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Ultimo Aggiornamento: 12/03/2024 17:51
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13/11/2019 21:23
 
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Curcuma: cosa accade al corpo con un cucchiaino al giorno [SM=g28002]

Curcuma, spezia delle meraviglie, dalle mille virtù e benefici, è ottima da inserire quotidianamente nella nostra dieta per favorire il benessere dell’organismo. Ma cosa accade esattamente al nostro corpo assumendo ogni giorno il giusto quantitativo di curcuma? Qual è la giusta quantità da assumere? E in che modo assumerla? Ne vedremo anche le tante proprietà, i valori nutrizionali, le ricette, le dosi e i pareri dei nutrizionisti sulla curcuma.

Proprietà e benefici della curcuma...Qui'
23/11/2019 21:17
 
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Hai l’emoglobina bassa? ecco quali cibi devi mangiare per aumentarne il livello

Quando il livello di emoglobina diminuisce, può causare affaticamento, debolezza, mancanza di respiro, mal di testa, ecc. E se i livelli scendono in modo significativo, la condizione può essere diagnosticata come anemia. Ecco gli alimenti per aumentare l’emoglobina


www.ilmondodelledonne.net/hai-lemoglobina-bassa-cibi-devi-mangiare-per-aumentandone-il-...
11/12/2020 20:33
 
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Cuore in pericolo se si salta
ogni mattina la prima colazione


A minacciare il funzionamento dell’apparato cardiovascolare, oltre alle condizioni note, vanno aggiunti alti livelli infiammatori, legati, al dormire poco o al saltare i pasti


Che cosa mette più a repentaglio la salute del cuore? Molti elementi di pericolo sono ormai ben noti e tutti , esistono tuttavia anche nuovi fattori di rischio cui certo non si pensa in prima battuta: lo hanno sottolineato i cardiologi durante l’ultimo congresso Conoscere e curare il cuore del Centro per la Lotta contro l’Infarto – Fondazione Onlus, spiegando che pure dormire poco, non lavarsi i denti e pure saltare la colazione sono brutte abitudini che possono favorire un infarto.

Deprivazione di sonno

«La deprivazione di sonno per esempio si associa a un aumento dello stato infiammatorio generale, a una maggior resistenza all’insulina, ad alterazioni dell’endotelio che riveste i vasi sanguigni e all’incremento della tendenza a formare trombi, tutti elementi che facilitano la comparsa di malattie cardiovascolari», spiega Francesco Prati, presidente del Centro per la Lotta contro l’Infarto. «Quando si dorme poco crescono anche la pressione arteriosa e la produzione di cortisolo, l’ormone dello stress; inoltre, sale la probabilità di accumulare peso fino a diventare obesi perché si altera l’equilibrio fra grelina e leptina, due ormoni che controllano il senso di fame».

Fonti di rischio

Il risultato di tutti questi meccanismi è una«tempesta perfetta» cardiometabolica, che aumenta parecchio la probabilità di sviluppare un problema cardiovascolare o perfino un infarto; le cose peggiorano se non si lavano bene i denti, perché come sottolinea Prati «Ormai è chiaro che una scarsa igiene orale porta allo sviluppo di parodontite e questa si associa a un maggior rischio di malattie cardiovascolari. Uno studio recente ha confermato che lavarsi poco e male i denti fa salire i livelli di marcatori dell’infiammazione e dell’iper-coagulazione come la Proteina C Reattiva e il fibrinogeno in circolo, ma soprattutto aumenta il rischio di coronaropatie nel giro di appena otto anni».

Stile di vita

Nuove ricerche portano in particolare sul banco degli imputati il fatto di saltare la colazione, una pessima abitudine che oggi si stima riguardi dal 20 al 30 per cento degli adulti. «Si è infatti osservato che non mangiare appena alzati comporta una maggior prevalenza di aterosclerosi, non solo nelle coronarie e indipendentemente dagli altri fattori di rischio cardiovascolari convenzionali», riferisce Prati. «Tutto questo aumenta la probabilità di malattie cardiovascolari e anche di decesso per infarto o ictus: saltare la colazione è quindi un buon marcatore per individuare chi è ad alto rischio e deve fare ancora più attenzione alla prevenzione attraverso lo stile di vita, a cominciare proprio dalla prima colazione».

Ruolo della flora batterica

Prendersi cura della flora batterica intestinale può garantire un cuore in forma? Pare di sì stando ai cardiologi: le correlazioni fra la composizione del microbiota intestinale (l’insieme delle specie batteriche presenti nell’intestino) e il rischio cardiovascolare sembrano sempre più strette e forse in un prossimo futuro anche la presenza di alcuni ceppi batterici al posto di altri potrebbe essere annoverata fra i fattori di rischio per cuore e vasi. A oggi si sa che alcune specie influenzano il metabolismo di molecole presenti nei cibi portando alla sintesi di sostanze che danneggiano le pareti dei vasi sanguigni; altri batteri invece sono protettivi, perché utilizzando come cibo la fibra alimentare che introduciamo con frutta e verdura producono acidi grassi a catena corta con attività antinfiammatoria e di protezione vascolare.

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20/02/2021 21:23
 
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Il riscaldamento globale fa aumentare gli attacchi di asma e le allergie


La conferma arriva dai ricercatori del Dipartimento di Biologia dell'Università dello Utah: secondo i dati raccolti in Nordamerica, rispetto agli anni Novanta il periodo dell'impollinazione inizia 20 giorni prima, dura 10 giorni in più e soprattutto i pollini sono il

C'è un buon motivo in più per lottare contro il riscaldamento globale. E quel motivo lo hanno tutte le persone che soffrono di allergie stagionali. In molti lo avranno notato a proprie spese, ma ora a confermarlo ci sono i dati appena pubblicati su Pnas (i Proceedings of the National Academy of Sciences): rispetto agli anni Novanta il periodo dell'impollinazione inizia 20 giorni prima, dura 10 giorni in più e soprattutto i pollini sono il 21% in più.

Un mutamento indiscutibilmente legato all'innalzamento delle temperature globali provocato dalle attività umane, secondo i ricercatori del Dipartimento di Biologia dell'Università dello Utah guidati da William Anderegg: "La correlazione che abbiamo trovato è un esempio cristallino di come l'emergenza climatica stia già avendo conseguenze dirette sulle persone", ha commentato lo scienziato.


Già nel 2010 in realtà l'Asthma and Allergy Foundation of America e la National Wildlife Federation avevano stilato un rapporto sull'impatto del cambiamento climatico sugli americani con asma e allergie, prevedendo che il riscaldamento avrebbe influenzato la diffusione di polline, muffe ed edera velenosa, accrescendo i rischi di attacchi di asma e allergie. Il cambiamento climatico può anche peggiorare l'inquinamento atmosferico.

D'altra parte, che ci fosse un legame tra riscaldamento e aumento dei pollini era già emerso durante esperimenti realizzati in serra, ma quello dell'Università dello Utah è il primo studio su larga scala. I ricercatori hanno esaminato i monitoraggi effettuati e i campioni di polline raccolti tra il 1990 e il 2018 da 60 stazioni tra Stati Uniti e Canada gestiti dal National Allergy Bureau. Come detto, si è registrato un incremento complessivo del 21% su tutto il territorio nordamericano, anche se le notizie peggiori sono per chi soffre di allergie in Texas, lo stato Usa in cui i pollini sono aumentati di più dal 1990 a oggi. Gli stessi dati hanno anche mostrato che il periodo dell'impollinazione inizia mediamente 20 giorni prima e dura 10 giorni di più.

Ma come essere sicuri che tali variazioni siano riconducibili proprio al riscaldamento globale e non ad altri fenomeni? Anderegg e colleghi hanno usato metodi statistici per verificare le eventuali correlazioni esistenti tra l'andamento dei pollini e quello delle temperature. Correlazioni che effettivamente esistono, aldilà di ogni ragionevole dubbio, soprattutto per il periodo 2003-2018.

E in Italia? Gli studi condotti finora vanno nella stessa direzione: anche da noi le piante a fioritura primaverile ed estiva tendono a produrre più polline e per periodi più lunghi. Uno studio effettuato nell'arco di 33 anni nella zona di Perugia, ha dimostrato un anticipo progressivo del periodo pollinico raggiungendo un picco a fine maggio, invece che in piena estate.

E una ricerca sulla sensibilizzazione al polline di cipresso ha evidenziato un aumento dei pazienti sensibilizzati in centro Italia e, rispetto a vent'anni fa, un ritardo della produzione di polline, da febbraio a marzo, con un prolungamento della stagione di fioritura fino alla primavera. L'olivo invece è stato analizzato in diverse regioni italiane, osservando un progressivo incremento di polline nell'atmosfera, in un periodo che ormai va da aprile alla fine di giugno.

Che alla base ci fosse l'innalzamento delle temperature registrato negli ultimi decenni era plausibile. Ora il vasto studio della Università dello Utah, condotto su dati raccolti in tutto il Nordamerica, lo conferma.

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25/03/2021 21:13
 
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Topinambur, l’amico del cuore è anche un sfizio gastronomico

Tiene a bada pressione e colesterolo, è ipocalorico. A tavola, crudo o in padella

Il nome è esotico, topinambur (gli fu dato da una tribù brasiliana), ma è di casa in Italia: originario del Canada e del Nord America, e poi diffuso in Sud America, arrivò in Europa nel 1.400 portato da un esploratore francese. La pianta fa dei bei fiori gialli fra fine agosto e ottobre, e i tuberi si raccolgono d’inverno, meglio con il gelo perché sono più dolci: il gusto ricorda il carciofo. Molto buoni in cucina, sono anche ottimi per la salute, facilmente digeribili e ipocalorici: crudi apportano 73 calorie. Contengono vitamina B1, Niacina e vitamina C e, tra i minerali, ferro, potassio e fosforo. Consigliati anche ai diabetici, hanno un basso indice glicemico, pari a 50 (quello delle patate è pari a 93 se cotte al vapore e 77 se lessate), quindi vengono digeriti lentamente e non causano veloci fluttuazioni dei livelli di glucosio nel sangue. Apportano anche inulina, un polimero glucidico importante per il microbiota intestinale, perché stimola lo sviluppo dei bifidobatteri, che contrastano i batteri nocivi dell’intestino. Questo ortaggio è molto versatile, si può consumare crudo grattugiato nelle insalate, anche con la buccia se questa è sottile, sennò pelato, saltato in padella per accompagnare uno spezzatino. Ma anche semplicemente scottato in tegame con un po’ di olio evo, aglio, sale, pepe e peperoncino è davvero gustoso e salubre.

www.quotidiano.net/salute/topinambur-l-amico-del-cuore-%C3%A8-anche-un-sfizio-gastronomico-1...
01/04/2021 08:23
 
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Amalia 52, 12/11/2020 8:33 PM:

Cuore in pericolo se si salta
ogni mattina la prima colazione


A minacciare il funzionamento dell’apparato cardiovascolare, oltre alle condizioni note, vanno aggiunti alti livelli infiammatori, legati, al dormire poco o al saltare i pasti


Che cosa mette più a repentaglio la salute del cuore? Molti elementi di pericolo sono ormai ben noti e tutti , esistono tuttavia anche nuovi fattori di rischio cui certo non si pensa in prima battuta: lo hanno sottolineato i cardiologi durante l’ultimo congresso Conoscere e curare il cuore del Centro per la Lotta contro l’Infarto – Fondazione Onlus, spiegando che pure dormire poco, non lavarsi i denti e pure saltare la colazione sono brutte abitudini che possono favorire un infarto.

Deprivazione di sonno

«La deprivazione di sonno per esempio si associa a un aumento dello stato infiammatorio generale, a una maggior resistenza all’insulina, ad alterazioni dell’endotelio che riveste i vasi sanguigni e all’incremento della tendenza a formare trombi, tutti elementi che facilitano la comparsa di malattie cardiovascolari», spiega Francesco Prati, presidente del Centro per la Lotta contro l’Infarto. «Quando si dorme poco crescono anche la pressione arteriosa e la produzione di cortisolo, l’ormone dello stress; inoltre, sale la probabilità di accumulare peso fino a diventare obesi perché si altera l’equilibrio fra grelina e leptina, due ormoni che controllano il senso di fame».

Fonti di rischio

Il risultato di tutti questi meccanismi è una«tempesta perfetta» cardiometabolica, che aumenta parecchio la probabilità di sviluppare un problema cardiovascolare o perfino un infarto; le cose peggiorano se non si lavano bene i denti, perché come sottolinea Prati «Ormai è chiaro che una scarsa igiene orale porta allo sviluppo di parodontite e questa si associa a un maggior rischio di malattie cardiovascolari. Uno studio recente ha confermato che lavarsi poco e male i denti fa salire i livelli di marcatori dell’infiammazione e dell’iper-coagulazione come la Proteina C Reattiva e il fibrinogeno in circolo, ma soprattutto aumenta il rischio di coronaropatie nel giro di appena otto anni».

Stile di vita

Nuove ricerche portano in particolare sul banco degli imputati il fatto di saltare la colazione, una pessima abitudine che oggi si stima riguardi dal 20 al 30 per cento degli adulti. «Si è infatti osservato che non mangiare appena alzati comporta una maggior prevalenza di aterosclerosi, non solo nelle coronarie e indipendentemente dagli altri fattori di rischio cardiovascolari convenzionali», riferisce Prati. «Tutto questo aumenta la probabilità di malattie cardiovascolari e anche di decesso per infarto o ictus: saltare la colazione è quindi un buon marcatore per individuare chi è ad alto rischio e deve fare ancora più attenzione alla prevenzione attraverso lo stile di vita, a cominciare proprio dalla prima colazione».

Ruolo della flora batterica

Prendersi cura della flora batterica intestinale può garantire un cuore in forma? Pare di sì stando ai cardiologi: le correlazioni fra la composizione del microbiota intestinale (l’insieme delle specie batteriche presenti nell’intestino) e il rischio cardiovascolare sembrano sempre più strette e forse in un prossimo futuro anche la presenza di alcuni ceppi batterici al posto di altri potrebbe essere annoverata fra i fattori di rischio per cuore e vasi. A oggi si sa che alcune specie influenzano il metabolismo di molecole presenti nei cibi portando alla sintesi di sostanze che danneggiano le pareti dei vasi sanguigni; altri batteri invece sono protettivi, perché utilizzando come cibo la fibra alimentare che introduciamo con frutta e verdura producono acidi grassi a catena corta con attività antinfiammatoria e di protezione vascolare.

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Io faccio il digiuno intermittente da cinque settimane. Consiste nel saltare un pranzo. E' piu' facile saltare la colazione. Mangio alle 8 di sera e poi non mangio fino alle 2 del giorno dopo (18 ore di digiuno). Oggi e' il secondo giorno che faccio 20 ore di digiuno. Voglio arrivare a fare 22,23 ore di digiuno e poi gradualmente fino a 3-5 giorni di digiuno bevendo solo acqua. Sono convinto di riuscirci. Il digiuno ha molti benefici. Basta informarsi su internet. Dare sempre retta ai medici, colleghi o altri e tutte le loro ricerche che devono sempre essere pagate da qualcuno che richiede dei risultati non puo' sempre giovare. Per esempio Io ho imparato a dare retta ai medici e medicina solo quando hanno la migliore soluzione. Ci sono tanti rimedi e cure delle medicina che funzionano bene ma non tutti. Bisogna saper distinguire.

Io mi sono curato di una dozzina di malattie o problemi di saluti con migliori risultati di quello che offre la medicina e anche quella alternativa. Alcuni sequendo dei consigli che ho trovato su internet basati sulla medicina alternativa, altri li ho scoperti da solo semplicemente trovando e eliminando le cause. Sono riuscito ad evitare tre interventi chirurgici ed eliminato dei grossi disturbi che ritornebbero se farei di nuovo le cose che le avevano causati.
[Modificato da west4 01/04/2021 08:33]
03/04/2021 20:29
 
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Re: Re:
west4, 01.04.2021 08:23:



Io faccio il digiuno intermittente da cinque settimane. Consiste nel saltare un pranzo. E' piu' facile saltare la colazione. Mangio alle 8 di sera e poi non mangio fino alle 2 del giorno dopo (18 ore di digiuno). Oggi e' il secondo giorno che faccio 20 ore di digiuno. Voglio arrivare a fare 22,23 ore di digiuno e poi gradualmente fino a 3-5 giorni di digiuno bevendo solo acqua. Sono convinto di riuscirci. Il digiuno ha molti benefici. Basta informarsi su internet. Dare sempre retta ai medici, colleghi o altri e tutte le loro ricerche che devono sempre essere pagate da qualcuno che richiede dei risultati non puo' sempre giovare. Per esempio Io ho imparato a dare retta ai medici e medicina solo quando hanno la migliore soluzione. Ci sono tanti rimedi e cure delle medicina che funzionano bene ma non tutti. Bisogna saper distinguire.

Io mi sono curato di una dozzina di malattie o problemi di saluti con migliori risultati di quello che offre la medicina e anche quella alternativa. Alcuni sequendo dei consigli che ho trovato su internet basati sulla medicina alternativa, altri li ho scoperti da solo semplicemente trovando e eliminando le cause. Sono riuscito ad evitare tre interventi chirurgici ed eliminato dei grossi disturbi che ritornebbero se farei di nuovo le cose che le avevano causati.



Ognuno conosce il proprio corpo e come reagisce ai cambiamenti.Anch'io ho risolto diversi problemi di salute e allergie con medicina alternativa.Ma non tutti hanno la pazienza di aspettare per vedere dei risulati. [SM=g27988]
03/04/2021 20:32
 
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07/07/2021 13:51
 
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Allergia nocciola, isolata proteina causa dei sintomi


Uno studio torinese aiuta a diagnosticarla in modo più facile


Secondo il Registro Europeo dell'anafilassi, che raccoglie i dati di bambini e adolescenti di dieci Paesi europei, inclusa l'Italia, la nocciola è il secondo alimento - dopo l'arachide - causa di reazioni allergiche severe nei bambini in età scolare, il terzo nei bambini in età prescolare. Colpa della oleosina, una proteina allergenica che un gruppo di studiosi torinesi ha isolato, rendendo più facile diagnosticare l'allergia.

È sufficiente che i pazienti risultino negativi ai test attualmente disponibili, che non consentono di identificare allergie alle oleosine.


Lo studio è stato pubblicato sulla rivista scientifica internazionale Pediatric Allergy and Immunology, giornale ufficiale dell'Accademia Europea di Allergia e Immunologia Clinica. A condurlo è stata la dottoressa Giovanna Monti, del servizio di Allergologia pediatrica della Pediatria diretta dal dottor Marco Spada e afferente al Dipartimento di Patologia e Cura del Bambino dell'ospedale infantile Regina Margherita della Città della Salute di Torino, diretto dalla professoressa Franca Fagioli. È stato realizzato con il sostegno della Fondazione Crt, in collaborazione con i ricercatori dell'Istituto di Scienze delle Produzioni Alimentari del Cnr di Torino, coordinati dalla dottoressa Laura Cavallarin e condotti dalla dottoressa Maria Gabriella Giuffrida.


L'isolamento della proteina allergenica, depositata nell'apposita banca degli allergeni dell'Organizzazione mondiale della sanità, è stato possibile anche grazie all'analisi del genoma del nocciolo, condotta dai genetisti e dai biotecnologi vegetali del Dipartimento di Scienze Agrarie Forestali e Alimentari dell'Università di Torino e dell'Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante del Cnr.

In Italia, che ne é il secondo produttore mondiale dopo la Turchia, la nocciola é il frutto a guscio più utilizzato nelle creme spalmabili di cioccolato, nelle merendine, nei dolciumi o nei gelati, nelle torte, nei biscotti, nei cereali per colazione, oltre ad essere spesso consumata come tale. Presente nelle abitudini dietetiche dei bambini, secondo quanto riportato dallo studio EuroPrevall, é l'alimento che più causa reazioni allergiche nella popolazione studiata, circa 890mila persone sul totale di 446 milioni di abitanti dell'Europa, tra cui circa 20mila bambini e adolescenti solo in Italia. Le reazioni allergiche possono essere di diversa entità: da quelle lievi, come prurito o bruciore orale alla sua ingestione, a quelle più severe. E proprio nel bambino possono arrivare a mettere a rischio la vita.

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24/07/2021 20:35
 
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Mi metto a dieta, ma col gelato!

Si può perdere peso senza rinunciare al piacere e al gusto dell’alimento estivo per eccellenza: ecco come

Dimagrire con il gelato è possibile. Basta seguire la dieta pensata per perdere peso senza rinunciare al piacere e al gusto, ma che tiene comunque conto del corretto apporto nutrizionale. Silvia Migliaccio, segretario nazionale Società Italiana di Scienze dell’Alimentazione e la dietista Silvana Nascimben hanno elaborato per tutti i golosi un regime alimentare ipocalorico di circa 1100-1200 kcal. Può essere seguito anche a settimane alterne. «Il gelato è un alleato della nostra linea – spiega Silvia Migliaccio – È l’alimento per eccellenza della stagione estiva (ma non solo), offre un buon apporto nutritivo ed è gratificante». «Il gelato è amato da tutti perché è buono e gratifica – commentano gli esperti che collaborano con l’Istituto del Gelato Italiano –. Inoltre è facilmente disponibile, soprattutto quando si parla di quello confezionato, igienicamente sicuro ed equilibrato dal punto di vista nutrizionale. E rientra a pieno titolo nella grande tradizione alimentare italiana».

Con la dieta del gelato è possibile perdere due o tre kg in una settimana, concedendosi il piacere di uno e a volte anche due, gelati al giorno. È un alimento che ha molte qualità e che, anche psicologicamente, aiuta ad affrontare meglio una dieta ipocalorica. L’importante è consumarlo come alternativa a un pasto e non in aggiunta al primo e al secondo piatto. «È prodotto con latte, uova, zucchero, con aggiunta di caffè, cacao o frutta, tutti alimenti con buon valore nutrizionale – commenta Migliaccio – Mangiando per esempio, un gelato alla crema si introducono proteine di alto valore biologico, grassi di qualità, glucidi a rapido assorbimento e a pronta disponibilità energetica come lattosio e saccarosio. Ma apporta anche sali minerali, come calcio e fosforo, vitamine A e B2. Se poi aggiungiamo un paio di cialde o un biscotto, che sono a base di cereali, la composizione nutrizionale del pasto si arricchisce di carboidrati complessi». Il gelato contiene anche liquidi: non disseta rapidamente come l’acqua, ma idrata. «È importante scegliere il formato e la tipologia adatti alla situazione di consumo – continua la nutrizionista –.

Meglio optare per un formato meno calorico (da 100/150 calorie) per lo snack di metà mattina o metà pomeriggio, mentre se lo si consuma in sostituzione del pasto, è preferibile sceglierne uno da 200 g, che apporta circa 350-400 calorie, oppure accostandolo a una macedonia di frutta per ottenere un pasto completo, gustoso e sano». Si tratta praticamente di sostituire il pranzo o la cena e uno spuntino con un gelato. In questo programma ipocalorico settimanale non sono indicate le quantità precise di gelato ma le porzioni. Per esempio: un gelato confezionato del tipo biscotto o cornetto, tenendo presente che una pallina pesa circa 40 grammi e che l’apporto calorico per 100 grammi di alimento può variare dalle 140 alle 300 calorie a seconda del gusto. Crema, nocciola e cioccolato, ricchi di uova e latte, sono i più calorici e possono arrivare a 300 calorie. Un gelato di frutta anche la metà. Non bisogna mangiarne più di quelli previstiné aggiungere altri dolci. Infine un piccolo suggerimento per gustare appieno il suo sapore: «Se non ci si ferma qualche secondo tra un boccone e l’altro, si rischia di anestetizzare le papille gustative a causa del freddo.

Il gelato va assaporato con calma, per gustarne tutta la bontà». Ma chi sta seguendo una dieta può concedersi un gelato senza sentirsi in colpa? Molti pensano che il gelato sia troppo ricco di grassi. In realtà numerosi studi evidenziano come un consumo quotidiano di latticini riduca il rischio di obesità e migliori lo stato di salute generale. I nutrizionisti invitano a non privarsi del piacere di un gelato, ottimo anche per l’umore. Basta scegliere un prodotto arricchito con frutti di bosco e ananas, preferire un gelato a base di probiotici come yogurt o kefir, anche in versione frozen aromatizzata alla frutta, concedersi ogni tanto un pasto a base di gelato, seguito o preceduto da un’insalata.



Bastano cinque minuti di nuoto per smaltire un ghiacciolo

Jogging, tennis, bicicletta: ecco i tempi che servono per bruciare l’energia ’in più’


Il gelato dà energia (anche se meno di altri piaceri dolci) e quindi calorie. Quante? L’Istituto del Gelato Italiano ha messo a punto una tabella, in collaborazione con Loredana Torrisi, dietista dell’istituto di medicina e scienza dello sport-sport e salute di Roma. Il gelato con stecco ricoperto (88 g) è il più calorico: le sue 257 kcal si possono smaltire con 43 minuti di tennis, oppure 17 di calcetto, 26 di nuoto, 20 di bici e 35 di jogging. Più facile bruciare le 72 kcal del ghiacciolo alla frutta: bastano 12 minuti di tennis, 5 di calcetto o altrettanti di nuoto, 6 di bici, 10 di jogging. Le 245 kcal di un cono con scaglie di cioccolato, noccioline e cialda (il classico cornetto da 75 g) o le 220 di un biscotto gelato grande (80 g), si compensano con 39 minuti di tennis o 16 di calcetto, 24 di nuoto, 18 di bici o 31 di jogging. Una porzione di gelato al cioccolato (55-60 g e 145 kcal) si brucia con 24 minuti di tennis o 10 di calcetto, altrettanti di nuoto, 11 di bici o 20 di jogging. La top 15 vede al primo posto come meno calorico il bon bon gelato (9,5 g, 35 kcal), seguito dal mini cono gelato (20 g, 60 kcal), dal ghiacciolo piccolo (70 g, 72 kcal). Poi ci sono tre palline di gelato alla frutta (75 g, 90 kcal), il biscotto gelato mignon (35 g, 95 kcal), la porzione di torta gelato alla fragola (50-60 g, 100 kcal), il gelato in coppetta (80 g, 100 kcal), il ghiacciolo grande (115 g, 120 kcal).


ALLEATI INSOSPETTABILI

Gli antiossidanti danno una mano all’abbronzatura

Grazie al suo contenuto di antiossidanti, il gelato può diventare un insospettabile alleato dell’abbronzatura. La pelle in estate ha bisogno di nutrimento, idratazione e protezione, che possono essere potenziati anche dai cibi giusti. E il gelato di qualità è proprio uno di questi. Se da una parte l’esposizione quotidiana ai raggi UV aumenta la disidratazione cutanea e la produzione di radicali liberi, che fanno consumare all’organismo buona parte delle vitamine necessarie per la produzione naturale di collagene ed elastina, dall’altra i preziosi componenti del latte possono aiutare a proteggere la pelle e favorire un’abbronzatura senza danni. Nel latte e nello yogurt si trovano anche molti antiossidanti importanti in grado di aiutare l’epidermide a potenziare le difese contro l’invecchiamento, come le sieroproteine e le caseine. Gli ingredienti base del gelato quindi sono una fonte importante di antiossidanti: latte intero o scremato, panna (ricca di vitamina A, indispensabile per proteggere la cute dai danni dei raggi solari), yogurt. A questi ingredienti poi si può aggiungere la frutta, fresca o secca e scegliere quella dal maggior potere antiossidante, come mirtilli, ribes, melograno, noci (per gli Omega 3). O addirittura superfruit, come le bacche di goji o i semi di chia. Questi ingredienti, accompagnati al gelato permettono di fare il pieno di vitamine e sostanze anti-age.

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17/11/2021 11:20
 
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Qual è l’ora giusta per andare a dormire? Tra le 22 e le 23, ecco perché


Secondo uno studio dell'Università di Exeter, mettersi a letto tra le 10 e le 11 di sera aiuta a ridurre il rischio di sviluppare malattie cardiache

L’ora giusta per andare a dormire? Uno studio dell’Università di Exeter appena pubblicato su European Heart Journal — Digital Health, rivista della Società Europea di Cardiologia – ha stabilito che chi va a letto tra le 22 e le 23 ha un rischio minore di contrarre malattie cardiache rispetto a chi va a dormire in orari diversi. Sempre secondo quanto scoperto dai ricercatori britannici, addormentarsi dopo le 23 e fino alle 24 aumenta i rischi di contrarre patologie cardiovascolari del 12%, dopo mezzanotte la percentuale sale al 25%, prima delle 22 al 24%.


Scegliere l’orario giusto per andare a dormire

Che il ciclo del sonno regolare avesse effetti benefici sull’organismo era cosa nota. Andare a dormire sempre allo stesso orario e riposare per almeno otto ore sono buone regole comportamentali da seguire. Lo studio dell’Università di Exeter aggiunge anche un altro tassello fondamentale a queste sane abitudini: l’orario preciso per andare a letto per ridurre i rischi di malattie cardiovascolari.



La ricerca inglese ha incluso oltre 88 mila individui con un’età media di 61 anni, di cui il 58% donne. I dati sull’orario del sonno e sul tempo di risveglio sono stati raccolti nell’arco di sette giorni utilizzando un accelerometro da polso. I partecipanti hanno dovuto compilare anche un particolare questionario demografico con notizie precise su stile di vita e condizioni di salute pregresse.



Di tutti i partecipanti allo studio, 3.172 partecipanti (il 3,6%) hanno sviluppato malattie cardiovascolari. L’incidenza era notevolmente più alta in quelle persone che andavano a dormire a mezzanotte o più tardi e più bassa negli individui che si addormentavano solitamente tra le 22 e le 23.


Interrompere l’orologio biologico danneggia il cuore

“Il corpo ha un orologio interno di 24 ore, chiamato ritmo circadiano, che aiuta a regolare il funzionamento fisico e mentale”, scrive nella ricerca scientifica il dott. David Plans dell’Università di Exeter e “anche se non possiamo concludere il nesso di causalità dal nostro studio, i risultati suggeriscono che andare a letto troppo presto o troppo tardi può bloccare l’orologio biologico, con conseguenze negative per la salute cardiovascolare”.



Le conclusioni dello studio sono chiare: “Il nostro studio – si legge nel paper – indica che il momento migliore per andare a dormire è in un punto specifico del ciclo di 24 ore (tra le 22 e le 23 ndr) del corpo e le deviazioni possono essere dannose per la salute. Il momento più rischioso è quello dopo la mezzanotte, potenzialmente perché può ridurre la probabilità di vedere la luce del mattino, che azzera l’orologio biologico“.

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03/12/2021 21:31
 
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COVID-19 e vaccini: chi soffre di allergie e asma può vaccinarsi?

Quando parliamo di vaccini spesso parliamo anche di allergie: sono molti, infatti, i pazienti che si pongono legittime domande sulla possibilità che un vaccino possa scatenare reazioni immunitarie eccessive in chi presenta già allergie alimentari, alle sostanze inalanti o ai farmaci.
Anche nel caso del vaccino contro COVID-19 sono molti i pazienti che hanno espresso il desiderio di approfondire l’argomento, per poter accedere al programma vaccinale in tutta tranquillità.

Ne parliamo con il professor Enrico Heffler, allergologo in Humanitas e docente di Humanitas University.
I soggetti allergici possono vaccinarsi?


“Molti pazienti allergici hanno questo dubbio, quindi è una domanda a cui è importante rispondere. Le allergie alle sostanze inalanti, come i pollini, gli acari della polvere o le muffe, le allergie alimentari e le allergie da contatto, per esempio con sostanze come i metalli, non rappresentano un fattore di rischio nell’effettuare le vaccinazioni. La maggior parte di questi pazienti può sottoporsi a vaccinazione in totale sicurezza” spiega il prof. Heffler.
Vaccini e terapie allergologiche: quali correlazioni?

I pazienti asmatici, che seguono una terapia per tenere sotto controllo gli episodi allergici, possono vaccinarsi o la terapia può andare a interferire con il vaccino?

“Certo, possono vaccinarsi e devono continuare a seguire la terapia che hanno in atto. È un aspetto molto importante, per esempio per quanto riguarda i pazienti asmatici che seguono una terapia continuativa e che se non adeguatamente curati possono andare incontro a peggioramenti della propria condizione respiratoria. Peggioramenti che possono essere scatenati da banali infezioni, ma anche dalle stesse vaccinazioni, che ripropongono la medesima risposta immune delle infezioni. I pazienti che seguono una terapia, dunque, dovrebbero avere l’accortezza di continuare a curarsi in maniera adeguata, in modo tale potersi vaccinare in assoluta sicurezza.

Per quanto riguarda, poi, quei pazienti che effettuano un’immunoterapia specifica, per esempio la vaccinazione per le allergie, non vi è alcuna controindicazione nell’effettuare questa e altre terapie per le allergie in contemporanea alla vaccinazione contro COVID-19”, approfondisce il dottore.

Allergie ai farmaci e vaccini: chi deve prestare attenzione

Allergie come quelle agli antibiotici, all’aspirina oppure alle statine, possono rappresentare un impedimento alla somministrazione del vaccino?


“Il discorso in questo caso è più complesso e merita un approfondimento. La maggioranza dei pazienti allergici a un farmaco è allergica al suo principio attivo, dunque a quella molecola che ha un’azione farmacologica. I soggetti che presentano questo tipo di allergia non sono esposti a un maggior rischio di reazioni allergiche alla vaccinazione per il virus SARS-CoV-2, né a nessun’altra vaccinazione. Possono invece insorgere dei problemi in quell’esigua minoranza di pazienti che sono allergici a un particolare eccipiente, dunque a quelle sostanze contenute nei farmaci che non ne rappresentano il principio attivo ma che servono per creare la specifica formulazione, per esempio per la compressa, per lo sciroppo, o che sono presenti nel blister o bustina che contiene il farmaco. Per entrare più nello specifico, alcune reazioni allergiche al vaccino anti-COVID-19 sembrano essere state scatenate da una famiglia di eccipienti, i polietilenglicoli”, continua lo specialista.

Durante i primi mesi di somministrazione del vaccino, alcuni pazienti hanno avuto una reazione immunitaria eccessiva, che ha condotto anche allo shock anafilattico. È un’eventualità che i pazienti allergici dovrebbero tenere in considerazione?

“Si tratta di una reazione estremamente rara. I dati relativi alla prima fase di somministrazione a livello mondiale, tra l’inizio di dicembre 2020 e l’inizio di gennaio 2021, indicano che su oltre un milione e ottocentomila somministrazioni, sono stati riscontrati solo ventuno casi di reazioni allergiche, più o meno severe. Questi ventuno casi sono ovviamente da tenere in considerazione e da valutare con attenzione da un punto allergologico, ma si tratta di pazienti con una storia clinica compatibile con allergia al polietilenglicole. Dunque un rischio c’è, ma è minimo e può essere ulteriormente diminuito raccomandando a quei pazienti che hanno sviluppato allergie a farmaci differenti tra loro di seguire un percorso allergologico adeguato.

È necessario valutare prima della vaccinazione quei pazienti che hanno avuto reazioni allergiche a farmaci molto differenti tra loro, come possono essere un antibiotico, un anti-infiammatorio e un protettore dello stomaco. In questo caso, infatti, il problema potrebbe non risiedere nei principi attivi ma in un eccipiente comune”, spiega il professor Heffler.

Come comportarsi in caso di allergia sospetta?

“I pazienti che hanno avuto reazioni allergiche gravi a diversi farmaci ma non hanno effettuato un percorso allergologico di conferma del meccanismo sottostante la reazione allergica sono quelli che necessiterebbero di una valutazione allergologica prima di arrivare al momento della vaccinazione.

Le principali società scientifiche di allergologia italiane, la Società Italiana di Allergologia, Asma e Immunologia Clinica e l’Associazione degli Allergologi e Immunologi Italiani Territoriali e Ospedalieri, hanno stilato un documento comune in cui si rendono disponibili – e dunque rendono disponibili i centri afferenti – per valutare prima della vaccinazione i pazienti che presentano questo sospetto clinico. Anche in Humanitas stiamo lavorando in questa direzione: è stato infatti attuato un percorso di controllo per la popolazione di vaccinandi interni all’ospedale e vorremmo estenderlo in futuro alla popolazione generale”, continua lo specialista.

Come comportarsi in caso di reazione allergica alla vaccinazione anti-COVID-19?

“Come abbiamo detto i numeri sono molto esigui, ma chi dovesse sviluppare una reazione, anche lieve, alla somministrazione del vaccino contro COVID-19, deve darne immediata comunicazione al centro presso cui la vaccinazione è stata effettuata. Per legge, il medico o il centro che ha effettuato la vaccinazione, deve comunicare ogni evento avverso all’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) e, nel caso specifico di reazioni allergiche o sospette reazioni allergiche alla prima dose di vaccinazione, è bene che il centro o il medico che ha effettuato la vaccinazione si occupi di inviare il paziente in consulenza allergologica, in modo tale che possa sottoporsi alla seconda dose nel modo più sicuro possibile”, conclude il professor Heffler.

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04/12/2021 11:55
 
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14/12/2021 13:38
 
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Perché d'inverno siamo (un po') più grassi che d'estate?


Durante l'inverno siamo effettivamente un po' più grassi che d'estate. Colpa dall'alimentazione? È una questione di movimento? Sì, ma dipende anche dalla... luce.



D'inverno siamo un po' più grassi che d'estate. E questo accade non solo perché in estate lo stile di vita si fa più dinamico e l'alimentazione, più ricca di frutta e verdura, si alleggerisce. È anche una questione di luce. Infatti, all'Università di Alberta (Canada) si è scoperto che le cellule adipose sono sensibili alla luce.

Scienza Sorpresa: siamo molto più grassi degli elefanti [SM=g8930] [SM=g8930] [SM=g8930]

www.focus.it/scienza/salute/in-media-siamo-molto-piu-grassi-degli-...

In particolare, lunghezze d'onda tra 450 e 475 nanometri, che producono la cosiddetta luce blu, sono in grado di penetrare attraverso la pelle fino a raggiungere lo strato delle cellule adipose, con l'effetto di sciogliere i grassi al loro interno: le goccioline di grasso diventano più piccole e fuoriescono dalle pareti delle cellule per essere smaltite dal sistema linfatico.

La scarsa luminosità dei mesi invernali ha l'effetto opposto, inducendo ad accumulare grasso.

TERMOREGOLAZIONE. Siamo insomma "regolati" per bruciare o immagazzinare grassi in base alla stagione, probabilmente per adattarci alle variazioni di temperatura: il tessuto adiposo aiuta a trattenere calore nel corpo e quindi deve essere più consistente in inverno, mentre in estate si riduce per consentirci di stare più freschi.

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14/12/2021 21:12
 
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Un aiuto al cuore: i quattro ormoni di ansia e stress si battono camminando


Ansia, stress e mancanza di sonno logorano, sicuramente, la psiche. Ma non dimentichiamo che il cuore è strettamente legato a questa. Da qui, l’importanza, mai troppo considerata, del tenere a bada questi “aggressori” per proteggere l’apparato cardiocircolatorio. Come dimostra la letteratura scientifica. Uno studio condotto da Kosuke Inoue, epidemiologo all’Università di Kyoto in Giappone e pubblicato sulla rivista Hypertension, ha valutato l’impatto del sovraffaticamento emotivo su persone inizialmente sane. Gli ormoni dello stress (norepinefrina, epinephrina, dopamina e cortisolo) aumentano quando siamo colpiti da eventi stressanti legati ad esempio al lavoro, ai rapporti con gli altri, ai soldi. I quattro ormoni, infatti, rispondono ai livelli di stress percepiti, aumentando quando lo stress sale.

IL TEST

Nel lavoro questi ormoni sono stati misurati con il test delle urine in 412 adulti di età 48-87 anni. È emerso che su un periodo medio di 6 anni e mezzo ogni qualvolta che le concentrazioni dei 4 ormoni dello stress raddoppiano, il rischio di sviluppare pressione alta cresce del 21-31%. Inoltre, è emerso che durante un periodo medio di oltre 11 anni c’è un aumento del 90% del rischio di eventi cardiovascolari ogni volta che la concentrazione di cortisolo raddoppia. Il risultato della ricerca giapponese conferma, dunque, che lo stress è un fattore di rischio chiave per lo sviluppo di ipertensione e eventi cardiovascolari. L’adrenalina e la noradrenalina determinano un aumento del battito del cuore, del respiro, della pressione arteriosa e dello stato di attenzione, predisponendo così l’organismo all’attacco o alla fuga. Il cortisolo è responsabile dell’aumento del rilascio nel sangue di glucosio e lipidi che forniscono l’energia necessaria a sostenere la reazione di attacco o di fuga. Una volta superato il picco di stress i livelli degli ormoni tornano, di solito, alla normalità. Se, invece, si è costantemente sotto stress il livello di produzione degli ormoni rimane elevato, portando ad una condizione che può provocare disturbi sia psicologici (stanchezza, irritabilità e disturbi del sonno) sia fisici (innalzamento della pressione, obesità e diabete).

IL PERICOLO

Se si soffre di ipertensione o malattie cardiache, inoltre, lo stress può raddoppiare il rischio di infarto. È di recente pubblicazione uno studio internazionale coordinato dalla Emory University di Atlanta pubblicato sul Journal of the American Medical Association. La ricerca ha valutato oltre 900 pazienti arruolati in due ricerche condotte tra il 2011 e il 2016 e seguendoli per circa 5 anni. Tutti avevano precedenti problemi cardiaci, ma una parte di essi presentava anche un’alta sensibilità allo stress mentale: quando sottoposti a pressione psicologica andavano incontro a ischemia, cioè un insufficiente apporto di sangue e ossigeno al cuore. Il lavoro ha mostrato che questi pazienti, rispetto a quelli senza ischemia da stress, presentavano un rischio di due volte e mezzo più alto di andare incontro a infarto o morte nel periodo dello studio e due volte più alto di essere ricoverate per scompenso cardiaco. Il rischio è risultato essere più alto per gli uomini che per le donne e particolarmente accentuato per chi aveva avuto in precedenza un infarto o soffriva di scompenso cardiaco o diabete. Tutto questo per dimostrare, anche scientificamente, quanto sia fondamentale scegliere quotidiani comportamenti (ma anche consigli medici) che possano abbassare il livello di stress nel nostro organismo. Dal camminare al riposare le ore giuste ad imparare tecniche di rilassamento.

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13/01/2022 21:15
 
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Non tutto il freddo vien per nuocere


Aiuta il dispendio energetico e le capacità mentali, ha un effetto vasocostrittore e analgesico

Comincia il 21 dicembre l’inverno, col pungente profumo nell’aria, due dita di luce dei lampioni che tendono di fendere la nebbia, il freddo sulle guance, una tazza calda tra le mani, gli oggetti di casa che ti avvolgono. È in questo giorno la durata massima della notte e il minor numero di ore di luce di tutto l’anno, mentre la credenza popolare la colloca erroneamente al 13 dicembre, per santa Lucia, il-giorno-più-corto-che-ci-sia. Al di là dei nominalismi, giova ricordare anche che la dizione inverno viene dal latino «hiběrnum», «stagione del freddo». Con quel che segue in fatto di conseguenze cliniche: l’etci di stagione, il male alla gola, le complicazioni respiratorie con terapie annesse e connesse.



Il freddo troppo intenso può indurre in effetti le malattie di stagione; la riduzione delle ore di luce può concorrere ad aumentare disturbi depressivi stagionali; gli sbalzi di temperatura dalla casa calda all’esterno gelido, può avere riflessi negativi sull’apparato circolatorio e respiratorio. Ma non è tutto male il freddo di questi giorni: ha effetto metabolico, vasocostrittore e analgesico anche in caso di traumi; brucia i grassi ed aumenta il dispendio energetico. Uno studio del 2012 conferma che il freddo trasforma il grasso bianco in grasso bruno di cui sono ricchi i neonati, che mantengono la temperatura corporea intorno ai 37°. Purtroppo il grasso bruno si va riducendo gradatamente con gli anni. La bassa temperatura ne ritarda fortunatamente l’eliminazione.



La poca luce, si è detto, può incidere sulla riduzione del tono dell’umore, ma il freddo in sé e per sé, soprattutto all’aria aperta, potenzia l’allenamento individuale ed aumenta le cosiddette endorfine, i neurotrasmettitori responsabili del buonumore, contrastando così la tipica malinconia invernale. Con il freddo si dorme meglio e si sviluppa una maggiore ginnastica mentale, mentre il caldo eccessivo annebbia la mente, perché le alte temperature possono esaurire le nostre riserve di zuccheri, elementi fondamentali per l’energia mentale e fisica. Per raffreddarsi, il corpo utilizza grandi quantità di glucosio, riducendo anche la nostra capacità mentale.



Un famoso studio degli anni ’70 stabilisce un rapporto tra il rendimento e la temperatura dell’ambiente: con il caldo si lavora e si studia male; nelle scuole stesse una classe “fresca” porta a rendimenti migliori rispetto a quella calda, come confermano alcuni studi. Il freddo rallenta le attività cellulari e ritarda l’invecchiamento della pelle, soprattutto se lo si associa a un’attività di fitness che in questo periodo è particolarmente raccomandata, restringendo i pori della cute e favorendo l’ossigenazione naturale delle cellule, come ben sapevano gli antichi romani che nelle terme predisponevano percorsi benessere capaci di alternare i passaggi dal calidarium (ambiente con caldo secco) al frigidarium, dove la temperatura era notevolmente più bassa.



L’inverno ci regala infine la felicità dei silenzi e di un recupero psicofisico. C’è una riservatezza che non ti dà nessun’altra stagione: negli altri periodi si vive gli uni accanto agli altri; solo in inverno si possono avere momenti più lunghi e tranquilli in cui gustare l’appartenenza a se stessi in una realtà troppo spesso convulsa e destabilizzante.
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10/02/2022 08:34
 
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Carote, meglio berle che mangiarle: lo studio che cambia le nostre abitudini di consumo


Nel periodo di influenza e delle malattie di stagione, le nostre difese immunitarie sono sotto attacco, ma l’alimentazione ci può aiutare. Ad esempio fa bene mangiare carote. Tra gli ortaggi più consumati nella nostra dieta, per la loro versatilità e il sapore gradevole, le carote danno il meglio al nostro organismo sotto forma di succo, ma vanno bene anche se consumate crude o cotte. Ricche di acqua e quindi utili ai fini della stimolazione della diuresi, queste verdure devono l’influenza positiva sul sistema immunitario alla presenza della vitamina C. Inoltre le carote sono un’ottima fonte di vitamine del gruppo B, in particolare di vitamina B1, B2 e B6. Uno studio pubblicato sul Journal of Immunology Research ha dimostrato che una sua carenza inibisce la crescita delle cellule T, importanti linfociti che regolano la nostra risposta immunitaria.

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11/02/2022 21:13
 
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Infarto, ecco quale pesce non devi mai mangiare: cosa mette il tuo cuore a rischio

Non tutto il pesce ha lo stesso impatto sul nostro organismo: lo ha rivelato lo studio condotto dall'equipe di Diabetologia del Policlinico Federico II di Napoli. Di solito questo alimento viene consigliato soprattutto per prevenire malattie cardiovascolari ischemiche, come l'infarto. L'indagine, però, ha sottolineato che è importante distinguere quello azzurro, detto anche grasso, da quello bianco, detto anche magro. Nella prima categoria rientrano sardine, sgombri, alici; mentre nella seconda ci sono per esempio merluzzo, spigola, crostacei.


"Abbiamo analizzato una popolazione di oltre un milione di individui, seguiti per un periodo di tempo che va dai 4 ai 40 anni. I risultati hanno mostrato che il consumo di 1-2 porzioni di pesce grasso a settimana si associa ad una riduzione significativa del rischio di infarto e di altre patologie cardiache che, per i casi fatali, si colloca intorno al 17% - ha spiegato la professoressa Olga Vaccaro, a capo dell'equipe -. Al contrario, il consumo abituale di pesce magro, pur non aumentando il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari, non si associa a questi benefici". Il pesce bianco, insomma, non fa male ma allo stesso tempo non ha nulla a che fare con la riduzione del rischio di infarto.


Gli studiosi sono arrivati a questa conclusione perché - come riporta TgCom24 - "il pesce grasso contiene quantità fino a 10 volte più elevate di grassi cosiddetti omega-3, benefici per la salute, rispetto al pesce magro, ed è più ricco di molte altre sostanze salutari come calcio, potassio, ferro e Vitamina D, che possono contribuire all'impatto benefico del pesce azzurro sul cuore", come sottolineato dal professore Gabriele Riccardi.

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11/02/2022 21:16
 
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Prugna, ictus e infarto: il sorprendente effetto del frutto su cuore e intestino

Le prugne sono frutti veramente eccezionali. Non solo sono ricche di antiossidanti per cui contribuiscono alla riduzione del rischio di cancro: le prugne proteggono il nostro cuore e aiutano nella regolazione della pressione sanguigna. Il succo di questo frutto, infatti è molto ricco di potassio che svolge un ruolo importante nel buon funzionamento del muscolo cardiaco, regolando il pompaggio del sangue. Mantenendo i livelli di pressione sanguigna sotto controllo si prevengono automaticamente infarto, ictus e altri tipi di malattie legate al sistema cardiocircolatorio. Il consumo abituale di prugne, sia fresche che secche aiuta inoltre a regolare il movimento intestinale e l’appetito diminuendo automaticamente la quantità di cibo consumato.

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12/02/2022 09:08
 
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Già! dimentichiamo facilmente le prugne secche...
invece dovremmo usarle proprio per il potassio...
grazie per il rammemoratore!
oggi, se le trovo, le prendo!!
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