo qualunque, è un sommo sacerdote, è il sommo sacerdote del popolo dell’alleanza.

Questo è un altro male della storia. Distinguere persona da persona e giudicare bene ciò che fa l’uno e male ciò che fa l’altro. Il bene ed il male non sono legati alla persona, al suo ruolo, alla sua potestà, e neanche alla sua condizione attuale. Gesù non dice il male perché è un incriminato e Anna il bene perché è il sommo sacerdote.

Bene e male sono separabili dalla persona e dalla sua condizione. Una persona può dire il bene, può dire bene ed essere un criminale per altri delitti, e un’altra persona può dire il male ed essere rivestita della più alta dignità spirituale, od anche sociale, politica, militare.

Inoltre la guardia è guardia non è giudice. È il giudice che deve giudicare della bontà o della falsità di una risposta ed è il giudice che deve dare la sentenza. La guardia pecca perché usurpa un potere non suo e si fa guardia, giudice ed esecutore della sentenza nello stesso tempo.

Anche questo è un altro male della storia ed è causa di molte ingiustizie. A nessuno è consentito andare oltre la sua specifica responsabilità, sapersi conservare e mantenere sempre nei limiti del proprio ufficio è legge di umanità, oltre che principio di vera santità.

Gli rispose Gesù: « Se ho parlato male, dimostrami dov'è il male; ma se ho parlato bene, perché mi percuoti? ».

Gesù richiama la guardia perché vuole condurla nella verità e nella giustizia di ogni azione. Prima di condannare una persona, bisogna che le si dimostri dove è il male da essa commesso. Ma anche se questo avviene, non per questo si è autorizzati a emettere una sentenza. Lo schiaffo dato dalla guardia a Gesù è vera e propria sentenza e questo atto non le competeva, poiché guardia e non giudice.

Se Gesù non ha parlato male, se inoltre lui non è in grado di poter dimostrare il male e in più Gesù ha anche parlato bene, poiché si è appellato alla legge e la legge è sempre sopra gli uomini, ed ogni uomo siede per giudicare secondo la legge, perché percuoterlo?

L’azione della guardia è palesemente ingiusta, ingiusta nella procedura, ingiusta nei risultati. La guardia ha commesso un grave reato, poiché si è scagliato contro un uomo, pur non avendo potestà di farlo ed in più per un’azione buona da lui fatta.

Gesù agisce con questa guardia con lo Spirito di fortezza; egli non teme l’uomo, egli teme solo il Padre suo che è nei cieli. Sovente gli altri sono forti, perché noi siamo deboli, perché non abbiamo lo Spirito di fortezza in noi che ci fa agire ed operare. Questo non può essere detto per Gesù, il quale è stato sempre condotto dalla forza e dalla potenza dello Spirito che si era posato su di lui dal giorno del battesimo e con questo Spirito egli ha sempre agito e parlato, si è sempre mosso.

Allora Anna lo mandò legato a Caifa, sommo sacerdote.

Il processo in casa di Anna si rivela un vero fallimento per il sommo sacerdote. Anna se ne disfa, mandando legato Gesù da Caifa, il vero sommo sacerdote in quell’anno.

Dobbiamo puntualizzare che fino adesso Gesù non è stato accusato di niente, non grava sulla sua testa nessuna accusa reale. Anzi il processo è iniziato senza nessuna vera accusa. Gesù è stato semplicemente interrogato dal sommo sacerdote, ma lui lo ha rimandato ai testimoni, alla storia. La storia è il vero, grande testimone di Gesù. Chi rifiuta la testimonianza della storia rifiuta la verità su Gesù e se lo condanna lo condanna solo ingiustamente.

Intanto Simon Pietro stava là a scaldarsi. Gli dissero: « Non sei anche tu dei suoi discepoli? ».

Prima ancora che Gesù lasci la casa di Anna si compie la seconda tentazione per Pietro. Questa volta non è la serva portinaia, ma sono coloro presso i quali Pietro si era avvicinato per scaldarsi. Costoro chiedono a Pietro se per caso non fosse anche lui uno dei discepoli di Gesù. Loro non conoscono Pietro e poiché non è uno di loro, potrebbe essere sicuramente uno che appartiene a Gesù.

Egli lo negò e disse: « Non lo sono »

Pietro pensa di cavarsela come se l’era cavata prima con la giovane portinaia. Lui aveva negato e quella non aveva insistito e la cosa era finita lì, in quell’istante.

Ma la storia non è sempre uguale, non è ripetizione; prima era andata bene, ora però bene non va. Saper vivere il momento storico, anche questo è saggezza; non vivere mai sul modello del passato, anche questo deve essere sapienza per noi. Pietro si rivela semplicemente uno stolto ed è stolto in questa occasione perché la Parola di Gesù non dimora nel suo cuore né illumina in questo momento il suo spirito.

Ma uno dei servi del sommo sacerdote, parente di quello a cui Pietro aveva tagliato l'orecchio, disse: « Non ti ho forse visto con lui nel giardino? ».

Tra i servi del sommo sacerdote ce n’è uno, che è parente proprio di Malco, il servo a cui Pietro aveva tagliato l’orecchio. Questi lo riconosce, sa di averlo visto nel giardino e lo dice agli altri, lo dice soprattutto a Pietro.

Pietro è discepolo di Gesù, perché era con lui nel giardino. Questa volta non gli viene più chiesto a lui se è o non è di Gesù, questa volta viene messo dinanzi alla storia. La sua storia attesta che egli è di Gesù, poiché era con lui nel giardino ed è stato proprio quello che aveva tagliato l’orecchio ad un suo parente.

Pietro negò di nuovo, e subito un gallo cantò.

Pietro non si preoccupa neanche della storia, egli ha un solo intendimento: negare e basta. Lui non è di quelli che appartengono a Gesù. Lui Gesù non lo conosce. Ma questa è la terza volta che egli nega Gesù, se la parola di Gesù è stata vera nella predizione del triplice rinnegamento, sarà anche vera nel canto del gallo.

Non appena Pietro per la terza volta dice di non conoscere Gesù, rinnegando anche la sua storia, il gallo canta. La profezia si compie in ogni sua parte. La natura con il canto del gallo sigilla la parola di Gesù e dichiara la sua inviolabile verità. Pietro d’ora in poi avrà una certezza in più nella sua vita: la Parola del Maestro è sempre vera, sarà sempre vera, anche se lui non dovesse crederla, o non prestarle fede a sufficienza.

La Parola di Gesù è vera non perché è creduta dall’uomo, ma perché è detta dal Figlio dell’uomo. Con questa certezza egli dovrà d’ora in poi camminare nella storia.
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Filippo corse innanzi e, udito che leggeva il profeta Isaia, gli disse: «Capisci quello che stai leggendo?». Quegli rispose: «E come lo potrei, se nessuno mi istruisce?». At 8,30
 
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